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Autore: The Mad Tinhatter    30/07/2009    4 recensioni
"Sicuramente suo padre pensava che lei non l’avrebbe mai fatto, che non sarebbe mai stata tanto curiosa. Del resto, per lui era un semplice strumento da lavoro, e sicuramente non pensava che avrebbe mai attirato l’attenzione di sua figlia."
Genere: Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri personaggi, L, Light/Raito, Misa Amane
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Rebirth
 
Cap. 1: Death Eraser
 
“Just a day,
Just an ordinary day.
Just trying to get by.
Just a boy,
Just an ordinary boy.
But he was looking to the sky….”
Ordinary Day - Vanessa Carlton
 
“Solo un giorno,
Solo un giorno qualsiasi,
Cercando soltanto di tirare avanti,
Solo un ragazzo,
Solo un ragazzo qualsiasi,
Ma che stava guardando il cielo….”
 
Sicuramente suo padre pensava che lei non l’avrebbe mai fatto, che non sarebbe mai stata tanto curiosa. Del resto, per lui era un semplice strumento da lavoro, e sicuramente non pensava che avrebbe mai attirato l’attenzione di sua figlia.
Alla fine, era un semplice quaderno nero, no? E allora per quale motivo sembrava considerare l’elementare atto di scriverci su come una sorta di lavoro?
- Non toccarlo mai.
Ecco cosa le aveva sempre ripetuto, sin da quando era piccola. Le aveva detto che era una sorta di agenda, ma lei non ci aveva mai creduto.
Suo padre aveva sfruttato per diciotto anni quella sorta di timore reverenziale che provano i bambini per ciò che hanno vicino, ma non possono avere.
Ma gli anni erano passati, e Sayuri non era più una bambina. Quell’avvertimento non la toccava più di tanto.
E poi, aveva scoperto che quel quaderno non era l’unico, ma che in casa ce n’erano almeno due. Sicuramente suo padre non si sarebbe arrabbiato se ne avesse preso uno, anche solo per darci un’occhiata. Anzi, impegnato com’era, non si sarebbe nemmeno accorto della sua scomparsa.
Il suo piano era perfetto. Era tornata a casa prima da scuola, e non aveva trovato nessuno ad ostacolarla.
Aprì la porta dello studio. Non era mai stata in quella stanza da sola… la tentazione di restare a guardarsi intorno era forte, ma lei non doveva perdere tempo… suo padre era un tipo imprevedibile, sarebbe potuto tornare anche in quel preciso momento, e allora l’avrebbe beccata con le mani nel sacco.
L'impresa sembrò essere più semplice del previsto. Il quaderno nero, infatti, era proprio lì, sulla scrivania… le sarebbe bastato tendere il braccio per toccarlo.
Sayuri si soffermò qualche secondo per contemplarlo. La copertina era nera e lucida, e sopra c'era una scritta in inglese.
- Death Note… - mormorò la ragazza, leggendo.
Quaderno della morte. Sicuramente non era un titolo incoraggiante, e forse qualcun altro avrebbe considerato più saggio lasciarlo lì, ma molto spesso è la curiosità ad avere la meglio.
Fremente per l'emozione, Sayuri sfiorò la copertina, per poi afferrare il quaderno con le mani tremanti.
Ora, tutte le sue curiosità di quando era bambina su quel misterioso oggetto sarebbero state soddisfatte. Avrebbe finalmente saputo cosa quel quaderno veramente fosse.
Lo aprì, e cominciò a sfogliarne le pagine.
La prima cosa che vide fu una serie di regole.
"La persona il cui nome sarà scritto su questo quaderno morirà…".
Sayuri le lesse tutte, una ad una… ma suo padre non avrebbe mai potuto usare un oggetto del genere, no?
Girò pagina.
Davanti a lei comparve una lista di nomi. Mano a mano che andava avanti, però, vide che accanto ai nomi erano state aggiunte anche altre informazioni: Suicidio… Incidente stradale….
Tutte maniere per morire. E, con lo scorrere delle pagine, aumentavano anche i particolari… come se tutto facesse parte di un disegno prefissato… le mani della ragazza muovevano le pagine sempre più velocemente, e tremando sempre di più… la grafia cambiava, ma i nomi continuavano… centinaia di persone, tutte morte… tutte uccise ….
Stava cominciando a sudare freddo. Il pensiero che suo padre, e dunque, in qualche modo, anche lei, fosse stato coinvolto in una serie di omicidi non le piaceva affatto.
- Vedo che sei scioccata….
Una voce proveniva da dietro di lei. Si voltò.
Urlò, più forte che poté. Ciò che aveva davanti a sé… no, non poteva esistere.
Era una specie di mostro, uno di quegli esseri che vengono a trovarti soltanto negli incubi… con la differenza che, in quel caso, non si trattava di un incubo, bensì della realtà….
Ma non era decisamente il caso di farsi prendere dal panico, pensò Sayuri vedendo che il mostro esitava nel far di lei un sol boccone.
- Che cosa… chi sei?
- Mi chiamo Ryuk, e sono uno shinigami… più precisamente, lo shinigami di quel quaderno che ora stai tenendo in mano.
Sayuri si lasciò andare sulla poltrona lì accanto.
Uno shinigami. Un dio della morte. Ma non esistevano solo nelle favole?
- Quindi… questo quaderno è tuo, giusto? - disse la ragazza, senza fiato.
- Non proprio. Il proprietario del quaderno è, per ora, tuo padre… Light Yagami.
Che situazione balorda. Suo padre… anche lui aveva ricevuto la visita di questo tizio?
- E perché posso vederti?
- Hai toccato il quaderno, e solo coloro che toccano un quaderno della morte sono in grado di vederne lo shinigami.
Sayuri si rigirò il quaderno tra le mani.
- Quanti quaderni possiede mio padre?
- Tre… anche se, per ora, sono l'unico shinigami in circolazione!
Tre quaderni. Tre strumenti di morte.
Ryuk rise.
- Sconvolta, non è vero?
Sayuri annuì.
- Se vuoi, puoi utilizzarlo… basta che ci scrivi sopra un nome, aspetti quaranta secondi e… tac, è fatta!
- Non se ne parla nemmeno! Non sono un'assassina.
- Va bene… contenta tu!
Lo shinigami assunse un'aria divertita… evidentemente aveva qualcosa in mente.
- Che c'è? - domandò la ragazza, un po' stizzita.
- Te lo dirò… se prima tu mi darai una mela!
L'espressione follemente divertita di Ryuk non fece altro che alimentare la sua curiosità, e Sayuri si vide costretta ad accettare la proposta dello shinigami.
- Mi raccomando, che sia rossa e bella croccante! - le disse Ryuk mentre stava uscendo dalla stanza.
Che brutta faccenda, pensò Sayuri mentre raggiungeva la cucina. Sicuramente si trovava in una di quelle situazioni in cui ci si ritrova coinvolti senza volerlo.
E suo padre… lei lo vedeva come un uomo tranquillo… aveva sempre voluto il bene per lei e per sua madre, o almeno così le sembrava.
Invece, sembrava proprio che non fosse così. Le sembrava tutto piuttosto irreale. Se suo padre aveva scritto quei nomi su quel quaderno, allora era un assassino… lui, che aveva fatto della cattura dei criminali la vocazione della sua vita.
E lei… cosa avrebbe potuto fare? Ostacolarlo? E come? E poi… in fondo, era comunque suo padre….
Prese una mela dal frigo… rossa e croccante, proprio come lo shinigami aveva chiesto.
- Tieni, - disse la ragazza lanciando la mela a Ryuk, - e ora dimmi che cosa hai in mente.
- Sei una piccola amante della vita, giusto? Trovi l'idea di uccidere qualcuno ripugnante. Nonostante ciò, ho un'opportunità anche per te, anche se non hai intenzione di usare il quaderno.
Ryuk continuava ad avere un tono divertito. Chissà cos'aveva in mente….
- Apri il cassetto, e prendi il quaderno che ci troverai dentro.
Sayuri obbedì, sempre più sconcertata. Dentro il cassetto, un altro quaderno, uguale a quello che aveva trovato prima.
- Ora, ti darò un'opportunità che pochi umani hanno mai avuto, nonché un'ulteriore fonte di divertimento per me….
Ryuk trafficò un po’ con quello che, apparentemente, era il suo costume, e ne estrasse qualcosa.
Quel qualcosa, che Ryuk ora teneva nella mano scheletrica, era una gomma… sembrava una gomma normale, ma qualcosa diceva a Sayuri che non era proprio così.
- A cosa serve quella gomma? E perché dovrebbe essere… divertente?
Lo shinigami lasciò trascorrere qualche secondo prima di rispondere. Si stava proprio godendo il momento.
- Divertente perché… beh, non si sa mai quali potrebbero essere le conseguenze delle azioni di voi umani! Quanto all'utilità di questo oggettino… beh, se tu cancellerai con questa un nome dal Death Note che hai appena tolto dal cassetto… la persona con quel nome tornerà in vita!
Sayuri osservò attonita Ryuk che le posava la gomma sul palmo della mano.
Aveva ora il potere, anche dopo tanti anni dalla sua morte, di far rivivere una persona.
- Ora, non ti resta che sfogliare il quaderno… e scegliere!
Sayuri prese in mano il quaderno, e lo aprì.
Di nuovo, migliaia di nomi scorsero davanti ai suoi occhi. Nessuno in particolare la colpiva, erano quasi tutti nomi comuni, e senza un significato particolarmente illuminante.
Chissà chi erano, o chi avevano lasciato….
La scrittura era elegante, ma sicuramente diversa da quella, più ordinata, di suo padre… questo significava che non era stato lui l'unico possessore del quaderno.
Ad un tratto, però, la scrittura cambiò, e la cosa peculiare era che il cambiamento riguardava soltanto due nomi, e non una lista.
E poi… chi mai avrebbe potuto scrivere in quel modo? La scrittura era eccessivamente spigolosa, tremante, come se l'autore avesse avuto qualche difficoltà a tenere in mano la penna.
Non solo, ma non si trattava nemmeno di nomi giapponesi, ma inglesi o americani; il secondo, in particolare, sarebbe sembrato inusuale anche in un paese anglofono. Sayuri lo lesse con gli occhi.
L Lawliet.
Un nome formato da una sola lettera non era certo comune, anche nella stranezza di certi nomi che gli americani amavano dare.
E, più forte di quello provato per gli altri nomi, un desiderio di sapere chi ci fosse stato dietro invadeva Sayuri.
- Se cancello il nome di una persona, mi sarà possibile poi incontrarla? - domandò Sayuri allo shinigami.
- Questo non lo so - rispose Ryuk - ma penso che sia probabile di sì, soprattutto se la persona è morta nelle vicinanze.
Sayuri tornò a fissare il nome. Chi era quella persona? Un anziano, un ragazzo, o magari un bambino? Un criminale, o un innocente? C'era solo un modo per scoprirlo….
Sayuri sapeva che nessun altro nome l'avrebbe mai colpita in quel modo, e che anche andando avanti nella lettura non avrebbe cambiato idea. Era sempre stato così, per lei: la prima scelta si era sempre rivelata la più convincente.
Così, con un gesto deciso, passò la gomma su quel nome, e quello, quasi per magia, scomparve, pur essendo stato scritto ad inchiostro.
- Ho scelto - disse la ragazza, restituendo il quaderno e la gomma a Ryuk.
Lo shinigami prese i due oggetti, poi sfogliò il quaderno, sicuramente per scoprire il nome che era stato cancellato. Quando vide il vuoto lasciato dalla cancellatura, scoppiò a ridere, ancora più fragorosamente di prima.
Sayuri guardò l'orologio. La faccenda del quaderno l'aveva presa così tanto che si era completamente dimenticata che sarebbe dovuta uscire con le sue amiche, o, come lei amava definirle, "compagne di sventura"… tutte figlie di colleghi di suo padre, che non facevano altro che ostentare in ogni modo la loro ricchezza. Non era decisamente esaltante, specialmente dopo aver passato con loro diciotto anni di vita, ma aveva un appuntamento con loro e dare buca o arrivare in ritardo sarebbe sembrato poco carino… dunque, doveva assolutamente muoversi, e quello shinigami che continuava a ridere non l'avrebbe certo aiutata.
- Che c'è, ora? E non provare a farmi rosicare, devo uscire e sono già in ritardo.
- Hai scelto molto bene, ragazza… sarà proprio un bello spettacolo… ci voleva proprio, dopo tanti anni….
Sayuri sospirò. Non aveva alcuna idea di ciò che Ryuk avrebbe giudicato "divertente", ma aveva la strana impressione che non si trattasse di qualcosa di buono… del resto, si trattava di un dio della morte.
- Dovrai seguirmi per tutto il tempo? - domandò la ragazza.
- No… non sei la proprietaria del quaderno, perciò non sarai costretta ad avermi tra i piedi tutto il giorno.
- Ah… meno male…. - si lasciò scappare Sayuri.
- Perché… non mi trovi divertente?
- Temo proprio che la nostra definizione di "divertente" sia un po' diversa, sai? - rispose la ragazza, sorridendo.
- Comunque, ora devo proprio scappare, - continuò Sayuri, - … buon divertimento!
Sì, e spero di non doverti mai più vedere, anche se sei simpatico, pensò, mentre si dirigeva verso la sua camera.
Di tutto ciò che aveva pensato riguardo quel quaderno nero, niente involveva la morte di qualcuno, e ancora meno la presenza di un dio della morte. Per fortuna, la richiesta dello shinigami non era stata particolarmente gravosa, e lei si sarebbe potuta lasciare tutto allegramente alle spalle… tanto, la possibilità di trovare un inglese morto in Giappone e di riconoscerlo ed incontrarlo era irrisoria, con tutte le persone che abitavano lì!
Semplicemente, aveva fatto tornare in vita una persona, e magari questa, pur non conoscendola, le sarebbe stata riconoscente, niente di più.
Era molto più facile metterla in quel modo senza avere quel mostro davanti.
Entrò in camera, e si mise davanti allo specchio. Era già pronta, doveva solo controllare che tutto fosse a posto. Kaori le aveva detto per telefono che ci sarebbe stato anche qualche ragazzo carino, e presentarsi bene non avrebbe certo fatto male.
Non aveva ereditato molto dai suoi genitori, a dire il vero. Non era bionda come sua madre, e nemmeno affascinante come suo padre. L’unico dono che quest’ultimo le aveva fatto era il colore dei capelli, castano chiaro, ma niente di più.
Era fiera di questo, in fondo: il modo in cui appariva era quasi del tutto da attribuire a se stessa, o forse a qualche nonno… nessuno che non la conoscesse avrebbe mai potuto dire che lei era figlia di Light Yagami e Misa Amane.
Sayuri si sistemò il codino, onnipresente elemento della sua capigliatura. Era un residuo della sua infanzia: sua madre amava pettinarla facendo spuntare due codini dai capelli sciolti, esattamente come lei si pettinava da ragazzina… ma col tempo Sayuri aveva deciso di personalizzare un po’ i suoi capelli, eliminando uno dei due codini e legando l’altro con un elastico a forma di girasole – cosa che spesso faceva arricciare il naso alle sue compagne di scuola.
Anche il suo modo di vestire era particolare, e con esso era evidente il suo amore per i colori accesi. Sua madre adorava quello stile, mentre suo padre lo considerava improponibile… ma a lei non importava.
Dopo un’ultima controllata, Sayuri prese il suo inseparabile iPod e il cellulare, per poi uscire dall’appartamento.
Si infilò le cuffie nelle orecchie mentre scendeva. C’era l’ascensore, ma a lei piaceva fare le scale. Poteva anche correre, se stava attenta a non cadere.
Uscì fuori, e fece un bel respiro. Il suo palazzo si trovava in un quartiere residenziale dove il traffico era limitato, e l’aria ancora - più o meno – pura. Una volta raggiunto il centro non sarebbe stato più così.
Lasciare il suo appartamento era, il più delle volte, una liberazione. Soltanto quando era fuori da quel posto poteva dimenticarsi, per qualche ora, di essere figlia dell’uomo che occupava una delle più alte cariche nella difesa giapponese e di un’attrice famosa.
Per fortuna i suoi genitori non erano dei megalomani che pur di avere maggior visibilità esponevano ai media anche i propri figli, o per lei sarebbe stata la fine. Perché lei amava certamente l’attenzione, ma quando voleva lei, e sicuramente non quel tipo di attenzione.
Per strada era una semplice passante, una semplice ragazzina che camminava ascoltando musica, nulla di più… poteva dimenticare tutto, anche l’aver appena avuto un incontro ravvicinato con uno shinigami e l’averlo, forse, aiutato ad attuare uno dei suoi piani diabolici….
Sicura? Domandò una vocina nella sua testa.
Certo che ne sono sicura, ribatté lei, girando l’angolo, tanto, non incontrerò mai quell’L, né mai rivedrò quel dannato shinigami. Di che dovrei preoccuparmi?
Ma le bastò guardare davanti a sé per mandare ogni sua singola certezza al riguardo in frantumi.
Proprio lì, sui gradini del palazzo di fronte, era seduto un ragazzo.
Non era un ragazzo qualsiasi, si vedeva lontano un miglio. Perlomeno, non era uno che avrebbe mai abitato in uno di quei palazzi, dove chi ci viveva manteneva solitamente un certo standard di eleganza.
Il ragazzo che aveva di fronte, invece, indossava soltanto una maglia bianca e un paio di vecchi jeans. Niente scarpe, né calze.
Era particolare anche il modo in cui stava seduto – se di posizione seduta si poteva parlare. Era accovacciato, i piedi in equilibrio piuttosto precario sul gradino.
I capelli, nerissimi, erano scompigliati, e qualche ciocca ricadeva sugli occhi, anch’essi scurissimi e bordati da occhiaie così profonde che sembrava non avesse mai dormito in vita sua.
Il suo sguardo sembrava perso nel vuoto, spaesato… come se non sapesse esattamente dove guardare.
Come se fosse appena caduto dal cielo, pensò Sayuri istintivamente.
Lo sguardo del ragazzo si rivolse verso di lei. Lui la fissò, gli occhi sgranati – o erano naturalmente enormi? Magari perché, nonostante la parvenza orientale, non lo era completamente?
Sayuri si tolse gli auricolari. Non poteva essere vero….
E intanto lui continuava ad osservarla, come se si aspettasse qualcosa da lei.
I suoi occhi, la sua posizione… Sayuri non seppe mai cosa glielo fece capire, seppe solo che, in quel preciso momento, lei comprese. Quel ragazzo era lui.
- L… Lawliet… - mormorò la ragazza.
Lei sapeva chi lui fosse, e, magari, lui sapeva di quello che lei aveva fatto, dal suo sguardo….
Sayuri trovò naturale avvicinarsi al ragazzo.
E se magari non fosse stato lui? E se si fosse soltanto lasciata suggestionare dal tutto? Magari lui era soltanto un ragazzo un po’ strano che era capitato da quelle parti per sbaglio, e lei gli stava attribuendo un’identità che non aveva….
Lui continuava a guardarla, mentre lei si avvicinava.
- Ehm… per caso tu sei L….
- Non dirlo – la zittì lui.
Era lui… perché avrebbe dovuto rispondere così, se non lo era?
- Quindi… sei… sei tu? – domandò lei, non sapendo bene cosa dire.
Lui continuò a guardarla – o, per meglio dire, a fissarla – con aria interrogativa.
- Oh… beh, insomma… tu sei… risorto, giusto?
Era difficile trovare le parole giuste per definire quella situazione assurda.
- Sì – disse lui.
- Bene, allora – disse lei, sorridendo mentre si sedeva accanto al ragazzo sul gradino – io mi chiamo Sayuri, piacere.
Allungò la mano verso di lui affinché potesse stringerla, ma lui rimase fermo.
- Piacere – rispose, senza fare una piega.
Non le era sembrato scortese, anche se qualcuno avrebbe potuto pensare il contrario. Del resto, che ne sapeva lei di chi lui fosse? E poi, bisognava capirlo: era appena sceso dal cielo, ed era piuttosto normale che fosse un po' spaesato. Fosse stata lei al suo posto, avrebbe reagito in modo ben diverso, e non sarebbe rimasta certamente così tranquilla.
- Sei stata tu? - chiese lui.
- A farti ritornare? Sì, sono stata io.
Sayuri non sapeva bene che risposta aspettarsi. Un ringraziamento, forse….
L assunse un'espressione strana.
- Come hai fatto?
Di tutte le domande che poteva aspettarsi, quella era l'ultima. Lei avrebbe più pensato, almeno immediatamente, al semplice fatto di essere viva, piuttosto che al come.
- Io… non lo so, davvero, - rispose Sayuri, alzandosi e cominciando a camminare avanti e indietro, - ho soltanto preso un quaderno, e mi è stata data una gomma, e io ho cancellato il tuo nome….
Alla parola "quaderno" gli occhi del ragazzo si animarono ancora di più.
- Quaderno….
Fu come se qualcosa l'avesse improvvisamente svegliato. Sayuri poteva quasi vedere il suo cervello mettersi in moto, mentre la sua espressione si faceva sempre più concentrata.
- Ti conviene fare una passeggiata, sai? Aiuta a schiarirsi un po' le idee… ne avrei bisogno anch'io, a dire il vero.
Entrambi si alzarono, e cominciarono a camminare per la via. Anche il modo di camminare del ragazzo era particolare: la schiena curvata in avanti, e il passo un po' strascicato. Camminare non doveva essere certo un piacere, a piedi nudi, ma lui non si lamentava.
Sayuri guardò l'orologio. Era veramente in ritardo per l'appuntamento, e forse sarebbe stato meglio se avesse chiamato Kaori per dirle che non sarebbe venuta. Sinceramente, riteneva più interessante e costruttivo scambiare due parole con L piuttosto che perdere il suo tempo tra pettegolezzi e frivolezze… almeno per una volta.
Prese il cellulare, e digitò il numero dell'amica. L intanto la guardava, chiedendosi cosa stesse facendo.
- Pronto? - fece la voce squillante di Kaori.
- Ciao… sono Sayuri.
- Stai per arrivare? Ormai manchi solo tu! Asuka ha invitato qualche suo amico, e ci stiamo divertendo un mondo!
- Mi dispiace… ho avuto un contrattempo, e non posso più venire.
- Oh, beh, peccato. Sarà per un'altra volta, allora.
- Mi raccomando, divertiti anche per me! Ci sentiamo domani….
- Ciao!
Sayuri chiuse il telefono, decisamente sollevata.
- Avevi un appuntamento? - domandò L.
- Sì, ma ho deciso di non andarci. Non che fosse particolarmente esaltante, anzi, sono quasi contenta di poterlo evitare.
Era vero, in parte. La verità era che non se la sentiva proprio di lasciare solo quel ragazzo, che si trovava lì solo a causa sua.
Sicuramente L doveva aver capito parte di quei pensieri, perché disse: - Comunque, non c'era bisogno di cambiare i tuoi programmi per colpa mia.
- Colpa? Non preoccuparti, non mi dispiace. Te l'ho detto, non è che mi stia perdendo molto… soltanto una specie di sfilata di moda e qualche ragazzo, tutte cose che si possono trovare in una festa qualsiasi, no?
Non aveva l'aria di uno che avrebbe apprezzato quel genere di divertimento, perciò avrebbe potuto benissimo capirla.
- Già… niente di speciale - rispose lui, confermando ciò che Sayuri aveva pensato col suo tono di voce.
Continuarono a camminare, in silenzio. L non parlava molto, eppure Sayuri notava in lui qualcosa di strano, quasi di affascinante. La sua espressione era sempre concentrata, come se stesse cercando di capire da solo perché realmente si trovasse di nuovo sulla Terra.
Sembrava, però, che gli mancasse qualcosa, e ciò gli impediva di giungere alla soluzione.
C'erano tante cose che avrebbe voluto chiedergli: chi fosse, perché fosse morto… ma ce n'era una, in particolare, una curiosità che non vedeva l'ora di soddisfare.
- Posso chiederti una cosa? - fece la ragazza.
- Chiedi pure - rispose lui.
- Com'è il mondo dei morti?
Non sembrò stupito dalla domanda, forse era qualcosa che anche lui avrebbe chiesto.
- Non è come dicono che sia. Non è molto diverso da qui, a dire il vero. Niente nuvole, niente luci abbaglianti.
Non capitava certo tutti i giorni di parlare con una persona che aveva visto il regno dei morti. Era un luogo su cui tutti, almeno una volta nella vita, facevano almeno un pensiero… sapere che era simile al mondo dei vivi era da una parte avvilente, ma dall'altra rassicurante: perlomeno, avrebbe saputo come cavarsela.
L non sembrava molto loquace. Camminava lentamente, e non dava cenno di voler raddrizzare la schiena. Sayuri continuava a camminare al suo fianco, chiedendosi perché il ragazzo non avesse ancora cominciato a tempestarla di domande. Del resto, era appena tornato sulla Terra dopo, probabilmente, tanti anni: non era certo un viaggetto da niente.
- A cosa pensi? - domandò la ragazza. Terribilmente ficcanaso, lo riconosceva lei stessa.
Lo sguardo che il ragazzo le rivolse fu abbastanza eloquente.
- Scusa… - fece lei, - non volevo essere inopportuna, ma… insomma… ero solo curiosa.
- Più che legittimo, - rispose L. - Potrei rispondere alla tua domanda, ma non è detto che voglia farlo… o, almeno, non qui.
Evidentemente si trattava di qualcosa di segreto, e naturalmente non sarebbe stato opportuno parlarne lì, in mezzo alla strada.
- Va bene, allora non ti chiederò più niente… non qui, almeno! Tu potrai continuare a pensare, mentre io… ehi!
Si era fermata all'improvviso davanti ad una vetrina piuttosto colorata.
- Aspetta un attimo, torno subito! - disse, e si fiondò dentro il negozio.
Sayuri pensò che, anche senza parlarci, lo avrebbe comunque aiutato, per quello che avrebbe potuto fare….
Mentre L pensava, sembrava che gli mancasse qualcosa, come una spinta in avanti per trovare la soluzione.
E Sayuri voleva aiutarlo a concentrarsi… ovviamente a modo suo.
Era strana, lo sapeva, ma il modo perfetto per raggiungere l'assoluta concentrazione, mentre studiava o in generale mentre pensava, per lei era… mangiare caramelle. E, infatti, era appena entrata in un negozio di dolciumi.
Comprò due buste di caramelle, scegliendo con cura i gusti… male che vada, pensò, se lui non le avesse volute le avrebbe mangiate tutte lei….
- Ecco qua - disse lei uscendo dal negozio e porgendo al ragazzo una delle due buste, - spero che ti piacciano. Mi aiutano a concentrarmi, non so se su di te abbiano lo stesso effetto….
L non le rispose, ma prese soltanto in mano il sacchetto che la ragazza gli porgeva, e assaggiò una caramella.
- Ottima qualità - commentò lui.
- Le ho scelte apposta - disse Sayuri sorridendo - sono ai miei gusti preferiti.
Evidentemente il suo stratagemma aveva funzionato, perché l'espressione sul volto del ragazzo si fece più decisa, come se fosse ritornato ad occupare il posto che aveva prima.
Ma era evidente che lui aveva ancora bisogno di una mano, e lei, che in fondo si sentiva la responsabile di tutto ciò che era successo, voleva assolutamente dargliela.
- Hai un posto dove stare? - gli chiese.
Era altamente probabile che la risposta fosse negativa. Certamente non l'avrebbe fatto stare in casa sua, chissà cosa avrebbe pensato suo padre vedendolo! L'avrebbe sicuramente sbattuto fuori. Sua madre forse non si sarebbe lamentata, avrebbe capito che aveva bisogno di aiuto, almeno per un po' … ma meglio non rischiare.
In compenso, però, esistevano un sacco di posti in cui L avrebbe potuto alloggiare senza che il padre di Sayuri lo scoprisse.
- No, - rispose L, - ma non è questo che importa….
- Ma non trovi che sia meglio fermarsi un attimo per raccogliere le idee… magari in un hotel? Non preoccuparti, penserò a tutto io… so già dove andare.
L considerò attentamente la proposta della ragazza. Non sapeva ancora se poteva fidarsi completamente di lei, nonostante il suo atteggiamento sembrasse disponibile. In più, conosceva il suo vero nome e aveva avuto accesso ad un Death Note… a QUEL Death Note, in particolare. Se le sue mani si fossero rivelate quelle sbagliate, la situazione sarebbe potuta precipitare come era successo la volta precedente… addirittura, il quaderno nelle mani di quella ragazzina sarebbe potuto essere un’evoluzione della situazione creatasi con Light Yagami….
Ma lui era appena ripiombato in un mondo dove, nella migliore delle ipotesi, era passato poco tempo dalla sua morte e il suo successore aveva appena preso le redini del caso Kira… nella peggiore delle ipotesi, e non poteva assolutamente escluderla, era passato molto tempo e, magari, Kira era riuscito ad avere la meglio….
In ogni caso, lui non aveva più accesso alle stesse opportunità della sua precedente vita. Non aveva più l'eredità dei suoi genitori o Watari o i guadagni del suo mestiere di detective a sostenerlo economicamente. Non aveva più il potere di muovere intere organizzazioni con una sola parola.
Era solo, e da solo avrebbe dovuto organizzarsi, esaminare la situazione ed eventualmente reagire.
Per fare ciò, aveva come minimo bisogno di una base, di un luogo dove stare.
L'offerta della ragazza, in fondo, calzava a pennello. Avrebbe scoperto immediatamente se il luogo era spiato, e in più il fatto che fosse la ragazza a pagare la stanza l'avrebbe tenuta costantemente in contatto con lui… che avrebbe potuto così controllarla con maggior facilità per notare eventuali comportamenti sospetti.
- Va bene. Lascerò che sia tu ad occuparti di tutto - disse, prendendo una caramella alla fragola tra pollice e indice e mettendosela in bocca.
Per raggiungere il posto che Sayuri aveva scelto dovettero prendere la metropolitana.
La ragazza fu assai sorpresa nel vedere che L non abbandonava quella sua strana posizione seduta nemmeno nel caso di un normale sedile. Se ne stava lì, i piedi sul sedile, in posizione accovacciata, incurante degli sguardi curiosi delle persone, e qualcosa diceva a Sayuri che lui c'era abituato.
E poi, non parlava, o perlomeno non lo faceva soltanto per far prendere aria alla bocca, come la maggior parte dei ragazzi che lei conosceva.
Non ci volle molto perché arrivassero a destinazione.
In stazione, buona parte dei passanti li osservarono. Erano sicuramente una coppia che dava nell'occhio: lei, vestita di colori sgargianti e palesemente estivi nonostante fosse inverno; lui, con addosso solo una maglia bianca e un paio di jeans, completamente scalzo ed assolutamente incurante del freddo.
In men che non si dica, si ritrovarono di fronte ad un edificio imponente. L lo conosceva: era uno degli alberghi in cui aveva alloggiato mentre lavorava al caso Kira. Era a cinque stelle: se Sayuri pensava seriamente di potergli pagare la stanza per più di un giorno, o era ricchissima, o era una pazza sprovveduta.
- Non devi disturbarti. Non ho bisogno di una suite imperiale - le disse.
- Oh, ma non importa. Qui ho un conto fisso, alle spese pensa mio padre.
E quella, sicuramente, sarebbe stata una cosa ancora peggiore, pensò L. Non voleva assolutamente attirare l'attenzione di nessuno, figuriamoci del padre della ragazza, il quale, essendo sicuramente molto ricco, doveva essere un personaggio di un certo calibro.
Lanciò uno sguardo alla ragazza, cercando di farle capire cosa stesse pensando. Non voleva dirglielo chiaramente, dato che sicuramente lei si sarebbe insospettita, ma allo stesso tempo voleva farglielo capire.
- Non voglio disturbare tuo padre - disse lui, vedendo che l'entusiasmo della ragazza non esitava a scemare.
- Oh, non ti preoccupare… mio padre non saprà niente. Non è la prima volta che capita, sai? Insomma… amici troppo fuori da poter tornare a casa dopo una festa, coppiette in cerca di intimità… e nessuno della mia famiglia ha mai scoperto niente!
Probabilmente aveva dei genitori non molto presenti, ma lui non avrebbe potuto capirlo: per quello che ricordava, i suoi genitori non c'erano mai stati.
Entrarono nell'hotel. La hall era lussuosa, come lui la ricordava, eppure qualcosa era cambiato, come se tutto fosse stato modernizzato. Evidentemente era passato più tempo di quanto lui sperasse.
- Buona sera, signorina - disse un uomo alla reception, rivolgendosi a Sayuri.
- Buona sera, signor Masashi - rispose la ragazza, gentilmente ma, allo stesso tempo, con una certa familiarità.
- Ci sono stanze libere? Perché dovrei prenotarne una per stanotte… - continuò Sayuri.
- Sicuro. Per fortuna non è alta stagione, altrimenti avreste avuto un po' di difficoltà….
Si voltò, e prese una chiave dalla grande parete che le conteneva.
- Ecco qua… la stanza per lei - l'uomo rivolse la sua attenzione verso L, osservando i suoi piedi nudi e il suo abbigliamento non proprio elegante - … e per il signorino.
Sayuri prese le chiavi, sorridendo, per poi dirigersi assieme ad L verso l'ascensore.
- Chissà cos'avrà pensato il signor Masashi… - disse la ragazza, entrando nell'ascensore.
L le rivolse uno sguardo interrogativo.
- Beh, sai… che cosa si potrebbe pensare di una ragazza e un ragazzo che prenotano una stanza?
Ridacchiò. - Non preoccuparti - continuò - non ho intenzioni strane….
L parve trovare la cosa più allarmante che divertente. Alla faccia del non dare nell'occhio!
Arrivarono al piano giusto, poi attraversarono un lungo corridoio per arrivare alla stanza. Sayuri inserì la chiave nella serratura, e aprì la porta.
La stanza era grande quasi quanto un piccolo appartamento. Davanti a loro stava un divano a due posti, con davanti un tavolino e un televisore. Nella stanza adiacente c'era invece un letto matrimoniale, un armadio e una scrivania. Il bagno era grande e spazioso.
L notò che era cambiato ben poco dall'ultima volta che vi aveva alloggiato. E… come in tutti gli alberghi di quel tipo, ci sarebbe stata una cosa che lui avrebbe gradito parecchio….
Si diresse verso il letto, e guardò sul comodino… lì, avvolto da una carta dorata, stava uno dei motivi per cui L amava gli alberghi di un certo tipo… un cioccolatino.
Quasi sempre la qualità è ottima, pensò L, scartando uno dei due cioccolatini.
- Il signor Masashi si è proprio fatto delle idee strane… mi ha dato una matrimoniale! - disse Sayuri, lasciandosi andare sul letto, la testa a pochi centimetri dai piedi di L, il quale si era seduto nella sua solita posizione e si stava gustando per bene il suo cioccolatino.
Il ragazzo fu tentato di ritrarsi. Non amava particolarmente stare troppo vicino alle persone, o forse nemmeno ci era abituato. D'altronde, nessuno negli ultimi tempi si era avvicinato a lui tanto quanto Sayuri con la sua testa… tralasciando forse il periodo che aveva passato ammanettato a Light Yagami… che, in ogni caso, non gli era mai parso spontaneo e naturale come quella ragazza. Se stava solo recitando, sarebbe stata degna di un premio… sembrava reale.
Comunque, L dovette riconoscere che si era seduto tanto sul bordo che, se si fosse spostato ulteriormente, sarebbe finito sul comodino.
Con suo disappunto, Sayuri si alzò soltanto per prendere l'altro cioccolatino dal comodino a fianco.
- Buono, vero? - disse la ragazza mentre si lasciava sciogliere il cioccolato in bocca.
L annuì. Su quello erano sicuramente d'accordo. Aveva gusto, la ragazza.
- Beh, mi sembra che qui sia tutto a posto, giusto? Io devo proprio tornare a casa… per una volta che io e i miei genitori riusciamo a mangiare assieme, se arrivo pure in ritardo mio padre mi ucciderà!
- È tutto a posto… posso dormire da solo, non preoccuparti - rispose L.
Come se fosse stato semplice addormentarsi. Quanto tempo era che non dormiva come un normale essere umano? Due o tre ore, di solito, gli bastavano; o meglio, aveva sempre così tante cose per la testa che addormentarsi subito gli risultava praticamente impossibile.
E, ovviamente, quella notte non sarebbe stato diverso.
- Va bene… allora… se ti va ci vediamo domani… e se ti serve qualcosa non hai che da chiedere! Buonanotte!
Sayuri uscì dalla camera, e prese l'ascensore. Stava sorridendo, senza un motivo ben preciso. Quel diversivo, quell'L che si era improvvisamente materializzato davanti a lei, l'aveva rallegrata.
Era qualcosa di nuovo, sicuramente più esaltante dei soliti party con gli amici. In qualche modo, la faceva sentire utile. Stava aiutando qualcuno, una persona che sicuramente aveva più bisogno di una mano di un amico che ha bevuto troppo.
Sicuramente il giorno dopo, a scuola, Kaori l'avrebbe supplicata di dirle che cosa stesse facendo. Era curiosissima, ancora più di lei, che molte volte riconosceva di essere invadente.
Quando giunse a casa, trovò suo padre già seduto a tavola, elegantissimo anche in casa.
Sayuri lo aveva sempre conosciuto così, come un distinto signore in giacca e cravatta… come se fosse sempre al lavoro. Non aveva proprio l'aria di una persona che poteva uccidere solo volendolo. Non che avesse paura di lui: del resto, era sicura che non avrebbe mai toccato la sua famiglia; la cosa comunque le faceva un effetto strano.
- Ciao, papà… mamma?
- È di sopra… sta per arrivare.
Sayuri poggiò la borsa e il giubbotto sul divano, poi si sedette davanti a suo padre.
Ora avrebbe dovuto soltanto aspettare l'arrivo di sua madre, e poi che la cameriera, Chika, servisse la cena.
La loro non era una famiglia normale, Sayuri doveva ammetterlo.
Tanto per cominciare, non si vedevano quasi mai, tra studio, viaggi e lavoro. Allo stesso tempo, però, i suoi genitori cercavano di non farle mai mancare niente, e con questo si intende che quasi le bastava chiedere per avere ciò che voleva. Si sentiva viziatissima, in fondo… e fortunatamente non aveva mai preteso niente di eccessivo.
Sua madre arrivò poco dopo. Schioccò un bacio sulla guancia della figlia e baciò il marito.
Sayuri non era mai riuscita a capire come due persone così diverse fossero riuscite a stabilire una relazione. Sua madre era sempre allegra, sorridente e affettuosa, mentre suo padre sembrava molto più serio e distante. Non le avevano mai raccontato come fossero finiti assieme: sua madre le aveva soltanto detto che si era trattato di amore a prima vista, e le aveva augurato di sperimentare la stessa sensazione, un giorno.
Ma, per quanto Sayuri ci potesse credere, non le era ancora successo niente di simile.
Mentre Misa si sedeva, Sayuri rivolse il suo sguardo verso il padre, e per poco non sobbalzò vedendo che Ryuk era appena comparso alle spalle di Light.
Calma, pensò Sayuri. Solo lei e suo padre sapevano dell'esistenza dello shinigami, e se avesse visto la sua reazione sicuramente suo padre si sarebbe insospettito. Il fatto che lei avesse scoperto del quaderno e cancellato il nome di L non sarebbe dovuto uscire fuori per nessun motivo. Doveva stare attenta a come parlava.
- Com'è andata oggi, tesoro? - le chiese la madre.
- Bene - rispose Sayuri, sperando che non le chiedesse di scendere nei dettagli.
- Ho sentito Kaori, stasera… mi ha detto che non sei andata alla festa che aveva organizzato… come mai?
Brutta cosa, le mamme che familiarizzano troppo con le amiche delle figlie.
- Ho avuto un imprevisto… ho dovuto aiutare un amico in difficoltà - rispose la ragazza, mantenendosi sul vago.
Suo padre inarcò un sopracciglio. Light Yagami era sempre stato un po' sospettoso riguardo ai ragazzi frequentati dalla figlia.
- In che senso, "amico"? - domandò Light.
Sayuri, a quella domanda, scoppiò a ridere.
- Un amico, papà… non sarai mica geloso?
Misa sorrise. - Se c'è qualche problema, puoi parlarne con noi - disse.
- Non c'è nessun problema, niente che non possa risolvere da sola.
Figuriamoci se gliel'avrebbe detto. Primo, sua madre non le avrebbe mai creduto. Suo padre, invece, si sarebbe insospettito, e avrebbe magari preso provvedimenti.
Del resto, se L era morto un motivo c'era, e se questo in qualche modo era legato a suo padre, fargli sapere esattamente a chi lei avesse offerto una mano non sarebbe stato molto saggio.
- Va bene, allora… - disse sua madre, per poi rivolgersi al marito con tono adorante - … com'è andata oggi a lavoro?
Sayuri sapeva benissimo come sarebbe finita, a giudicare dal tono di voce della madre, e decise che forse sarebbe stato meglio non assistere.
- Ehm… forse è meglio che salga su. Sapete, avrei da studiare….
Cosa che, effettivamente, era vera. Sayuri salì le scale ed entrò in camera. Si sdraiò, vestita, sul letto, e sorrise.
Chissà cosa sta facendo adesso L
, pensò, prima di rialzarsi per prendere i libri.
   
 
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