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Autore: NPC_Stories    18/10/2019    2 recensioni
Collezione di oneshot fantasy a tema "fairy", come indicato nella lista di Inktober che io e la mia affezionata illustratrice Erika abbiamo scelto (no, non Erika la webmaster, un'altra Erika). Io scrivo, lei disegna... speriamo di tenere il passo!
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Alcune di queste storie saranno ambientate nel nostro mondo, alcune altre nell'ambientazione del fandom in cui sono più attiva, Forgotten Realms, e altre ancora saranno ambientate in mondi di mia creazione o di fantasy generico, o parodistico.
Alcune di queste storie vi faranno ridere (spero), altre vi faranno piangere (mh, forse sto esagerando), ma in ogni caso mi auguro che tutte vi piacciano.
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Che la vostra vita possa essere piena di momenti di piccola meraviglia!
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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18. Tree


Sotto-genere: romantico
Ambientazione: Forgotten Realms


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1362 DR, Grande Foresta

Adòla era rimasta sola in quei giorni, e si sentiva un po’ abbandonata.
Era una driade, avrebbe dovuto essere abituata alla solitudine. Per moltissimo tempo lo era stata.
Poi però aveva incontrato Duvainion, e qualcosa era cambiato.
Lui era un umanoide, ed era più solitario di un folletto. Era così strano. Singolare, ma anche affascinante.
Quando Duvainion si era stabilito nel suo territorio, lei all’inizio l’aveva evitato con cura, come è giusto per una driade. Lentamente aveva capito che anche lui cercava di evitare lei, e si era sentita un po’ offesa.
Duv assomigliava moltissimo agli elfi della regione, forse la sua pelle era un po’ più scura, ma lei non ci faceva caso; in quanto driade era soggetta a cambi di colore stagionali, mutando come il manto delle foreste decidue. Non era proprio nella posizione di giudicare il colore altrui.
L'elfo era bello, in un modo un po’ spigoloso, ma il suo atteggiamento non era per niente incoraggiante.
Per molto tempo si erano semplicemente evitati. Poi, un giorno, un parassita raro aveva attaccato molte piante di quercia, fra cui quella che ospitava Adòla. La sua sopravvivenza dipendeva da quell’albero, quindi la disperazione l’aveva spinta ad avvicinarsi a Duvainion per chiedergli di contattare gli elfi selvaggi. Forse avevano dei druidi disposti ad aiutarla; lei non poteva allontanarsi molto dal suo albero, si sarebbe ammalata e in pochi giorni sarebbe morta.
Duvainion l’aveva ascoltata, aveva scosso la testa tristemente e si era rimboccato le maniche.
Quel giorno Adòla aveva scoperto che lui non era un ranger o un bizzoso eremita, ma un vero e proprio druido. Aveva curato il suo albero e tutti quelli intorno con qualche semplice incantesimo mirato.
La driade aveva capito finalmente che Duv era una persona gentile, anche se dall’indole solitaria. Non era affatto freddo e scortese come l’aveva immaginato. Solo che aveva un tabù per quanto riguardava gli elfi selvaggi: non li avrebbe contattati, per nessun motivo, e non voleva nemmeno parlare della loro esistenza.
“Sei stato molto gentile”, gli aveva detto quel giorno, sorridendogli con gratitudine e dolcezza.
Lui aveva scrollato le spalle.
“Proteggere gli alberi è un mio dovere. Ma tieni presente che gli alberi prima o poi muoiono. Non posso fermare la morte, fa parte della natura.”
“Un giorno morirai anche tu” aveva ribattuto Adòla. “Non c’è molto che possiamo fare. Ma possiamo fare in modo che sia più tardi possibile, nel rispetto della natura. C’è così tanto per cui vivere.” Sfoderò di nuovo il suo sorriso ammaliante.
“Hm” fu la prolissa risposta.
“Il mondo è meraviglioso” insistette lei.
Questa volta Duvainion l’aveva guardata con un minimo di interesse.
“Se posso essere indelicato, che ne sa una driade del mondo? Non devi restare sempre nei pressi del tuo albero?”
Il sorriso di Adòla sfumò lentamente.
“No, non puoi essere indelicato.” Rispose con voce fredda, nascondendo una smorfia di tristezza. L’elfo aveva proprio colpito nel segno.
“Ti chiedo scusa” aveva balbettato lui, ma la fuggevole creatura era già scomparsa fra gli alberi.

Questo però era accaduto molti anni prima. Da allora, per un lungo periodo, Adòla e Duvainion si erano parlati a stento. La loro convivenza era pacifica, ma non molto fruttuosa.
Poi, un giorno di primavera, lui era cambiato.
Se n’era andato per tre interi cicli di luna, e quando era tornato era diventato qualcosa di diverso. Qualcosa di molto simile a una pianta.
La sua pelle era ruvida e scura, simile alla corteccia di un albero, e al posto dei capelli aveva rametti e foglie.
Adòla era rimasta senza parole. Non aveva mai visto un umanoide trasformarsi volontariamente, e in via definitiva, in una creatura vegetale. Nemmeno un druido.

In qualche modo la sua trasformazione lo rese meno alieno ai suoi occhi, più accessibile.
Andò a parlargli, per chiedergli i motivi della sua trasformazione. Sotto sotto però lo aveva già capito: lui si sentiva un figlio della foresta, come lei, in un modo più completo e totale di come gli elfi dei boschi e gli elfi selvaggi intendevano quella definizione.
Dopo quella volta non ebbe più esitazioni ad avvicinarsi a lui per confrontarsi e fare conversazione. Anzi, scoprirono entrambi di apprezzare molto la reciproca compagnia.

Nel corso dei decenni divennero buoni amici, entrando sempre più in sintonia. Adòla non avrebbe mai creduto che fosse davvero possibile, ma sentiva che si stava innamorando di lui. Di un mortale. Queste relazioni erano solo una leggenda fra le driadi, una cosa di cui le sue compagne ridevano in modo frivolo, ma senza prendere sul serio l’eventualità. Fino a quel momento anche lei ne aveva riso, ma ora il suo sentimento le sembrava sempre più reale ogni volta che andava a trovare Duv.
Poi, di punto in bianco, un giorno lui era scomparso.
E per tornare alla situazione di partenza, Adòla era rimasta sola da qualche giorno. Non se lo aspettava, lui non lasciava quasi mai la sua piccola collina e la sua tana fra le radici dell’albero di fico. A volte si assentava per proteggere il territorio o per curare qualche pianta, ma di solito l’avvertiva prima.
Si sentiva sola e un po’ abbandonata, e dopo una decina di giorni cominciò anche a preoccuparsi che gli fosse successo qualcosa.

Alla fine tornò, fresco come un giunco, come se non fosse successo nulla.
Adòla non prese molto bene il suo buonumore.
“E quindi?” Lo apostrofò, quando lui venne a trovarla alla sua quercia. “Sparisci per giorni e poi entri nel mio territorio senza chiedere il permesso? Che cosa devo pensare, Duvainion?”
Lui sorrise in quel modo un po’ legnoso che lo caratterizzava anche prima di diventare un boschivo.
“Dovevo confrontarmi con altri druidi e con mia madre, che è una strega esperta. Cercavo un incantesimo in particolare e non ero del tutto sicuro che potesse funzionare.”
Lei piegò la testa da un lato, esponendo il profilo del collo aggraziato. Era bella, anche quando era arrabbiata, lui non poté fare a meno di notarlo.
“Ricordo quello che hai detto anni fa sul fatto che il mondo sia bello. All’epoca ti ho risposto molto male, e mi dispiace. Di recente mi sono sentito finalmente pronto a sperimentare incantesimi un po’ più spinti, e quindi ho cercato un modo per…” la guardò incerto, ricordando solo in quel momento che non a tutte le donne piacciono le sorprese. “Uh… sentiti libera di rifiutare… ma sono certo che non ci siano pericoli. Ho trovato un modo per rendere animata la tua quercia.”
Adòla lo fissò con occhi sgranati, in perfetto silenzio.
“In questo modo potrebbe spostarsi” continuò Duv, lanciandosi in una spiegazione tecnica. “Permetterti di esplorare… il mondo, o almeno quella parte del mondo che può sostentare la vita di una quercia. Non puoi andare nel deserto o… o fra i ghiacci… ma sarà meglio che restare nel raggio di trecento passi e vedere solo questo angolo di bosco.”
Anche il suo approfondimento fu accolto da un silenzio attonito. Ormai lui non sapeva più cosa dire, e l’atmosfera stava diventando pesante.
“Tu…” mormorò alla fine la driade, con voce incerta. “Ti sei ricordato un quasi litigio di decenni fa?”
“Non ha mai abbandonato la mia mente” confessò l’elfo, passandosi una mano fra i rametti che aveva al posto dei capelli. “Non per la rispostaccia che ti ho dato, ma per la tua espressione ferita quando l’ho fatto. In tutti questi anni ho pensato a come permetterti di viaggiare dove vuoi. Anche… anche se questo alla fine ti portasse lontano e non ci vedessimo più” concluse, a voce sempre più bassa.
Adòla esitò solo un istante, perché la sua espressione segretamente triste era uno spettacolo così tenero. Poi si lanciò addosso a lui, stringendolo fra le braccia.
“Non andrò lontano!” Gli promise, con le lacrime agli occhi. “Non ho mai visto il mondo e desidero tantissimo farlo! Ma se incanterai la mia quercia io… magari lontano da qui sì, ma lontano da te mai. Io ti amo. Trovare l’amore è quasi impossibile per una driade, come trovare la libertà. E con te, io ho trovato entrambi” declamò, con la sincera passione delle creature fatate.

Duvainion sorrise e ricambiò il suo abbraccio.
“Oh, Adòla, è un vero sollievo sentirtelo dire. Ti amo anch’io, ma non volevo stare con te solo perché condividiamo il territorio e ci siamo abituati l’uno all’altra. Voglio che tu possa viaggiare e vedere il mondo. E sono disposto a spostarmi con te, anche se preferirei rimanere in questa foresta, almeno per un po’.”
La driade rise di pura gioia, con la sua voce leggera come la pioggia. “Tutti dicono che questa foresta sia enorme! Voglio esplorarla dai confini fino al suo cuore, e magari ci vorranno anni solo per questo. Voglio conoscere ogni pianta e ogni animale, e le persone che ci vivono. Be’, non gli elfi, se a te non piacciono.”
Duv scrollò le spalle e si sciolse dall’abbraccio.
“Non importa se mi piacciono o no. Tu mi piaci, e non avrò occhi per nessun altro. Adesso lasciami tentare il mio incantesimo.”

L’elfo scivolò in una profonda concentrazione, riportando alla memoria l’incantesimo per cui aveva meditato quella mattina. Pescare dalla fonte dell’energia della natura era così facile, così giusto. La cantilena gli salì alle labbra facilmente, e il suo corpo cominciò a formicolare dalle palme dei piedi fino alla punta delle dita.
Si avvicinò alla quercia e toccò il suo ampio tronco con entrambe le mani, come se volesse abbracciarlo. La magia fluì nella pianta sotto forma dell’incantesimo Querciaviva, donandole una sorta di coscienza artificiale… ma non innaturale, visto che quella magia gli era stata elargita dalla natura stessa.
Il druido percepì che la coscienza della quercia si stava risvegliando, perché le piante non sono mai completamente inerti o inconsapevoli; sono solo diverse dagli animali. L’incantesimo la stava rendendo solo un po’ più simile a un umanoide, nei comportamenti se non nella forma.
La quercia mosse i suoi rami, poi sul suo tronco si formò una sorta di rudimentale volto.
Duvainion aprì gli occhi.
Davanti a lui non c’era più una quercia, ma qualcosa di simile a un treant.

“Senti ancora il collegamento soprannaturale con questa quercia?” Domandò, perché voleva accertarsi di non aver danneggiato la sua amica driade.
“Sì” risposero in coro Adòla e il treant. Entrambi sentivano il legame.
Entrambi erano pronti per una nuova, anzi per la loro prima, grande avventura.


**********
Nota:
i puristi delle regole potrebbero obiettare che una driade deve avere un legame con una quercia, e un albero per le regole di D&D è un oggetto, mentre un treant è una creatura di tipo Vegetale, quindi non è esattamente un albero. Me ne rendo conto, ma esiste un precedente in Dragon #304 a pagina 64 in cui una driade usa l’incantesimo Liveoak esattamente per questo scopo e funziona. I Dragon Magazine sono materiale ufficiale.
   
 
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