guardando l'orizzonte,
di la, alla sera,
alla vetta di quel monte.
Sdraiavamo sull'erba di quella,
e la vita che lenta scorreva,
ci sembrava tanto bella.
Si passava così l'imbrunire;
sino a quando, alle nostre pelli,
freddo, solevamo sentire;
ed allora, era l'ora di partire.
Al vento, non si badava,
e un po lenti,
un pò veloci s'andava.
Mai avresti immaginato,
l'orrore, di quel che c'aspettava;
io nemmemo, che di pensieri,
sempre, la mia mente dispensava.
Apparivano in cielo le stelle,
ad illuminarti il viso;
anche se, è meglio il sole,
a colorarti il sorriso.
Giunti alla dimora
t'abbracciai forte.
Rimembro ancora
il tuo odor di mora,
e nulla, mi fa rimpiagere,
di più la tua morte:
Era di gennaio il ventinove:
il sole che sorgeva,
il tuo viso che piangeva;
il treno che partiva,
e la mia faccia,
che schiva appariva;
il viso nascosi
tra i vapori fumosi;
rimembro il vagone:
Com'era pieno,
in quei giorni pietosi!
Il sole freddo,
tiepido, era salito;
la scena che pareva
un film muto:
di sguardi era fatta,
di abbracci in fretta,
e la vita,
(una pellicola usa e getta)
non sapevamo,
che li..
proprio li..
sarebbe finita.
Il treno parte piano:
"Ti prego; lasciami la mano!
Non vado mica lontano!"
"Quel che dici non lo sento!"
Prese più veloce;
il cuor che cuoce dentro:
"Tornerò, quando arriverà la pace!"
Mai, pace ritrovai,
e mai più t'incontrai,
quando, dalla guerra ritornai.