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Autore: daxffodils    19/10/2019    0 recensioni
Jordan e Mae sono due giovani donne di una pittoresca cittadina nel cuore delle isole Greche. Frequentano il liceo della città, apparentemente un tranquillo istituto scolastico dove forgiare la propria educazione e persona, ma che rappresenta il fulcro del loro piccolo e al contempo immenso mondo. Infatti, circondate da amicizie, avventure, primi amori ed esperienze un po’ fuori dal comune, intraprenderanno un viaggio alla scoperta dei sentimenti, delle emozioni tipicamente sintomatiche dell’adolescenza e della crescita, del mondo che le circonda; ma soprattutto, troveranno loro stesse.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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II.

 

Mae non riusciva più  a contare sul palmo della mano quante volte avesse fatto ciò che stava facendo in quel momento. Né si ricordava da quanto avesse reso sua quell’abitudine che, a dire il vero, la faceva sentire un po’ stupida e anche disperata. Eppure non poteva farne a meno. Ogni mattina, una volta uscita di casa, metteva su il casco con la stampa della bandiera inglese e sfrecciava sul suo motorino verso il liceo, nella ritardataria puntualità che la contraddistingueva ovunque andasse (sarebbe dovuta uscire ogni mattina alle otto per arrivare in orario, e invece aveva la capacità di riuscire ad uscire sempre allo stesso minuto spaccato, portando dieci minuti di ritardo). Così si ritrovava sempre a dover correre oltre i chilometri orari permessi, cosa che se sua madre Trinity avesse mai scoperto l’avrebbe condannata per sempre ad una vita di reclusione, possibilmente spaccandole il parabrezza in fronte prima. Tutto ciò con un solo scopo: riuscire ad arrivare qualche minuto prima del suono della campanella per fare in modo che, nel preciso momento in cui lei avesse tirato giù il cavalletto e posato con tempistiche sistematiche il casco nel piccolo portabagagli, Fleur sarebbe passata proprio lì, proprio davanti a lei, in tutta l’estatica bellezza di cui solo lei disponeva così presto la mattina. Aveva studiato quel piano diabolico per mesi, calcolando i tempi al minuto, da quando un giorno era successo tutto nelle stesse dinamiche in maniera totalmente casuale, e lei era rimasta ad osservare Fleur camminare in silenzio per minuti indefiniti, a bocca aperta. Era in procinto di slacciare il casco da sotto il mento, quando la ragazza la investì come una brezza d’aria fresca in primavera. Era splendida, con quei capelli mori naturalmente mossi che le cadevano sulle spalle e gli occhi blu ghiaccio. Ma ciò che più di tutto le piaceva di lei era quel piccolo neo che aveva sotto il labbro inferiore sul lato sinistro, un piccolo, delizioso dettaglio che la rendeva unicamente lei. Soltanto dopo qualche solido secondo Mae si rese conto che al fianco di Fleur camminava Deana, la sua ragazza. Scherzavano, e ad un certo punto scoppiarono a ridere; Deana doveva averla accompagnata, Mae osservò, perché non frequentava la loro stessa scuola. Il pensiero la fece rabbrividire, causandole tremori fin dentro le ossa. A peggiorare il suo crescente disagio, si rese conto che Fleur si era voltata e guardava nella sua direzione. Doveva averla vista sicuramente. La ragazza però accennò un gesto di saluto appena, per poi salutare Deana con un bacio fugace e varcare l’entrata come se nulla fosse. Deana dal canto suo fece per andarsene, e quando Mae entrò nel suo campo visivo assunse un’espressione contrita. Lei invece la ignorò, come se fosse invisibile, ma fu comunque grata quando l’immagine di Jordan si fece nitida davanti ai suoi occhi. Quest’ultima la stava approcciando con uno sguardo assonnato che tuttavia mutò totalmente quando fu capace di leggere il volto di Mae. 

“Ma che ti è successo? Hai una faccia da funerale” Disse. Lei emise un suono gutturale sorpreso ma ironico. 

“Buongiorno anche a te, amica mia.” Mae alzò un sopracciglio. “Ho appena avuto il piacere di incontrare la signorina Deana Caras. Come sai molto bene l’ultima volta che l’ho vista non è stato esattamente il momento migliore della mia esistenza… Jordan, mi stai ascoltando?”. 

La bionda si rese conto soltanto una volta raggiunta la fine della frase della pressoché inesistente attenzione che la sua amica le stava rivolgendo.  Sembrava piuttosto essere molto presa da qualcosa che la stava indubbiamente attraendo molto: così, allineando lo sguardo con quello dell’amica, Mae scorse nella stessa direzione la chioma corta e color miele della professoressa Panagakos, che attraversava il corridoio parallelo con un sorriso gentile in volto, pacata, augurando una buona giornata a chiunque le desse il buongiorno. Mae notò Jordan seguirla con lo sguardo finché la donna scomparve oltre il muro, e ne rimase abbastanza turbata. 

“Penso che sia arrivata l’ora della confessione”, disse dunque alzando un sopracciglio e utilizzando un tono grave. Jordan scrollò le spalle, come sollevata. Tornò a guardarla, e di tutta risposta fece un risolino. “Ma di cosa stai parlando?”

“Jordan, cos’è che sta succedendo con la Panagakos, precisamente?”

“Continuo a non capire di cosa tu stia parlando.”

“Ma se non mi stavi nemmeno ascoltando!”

“Invece sì, mi sono soltanto distratta un attimo”

“Sì, per guardare il culo della prof.” Jordan spalancò la bocca in un’espressione di sconcerto. “Ma che dici! Sei uscita fuori di testa forse?!” 

“Voglio solo metterti in guardia. Io so che qualsiasi cosa questa sia, la state facendo in buona fede. Ma non tutti potrebbero pensarla come me.” Jordan annuì comprensiva. “Non c’è nulla di cui preoccuparsi. Devi credermi.”


Phew! fu il primo pensiero di Mae quando il dolce suono della campanella di inizio ricreazione tagliò da parte a parte l’atmosfera rarefatta venuta a formarsi a causa del terrore che la classe percepiva, minacciata dalla terribile possibilità di poter essere vittima di un’interrogazione di chimica a tappeto. Quel suono talmente stridulo e fastidioso rappresentava tuttavia il sollievo, la gioia, la speranza di decine, centinaia di studenti. Mae si strinse nelle spalle, facendo per alzarsi. Chissà se fosse stata la scelta giusta non scrivere a Fleur qualche sera prima. Sospirò, per poi appropinquarsi alla macchinetta del caffè: l’unica gioia in quell’istituto, da quando il bar della scuola era stato chiuso dal preside. Almeno credeva, fin quando la stessa macchinetta ritirò la sua banconota da 5 Euro senza dare il resto indietro né erogando nulla, ricordandole nitidamente la ragione per cui odiava con tutto il suo cuore il preside della scuola. Incredula, Mae prese ad inveire contro la tecnologia di ogni genere, la scuola, l’obbligo della frequentazione scolastica ed in generale contro la sua intera esistenza, non facendo attenzione alla folla di studenti che si erano avvicinati, incuriositi da una reazione tanto inusuale e teatrale. Tra la massa indistinta spuntò anche Fleur, che la osservava con un’espressione esplicitamente divertita. 

“Serve una mano?” Le chiese. “... Anche due.”

Se avesse potuto, Mae avrebbe felicemente annunciato il termine della sua esistenza all’istante.


Soltanto al piano inferiore, Jordan trapassava con lo sguardo da parte a parte ogni individuo che apparisse ad almeno tre metri da lei, in un costante atteggiamento di difesa. Ragion per cui, nel sentire il suo nome chiamato ad alta voce alle sue spalle, la sua reazione istintiva fu  di darsela a gambe levate. Nonostante ciò, una volta passata la prima frazione di secondo il suono si fece più nitido alle sue orecchie, e la realizzazione che si trattasse di una voce maschile si materializzò. Una voce maschile alquanto familiare, oltretutto. Nel voltarsi, infatti, Jordan riconobbe il volto amichevole di Paul, che la guardava sorridente. 

“Ma che fai, eh?! Solo perché sei una celebrità adesso fai finta di non conoscere più un vecchietto come me?”

L’espressione confusa sul volto di Jordan fu la sua risposta. Paul ridacchiò.

“Sei famosa, a quanto pare!”

“Paul, ma di cosa stai parlando?”

“La professoressa Panagakos ti sta cercando da stamattina. Non so cosa tu abbia combinato, bambina, ma attenta ai guai che combini. Avrà chiesto di te una decina di volte da quando sono arrivato.”

Jordan sbiancò di colpo nel sentire quelle parole. Cosa cercava la professoressa da lei, ancora? In ogni caso, Paul doveva aver notato il suo sgomento, perché si avvicinò a lei come ad assicurarsi che fosse tutto okay.

“Oh, dai… Sono sicuro che qualsiasi cosa sia, andrà tutto bene. Sei troppo brava, tu!”

Lei aveva ascoltato a stento, intenta a districare i milleuno pensieri e ipotesi che si erano formati nell’arco di cinque secondi nella sua testa. Doveva sembrare particolarmente spaesata, si rese conto, quindi si ricompose.

“Grazie Paul. Mi vedrai girare qui intorno ancora per un bel po’, stanne certo!” Disse poi, sorridendo a trentadue denti mentre si allontanava. Paul constatò che quella ragazza fosse davvero strana. E che proprio per questo la adorava.

 

Jordan trovò Rachel Panagakos (il cui nome stava iniziando a suonare buffo da quanto spesso lo sentiva ripetere attorno a lei) seduta, completamente sola, in una classe dell’istituto. Nel vederla apparire, il volto di Rachel s’illuminò all’istante. Jordan, al contrario, aggrottò le sopracciglia inconsciamente, confusa. Non sapeva bene cosa aspettarsi dopo la discussione che avevano avuto soltanto il giorno prima. Tuttavia, la sua reazione non fece perdere d’animo una Rachel ancora sorridente.

“Ah, speravo che ti facessi vedere! Aspettavo proprio te.”

Un istante di silenzio da tagliare con il coltello pervase l’aula. Jordan la guardava con assoluta perdizione. “... Paul mi ha detto che mi stava cercando. Se me lo avesse detto lei stessa probabilmente non l’avrei fatta aspettare così a lungo.”

Il buon umore parve attraversare il volto di Rachel, per poi lasciarlo. Inghiottì abbassando lo sguardo, come per riordinare pensieri e parole, e quando tornò a guardare la sua alunna l’espressione più seria e professionale che Jordan avesse mai visto trapelava tutt’un tratto dai suoi occhi. “Prima di tutto volevo assicurarmi che tutto vada bene. Spero tu non sia ancora offesa per ieri.”

“No, professoressa.”

“Bene. Non voglio che tu faccia stupidaggini, tutto qui.” Jordan annuì, per non esprimere il suo disappunto per l’ennesima volta e mettere altra carne al fuoco.

“E poi voglio ribadire che tutto ciò che è successo è stato dettato da un punto di vista professionale. Come educatrice sono chiamata a salvaguardare i miei studenti. Ci terrei che tutto rimanesse nell’ambito corretto con te, Jordan.”

La ragazza rimase interdetta da tali parole, e non poté fare a meno di chiedersi quali fossero le motivazioni che avessero spinto la professoressa a sentire il bisogno di esplicitare qualcosa che sembrava, almeno all’apparenza, così ovvio.

“Ma certo. Lo apprezzo, grazie.”

Rachel non l’avrebbe mai ammesso a se stessa, ma si aspettava (e forse sperava) qualche riserva in più da parte della ragazza, per cui rimase sorpresa dalla sua reazione così accondiscendente. 

“Bene, allora.”

“Perfetto.”

 

Quando finalmente la campanella di fine lezioni suonò, per la gioia di tutti i presenti nell’istituto, Jordan e Mae furono libere dal divieto di dialogo imposto dal professore di filosofia, e procedettero immediatamente ai rispettivi dovuti aggiornamenti. Mentre si incamminavano verso l’uscita, Fleur tagliò la strada ad entrambe, diretta verso la Vespa rossa parcheggiata trasversalmente, la sua. Si voltò, e con un largo sorriso salutò entrambe con un ampio gesto della mano e chiamandole per nome. FINALMENTE! fu il pensiero di Mae, emozionata quasi fino alle lacrime per l’evento che tanto aveva atteso e bramato e che finalmente si era realizzato: ottenere la considerazione della sua epica cotta, ed allo stesso tempo farle scoprire della sua esistenza. Non fece però neanche in tempo a processare l’avvenuto, o a commentarlo, dal momento che un Peter particolarmente trafelato raggiunse lei e Jordan, sorprendendole alle loro spalle. 

“Ragazze! Meno male che sono riuscito a raggiungervi!” Si zittì, per trarre un lungo sospiro. “So che quello che sto per dirvi sembrerà totalmente a caso, ma io non ne posso più, ho bisogno del vostro aiuto.”

Jordan e Mae si scambiarono uno sguardo interrogativo. “Che succede?” Chiese Jordan.

“Non posso più nasconderlo, ma non so nemmeno come dirlo…” Ennesima pausa. “Va beh, lo dico e basta.”

“Senza pensarci.” Lo incalzò Mae.

“Senza pensarci.” Ripeté Jordan, con tono più fermo.

“Okay... sono innamorato perso di Agnes. Ecco, l’ho detto. Cosa faccio ora?”

Le ragazze rimasero a bocca aperta all’unisono; completamente, assolutamente, profondamente scioccate dalla confessione di Peter. Lo osservarono, per poi lanciarsi un’occhiata complice ed ugualmente interdetta, entrambe ben consapevoli dell’amore, seppur decisamente peculiare, di Agnes per Rhonda.

Peter continuava a guardarle, in attesa di una risposta.

Speranzoso.

 
  
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