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Autore: Ghost Writer TNCS    19/10/2019    1 recensioni
Da quando la sua famiglia è stata uccisa, Tenko ha combattuto ogni giorno, decisa a sopravvivere solo per compiere la sua vendetta. Ma il suo nemico è il Clero, la più potente istituzione del mondo, fondata dagli dei per garantire pace e prosperità a tutti i popoli.
Vessata dal destino, Tenko dovrà affrontare i suoi sbagli, le sue paure così come i suoi nemici, per scoprire che – forse – un modo esiste per distruggere il Clero: svelare le vere origini del loro mondo, Raémia.
Ma dimostrare le menzogne degli dei non sarà facile. Il Clero è pronto a schierare tutte le sue forze per difendere la dottrina, e gli dei stessi non si faranno scrupoli a distruggere chiunque metta in dubbio la loro verità.
La sua è una guerra persa, un suicidio, o peggio. Ma che importa? Quando ti tolgono tutto, non hai più nulla da perdere.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '1° arco narrativo'
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36. Compagni di cella

Appena udì il rumore di passi, Tenko scattò in piedi e si avvicinò alle sbarre. Vide il manipolo di guardie e capì che stavano portando degli altri prigionieri. Pensò che in una città grande come Theopolis ci fossero anche molti criminali, poi però riconobbe i due prigionieri e rimase senza parole.

Uno dei militari aprì la cella davanti a quella dei due demoni e gli altri spinsero dentro Persephone e Leonidas. Prima di andarsene, un paio di guardie sputarono per terra in direzione degli ex colleghi, dopodiché tutti quanti si allontanarono, ignorando completamente i due eretici.

Solo allora Tenko si concesse un sorriso di scherno. «Ma guarda, sentivate la nostra mancanza?»

Persephone si appoggiò allo spesso muro di pietra e incrociò le braccia, Leonidas invece rimase immobile al centro della cella, ancora troppo scosso per fare qualsiasi qualcosa.

Zabar si avvicinò alle sbarre. «Perché vi hanno arrestato?» Al contrario di Tenko, il suo tono non conteneva né scherno, né disprezzo. «Avete portato a termine la vostra missione.»

«È colpa mia» ammise Persephone dopo un momento di silenzio. «Ho mentito a Horus, e ovviamente lui se n’è accorto. Sono stata una stupida. Mi dispiace, Leonidas. Non pensavo avrebbero accusato anche te.»

«Aspetta, ti hanno sbattuto dentro per aver detto una bugia?» La demone era genuinamente incredula. «Ah! Almeno noi verremo giustiziati per un buon motivo! A proposito: verrete giustiziati o vi hanno solo messo dentro per un po’?»

«Tenko, smettila» la sgridò Zabar.

«Ho mentito a Horus in persona» esalò l’ex inquisitrice. «È un motivo più che valido per giustiziare una persona.»

La giovane spirò con disprezzo. «E allora buona esecuzione!»

Le due donne sembravano intenzionate a non rivolgersi più la parola, ma anche l’ex capitano pareva troppo turbato per aprire bocca: scoprire che Persephone aveva mentito a Horus era stata una sorpresa, eppure non si sentiva davvero sconcertato, non così tanto come avrebbe dovuto. Fin dalla nascita lo avevano educato a seguire ciecamente i dettami degli dei, in quel momento però non riusciva ad accettare la condanna del dio del sole.

L’ex chierico era probabilmente l’unico che vedeva in quella situazione un’opportunità: ora che erano in quattro, forse tutti insieme avrebbero avuto una minima possibilità di scampare alla morte. Unire le forze era la loro ultima possibilità, ma quello non sembrava il momento migliore per parlarne.

Dopo quasi un’ora, un rumore di passi in avvicinamento mise in allerta i quattro prigionieri. Ben presto si resero conto che erano solo due guardie che facevano un giro di controllo, ma in quella situazione era difficile tirare un sospiro di sollievo.

I due uomini si allontanarono senza dire nulla e i quattro furono di nuovo soli. In effetti la sorveglianza non era molto stringente, ma del resto le sbarre e le pareti erano talmente massicce che nessuno, senza la benedizione di un dio, avrebbe potuto penetrarle.

Nel tardo pomeriggio ricevettero l’unico pasto della giornata – una poltiglia informe e puzzolente che fece loro rimpiangere i digiuni nella gelida foresta –, poi venne la notte.

Quando i due demoni erano ormai addormentati, Persephone si fece coraggio e mosse delicatamente il suo compagno di cella. «Leonidas, sei ancora sveglio?»

Lui, sdraiato a terra, si voltò verso di lei. Aveva il volto stanco e lo sguardo abbattuto.

«Volevo scusarmi con te» disse la metarpia a bassa voce. «Ho agito senza riflettere, e ora dovrai pagarne le conseguenze.» Rimase un attimo in silenzio. «Vorrei ci fosse un modo per farti uscire da qui.»

«Perdonatemi, ma non credo sia possibile» ammise il felidiano. Il suo sguardo si spostò verso la cella di fronte alla loro. «Non mi sarei mai aspettato di finire in questa situazione.»

«Nemmeno io» esalò Persephone, anche lei con lo sguardo rivolto alla cella di fronte. «Ci siamo quasi uccisi a vicenda, ma ora quei due sono i nostri unici possibili alleati. Tu saresti disposto a collaborare con loro?»

Leonidas impiegò qualche secondo prima di rispondere. «In realtà avrei voluto collaborare con loro già da tempo. Avrei voluto convincerli a pentirsi, ad abbracciare gli dei, ma comincio a pensare che potrei essere io nel torto. Gli dei potrebbero essere nel torto.» Si coprì il volto con un braccio. «Non so neanche più cosa sto dicendo.»

«Sai, non credo che Horus ci abbia condannati per cattiveria. Credo l’abbia fatto per paura.»

Il felidiano si mise seduto. «Che volete dire?»

«Se quello che ha detto il fantasma è vero, per gli dei il pericolo più grande è quello di perdere i propri fedeli. Pensa cosa succederebbe se il popolo cominciasse a dubitare degli dei.»

Lui scosse il capo. «Cosa? Perderebbero i loro poteri?»

«No. Non lo permetterebbero. Ucciderebbero chiunque metta in dubbio la loro onnipotenza, proprio come stanno facendo con noi. Se ci ribelliamo, se diamo ascolto a loro,» proseguì accennando ai due demoni, «se incitiamo la gente a cercare la verità, non finirà bene. Sarà un massacro.»

«Pensate sia meglio accettare le cose come stanno? Dovremmo lasciare che ci uccidano senza opporre resistenza?» Il felidiano stava cercando di restare calmo e razionale, ma la sua voce era incrinata.

L’espressione della metarpia era più fredda che mai. «Penso che dobbiamo riflettere bene prima di prendere una decisione. Anche se, onestamente, non credo avremo modo di vederne le conseguenze.»

Il giorno seguente, verso metà mattina, un nutrito rumore di passi mise in allerta i prigionieri. Non poteva trattarsi delle solite guardie di ronda, quindi era chiaro che stavano venendo per loro.

Quando i militari si fermarono nel corridoio tra le loro celle, i quattro stavano praticamente trattenendo il respiro. Ma cosa aspettavano ad aprire le porte? Cosa aspettavano a incatenarli e portarli al patibolo?

Solo dopo alcuni secondi si accorsero dell’uomo con la tunica che era insieme a loro: un faunomorfo di tipo cane, avanti con gli anni ma ancora in salute. Teneva un fazzoletto a coprire il naso e la bocca: più per proteggersi dal tanfo che non per celare la sua identità.

«Se sei venuto per darci l’ultima benedizione, hai sprecato il tuo tempo» lo denigrò Tenko una volta ritrovato il coraggio.

L’ecclesiastico non si degnò nemmeno di rispondere, sollevò la mano libera e la passò aperta davanti alla cella dei due demoni, lento e solenne, come a voler tracciare un arco di fronte a loro. Apparentemente l’unico risultato del suo gesto fu che alcuni capelli si sollevarono dal pavimento della cella e fluttuarono verso il suo palmo, sparendo poi nel suo pugno chiuso.

Ripeté il medesimo gesto davanti a Persephone e Leonidas, dopodiché se ne andò senza proferire una sola parola, senza quasi degnarli di uno sguardo.

Tenko si avvicinò alle sbarre per cercare di tenerlo d’occhio, ma ben presto l’uomo e la sua scorta sparirono dalla sua vista. Guardò i due militari, quindi Zabar. «Che ha fatto?»

L’ex chierico aveva un’espressione pensierosa. «Non ne ho idea.» Si rivolse all’ex inquisitrice e all’ex capitano, ma anche loro non poterono fare altro che scuotere la testa e allargare le braccia, altrettanto stupiti.

I giorni passarono, lenti, estenuanti, e ben presto Zabar rimase l’unico a pensare all’uomo misterioso. Leonidas faceva flessioni e piegamenti, Persephone se ne stava in silenzio in un angolo della cella mentre Tenko faceva avanti e indietro, alla disperata ricerca di un modo per uscire.

La demone stava patendo a tal punto la detenzione che anche nei suoi sogni – o meglio incubi – non faceva che finire in trappola. A volte erano i rovi che si chiudevano su di lei, altre volte una marea di fango la sommergeva, altre ancora delle mani sporche di sangue si alzavano dal suolo per ghermirla e trascinarla nelle profondità della terra.

Una notte però fece un sogno diverso: si trovava in una landa desolata, buia, silenziosa. Il cielo era completamente nero ed era sola. Poteva andare dove voleva, ma si sentiva comunque in trappola.

«Sei arrabbiata, piccolina?» Era stata una voce femminile a parlare, subdola, malvagia. Era difficile attribuirle un’età.

«Fai bene a esserlo.» Un’altra voce, anch’essa di donna, anch’essa carica di scherno e cattiveria.

«Dovrebbero pagare per ciò che ti hanno fatto.» La terza voce femminile era altrettanto perfida.

Tenko si guardò intorno, e per un attimo le parve di distinguere delle ombre in movimento. «Chi siete? Cosa volete?»

«Chi siamo?»

«Siamo come te.»

«E vogliamo aiutarti.»

Adesso le ombre erano più vicine.

«Perché dovreste aiutarmi?»

«Perché ci piaci.»

Qualcosa la sfiorò, facendola girare di scatto.

«Sentiamo una certa… affinità

Qualcuno le accarezzò una spalla, ma quando si voltò non vide nulla.

«Le tue cicatrici dimostrano che puoi essere una di noi.»

Due paia di mani le salirono la schiena, facendole bruciare le cicatrici dove un tempo c’erano le sue ali. Tenko dovette stringere i denti per non venire sopraffatta dal dolore.

«Fatevi vedere» ordinò appena si fu ripresa. «Oppure lasciatemi in pace.»

Qualcuno le prese una mano. Era una donna dai lunghi capelli scuri, aveva il volto pallido e scarno e fluttuava a mezz’aria, il corpo avvolto da una veste diafana. Sembrava più uno spettro che una persona. «Abbraccia la vendetta.»

Una seconda figura, simile alla prima, le prese l’altra mano. «Trasformala nella tua forza.»

La terza donna apparve davanti a lei, così vicina da poter sentire il suo respiro sul viso, inspiegabilmente spaventosa. «Gli dei. Devono. Pagare!»

Tenko, intimorita, provò a indietreggiare, ma le altre due donne la tenevano bloccata. Solo che ora non erano più nemmeno delle donne: tutte e tre erano diventate spettri pallidi, i loro occhi erano orbite vuote e le grandi bocche sorridevano malignamente.

«Lasciatemi! Non voglio niente da voi!»

Le tre donne si misero a ridere all’unisono: un coro acuto e carico di denigrazione.

«Che tenera, pensa di avere una scelta.»

«Tu hai già scelto, mia cara.»

«L’hai fatto molto tempo fa.»

La demone, terrorizzata, cercò in tutti i modi di liberarsi, ma la presa degli spettri era salda e i suoi piedi non si muovevano.

Senza smettere di ridere, i tre spiriti cominciarono a sciogliersi. Il fluido vaporoso delle due che la tenevano bloccata cominciò a salire lungo le braccia della giovane, penetrando la pelle, insinuandosi nelle sue cicatrici e facendole bruciare.

«La vendetta è la tua forza!»

«Devi fare giustizia!»

Lo spettro di fronte a lei le prese il volto con le mani, fissandola con le sue orbite vuote. «Gli dei. Devono. Pagare!» Ormai irriconoscibile, si tuffò nella sua bocca, sparendo giù per la gola.

Tenko si svegliò tossendo, preda della paura. Sentì un conato di vomito e si piegò di lato, continuando a tossire. Tremava ancora e si sentiva come se stesse per sputare fuori l’anima. Non c’era una sola cicatrice che non le facesse male, quelle sulla schiena poi sembravano sul punto di riaprirsi.

Zabar, svegliato dal rumore, le si avvicinò con cautela. «Ehi, tutto bene?»

Lei sollevò il capo, rassicurata dalla presenza del compagno. Annuì. «Un brutto sogno, niente di nuovo.»

Ma non ci credeva nemmeno un po’.


Note dell’autore

Ciao a tutti!

Come anticipato dallo scorso capitolo, Persephone è stata sbattuta in cella, e con lei è stato arrestato anche Leonidas. Il felidiano era chiaramente scosso da quanto successo, ma parlare con la metarpia l’ha forse aiutato a confrontarsi con i suoi stessi dubbi. Paradossalmente, ormai i due demoni sono i loro unici possibili alleati, ma cosa decideranno di fare?

Come se non bastassero i misteri, un sacerdote si è presentato davanti alle loro celle e ha fatto qualcosa di non meglio precisato. Nemmeno i due militari hanno saputo fare ipotesi a riguardo.

Per concludere abbiamo il misterioso incubo di Tenko. Sarà stato davvero solo un sogno, o c’era qualcosa di più?

Appuntamento per il prossimo capito, dove (forse) avremo qualche risposta XD


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