Questa
storia partecipa a
Ottobre Challenge: Trick or Track? indetta
dal gruppo facebook Il Giardino di Efp.
Prompt:
non ricordare nulla dopo una bevuta.
Domani
Il
cavallo conosce la strada. Raggiungono casa in piena notte, e
André entra
ciondolando sulle gambe malferme. Non ricorda
dov’è stato, né cosa dovrà
fare
il mattino dopo. Però si ricorda di lei.
«Oscar…»
È
sul divano e non lo sente. Ha gli occhi chiusi e il respiro pesante di
chi dorme
profondamente.
Si
inginocchia, aggrappandosi alla camicia inamidata.
«Oscar.»
Ma
Oscar è troppo addormentata per potersi svegliare.
Poi
André inciampa nella bottiglia di vino ormai vuota, e
capisce. La raccoglie e
la posa sul tavolino.
«Perché
hai bevuto, Oscar?»
Pensa
a Fersen, e la rabbia lo accieca. «Cosa devo fare
perché tu lo dimentichi?»
Osserva
le palpebre abbassate, la bocca dischiusa. Le mani abbandonate lungo i
fianchi.
Sfiora
il colletto bianco della camicia e ne segue il bordo dietro il collo.
Poi si
alza e la prende tra le braccia.
Sente
il fiato caldo di lei contro la gola, il corpo morbido contro il suo.
La
stringe a sé.
Mentre
sale la lunga scalinata nel silenzio assoluto, la sente lamentarsi nel
sonno.
Le sue dita aggrapparsi alla sua maglia. Oscar si agita, e spinge la
testa
verso il suo viso. Le labbra contro la sua guancia.
Sta
blaterando qualcosa di incomprensibile.
«Oscar?»
tenta ancora.
Si
ferma davanti alla sua stanza, sistemandola meglio contro di
sé e aprendo la
porta.
La
camera è immersa nell’oscurità. La
attraversa e raggiunge il letto. Vorrebbe
posarla con delicatezza sulle lenzuola, ma è ancora
instabile e finisce per
cadere con lei.
«André?»
è un sussurro.
Lui
fa per sollevarsi, ma le mani di Oscar lo trattengono.
«Sì, Oscar?»
«Cosa
fai?»
«Ti
ho portato nella tua stanza. Dormivi sul divano. Avevi
bevuto… Perché hai
bevuto, Oscar?»
Nessuna
risposta. Ma le sue mani non si spostano. Non lo lasciano andare.
«Tu
bevi tutte le sere» ribatte, e nel tono riconosce la sua
Oscar.
«Devo.»
«Che
significa, André? Perché devi?»
«Non
vuoi saperlo davvero.»
Sente
le dita di lei graffiarlo attraverso la maglia. «Rispondimi,
André.»
«Per
non pensare.»
La
sente girare il capo, respirare profondamente.
«Anch’io.»
André
pensa a Fersen. Cerca di scostarsi, di uscire da lì prima di
gridarle addosso.
Non sa quanto faccia male saperlo. Quanto lo faccia soffrire saperla in
quello
stato per un altro uomo.
«Aspetta»
dice Oscar. «Non andartene.»
«Non
vuoi che resti.»
«Sì,
invece.»
«Oscar…
domani, tu…»
Ma
lei non lo lascia finire. Solleva la testa e scontra le labbra contro
il suo
viso. Cerca la sua bocca. Quando la trova, André smette di
dimenarsi, di
cercare di andare via.
«Resta»
mormora Oscar, e percorrendo il suo volto con le dita lo trova bagnato
di
lacrime.
«Oscar,
io…»
«Basta,
André. Non dire niente.» Lo bacia ancora,
trascinandolo su di sé. «Non dire
niente…»
Ma
la parte ancora lucida di André, quella che è
immune all’alcol, lo spinge a
fermarsi. A frenare le mani che la stringono per i fianchi.
«No,
Oscar. No.» Si solleva appena, e
nell’oscurità cerca i suoi polsi. Li prende e
li allontana da sé. «Hai bevuto troppo. Domani non
ricorderai niente di tutto
questo.»
«E
allora, André? Credi che mi importi?» Oscar
dà uno strattone per liberarsi.
«Lasciami, André. Stavolta sono io a volerlo. Sono
io. E tu non puoi farci
niente. A meno che tu… Mi vuoi ancora bene,
André?»
André
le accarezza il viso. Vorrebbe un po’ di luce per poterla
guardare negli occhi.
Capire se sia il vino a parlare. Se sia una specie di sogno.
«Da
sempre» risponde.
E
poi non parlano più.
N.d.A.:
Questa
storia era nata come drabble per la raccolta
“Attimi”, ma poi mi sono lasciata
prendere la mano…
Grazie
a chi ha letto fin qui!
Celtica