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Autore: G RAFFA uwetta    20/10/2019    2 recensioni
Sandra è la moglie felice di un uomo molto più grande di lei. Ma sarà davvero così? Chi è questa misteriosa Roberta che entra di prepotenza nel loro idillio?
Nella cornice del Benaco, la fermezza di una giovane donna nel salvare se stessa e la creatura che porta in grembo, condurrà a dei risvolti drammatici.
Questa storia si è classificata al primo posto al contest ‘Le sei mogli di Enrico VIII’ indetto da GiuniaPalma sul forum.
Questa storia partecipa al contest ‘Giardino – tra Foglie e Vita’ indetto da Inchiostro_nel_Sangue e elli2998 sul forum.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Ombre nere


Qualsiasi cosa incrinata andrà in frantumi con un semplice tocco. (Ovidio)


Le acque del lago erano uno specchio piatto, un fulgido riflesso dorato. L’aria era tiepida, sapeva di primavera e terra appena smossa. Le prime rondini garrivano gioiose nel cielo, rincorrendosi tra le nubi rade.

Sandra, le dita avvolte intorno alla tazza colma di tisana al limone e zenzero, teneva gli occhi, incupiti da ombre scure, fissi sul panorama senza apprezzarne la bellezza. Serrò le labbra in una piega rigida, aveva la testa leggera e brividi freddi che risalivano dalla schiena.

«Amanda!» Al suo richiamo apparve una donna anziana e paffutella con occhi chiari e vigili. «Ho voglia di fragole,» le disse guardandola attraverso il riflesso del vetro, «pensi di riuscire a procurarmele?» chiese gentile. Amanda annuì con il capo facendo un breve inchino. Il riverbero sembrò illuminare lo sguardo della donna.

Sandra, sposa di Manuel Panarca1, si era trasferita da poco in quella casa che affacciava sul Benaco, lontana da qualsiasi centro abitato. Era immersa nella vegetazione ricca di ulivi e viti, oleandri trapiantati dal sud, e alti pini lacustri. Al di là delle aiole di campanule nere, invenzione di Ettore, il marito di Amanda, una spessa siepe spinosa impediva l’accesso a qualsiasi malintenzionato, oltre ai cinque colossi rottweiler.

«Mi piacerebbe scendere in paese,» disse pigramente, le dita e la bocca sbavate dal succo dolciastro delle fragole. «Comincia ad annoiarmi tutta questa inattività.»

«In sua assenza, il signore mi ha ordinato di provvedere a lei, signora. Come posso farlo se lei si allontana dalla casa?» chiese Amanda con voce rispettosa. La ragazza annuì distrattamente mentre si alzava e faceva scivolare lungo la schiena la vestaglia nera in seta. Mosse qualche passo in direzione della piscina, le cui acque trasparenti erano riscaldate giorno e notte, per poi immergersi fino al collo niveo.

«Lascia le fragole lì,» ordinò. «Per cena gradirei dell’agnello, grazie.» La vecchia si allontanò con un sorriso enigmatico sul volto rugoso.

Sandra era nata vent’anni prima in una ridente cittadina lombarda. Figlia di operai, a sedici anni aveva vinto una borsa di studio che l’aveva portata nella capitale. Lì, aveva concluso gli studi e, dopo il diploma, si era iscritta a una prestigiosa università straniera.

Era stato allora che aveva conosciuto Manuel, docente in lingue estere presso l’ateneo da lei frequentato. Sandra, che era rimasta una semplice ragazza di provincia, era stata travolta e affascinata dall’intraprendenza del maturo professore che le aveva fatto una corte spietata. L’aveva assillata in ogni momento libero che aveva, sommergendola di regali e organizzando viaggi con la scusa che doveva imparare il mestiere di guida turistica sul campo.

In men che non si dica, si era ritrovata perdutamente innamorata e vestita da sposa davanti a un gessato funzionario comunale del suo paese d’origine, accompagnata dai genitori che la guardavano come se fosse diventata una mosca bianca.

Dopo due settimane di luna di miele in Australia, Sandra era stata scaricata in quell’enorme casa. Avrebbe tanto voluto riprendere gli studi, così da completare il suo percorso, ma Manuel si era fermamente opposto, adducendo la scusa che non era etico che moglie e marito frequentassero la stessa università. Troppo soggiogata da quell’uomo così bello che, fra tante aveva scelto proprio lei, non si era opposta, lasciandosi viziare.

«Amanda!» Con voce stridula, Sandra gridò dal bagno antistante la lussuosa camera da letto. «Amanda, non mi sento molto bene. Chiama Luca Fresconi, è il mio medico da quando ero piccola. Trovi il numero nell’agenda sul letto, per favore.» La ragazza teneva il volto cinereo sospeso sul water.

«Oh, non c’è bisogno, mia signora. Amanda sa cosa fare. Le prepara subito una tisana calmante. Lei deve solo stendersi sul letto. Così, da brava.» L’aiutò. Nonostante l’età, la donna era arrivata in fretta, quasi fosse appostata dietro la porta.

Dopo ore, Sandra si svegliò in un lago di sudore, le membra intirizzite e l’eco del sonno ancora impresso sulla guancia. Si alzò facendo attenzione a non scuotere troppo la testa, indossò la vestaglia e si rifugiò nell’altra stanza, con l’intenzione di farsi un bel bagno rilassante. Preparò i sali e dosò la temperatura dell’acqua. Aprì lo stipetto a lato del grande lavabo e prese il suo bagnoschiuma preferito; la stanza fu invasa dal delicato aroma di muschio bianco.

A Sandra piaceva quell’odore delicato, le rammentava sua nonna intenta a fare la calza davanti al focolare. Le tornavano alla mente le scampagnate lungo il torrente dietro la casa materna, i fitti boschi montani e la nebbia che sapeva di terra.

Rinvigorita, con l’epidermide calda che profumava di muschio, scese di sotto in cerca di Amanda. Non aveva fame, e lo stomaco in subbuglio non invogliava a mangiare, ma un po’ di brodo di pollo avrebbe risolto il problema.

«Ne sei certa?» Dallo studio giunse la voce soffocata di suo marito. La sera era calata da un pezzo e le ombre nere avevano fagocitato buona parte del salone d’ingresso. Una falce di luce spiccava sul marmo lucido in corrispondenza della porta. Sandra, sorpresa della presenza di Manuel, spinta dall’istinto, scivolò leggera e si appostò vicino all’uscio in modo da spiare l’interno della stanza.

«Più che sicura.» Stava rispondendo Amanda. «La signora è incinta.»

Sandra boccheggiò. Un’ombra le offuscò gli occhi e dovette aggrapparsi a una statua lì accanto per non cadere in terra.

«Che Dio sia ringraziato,» sospirò sollevato Manuel. «Dopo tutto questo tempo, finalmente la nostra Roberta avrà una possibilità di guarire. Devo allertare immediatamente il dottor Cremonise perché con la sua equipe possa tenersi pronto,» biascicò l’uomo emozionato.

«Certamente, signore,» disse ossequiosa la donna porgendo la cornetta del telefono.

«Pronto, Osvaldo? Buone nuove! Presto potrai avere le cellule staminali2 per tentare di guarire Roberta. Oh, sì! Hai capito bene. Senti, io devo rientrare domani all’università perciò potremmo...»

Ma ormai Sandra non stava più ascoltando. Era pietrificata. Sono incinta? E chi è Roberta? La testa era un vortice nero di parole che si accavallavano le une sulle altre. «Ommioddio,» soffiò in preda al panico, soffocando tra le dita un conato. «Cellule staminali!» quasi urlò quando si rese conto del vero significato di quelle parole. Per un attimo, il mondo smise di girare e le sue membra si fecero molli.

«Ti raccomando Sandra, Amanda. Fai in modo che tutto sia perfetto. Saranno giorni febbrili e non avrò molto tempo per tornare a casa. Ci sono cose da vedere e da pianificare.» La voce preoccupata del marito perforò la mente in subbuglio di Sandra, squarciando l’ombra dentro cui si era rifugiata. Sconvolta e indignata, per l’atteggiamento superficiale del marito, Sandra irruppe nello studio come una furia. In testa, solo l’idea di salvaguardare la vita della creatura che portava in grembo. Lei, solitamente calma e pacata, aveva ceduto all’irrazionalità.

«Sandra, cosa ci fai in piedi? Dovresti essere a letto,» disse sorpreso e al contempo premuroso Manuel, facendo un passo verso di lei.

«Non mi toccare!» sibilò arrabbiata. «Tu non hai potere decisionale sulla vita di nostro figlio,» gli ringhiò contro alterata. «Non lascerò che tu ponga fine alla sua esistenza, non senza combattere. Sarò anche tua moglie, ma non sono tenuta a servire e obbedire3 come una sguattera.»

«Ma cosa stai dicendo, cara?» chiese allibito Manuel. «È la febbre che ti fa sragionare. Siediti, intanto che Amanda ti prepara una camomilla.»

«Non ho bisogno dei suoi intrugli,» rispose isterica mentre nella sua testa le parole cellule staminali sfavillavano cacciando le ombre nere. «Non so come abbia fatto a capire che aspetto un bambino, ma sta pure certo che lo difenderò dai tuoi piani meschini. Mi ero sempre chiesta perché avessi scelto me, la meno dotata delle tue studentesse. Ora è ben chiaro che nessuna di loro era così ingenua da non accorgersi dei tuoi doppi fini. Tutte quelle domande sulla mia salute, sui trascorsi dei miei parenti, le analisi superflue: tutto un piano diabolico per trovare il donatore per questa Roberta,» sputò risentita.

«No, no, no!» Scosse la testa Manuel. «Io non… Hai frainteso,» cercò di spiegare. «Ti amo, devi credermi, è tutto un malinteso,» supplicò, avvicinandosi con cautela alla moglie.

Sandra, soggiogata dai profondi occhi neri del marito, se ne stava immobile, il respiro ansante e le membra tremanti. Intanto, Amanda, non vista, l’aveva raggiunta alle spalle. Come le dita toccarono la sua spalla, Sandra fece un salto spaventata. Cacciò un urlo e, terrorizzata, corse via. Il marito, dopo un attimo di sbigottimento, scattò dietro di lei.

«Sandra, fermati! Maledizione!» imprecò ansante. Per quanto potesse essere in forma, per il cinquantenne non era facile tenere testa alla giovane. «Sandra, amore mio, dove sei? Con questo buio è facile farsi male. Sii ragionevole,» blaterò.

Nel frattempo, la ragazza aveva corso alla cieca sdrucciolando spesso in terra e graffiandosi le gambe contro le siepi spinose. Accovacciata dietro una grande giara, percepiva che i richiami del marito cominciavano a incrinare la sua determinazione. Chiuse gli occhi e lacrime amare scesero sulle gote accaldate. Si sentiva tradita e usata, eppure la voce di Manuel grondava preoccupazione. «Certo, ansia per le cellule staminali,» rimbeccò ad alta voce. «Non certo per me!»

«Sei lì, Sandra?» chiese l’uomo a qualche metro da lei. La ragazza trattenne il respiro, aggirò la giara e, rasente un capanno di legno, scivolò nella direzione opposta da dove pensava stesse giungendo Manuel.

La luna si stagliava alta nel cielo e rischiarava un piccolo sentiero bianco invaso dalle erbacce. Con cautela, tenendosi a ridosso dei cespugli di oleandro, lo percorse fino a trovarsi su una scalinata in pietra, per metà immersa nell’acqua. La balaustra era ricoperta da licheni e le alghe alla base seghettavano la superficie del lago. Sul corrimano, i pochi vasi in terracotta rimasti integri contenevano dei rami di campanule nere quasi del tutto avvizziti. I vecchi pali per l’attracco delle barche erano marci, con gli spessi maniglioni in ferro ormai arrugginiti. Tra i grossi listoni di pietra, resi scivolosi dall’usura e dal tempo, cresceva il muschio.

Forse, se mi tengo aggrappata a quei cespugli, potrei costeggiare la riva del lago fino a trovare una spiazzo dove issarmi, pensò rabbrividendo nell’aria fredda che proveniva dalla terra ferma, insieme ai latrati eccitati dei rottweiler sempre più vicini.

«Ettore! Per amor del cielo, tieni a bada i tuoi cani. Dobbiamo trovare Sandra, non darla loro in pasto.» grugnì Manuel sovrastando i fischi secchi lanciati dal giardiniere.

Sempre più atterrita e confusa, la pelle intirizzita che bruciava, la ragazza non riusciva a darsi una spiegazione. Come ha potuto un uomo tanto stimato scendere così in basso? Come giustificherà agli occhi del mondo il suo gesto egoistico? Come azzittirà il mio rifiuto a collaborare? Questi i pensieri che vorticavano nella sua testa aprendo scenari sempre più loschi dai finali ancora più tragici.

Un basso ringhio la fece voltare di scatto mentre, istintivamente, retrocedeva di un passo, i piedi a sfiorare l’acqua.

All’inizio della scalinata uno dei cani mostrava i denti che baluginarono al riverbero della luna. Al suo fianco, Manuel la guardava ermetico. Nella stasi che si venne a creare, a Sandra, sopraffatta da più emozioni contrastanti, parve di udire un leggero scampanellio. Alle sue orecchie, fu come una condanna a morte.

«Sandra, vieni da me,» le disse con cautela il marito allungandosi verso di lei. «È pericoloso, quei gradini sono…»

Non finì la frase che la moglie, messo il piede in fallo, perse l’equilibrio battendo la testa sulla balaustra. Un secondo dopo, veniva inghiottita dal lago.

«Sandra!» urlò spaventato, «Sandra!» Manuel si tuffò ma non riuscì a raggiungerla. Fu il cane che recuperò il cadavere della donna, trascinandolo sui gradini.

L’uomo l’abbracciò stretta urlando al cielo il proprio dolore.

«Sciocca creatura, prima non stavo parlando di te,» le disse amaramente tra i singhiozzi. «Roberta è una carissima amica ammalata da anni. È lei che, dopo insistenza del marito, è rimasta incinta.»



Note dell’autrice: si potrebbe aprire un dibattito sulle cellule staminali, ma non è quello che voglio. Ognuno, in cuor suo, sa cosa è giusto e cosa è sbagliato. Che peso dare alle proprie scelte.

Io penso che, se tutto ciò che facciamo non lede alla nostra libertà e né a quella altrui, allora va più che bene.

Ulteriori note: è stato un vero parto decidere il titolo della storia perché, l’unico papabile, non potevo usarlo pena la squalifica da uno dei contest (cit. Il rintocco della campanula, perché il fiore rappresenta un punto negativo all’interno del testo. Anzi, dirò di più, tutto gira intorno all’ambiguità del suo significato).

Perché Ombre nere? Semplicemente perché celano misteri e in questo racconto ce n’è più di uno. Spero venga apprezzato lo sforzo.

Questa storia partecipa al contest ‘Le sei mogli di Enrico VIII’ indetto da GiuniaPalma sul forum con il pacchetto:

Jane Seymour

situazione: la protagonista scopre di essere incinta

motto: “tenuta a servire e obbedire”

prompt (facoltativo): morte.

Questa storia partecipa al contest ‘Giardino – tra Foglie e Vita’ indetto da Inchiostro_nel_Sangue e elli2998 sul forum con il pacchetto:

Giardino abbandonato

fiore: campanula [negativo]

frutto: fragola

colore: nero [titolo]

profumo: muschio [positivo]

decorazione: una scalinata abbandonata

generi consigliati (non obbligatorio): noir o horror.

Richieste: 1 – un elemento deve apparire nel titolo; 2 – un elemento deve essere necessariamente positivo; 3 – un elemento deve essere necessariamente negativo; 4 – i tre elementi sopra elencati non possono coincidere.

Qui trovate il significato del fiore campanula e la sua ambiguità https://www.eticamente.net/56748/le-campanule-sono-i-fiori-della-speranza-ecco-perche.html


Buona lettura e i commenti sono graditi.


Disclaimer: l’immagine non è mia ma appartiene agli aventi diritto.

1Anagramma di campanula nera

2Ora esistono tecniche meno invasive ma prima, per potere usufruire delle cellule staminali, per guarire un paziente, si rendeva necessario prelevarle dal feto con la sua conseguente morte.

3Citazione come da bando.


   
 
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