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Autore: Blackvirgo    20/10/2019    3 recensioni
Salvatore è preoccupato: Gino deve andare a Milano a firmare la vendita della casa che condivideva con l'ex moglie e lui ha paura di quell'incontro. Anche se dura solo il tempo di un caffé.
***
Iniziativa: questa storia partecipa al #Writober2019 di Fanwriter.it
Prompt.20: caffè
Numero parole: 1103
Serie What a Wonderful World.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Gino Hernandez, Salvatore Gentile
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'What a Wonderful World'
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Iniziativa: questa storia partecipa al #Writober2019 di Fanwriter.it
Prompt.20: caffè 
Numero parole: 1103


Questa storia fa parte della serie What a Wonderful World. Non importa leggere le altre storie della serie per capirla, solo per ricordarvi che fa parte di un continuum ben definito. 
Questa shot in particolare si colloca dopo "Il sesso non basta" e prima di "Le bollicine se ne fregano".

***

Il tempo di un caffè 

Salvatore guardò il borsone ricapitolando, nella sua testa, cosa ci aveva messo e cos'altro avrebbe dovuto infilarci. Quel giorno la concentrazione sembrava rifuggirlo come la peste.
“Tutto bene?”
Salvatore trasalì nel sentire la domanda posta sottovoce da Alessio. Quando cominciava così poteva significare solo una cosa: modalità terzo grado. E non sarebbe stato facile scrollarselo di dosso. 
“Certo.”
Il centrocampista scrollò le spalle. “Oggi non c'eri con la testa e non è da te. Che succede?”
Figurarsi se si sarebbe accontentato di una risposta di comodo. “Non si può avere una giornata storta?”
“Di solito le tue giornate storte sono foriere di disastri. Avete litigato?”
“Chi?” 
“Tu e la tua fiamma?”
“Non ti ho mai parlato di qualcuno...”
“Non importava che lo facessi. Si vede.”
Salvatore sospirò: avrebbe dovuto aspettarselo, ma non l'aveva fatto. Alessio era suo amico da una vita e lo conosceva bene, solo non credeva di essere diventato così trasparente. 
“Quindi?”
“È solo una giornata sorta.”
“Si vede che ci tieni un casino, Salvo.”
Gentile rimase in silenzio. 
“È impegnato?”
“No.” Il difensore chiuse la zip del borsone con un sospiro che fece eco quello di sollievo lasciato andare da Alessio. “Non più almeno.”   
“Cosa significa non più?”
“Divorziato.”
“Ma...?”
“Oggi rivede la sua ex per vendere l'appartamento che condividevano.”
“Ex moglie?”
Gentile annuì. La paura che aveva covato in quei giorni per quell'appuntamento a cui non era stato invitato era esplosa in tutto il suo splendore durante quel pomeriggio. Solo il tempo di una firma, si era ripetuto fino allo stremo. Il fatto era che l'avrebbe rivista e magari sarebbe venuta fuori la nostalgia e forse i vecchi sentimenti si sarebbero risvegliati e... si passò una mano sul viso per cancellare quei pensieri che lo stavano corrodendo. 
“E tu quando lo rivedi?”
Salvatore controllò l'orologio. “Devo andare a prenderlo in stazione. E con il traffico che c'è a quest'ora è meglio che vada.”
Si caricò il borsone in spalla e salutò gli altri compagni di squadra. Per quella sera era riuscito a fuggire, ma sapeva che non l'avrebbe fatta franca a lungo: non avrebbe neppure potuto evitarlo dato che lo vedeva tutti i giorni ad allenamento. L'ultima volta che Alessio si era preoccupato così tanto era stato quando stava con Lui. E gli aveva concesso non solo una spalla, ma entrambe per riprendersi. Non gli aveva ancora parlato di Gino perché anche Ale lo conosceva. E soprattutto perché non era ancora pronto a condividere quello che stava succedendo tra loro. Ma lui aveva capito lo stesso. Forse era ora di sbottonarsi un po' davanti a un caffé o, magari, a una birra. 

Gino salì rapidamente sull'auto sportiva del compagno per evitare di congestionare il traffico più di quanto lo fosse già. “Ciao!” 
“Ci hai messo tanto,” commentò Salvatore. Il tempo aveva smesso di scorrere da quando lo aveva sentito nel primo pomeriggio fino a quel momento. Guardò il suo compagno con la coda dell'occhio e notò il suo viso felice e sorridente, come se non fosse stata una giornata dura, anzi. Sembrava piuttosto che avesse appena vinto la partita dell'anno.
“A salire in macchina?” Gino si allacciò la cintura di sicurezza, tra i clacson furiosi contro le auto in seconda fila. 
Salvatore mise la freccia e ripartì di slancio non appena intravide un pertugio dove infilarsi. “Avevo capito che ormai le cose fossero fatte e doveste solo mettere una firma.”
“Tecnicamente sì,” sorrise Gino. “Ma poi abbiamo deciso di prenderci un caffè così ho preso il treno successivo a quello che avevo pianificato di prendere. Il messaggio ti è arrivato, vero?”
Salvatore annuì. Era successo esattamente quello che temeva. Se solo non avesse quell'aria radiosa stampata in faccia. 
“La tua giornata com'è andata?”
Le labbra di Salvatore si strinsero e si assottigliarono fin quasi a sparire, gli occhi fissi sul cofano dell'auto che procedeva, a passo di lumaca, davanti a loro. Gino gli appoggiò una mano sulla coscia, in una carezza che, forse, avrebbe voluto essere rassicurante. Oppure solo di consolazione. Merda! Perché devo sempre infognarmi in queste situazioni? Tanto lo so come vanno a finire. “Perché?” ripeté ad alta voce. 
“Avevamo bisogno di parlare un po', senza avvocati di mezzo.”
Gentile, lo sguardo fermo sulla luce rossa del semaforo, si morse le labbra. Sentiva lo stomaco attorcigliarsi e il cuore martellargli il petto. “State pensando di tornare insieme?”

“Ma che ti salta in mente?”  La mano di Gino strinse la sua, sul cambio. Lo fissò finché il difensore si degnò di lanciargli un'occhiata a cui rispose con un sorriso. Da quell'accenno che Salvatore gli aveva fatto sulla sua storia con un uomo sposato, aveva compreso la sua smania di chiedergli mille cose sul suo matrimonio, ma non aveva pensato che quell'incontro lo avrebbe fatto deragliare tanto dall'abituale compostezza. E forse era anche più turbato di quanto mostrasse. 
“C'erano cose che non ci eravamo detti e che avevamo bisogno di dire.” 

“Mi dispiace.” Gino aveva guardato la tazzina di caffè fumante che la cameriera aveva appena posato sul tavolino assieme al cappuccino di Lara. L'appartamento in cui avevano trascorso la loro vita insieme era rimasto l'ultimo legame tra loro e ora anche quello si era dissolto. Ricordi a parte, ma quelli già appartenevano al passato. “Mi dispiace che sia finita così male.”
Lara aveva abbassato lo sguardo con un sorriso triste. “Dovevo immaginare a cosa sarei andata incontro quando ho sposato un calciatore.”
“Perché l'hai fatto allora?”
“Perché ero innamorata di te.”
Gino annuì. “Mi hai mai amato?”
“Credo di no.” Un ultimo sorso al cappuccino. “Mi dispiace.”
“Neanch'io.”
“Lo so.”
“Dispiace anche a me.”

 
“Del tipo?”
“Tipo chiudere quel capitolo una volta per tutte.”
“E?”
“E farla finita con dubbi e rimpianti su ciò che avrebbe potuto essere e non è stato.” Gino stese le gambe, lo sguardo perso avanti, fin dove i fari illuminavano la strada e oltre, la mano sempre sulla sua. 
Salvatore si sentì improvvisamente più leggero. Era felice di essere seduto, non era sicuro che le gambe avrebbero potuto sorreggerlo. Si diede dell'idiota per tutti i viaggi mentali assurdi che si era fatto, per essere diventato così catastrofico. Avrebbe voluto fermarsi a lato della strada e saltargli addosso. Ora che di nuovo i suoi polmoni parevano collaborare con la respirazione si sentiva carico come una molla. Si voltò per un attimo verso Gino e sorrise malizioso: “Spero allora che quel caffè ti abbia dato parecchia energia, perché ne avrai bisogno.” 
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