Iniziativa:
Questa storia partecipa al #Writober 2019 di Fanwriter.it.
Prompt:
strega (giorno 21).
Numero
parole: 1590.
Alla
fine, la cosa che più temeva era accaduta.
All’inizio
non ci aveva fatto molto caso. C’era sempre qualcosa che
giustificava la sua
goffaggine, come per esempio i suoi fratellini che le scorrazzavano
intorno e
le facevano lo sgambetto, e il suo continuo arrossire: febbre in
arrivo, ne era
certa.
Invece,
dopo oltre ben tre settimane di congetture, ripensamenti, frasi del
tipo: “non
può accadere a me”, Merida doveva guardare in
faccia la realtà.
Si
era innamorata.
Kenneth
era proprio bello e non solo. Era intelligente, simpatico, amava il
tiro con l’arco
e, soprattutto, non era un principe. Era un semplice cavaliere,
arrivato alla
corte di suo padre dopo un lungo peregrinare, in cerca di un riparo da
un
temporale. Re Fergus lo aveva preso in simpatia, così gli
aveva proposto di
restare. Kenneth, che ricambiava la simpatia del re, aveva accettato
con grande
entusiasmo.
Merida
lo aveva avvicinato poche volte, perché il cuore le batteva
sempre troppo forte
in sua presenza. Avevano parlato di quanto selvagge potessero essere
quelle
terre e di quanto fosse bello tirare con l’arco. Avevano
anche fatto una gara,
che lei aveva perso perché si era distratta per guardare i
muscoli di Kenneth
tendersi per lo sforzo.
«Accidenti!»
urlò una sera, mentre camminava avanti e indietro nella
stalla, simile a un
animale chiuso in gabbia. «Non può capitare a me,
capisci Angus? Io non posso
innamorarmi, altrimenti mia madre andrà fuori di testa e
inizierà a parlare di
fidanzamento, di matrimonio, di figli e... ah! Non ci posso nemmeno
pensare!»
Merida
si coprì il viso con le mani e arrestò il passo.
Sollevò il capo e guardò le
prime stelle accendersi nel cielo ancora un po’ amarantino.
«Anche
se, forse, con Kenneth potrei tornare sulla mia decisione di non
spostarmi mai...
insomma, con lui sto bene e poi... credo che mi piaccia
davvero», sussurrò
piano.
Il
problema, però, era: come fare per capire se anche lui
provava lo stesso
interesse nei suoi confronti?
Merida
sospirò.
«Sai
Angus, temo però di essere io a non piacergli. In fondo lui
è così bello e
intelligente, mentre io... non sono esattamente quella che
può essere definita
una “principessa”», e si
guardò l’abito ormai irrimediabilmente sporco di
fango.
Angus
nitrì, come a volerle rispondere e Merida sorrise,
carezzandogli il muso. Si sentiva
triste tutto a un tratto, come se il mondo avesse perso
all’improvviso colore.
Questo
è ciò che si prova
quando si soffre per amore? si chiese.
Merida
si stava per incamminare verso il palazzo, quando a un tratto un
fuocherello
azzurro sollevato a mezz’aria attirò la sua
attenzione. Si arrestò, fissandolo
con sconcerto. L’ultima volta che lo aveva rincorso, si era
ritrovata in
compagnia di una strega e di un bel po’ di guai.
«No
no, non se ne parla», disse e fece per andarsene, ma il fuoco
fatuo le si parò
davanti, sbarrandole la strada.
«Fammi
passare!» urlò e cercò di aggirarlo, ma
la fiammella divenne un incendio che le
strappò un grido.
«Accidenti...
va bene, ti seguo», disse infine, portandosi una mano sul
petto, all’altezza
del cuore.
Mentre
camminava inseguendo il fuoco fatuo, fra il bosco sempre più
buio e fitto,
Merida si disse che non era affatto una buona idea.
Dopo
una manciata di minuti, come temeva, si ritrovò alla porta
di una capanna
sgangherata a lei molto famigliare.
«Oh
no, ti prego. Non lei.»
La
porta si aprì da sola e la voce della strega la
invitò a entrare.
«Vieni
cara, non avrai da pentirtene.»
«Certo,
come l’altra volta», bofonchiò Merida,
mentre si abbassava per varcare la
soglia.
La
capanna era sommersa di cianfrusaglie e intagli di legno, che lei
studiò con
attenzione, certa che si sarebbero animati a breve come
l’ultima volta.
«Io
andrei via, non ho bisogno del tuo aiuto», disse e
spostò la sua attenzione
sulla strega dietro al calderone nero.
«Oh,
sciocchezze cara! Vieni avanti, l’altra volta non ho avuto
l’occasione di presentarmi
a dovere. Tu non sai chi sono davvero», disse la vecchia,
sorridendole.
Merida
di bloccò. A separarle c’era solo il calderone
fumante.
«Chi
sei?» chiese, senza nascondere la propria titubanza.
La
strega mescolò la brodaglia che aveva davanti.
«Io
sono la tua strega madrina! E questa sera voglio aiutarti a conquistare
il bel
Kenneth!» rispose.
Merida
fece un passo indietro e scosse con forza il capo.
«Oh
no, grazie. Non ho bisogno di nuovo del tuo aiuto, non voglio che anche
lui
diventi un orso o chissà cos’altro»,
fece per voltarsi, ma la porta si richiuse
con uno scatto secco.
Perfetto,
pensò Merida, tornando a rivolgersi alla strega, che
continuava a mescolare
tranquilla.
«Allora
cara, questo Kenneth è proprio bello, vero? Ti sto
già confezionando la pozione
per fare in modo che si innamori di te, ma bada: scatterà
solo la scintilla, al
resto dovrai pensarci tu. In fondo, l’amore è un
fuoco che va tenuto vivo
giorno dopo giorno e non sarà una pozione a
farlo», disse l’anziana.
«Grazie...
ehm... strega madrina... ma, davvero, non ho bisogno di altri guai
che...»
«Ci
siamo, è pronta!»
Merida
urlò, mentre una sedia le si accostava con così
tanta enfasi che lei non poté
fare altro che caderci sopra. Fra un concerto di legno e altre
cianfrusaglie
che parevano esultare, la strega le si accostò e la
costrinse a bere un
bicchiere di quella pozione, senza che lei potesse fare nulla per
impedirglielo.
Merida
tossì forte. Aveva un sapore disgusto!
«Ma...
cof cof... non era lui che doveva innamorarsi di me?»
riuscì a chiedere.
«Sì,
ma dovrai baciarlo, per questo la pozione devi berla tu»,
rispose la strega,
che si allontanò zoppicando.
«Devo
fare che cosa?»
«Baciarlo
cara, suppongo che tu sappia più o meno come si fa. Vai ora,
perché l’effetto
durerà solo fino all’alba, dopo di che non
potrò più aiutarti. In qualità di
strega
madrina posso farlo una volta sola per un problema alla
volta.»
Merida
chiuse gli occhi, per riprendersi da un conato che le era salito alla
gola e
quando li riaprì si ritrovò davanti
l’entrata del proprio palazzo, senza avere
la più pallida idea se ciò che aveva vissuto era
stato reale o meno.
Decisamente
reale,
si disse, mentre un altro conato le spezzava il respiro.
Cosa
fare adesso? Avrebbe dovuto baciare Kenneth e fare in modo che lui si
innamorasse di lei grazie a una pozione? Merida non era di certo
un’esperta in
fatto di amore, ma di una cosa era sicura: non era così che
dovevano andare le
cose.
Sospirò
pesantemente e rientrò a palazzo, triste e sconsolata. La
pozione avrebbe
funzionato solo fino all’alba, quindi non doveva fare altro
che attendere il
mattino successivo per non correre più rischi.
Spero
di non risvegliarmi
trasformata in chissà cosa, si disse e un
brivido le scosse il
corpo.
«Principessa,
tutto bene?»
Merida
arrestò il passo. Si volse di scatto e lì, nelle
cucine vuote, si ritrovò
faccia a faccia proprio con Kenneth, che la osservava con i suoi occhi
azzurri
come il cielo.
«Ehm...
sì... io... fa freddo, no?» balbettò in
risposta.
«Siamo
a luglio a dire il vero, non credo faccia davvero così
freddo», replicò lui con
un sorriso divertito.
Merida
rise, di una risata quasi isterica.
«C-certo,
che stupida. Forse, mi sta venendo la febbre», disse e si
sentì una vera
idiota.
Kenneth
le si accostò in un attimo, con aria preoccupata. I suoi
capelli biondi
profumavano di lavanda.
«Davvero?
Forse è il caso che vi porti nella vostra stanza.
Chiamerò il medico di corte,
va bene?»
Merida
fece un passo indietro, ma non riuscì ad allontanarsi di
molto a causa del
tavolo che glielo impedì. Sorrise e si ritrovò ad
avvampare.
«Io...
credo che andrò da sola... sto bene, davvero»,
balbettò di nuovo.
Kenneth
le posò una mano sulla fronte.
«Siete
tutta rossa, temo abbiate davvero la febbre», disse,
allarmato.
«È
che sei tu a farmi questo effetto!»
Merida
trattenne il respiro. Lo aveva detto davvero? Guardò il
cavaliere negli occhi e
dalla sua espressione perplessa capì che, sì, lo
aveva detto davvero.
Sono
un’idiota, sono un’idiota,
sono un’idiota!
Kenneth
sorrise e per la prima volta parve in imbarazzo.
«Non
credevo di piacervi... a dire il vero, non ci speravo
affatto», sussurrò.
Merida
spalancò la bocca, in un’espressione davvero poco
principesca.
«Co-cosa?
Cioè, tu... vuoi dirmi che tu... che io...»
Kenneth
rise.
«Credo
di essermi innamorato di voi la prima volta che vi ho vista»,
le disse, «siete
diversa dalle altre principesse che ho incontrato. Siete forte,
grintosa e
siete uno spirito libero. Non ho incontrato nessuna come
voi...»
Merida
lo guardò negli occhi e quasi vi si smarrì. Lui
le si accostò, sfiorandole
appena i fianchi stretti.
«Non
so se... io non sono esperta di...» balbettò lei,
mentre vedeva il volto di
Kenneth avvicinarsi pericolosamente al suo.
Chiuse
gli occhi e lasciò che fossero i sentimenti a guidarla.
Appena le loro labbra
si sfiorarono, Merida di abbandonò a un bacio inesperto, che
le fece comunque
fremere il cuore. Le parve che il mondo intero si fosse fermato,
finché un “puff”
non la riportò alla realtà.
Merida
riaprì gli occhi e di Kenneth non c’era
più traccia.
«Kenneth?»
chiamò, chiedendosi se non si fosse immaginata tutto.
«Crack!
Crack!»
Merida
abbassò lo sguardo ai suoi piedi e per poco non ebbe un
mancamento. Fra i
vestiti di Kenneth c’era un grosso rospo bitorzoluto con gli
occhi azzurri a
testimonianza che qualcosa in quella pozione che la strega le aveva
fatto bere
era andata storta.
«Accidenti,
non di nuovo!»
Ora
sì, si disse, che era ancora una volta nei guai.
Angolino
dell’autrice:
Ciao
a tutti,
questa
è la prima volta che scrivo in questo fandom e spero che la
OS vi sia piaciuta.
Il prompt mi ha ispirato questa storia un po’ assurda (no,
davvero, se ci trovate
un senso fatemelo sapere!) e ho voluto sperimentare.
Spero
che vi abbia almeno strappato un sorriso.
p.s.:
per chi fosse masochista volesse, QUI
sul mio blog trovate tutte le altre storie scritte fino a oggi per il
writober.
Senza
alcuna pretesa,
Elly