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Autore: Mary P_Stark    21/10/2019    1 recensioni
Una serie di OS dedicate ai personaggi della Trilogia della Luna. Qui raccoglierò le avventure, i segreti e le speranze di Brianna, Duncan, Alec e tutti gli altri personaggi facenti parte dell'universo di licantropi di cui vi ho narrato in "Figli della Luna", "Vendetta al chiaro di Luna", "All'ombra dell'eclissi" e "Avventura al chiaro di Luna" - AVVERTENZA: prima di leggere queste OS, è preferibile aver letto prima tutta la trilogia + lo Spin Off di Cecily
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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Sgranocchiando dei salatini mentre Odino, accomodato su una balla di fieno, finiva una tartina, Fenrir borbottò: «Ero talmente stanco che non ci ho proprio pensato.»

Scrollando le spalle, Padre Tutto replicò: «Siamo stanchi in due… neppure io ho collegato la cosa.»
Gabriel mise fuori il muso per curiosare i due nuovi venuti e Fenrir, nel carezzarlo, disse: «Senti la presenza di Brianna anche se non è fisicamente qui, eh?»

Il cavallo scodinzolò felice e Odino, con un mezzo sorriso, mormorò: «Ci ho fatto caso solo ora ma… anche in precedenza, gli animali non avevano paura di te.»

«Ne avevano soltanto quando io volevo che fosse così… o quando ero di cattivo umore, altrimenti, erano una buona compagnia con cui passare il tempo. Difficilmente mi avrebbero tradito» ammise Fenrir, accomodandosi su uno sgabello.

La bianca tunica che il dio-lupo indossava, contrastava con la chioma corvina rilasciata sulle spalle e Fenrir, nell’osservarsi le mani ampie e forti, aggiunse: «E’ così strano tornare a camminare sulle mie gambe!»

«Puoi dirlo forte, ragazzo. Anche se va detto che la percezione dei nostri poteri è ben diversa da prima» dichiarò Odino, giocherellando con il manico di gungnir, la sua lancia preferita.

Fenrir scrutò l’arma che, tante volte, Odino aveva usato per punzecchiarlo quando ancora era un cucciolo e, per un istante, fremette.

Era difficile dimenticare ogni cosa, soprassedere sul passato e andare avanti dimenticando l’odio, ma ben sapeva quanto fosse importante coesistere in un mondo in cui anche Odino camminava e viveva.

Tutto bene, lì fuori?, domandò Brianna.

“Ce la caviamo, bene o male. E lì dentro? Stai stretta?”

Diciamo che potrebbe andare meglio, ma sto cominciando a capire come fare, ammise la giovane. Sai che ti fa male pensare a ciò che è stato, vero?

“E’ un po’ difficile guardare Odino e non pensarci, ma sto facendo il bravo.”

Credo che anche lui si senta strano, sapendo ciò che è successo tra di voi. In fondo, nessuno lo obbligava a tentare questo addestramento fuori dal consueto, e sapere che ha accettato dovrebbe farti sentire meglio.

"Per ora, penso soltanto a quei poveri lupi che abbiamo sfiancato nel darci una mano a sorreggere la barriera di contenimento”, sottolineò Fenrir, rammentando ciò che era avvenuto quel pomeriggio, al Vigrond.

Mentre la pioggia battente continuava a cadere su Farley, Fenrir tornò col pensiero al momento in cui lui e Odino avevano preso il posto di Brianna e Magnus.

Pur sapendo chi sarebbe comparso al loro posto, i lupi si erano mostrati degnamente sgomenti e si erano inchinati immediatamente, mormorando poi scongiuri contro la fine del mondo.

Fenrir non aveva neppure tentato di chetare le loro ansie. Era giusto che si abituassero da soli alla loro presenza. Parlare sarebbe stato del tutto inutile.

Anche per questo, il dio-lupo aveva concentrato la sua attenzione su Odino che, dopo aver infilzato a terra la sua gungnir, aveva dichiarato a gran voce: «Cominciamo con qualcosa di soft, ragazzo, poi proveremo ad aumentare l’intensità.»

«D’accordo» aveva dichiarato il dio-lupo, concentrando una parte minima del suo potere per espandere la propria aura.

Quei pensieri e quei ricordi, però, vennero interrotti da Odino che, per la seconda volta, gli domandò: «Ehi! Dove hai la testa?!»

«Oh, scusa… stavo pensando a oggi pomeriggio» ammise Fenrir.

«Siamo stati bravi, no?»

«Abbiamo fatto ben poco, e lo sai. Posso sviluppare un potere molto più forte di così» replicò Fenrir, passandosi nervosamente una mano tra i capelli.

Odino, allora, intrecciò le proprie mani e asserì pensieroso: «Ragazzo… hai sacrificato la tua esistenza pur di non scatenare Ragnarök, quando io fui così folle da dare retta a mio fratello Loki. Dubito che perderai il controllo ora, con la tua famiglia presente e i tuoi figli che prosperano nel mondo. Non sei così pazzo da farlo.»

«Tu dici?» ironizzò tristemente Fenrir.

Accigliandosi, Odino scrutò il volto turbato del suo antico nemico e notò come la paura si stesse lentamente facendo strada su quei bei lineamenti. Sorpreso, se ne chiese il motivo e, senza mezzi termini, domandò: «Perché dimostri così tanto timore, ragazzo? Non sei mai stato pavido!»

Piano, Wotan… non esagerare, ricordalo, gli rammentò cauto Magnus.

“Lo so, lo so, ragazzo… ma a volte bisogna calcare un po’ la mano, coi maschietti, perché parlino. Lasciatelo dire da uno che ha avuto un sacco di figli.”

Vacci comunque piano… Fenrir non è una persona come le altre.

Odino assentì suo malgrado e Fenrir, abbozzando una risatina, chiosò: «Magnus ti sta sgridando?»

«Umiliante da dire, ma sì. Vuole che usi più delicatezza, con te, ma non credo tu abbia bisogno di questo quanto, piuttosto, di sfogarti. Perciò, eccomi qui, a tua disposizione. Non ti è mai capitato di potermi parlare a cuore aperto, quindi fallo ora» dichiarò Odino, aprendo le braccia come a volergli offrire un’ampia scelta in cui colpirlo.

Fenrir, però, non calò la mano su di lui, né cercò di attaccar brighe. Si limitò a sospirare e, nel coprirsi il volto, mormorò: «E’ per Nathan.»

Eh?!, esalò sorpresa Brianna.

Anche Padre Tutto rimase assai perplesso da quell’affermazione e, squadrando dubbioso il dio-lupo, domandò: «Che intendi dire? Quel pupetto mi sembra in ottima salute.»

«Sì, lui sta bene, ma…» sospirò lui prima di ammettere: «…è la prima volta che vedo crescere tranquillamente un neonato. E’ la prima volta che posso esserne coinvolto emotivamente, senza avere l’ansia continua di qualcuno che mi sta alle costole per uccidermi.»

Fenrir…

“Scusa. Non volevo che ti preoccupassi, ma è così. Sono in ansia per lui perché gli voglio bene, e non voglio cagionargli alcun male. Per questo ho chiesto l’aiuto di Odino. Dovrò essere pronto a qualsiasi cosa, per lui, e Odino può aiutarmi in questo.”

Ma non devi fare tutto da solo… siamo una famiglia molto grande e molto unita, sai?, gli rammentò Brianna, pur emozionata per il gesto del dio.

Aveva notato, nei suoi pensieri residui, tutto l’amore provato per Nathan, ma non aveva mai neppure immaginato che Fenrir potesse sentirsi anche tanto responsabile per lui.

Odino sospirò, assentendo alle parole del dio e, suo malgrado, fu costretto a dire: «Se non ti fossi sentito braccato, non avresti cercato aiuto in tua sorella Hel, né saresti diventato così paranoico anche nei confronti di Tyr, che ti ha sempre amato. Come dissero a suo tempo sia Frigga che Tyr, ho contribuito a scatenare Ragnarök, e tu invece lo hai rallentato, salvando tutti.»

Fenrir si concesse qualche attimo per assaporare quel complimento, ma si sentì in dovere di replicare, dicendo: «Permettendo ad Avya di vendicarsi, hai regalato tempo ulteriore a tutti. Lei – così come i miei figli – ne sentivano il bisogno.»

«Ma ciò ha creato una faida millenaria tra voi e i seguaci di Fryc, che hanno dato vita ai Cacciatori. Non so fino a che punto sia stato un bene, darle quel consenso» replicò cupo Odino, scuotendo il capo.

Non sai nulla di quello che successe dopo la tua morte?, domandò Brianna, non sapendo quanto dire.

“Solo quello che percepii dai ricordi della quercia, quando ti immergesti in lei la prima volta. Ma erano così caotici che colsi ben poco.”

Brianna rammentava bene quel momento. La sua Iniziazione, la scoperta del legame d’anima con Duncan, Jerome e Lance, …erano successe un sacco di cose, quella notte.

Non guardasti mai dalle polle della divinazione di Helheimr?

“Era troppo doloroso, per me, vedere ancora il viso di Avya, così non guardai mai. Inoltre, non volevo scorgerla al momento della sua morte” ammise Fenrir.

Brianna preferì non indagare oltre, non volendo procurare ulteriore dolore alla sua anima ma Odino, di tutt’altro avviso, gli domandò: «Vuoi sapere cosa successe?»

Fenrir sbatté gli occhi, sorpreso e timoroso e Odino, suo malgrado, ammise: «Sapevo che Tyr sarebbe stato sempre al suo fianco, perciò ero certo di non dover temere per lei. Inoltre, con due figli come Hati e Sköll, chi mai si sarebbe sentito in ansia? Ma non mi bastava… così guardai.»

Fenrir, non credi che… tentennò Brianna, non sapendo bene cosa fosse meglio per lui.

Wotan, vacci piano, davvero. Fargli vedere fin dove si spinse Avya per vendicarlo, non credo potrebbe aiutarlo molto, intervenne anche Magnus, assai timoroso.

“E’ la sua compagna, e deve sapere fin dove la spinse il suo amore. Io credo dovrebbe esserne orgoglioso, non averne timore”, ribatté piccato Odino.

Lasciando perdere i consigli dei detentori dei loro corpi, Fenrir si avvicinò a Odino e, dopo essersi seduto dinanzi a lui, reclinò il capo e mormorò: «Mostrami. Il dubbio rischia di uccidermi da quando sono rinato, perciò è giusto che ormai io ponga rimedio alle mie mancanze.»

Odino assentì e, dopo aver poggiato una mano sul capo di Fenrir, chiuse gli occhi e mormorò: «Sii orgoglioso di lei.»

Ciò detto, nella mente di Fenrir si formò un vuoto che lo trascinò verso un vortice senza fine apparente e anche Brianna, suo malgrado, vi fu trascinata dentro.

Ove portasse, però, non fu loro detto.
 
***

«Brianna… Brie… svegliati» mormorò Fenrir con tono preoccupato.

Gli occhi di lupo di Brie si aprirono assonnati e dolenti ma, quando misero a fuoco un viso che, da parte sua, aveva scorto solo nei suoi ricordi condivisi e basta, lanciò uno strillo ed esalò: «Ma che cavolo succede?!»

Subito dopo, Brianna affondò le mani in morbida e soffice erba, e il profumo dei fiori gli inondò le narici, sconvolgendola ulteriormente.

Premuroso, Fenrir le allungò una mano per aiutarla ad alzarsi e, nel guardarsi intorno, lui le disse: «Siamo nei ricordi di Odino. Per l’esattezza, ciò che vedi è il luogo in cui vivevo con la mia famiglia.»

Ancora confusa all’idea di poter essere disgiunta dalla sua anima e di poter vedere e toccare Fenrir – pur se solo a livello onirico – Brianna si guardò intorno curiosa, ammirando affascinata la natura selvaggia di quei luoghi.

Li rammentava per averli scorti nei ricordi di Fenrir, ma trovarcisi in carne e ossa – più o meno – era tutto un altro discorso. I colori erano più vividi, l’aria profumata la inebriava e il cielo azzurro era così terso da farle quasi male agli occhi.

«E’ un posto bellissimo…» cominciò col dire lei, prima di guardare per esteso Fenrir e domandare: «…ma come posso essere disgiunta da te?»

Scrollando una spalla, Fenrir si limitò a dire: «Siamo al di fuori del piano fisico, perciò siamo tornati a essere due entità separate, visto che non siamo oniricamente nei tuoi ricordi. Fa strano, però, vero?»

Lui le ammiccò divertito e Brianna non poté che sorridere complice.

Il vocabolario di Fenrir, un tempo più forbito e aulico, aveva risentito negli anni del suo gergo e ora, più o meno, usavano la stessa terminologia per parlare.

Trovarsi dinanzi a lui per la prima volta, pur conoscendolo da anni, fu qualcosa di molto strano, e sentirlo parlare accentuò questa sensazione di straniamento.

Non sapendo che altro fare, allungò una mano e disse: «Tanto piacere, finalmente.»

Fenrir scoppiò a ridere e le strinse la mano dopo un attimo di titubanza, non essendo certo abituato al quel genere di gesto.

Brianna trovò la mano di Fenrir estremamente calda, così come lo erano i suoi occhi che, in quel momento, erano neri come il carbone, ma sapevano contenere la stessa profondità dell’universo. Era estremamente difficile non rimanerne incantati.

«Cosa facciamo, ora?» domandò la giovane, guardando curiosa in direzione della casa di sassi dove, presumibilmente, si trovavano Avya e la sua famiglia.

«Credo dovremmo avvicinarci. Non vedo altra soluzione» dichiarò Fenrir, incamminandosi con la sua lunga falcata.

Brianna gli fu presto appresso e, nell’osservare il suo profilo perfetto e bellissimo, chiosò: «Continua a farmi strano saperti fuori dalla mia testa, ma è bello vederti davvero

Lui annuì, sorridendole e dicendo: «E’ piacevole anche per me. Inoltre, sono lieto di poter vivere con te questa avventura perché credo che, da solo, non avrei retto.»

La sua sincerità la disarmò completamente e Fenrir, ammiccando spiacente, aggiunse: «Sono talmente abituato a non avere segreti, con te, che mi escono anche sparate simili. Scusa se ti ho dato questo peso da portare.»

Brianna, però, scosse il capo con veemenza e, preso per mano Fenrir, dichiarò: «Siamo insieme e l’affronteremo insieme, come al solito.»

«Andata» annuì Fenrir.

Quando finalmente si trovarono nei pressi della casa, Fenrir allungò una mano per dar voce a un dubbio che lo perseguitava ma, non appena questa attraversò il muro, seppe ogni cosa.

Essendo presenti nel ricordo soltanto in forma di spirito, non erano in possesso di un corpo reale, perciò i muri non potevano essere un impedimento.

A quel punto, Fenrir attraversò il muro di mattoni al pari di Brianna e, quando si trovarono all’interno della stanza principale della casa, il dio-lupo sospirò rammaricato.

Avya stata sistemando le sue tuniche in un cassettone, mentre Hati e Sköll, apparentemente impegnati in una discussione con Sylvi e Lyka, si trovavano in una stanza adiacente.

La sua amata appariva stanca ma determinata, e le vesti che indossava non lasciavano adito a molti dubbi; si preparava alla lotta.

«Indossa indumenti assai curiosi. Da dove provengono?» domandò Brianna, guardandosi intorno curiosa.

Fenrir continuò a fissare Avya come un assetato di fronte a una sorgente d’acqua e, pur sapendo di non poter interagire con il ricordo, fu tentato di raggiungerla per abbracciarla.

«Sono le vesti da guerra dei giganti. Posso solo pensare che sia stata mia madre, a consegnargliele» esalò Fenrir, suo malgrado sorpreso da quel particolare.

Anche Brianna sgranò gli occhi per lo shock e fissò con rinnovata curiosità la figura di Avya che, per la maggiore, restava un’incognita, per lei.

Della compagna di Fenrir sapeva ciò che lui le aveva raccontato, quel poco che Duncan le aveva detto, o che la stessa Avya le aveva raccontato durante le loro chiacchiere prenatali.

Nessuno sapeva con esattezza cosa fosse successo a Fryc, a parte che era morto per mano della famiglia di Fenrir. Persino la loro quercia sacra non era al corrente di tutta la storia, perché nessuna delle sue antesignane era stata diretta testimone dell’evento, così come nessuno dei lupi seppelliti nel corso dei secoli in quel Vigrond.

Finalmente, grazie a quel ricordo, avrebbero conosciuto la verità, nel bene e nel male.

«Mamma, vuoi dire tu qualcosa a queste due zuccone?» intervenne a sorpresa Sköll, uscendo dalla stanza dove si era trovato fino a quel momento.

La donna lo squadrò da capo a piedi con i suoi brillanti occhi smeraldini, sorrise amorevole ma disse: «Tesoro, Sylvi e Lyka sono padrone di loro stesse e tu non devi importi su di loro, o non saresti diverso da coloro che volevano ucciderle.»

Impallidendo leggermente a quelle parole, il giovane licantropo sbottò esclamando: «Ma… mamma! Non puoi paragonarmi a loro!»

«E tu non obbligarmi a farlo. Se vogliono partecipare alla missione, possono farlo. Se vogliono rimanere qui, possono farlo. Né tu né Hati direte loro cosa devono fare» sottolineò Avya, infilando uno stiletto di selce nel piccolo fodero da cintura.

Brianna fischiò ammirata e, rivolta a Fenrir, esalò: «Ha un bel caratterino. Mi immagino le discussioni tra voi due…»

Suo malgrado, Fenrir assentì con un risolino e disse: «In effetti, ha sempre avuto la lingua forcuta, quando ci si metteva.»

«Però ha ragione. Anche se capisco le motivazioni di Sköll… si vorrebbe poter difendere chi si ama a qualsiasi costo, anche prevaricando questi ultimi» sorrise benevola Brianna.

Fenrir si dichiarò d’accordo e, quand’anche comparve Tyr per unirsi allo sparuto gruppetto in armi, non si sorprese nel sentirlo lagnarsi della presenza delle tre donne. Avya, però, gli pestò un piede a mo’ di risposta e, mentre il dio si lamentava per i suoi modi, la donna prese per mano Sylvi e Lyka e si avventurò verso il bosco, lasciando indietro il trio di uomini.

Brianna e Fenrir si accodarono e, assieme a loro, percorsero la forcella montana che li separava dal mondo degli umani e dalle scorribande degli uomini di Fryc, ormai divenuti lo spauracchio delle genti comuni.

Chiunque avesse doni particolari, doti apparentemente sovrannaturali o, semplicemente, fosse malvisto dalla gente del proprio villaggio, veniva additato come progenie immonda, e perciò ucciso.

Verso questo impunito mercimonio di vite indifese e massacrate, si stavano dirigendo con passo lesto e, quando Fenrir e Brie intravvidero nei boschi figure inaspettate, la loro sorpresa crebbe.

Krissvyen il troll, assieme a una cinquantina di suoi compagni, si unirono alla compagnia di Avya, dichiarandosi disposti ad aiutarla dopo aver saputo della triste fine di Fenrir.

Il breve periodo trascorso dalla coppia presso la Foresta di Ferro di proprietà di giganti e troll non era dunque passato invano, e l’amicizia tra il dio-lupo, l’amante mortale e i troll era sopravvissuta agli anni.

Brianna sorrise a Fenrir nel vedere l’incontro tra il capo dei troll e la giovane Avya e, battendogli una mano sul braccio, asserì: «A quanto pare, non avevi colpito solo il cuore di Avya.»

Lui assentì silenzioso, così come silenzioso osservò l’ormai folta compagnia avventurarsi verso l’ormai vicino gruppo di guerrieri capitanati da Fryc.

Avere un dio tra le loro fila garantiva la certezza di trovare il fratello di Avya al primo colpo… ma cosa sarebbe successo, quando le due compagnie si fossero scontrate?

Stringendo i pugni mentre un terribile pensiero fece capolino nella sua mente, Fenrir mormorò: «Odino, se lei… lei…»

Non avrei deciso di mostrarti questo ricordo, se non fossi stato certo che lei sarebbe sopravvissuta. Morirà molto più avanti, non ricordi? Te lo disse persino Madre.

Sì, certo, aveva ricevuto rassicurazioni in più di un’occasione, ma quella ricerca della verità iniziò a innervosirlo e Brianna, nell’avvolgergli la vita con un braccio, mormorò decisa: «Abbi fede in lei, Fenrir. Lo fa per onorare te.»

«Cercando sangue?» ironizzò tristemente lui. «Erano azioni mie, non sue… e io l’ho contagiata col mio odio. Bella eredità.»

Brie levò i suoi occhi ambrati per fissarlo con estrema sicurezza e replicò: «No. Ha solo messo in chiaro con il mondo intero che i tuoi figli meritavano di vivere.»

Ascolta la tua guardiana, Fenrir. Sappiamo bene entrambi che la guerra non porta mai a niente di buono, però Avya l’ha intrapresa per dire a tutti che i tuoi figli – i vostri figli – meritavano di non essere additati come mostri, aggiunse la voce di Odino con veemenza.

Il dio-lupo assentì a fatica e accettò di vedere il primo scontro tra le due forze in campo. Avya non lesinò sui colpi ma ogni suo movimento fu destinato alla ricerca di una sola persona; Fryc. Non le interessavano gli altri guerrieri. Voleva soltanto suo fratello.

Questi, però, si negò e fuggì verso le colline, incendiando i villaggi che incontrò per rallentare il loro avanzare e dimostrando una volta di più quanto, la sua morte, fosse ormai necessaria.

L’odio lo aveva reso cieco a ogni cosa, anche alla salvaguardia di coloro che nulla avevano a che fare con la sua personale vendetta.

Molti suoi commilitoni lasciarono le fila dell’esercito, dopo quell’atto spregevole e senza pietà ma, soprattutto, per la viltà dimostrata dal loro capo, fuggito dal campo di battaglia non appena resosi conto della presenza della sorella.

A questi soldati venne concesso l’onore delle armi, e vennero risparmiati dalla furia dei guerrieri di Avya. La donna concesse loro il perdono, a patto di non incontrarli mai più sulla sua strada.

Quella sera stessa, a seguito del loro primo assalto, Avya si beò della vista dei suoi compagni mentre brindavano alla loro prima vittoria, ma questo non le fece dimenticare ciò che doveva fare prima che tutto fosse finito.

Richiamata l’attenzione di Tyr, si allontanò al suo fianco per parlare con il dio in separata sede, e Fenrir e Brianna li seguirono per comprenderne le motivazioni.

Fu in quell’occasione che, a sorpresa, Avya lo pregò di andarsene.

Il dio parve sconvolto da quella scelta – e così pure Brianna e Fenrir – ma la donna, sorridendogli grata, asserì: «E’ una guerra di uomini, non di dèi, e voglio che le mie armi siano quelle di Fryc. Già così, siamo in vantaggio su di loro grazie all’aiuto dei troll che, però, sono mortali nostro pari, e perciò temono giustamente la spada dei nemici, oltre che il coraggio da loro dimostrato. Avere un dio con noi, renderebbe la vittoria più semplice, ma meno giusta.»

«Sai benissimo che Fryc se ne infischia di certe carinerie e, se non l’hai notato, porta con sé un pugnale di acciaio siderale che, ci scommetto le p…, beh, quello che vuoi…» brontolò Tyr, arrossendo irritato quando fu sul punto di straparlare. «…che quell’arma gli è stata fornita in qualche modo da Loki, per vendicarsi di voi e del fatto che Fenrir non ha scatenato Ragnarök!»

Il sorriso di Avya non scemò e, nel carezzare il viso di Tyr, disse: «Sei stato leale a me e ai miei figli, e sono sicuro che Fenrir avrebbe apprezzato la passione con cui ci hai appoggiati, ma ora devo battermi da sola per i miei figli. Spetta a me questo compito.»

«Ma ho giurato di proteggerti!» esplose Tyr e, a sorpresa, Avya scoppiò in lacrime, poggiandosi a lui con il corpo scosso dai tremiti. «Avya…»

«Mi proteggerai… dopo. Ma non adesso. Questa battaglia è mia, di Sköll e Hati. So che tu non hai avuto motivi diretti di scontro con lui, ma è stata la tua famiglia a ucciderlo, e non posso davvero accettare che tu metta mano alla sua vendetta. So di essere crudele a chiedertelo, ma…»

Tyr, però, assentì comprensivo, le carezzò i lunghi capelli e replicò: «Capisco cosa vuoi dire, e non mi perdonerò mai per non essere stato abbastanza perspicace per capire cosa stavano tramando Loki e mio padre. Potrò, però, seguirti da lontano? Non interverrò, te lo prometto. Ma permettimi almeno di non lasciarti sola.»

Lei annuì e, nello scostarsi dal dio, si terse le lacrime e mormorò: «Sono un’inguaribile testarda, scusami.»

«Per aver amato Fenrir, non potevi che esserlo» rise senza allegria lui, e Avya si unì al dio in quella risata priva di gioia.

Fenrir sospirò affranto, e le gambe gli cedettero di schianto, facendolo crollare in ginocchio. Sorpresa, Brianna non riuscì a trattenerlo e, insieme finirono con lo scivolare rovinosamente sul terreno soffice della foresta.

«Quanto ha sofferto per avermi amato?» mormorò sconvolto Fenrir, passandosi le mani sul viso con fare addolorato.

«Quanto le hai dato, per produrre un amore simile?» gli ritorse contro Brianna, scuotendolo leggermente. «Ammira il suo coraggio, non le sue lacrime.»

«Brie…» sussurrò lui, levando il viso a scrutarla. «Anche tu sacrificasti il tuo amore, pur di proteggere Duncan, e salvasti il tuo lupo dalla morte, sacrificando te stessa, perché non cadesse vittima dei berserkir.»

Irridendosi, Brianna replicò: «Rispetto a ciò che ha passato Avya, io ho avuto vita facile… ma lei si è limitata a fare ciò che tu hai fatto. Sta lottando per onorare il tuo sacrificio, e ha mostrato il vero volto di Fryc ai suoi stessi seguaci.»

«Ma i Cacciatori hanno perdurato» sottolineò per contro Fenrir.

«Perché l’odio è duro a morire. Ma guarda quante persone si sono unite alla lotta, dopo ciò che è successo oggi. E guarda i troll, come hanno seguito fiduciosi Avya in battaglia. Tutto per te, Fenrir» gli ricordò Brianna, sorridendogli nell’abbracciarlo. «Sì, sangue chiama sangue, è vero. Se si potesse farne a meno, credo che nessuno vorrebbe combattere, ma qualcosa andava fatto, per bloccare Fryc e la sua follia.»

«Chi di spada ferisce, di spada perisce…» chiosò amaramente Fenrir, e Brie assentì.

Insieme, osservarono Tyr e Avya tornare sui loro passi e, assieme alla coppia, si riavvicinarono all’accampamento per ascoltare le grida di acclamazione elevate in cielo per la loro guida.

Avya venne accolta da un coro di giubilo, e alcune donne del villaggio appena liberato dalle orde di Fryc, si offrirono di curare i feriti come ringraziamento per la loro salvezza.

La wicca accettò e, attorno al fuoco acceso per riscaldare i guerrieri, lei narrò le vicende di Fenrir, di come lui l’avesse amata e di come fossero nati i loro due figli.

Di villaggio in villaggio, la voce si sparse e la storia venne narrata più e più volte ma, assieme al consenso, crebbe anche la paura nei confronti di ciò che poteva a stento essere compreso.

Laddove trovarono appoggio, trovarono altresì porte chiuse, ma Avya non demorse. Non avrebbe ceduto finché non avesse trovato Fryc e, a quel punto, ogni cosa avrebbe avuto un termine, almeno per quel che riguardava loro due.







N.d.A.: Scorgere la verità su ciò che avvenne, farà bene a Fenrir, o lo ferirà, facendolo sentire in colpa?
E il pugnale che Loki ha dato a Fryc riuscirà nel suo intento - vi ricordo che Avya non può morire per mano di nessuna arma "dei mortali", grazie al potere che Fenrir le ha conferito - o verrà fermato prima che il destino infausto si compia?
Alla prossima, per conoscere la verità!
  
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