Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: destiel87    21/10/2019    3 recensioni
"Come puoi essere geloso di qualcosa che non ti appartiene?” Esclamò nervosamente Levi.
“Anche questa terra, per cui ogni giorno verso il mio sangue, non mi appartiene. Eppure, dentro di me sento che è mia, che in nostri destini sono legati, e che è giusto lottare per essa. Allo stesso modo, sento che il tuo destino è legato al mio. Tuttavia, se hai bisogno di una dimostrazione di questo mio sentimento, per capirlo a fondo, allora…”
Così dicendo, Erwin prese il mento di Levi tra le dita, sollevandolo.
Si chinò un poco verso di lui, posando delicatamente le labbra sulle sue.
Per la prima volta, Levi si arrese a lui.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Erwin Smith, Levi Ackerman
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ad un passo da te
 

 
Sacrificio, onore, dedizione, coraggio.
Di questi sentimenti era fatto il comandante Erwin Smith.
Negli anni, aveva imparato a mettere da parte le emozioni ed i desideri personali, per il bene dell’umanità.
Aveva imparato a seguire la logica, anziché il cuore.
Di questo avevano bisogno i suoi uomini.
Il prezzo da pagare era la solitudine, ma era un prezzo che Erwin pagava con orgoglio.
Fino al giorno in cui le sue emozioni presero il soppravvento.
Era un giorno come un’altro, in cui i soldati assaporavano la tranquilla routine quotidiana.
In quel momento il corpo di ricognizione era riunito nella sala comune, alcuni bevevano, altri giocavano a dama o a carte.
Il comandante era appoggiato contro la parete, vicino alla finestra, e sorseggiava un bicchiere di vino.
Di fronte a sé, Levi stava giocando a dama con Hanji, seduti in un grande tavolo di legno.
Il tempo trascorreva lentamente, ed una leggera brezza entrava dalla finestra, scompigliando i capelli biondi del comandante.
La tranquillità venne scossa all’improvviso, da un soldato chiamato Mark redonax.
Aveva il vizio del bere, motivo per cui Erwin non lo stimava particolarmente, ciò nonostante aveva abbattuto otto giganti, e questo gli bastava.
Quel giorno tuttavia, era più ubriaco del solito, e si avvicinò ridendo al tavolo, sedendosi scompostamente accanto a Levi.
“Oh Levi! Sai mi sono sempre chiesto una cosa, mi chiedevo se potevi togliermi questa curiosità.” Disse spostando il corpo verso di lui.
“Che vuoi? Ho da fare.” Gli rispose l’altro, senza togliere gli occhi dalla scacchiera.
“Sei sempre così veloce quando combatti, mi chiedevo se sei così agile anche a letto!”
Prima che Levi avesse il tempo di rispondere, il bicchiere di Erwin si ruppe, frantumandosi tra le sue dita.
“C’è qualche problema, comandante?” Esclamò nervosamente Mark.
Erwin lasciò cadere i vetri rotti a terra, senza mostrare il minimo dolore, poi si sedette sulla sedia vuota accanto a Levi.
“Questo dipende da te.” Esclamò con voce calma ma seria.
“Erwin, la tua mano…” Disse Levi, guardando le sue dita tingersi di rosso.
“Che vorresti dire con questo? Non stavo parlando con te.”
“E’ come se lo avessi fatto.” Gli rispose Erwin.
“Ohi ohi Levi!” Esclamò Hanji sorridente. “Sei proprio fortunato, hai due uomini che discutono per te!”
“Che diavolo vai dicendo Hanji? Sei forse ubriaca?” Le rispose Levi sprezzante.
“Si, ma questo non cambia la situazione.” Replicò lei, facendogli l’occhiolino. “Mi chiedo chi sarà il fortunato vincitore!” Aggiunse, scrutando i due avversari.
“Guarda che non ho problemi a colpire una donna!” Esclamò Levi, scuro in viso.
Lei scoppiò a ridere, mentre i due continuavano a guardarsi, in rigoroso silenzio.
Con la coda dell’occhio Levi guardò verso Erwin, chiedendosi se fosse effettivamente geloso.
“Allora Erwin, come risolviamo la questione?” Disse improvvisamente Mark. “Non ho ancora finito qui.”
“Non sono d’accordo. La conversazione finisce qui. Per il bene del corpo di ricerca, cercherò di dimenticare quanto è appena accaduto.”
“E se non mi andasse di finirla qui?”
“In quel caso, ti chiederei di seguirmi fuori.”
“Ah Mark, qua si mette male per te!” Esclamò Hanji, tirandogli una gomitata. “Non ti conviene metterti contro il comandante.”
“E tu che ne sai donna?” Replicò lui.
“Semplice, io l’ho visto combattere. Potrebbe ucciderti anche adesso, con una scheggia di vetro, se volesse.”
“Questo è tutto da vedere.” Rispose Mark, scuro in volto.
“Inoltre, sarebbe del tutto inutile. Sai quanto me chi sceglierebbe il nostro Levi.”
“Stronzate.” Urlò Mark, sbattendo il bicchiere contro il tavolo.
“Mmh, allora come mai non lo ha negato?”
A quel punto Mark guardò verso Levi, che se ne stava con le braccia incrociate, fissando qualcosa di indistinto dall’altra parte della stanza, con l’espressione contrariata.
“Ah, andate tutti al diavolo!” Urlò Mark, alzandosi bruscamente dalla sedia, per poi dirigersi verso il fondo della sala.
Poco dopo si alzò anche Erwin, dirigendosi verso la porta d’uscita, che dava in una piccola piazza tra i palazzi di pietra.
Levi lo guardò attraverso la finestra, fermarsi e guardare verso il cielo, socchiudendo un attimo gli occhi.
Senza pensarci si alzò a sua volta, in cerca di risposte.
Raggiunse il comandante, arrivando a qualche passo da lui.
Per qualche motivo, aveva un leggero sorriso sulle labbra, mentre guardava il cielo azzurro e limpido.
Levi restò qualche momento ad osservarlo, in quello strano momento di pace, con il vento che gli soffiava tra i capelli biondi ed il sole che gli illuminava il viso.
Era davvero bello in quel momento, pensò.
“Perché l’hai fatto?” Chiese d’improvviso. “So’ difendermi benissimo da solo, dovresti saperlo.”
Erwin si voltò verso di lui, guardandolo negli occhi per qualche momento.
“Lo so’ bene.”
“Allora perché? Voglio dire… Non sarai mica geloso di me?” Esclamò, stringendo nervosamente i pugni. Si pentì immediatamente di averlo chiesto, ma ormai era troppo tardi.
“E’ così in effetti, Levi. Spero che questa mia debolezza non ti offenda.”
Levi sbarrò gli occhi, incredulo.
Non si sarebbe mai aspettato un’ammissione del genere, da parte sua.
Lo aveva sempre ritenuto troppo freddo, per poter provare dei sentimenti, anche se una parte di lui, infondo sperava di sbagliarsi.
“N-no…” Sussurrò appena, con lo sguardo basso.
Erwin non disse niente, si voltò ed iniziò a camminare lentamente, attraversando la piazza.
Levi rimase ad osservare la sua figura allontanarsi, pieno di domande.
Fu verso sera, che decise di ottenere risposte.
Il comandante era nel suo studio, una grande stanza austera con una scrivania in fondo, una finestra sulla destra e due poltroncine all’entrata, davanti alle quali c’era un piccolo tavolino.
Alla parete, vi era appeso lo stemma del corpo di ricerca.
Ad Erwin bastava l’indispensabile, delle cose superflue non gli era mai importato.
Quando entrò, lo trovò seduto alla scrivania, intento a scrivere.
Sollevò a malapena lo sguardo dalle pagine, ma smise di scrivere.
“Dimmi Levi, di cosa hai bisogno?” La sua espressione era sempre la stessa, quasi non fosse accaduto nulla di al di fuori dell’ordinario.
L’altro non rispose, si avvicinò e basta, guardandolo profondamente negli occhi.
“Capisco…” Esclamò Erwin, alzandosi dalla sedia e andandogli incontro.
“Suppongo che tu voglia parlare di quello che è successo oggi.”
Levi distolse lo sguardo, sospirando.
“Non lo capisco, Erwin. Tu non mi hai mai mostrato di…” Non riuscì a finire la frase, le parole gli rimasero incastrate in gola, quasi non volessero uscire.
“Hai ragione.”
“E allora perché? Come puoi essere geloso di qualcosa che non ti appartiene?” Esclamò nervosamente Levi.
Quella sua calma lo irritava profondamente, quei suoi occhi freddi che celavano la verità, proprio non riusciva a capirli.
Erwin fece qualche passo verso di lui, accorciando le distanze.
“Anche questa terra, per cui ogni giorno verso il mio sangue, non mi appartiene. Eppure, dentro di me sento che è mia, che in nostri destini sono legati, e che è giusto lottare per essa. Allo stesso modo, sento che il tuo destino è legato al mio. Tuttavia, se hai bisogno di una dimostrazione di questo mio sentimento, per capirlo a fondo, allora…”
Così dicendo, Erwin prese il mento di Levi tra le dita, sollevandolo.
Si chinò un poco verso di lui, posando delicatamente le labbra sulle sue.
Per la prima volta, Levi si arrese a lui.  
Si sentì investito da una sensazione mai provata, simile all’adrenalina che gli scorreva nelle vene quando combatteva contro un gigante, ma con una malinconica dolcezza, come quando ripensava al volto di sua madre.
Separarsi da quelle labbra grandi e morbide, fu quasi un dolore.
“Spero che adesso, ti sia più chiaro. Ora se vuoi scusarmi, ho molto lavoro da fare, devo compilare dei rapporti urgenti.”
Si voltò lentamente, dirigendosi alla scrivania.
“Rapporti urgenti…” Sussurrò Levi, con la voce strozzata. “Come puoi essere così… Privo di umanità. Dici che ti appartengo, e poi… E’ questa la considerazione che hai di me? Vale così poco il tempo con me?!” Urlò alla fine, con il viso deformato dalla rabbia.
Senza aspettare una risposta, uscì in gran fretta, sbattendo la porta dietro di sé.
In quel momento, mentre Erwin fissava i fogli sulla scrivania, si accorse di quanto alto fosse il prezzo da pagare, per il bene dell’umanità.
Di quanto in quegli anni avesse rinunciato, per la causa.
Diede un pugno sulla scrivania, maledicendo sé stesso.
Uscì poco dopo, per cercare Levi.
Vagò per i palazzi, grandi e freddi, in cui vivevano i soldati.
C’ era un lungo portico, che si affacciava alla pizza centrale.
Erwin lo percorse distrattamente, finché non vide un piccolo oggetto che veniva lanciato sulla piazza.
Si fermò un momento ad osservare, e poco dopo avvenne di nuovo.
Si ricordò in quel momento di quanto Levi amasse guardare il cielo, e si arrampicò sul cornicione, risalendo sul tetto.
Qualcosa di piccolo e duro lo colpì al volto, facendogli perdere l’equilibrio.
Una mano si affrettò a prenderlo, aiutando a risalire.
Arrivato sul tetto, si accorse che era di Levi, come aveva immaginato.
“Devo ricordarmi di non farti più arrabbiare…” Disse massaggiandosi la fronte.
“Idiota, non l’ho fatto apposta.”
Erwin rise, sedendosi al suo fianco.
Il tetto era leggermente in pendenza, ma una volta su di esso, si poteva vedere il cielo stellato, libero dalle mura di pietra.
Levi era seduto con un ginocchio alzato e una gamba stesa, con il viso imbronciato.
“Sono davvero belle le stelle stanotte… Dovrei venire più stesso ad ammirarle.” Esclamò Erwin, con il viso rivolto al cielo.
Levi non rispose, scostando il viso dall’altra parte.
D’improvviso si sentì afferrare per la vita, e notò la mano di Erwin che gli stringeva il fianco.
“Cosa diamine credi di…?”
Non riuscì a finire la frase, perché sulle sue labbra si posarono con forza quelle di Erwin.
Per quanta rabbia provasse nei suoi confronti, non riuscì a staccarsi da quel contatto.
L’ aveva desiderato così a lungo, che non riusciva a privarsene.
Si sentì di nuovo travolto da quella sensazione, così prepotente da spazzare via tutto il resto.
Ricambiò il bacio, esplorando le labbra del suo comandante, mordendole e leccandole per assaporale a fondo.
Erwin lo strinse di più contro di sé, cercando la sua lingua con la propria.
Un’onda d’urto lo travolse del tutto, dandogli un piacere mai provato.
Avvolse Levi con entrambe le braccia, baciandogli il collo e cercando di nuovo le sue labbra.
Quando rimasero senza fiato, Erwin si appoggiò alla sua guancia, sfregandola con la sua.
Era bello quel contatto, così caldo da scaldargli il cuore.
Per lungo tempo, rimasero così, senza dire nulla, sfregando i loro visi uno contro l’altro.
“Ti devo delle scuse, Levi.” Esclamò all’improvviso.
“Se è per prima, forse ho reagito in maniera eccessiva…” Rispose lui.
“Non si tratta di quello. Vedi io, temo di averti dato per scontato, troppo a lungo. Tu eri sempre lì, ad un passo da me. Come un’ombra, seguivi ogni mio passo, e quando ti cercavo con lo sguardo, tu eri sempre al mio fianco. Così mi sono convinto, che mi bastasse questo. Averti vicino. Ma oggi ho capito che non era abbastanza, che dovevo fare di più, altrimenti un giorno sarebbe arrivato un altro, che ti avrebbe dato tutte le attenzioni che io non avevo saputo darti. E allora, ti avrei perso. Allora, cercandoti con lo sguardo, non ti avrei trovato.”
Erwin prese la mano di Levi, baciandone il dorso.
“Non ho molto da offrirti. Non sono un uomo ricco, non posso darti una casa, o un nome.”
“Che razza di discorsi fai? Non sono mica una ragazza, stupido.”
“Non posso prometterti che ci sarò per sempre, perché sono un soldato, e potrei morire domani.”
“Perché mi dici queste cose? Pensi forse che non lo sappia, che ogni giorno potrebbe essere l’ultimo?” Rispose Levi, stringendogli la mano, mentre i suoi occhi divenivano lucidi.
“Perché l’unica promessa che posso farti, è che finché questo mio cuore mi batterà nel petto, apparterrà a te.” Così dicendo, prese la mano di Levi, posandola sul suo petto. “Io lo dono a te, Levi.”
Una sottile lacrima scese sulla candida guancia di Levi, illuminata dalla luna.
Strinse la mano di Erwin, portandola al suo petto.
“Ed io lo dono a te, Erwin. Il mio cuore, ti appartiene”
Mentre le stelle vegliavano immortali nel cielo, due soldati si scambiavano una promessa, le mani giunte, le fronti appoggiate l’una all’altra, sfidando il destino.



 
 
 
 
 
 
 
 
  
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