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Autore: freehja    21/10/2019    0 recensioni
E se quella mattina fosse quella buona? Se trovasse il coraggio? E se la sua ricompensa per una volta fosse più di quello che ha sempre ricevuto, e che gli è sempre bastato?
Mesi a spegnere la sveglia che, impietosa, suonava alle cinque del mattino, tenendo bene a mente il dolce, fragrante profumo dolce e quel sorriso grato che Pablo sperasse fosse solo per lui.
Convincitene Pablo, questa è la volta giusta!
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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Ogni mattina, Pablo usciva di casa e aspettava davanti alla saracinesca dall’altra parte della strada, proprio di fronte al condominio dove era riuscito a prendere in affitto il piccolissimo appartamento dove viveva da quando si era trasferito per poter seguire i corsi dell’università.
D’estate in maniche corte, con l’arrivo dell’inverno con il piumone.
 
Quella mattina di ottobre aveva scelto di tirare fuori il giubbotto di pelle, quel “chiodo” che lo faceva sentire sicuro e a suo agio. Era il giorno decisivo, non avrebbe esitato, si sarebbe esposto anche a costo di rinunciare al suo dolce vizio giornaliero e trovarsi un altro bar dove andare a fare colazione prima di andare a lezione.
 
Fece scivolare distrattamente fuori il cellulare per sbirciare l’ora ed ingannare il tempo. Da quando aveva smesso di fumare, un po’ perché le sigarette in Italia erano davvero troppo costose, si era ritrovato con l’esigenza di avere le mani occupate piuttosto che la bocca piena. Era convinto che ormai le maniglie dell’amore non erano più considerate sexy, ed era in apprensione all’idea di aggravare ulteriormente la situazione del suo girovita, che gli sembrava di essere arrivato al punto di avere qualche difficoltà nel cercarsi i piedi quando non era seduto. Aveva addossato la colpa di tutto alla sua ferma decisione di non fumare, ma forse parte della sua pancia che lievitava era dovuta a ciò che trovava sempre dietro alla saracinesca alle sue spalle. Un caldo, morbido, profumato cornetto appena sfornato con una crema pasticcera fatta in casa, che solo per quella smetteva di sentirsi frustrato dai jeans che iniziavano a stare stretti.
 
A smettere di far pensare a Pablo ai suoi dilaganti problemi fisici, ci pensò una lambretta con il motore più vecchio di sicuro del proprietario che sembrò spaccare il silenzio tra i condomini di quella zona residenziale, proprio come la strada che li separava tra loro, quel piccolo e semplice rione senza pretese, che volente o nolente, aveva accettato che un giorno, il popolo italiano fosse diventato una minoranza etnica in quella parte di città.
 
Pablo era fiero di essere domenicano, gli mancava la terra dove aveva vissuto la propria infanzia, ma i soldi non c’erano e i fratelli erano troppi, qualcuno doveva andare a lavorare o a cercar fortuna dall’altra parte dell’oceano. Per questo lui, suo padre e altri due fratelli avevano scelto di raggiungere lo zio in Italia, per loro il lavoro non mancava mai.
 
Lui però era il più piccolo, solo quindici anni, per cui gli era toccata la scuola, fortunatamente pagata da vari enti di carità, mentre il resto della sua famiglia si spaccava la schiena in cantieri e fabbriche.
Forse era stato più fortunato di quello che credeva e non se ne era ancora accorto. Il primo a finire scuola e arrivare addirittura all’università con una borsa di studio. Forse il Dio in cui credeva mami lo guardava con occhi davvero benevoli.
 
Al momento però, Pablo dovette socchiudere le palpebre per via del grande fanale che gli era stato puntato contro mentre la Lambretta si parcheggiava proprio di fronte.
 
«Buongiorno.» Salutò avvicinandosi.
 
«Ciao Pablo.» Sorrise Mattia sfilandosi il casco e tentando di ravvivarsi i capelli, inevitabilmente schiacciati.
Era sempre strano vederlo così di buon umore alle sei del mattino, come se non gli pesasse essere sveglio da almeno un’ora e non ne risentisse.
 
«Le chiavi?» Chiese Pablo come d’abitudine, allungando la mano mentre l’altro ragazzo si frugava nelle tasche del piumino, che erano state chiuse con la cerniera per non seminare cose in giro per la città.
Perché Mattia abitava nella parte bella della città, quella periferica e a ridosso dei campi coltivati, quella semplice e pulita, lontano dal caos del traffico e silenziosa. Tutta italiana. Da generazioni.
 
«Eccole, eccole.» Gliele allungò prima di scendere dal vecchio motorino e infilare il braccio nel casco. «Ma potremmo fare insieme almeno, il fisioterapista ha detto che devo provare a fare qualche sforzo o mi rimarrà la paura.»
 
«Hai ancora due mesi di fisioterapia, quando mi dirai che hai finito, allora potremmo farlo insieme.» Replicò Pablo che aveva già fatto scattare le due serrature da una parta e dall’altra e si sta apprestando a piegarsi per sollevare la saracinesca nel mezzo.
 
«Non so davvero come ripagarti per quello che stai facendo per me. E offrirti la colazione mi sembra sempre troppo poco. »


« Finché non ti stufi di fare dolci e hai uova per fare la crema al limone, per me non è un problema.» Ripeté per la centesima volta aspettando che Mattia aprisse la porta del bar.
 
«In effetti le galline cominciano a scappare quando entro nel pollaio di mio padre.» Ridacchiò Mattia abbassandosi per passare sotto la saracinesca alzata a metà, e girando dietro il bancone per accendere le luci.
«Ma riesco sempre a prendere le uova.»
 
Pablo si abbassò la zip del chiodo e se lo sfilò per appenderlo su di un consumato attaccapanni, si arrotolò le maniche e iniziò a sollevare le sedie sui pochi tavolini che seguivano la parete opposta. Era quello il suo compito, dare una mano con le pulizie che se Mattia fosse stato in grado di compiere, sarebbero state fatte dopo la chiusura serale. Così liberava il pavimento dall’ingombro di quelle pesanti sedie di ferro, e si dirigeva nel piccolo magazzino vicino al bagno per recuperare scopa e secchio per lavare il pavimento, Mattia invece rimaneva dietro al banco ad infornare le brioche congelate prese nel freezer a pozzo e preparava la macchina del caffè.
 
Qualche volta parlavano, altre invece rimanevano in silenzio, concentrati sulle rispettive mansioni.
Pablo scaricò l’acqua sporca del secchio nel bagno alla turca e con lo spazzolone ancora umido diede una passata anche alle piastrelle bianche, in qualche punto crepate, prima di riporre tutto nel magazzino.
 
«Giusto in tempo.» Lo avvisò Mattia vedendolo ritornare nella sala in punta di piedi per non lasciare tracce sul pavimento appena lavato.
 
«Ora del caffè?» Finse di provare ad indovinare Pablo girando intorno al balcone e salendo sulla pedana.
 
«Fai tu? Io finisco di caricare le zuccheriere.»
 
Pablo fece spallucce e staccò il gruppo da due dalla macchina per posarlo sotto il macina caffè. Anche quella era una cosa che aveva imparato in quei mesi. Mattia gli aveva insegnato a lavorare con la macchina del caffè, fare la crema di latte e pulire tutto. Diceva sempre che erano cose che potevano essergli utili se un giorno avesse voluto lavorare in un bar, ma non era uno di quei lavori che aveva mai preso in considerazione e, se non fosse stato per Mattia, di certo non si sarebbe mai immaginato di assorbire tutte le nozioni ed accorgimenti che ora conosceva e di saperne perfino fare l’uso corretto.
 
«Lungo o cappuccio?» Chiese prendendo due tazze di ceramica bianca e posizionandole sotto il gruppo.
 
«Quello che prendi tu.»
 
Cappuccino dunque. A Mattia non piaceva lungo il caffè, troppo amaro, troppo annacquato. A lui sì, ma preparò comunque il latte per due.
 
Il trillo di un timer annunciò che il profumo che si stava spandendo nell’aria, oltre a quello del caffè, decretava che la prima infornata di brioches era pronta.
 
«Bene, bene.» Annuì compiaciuto Mattia scomparendo dietro la mezza tenda fatta da lunghi cordoni polverosi di un verde tipicamente natalizio, che portava alla minuscola cucina dove si facevano panini e tramezzini.
 
Pablo fece scendere la crema di latte in entrambe le tazze e le depose su due piattini preparati in precedenza.
Con il tintinnio della ceramica che ancora non abbandonava il suo passo insicuro, andò a posarle sulla parte allungata del bancone, quella aggiunta per guadagnare un altro po’ di spazio per permettere a chi volesse, di trovare i giornali del mattino e magari pure leggerseli se non c’era un tavolino dove sedersi.
 
Pablo tirò giù gli unici due pesanti sgabelli e li mise uno opposto all’altro ai lati di quell’improvvisato bancone all’americana e attese la colazione allungandosi a prendere una bustina di zucchero di canna per sé e uno di raffinato per Mattia. Glielo posò con cura sulla parte del piattino non occupato dal cucchiaino e aspettò educatamente.
 
Il ragazzo non si fece attendere che qualche altro secondo, emergendo da dietro la tenda con in mano un cestino di quelli per il pane con due brioches fumanti, e nell’altra un barattolo di vetro senza coperchio con il manico di un coltello che spuntava dal collo spesso.
 
«Fame?» Sorrise il ragazzo sedendosi sullo sgabello messo giù per lui e depositando tutto quello che gli impegnava le mani nel poco spazio che aveva a disposizione.
 
Pablo avrebbe voluto dirgli che quello era il momento della giornata che preferiva, quello che arrivava troppo presto, e che l’arco di ore che si accumulavano per poterlo riavere era sempre troppo lungo. Avrebbe dovuto dirglielo ma non lo fece, preferendo nascondersi dietro ad un accenno fatto scuotendo la testa e dandosi del codardo.
 
Mattia prese una delle brioches ancora calde di forno, borbottando qualche parolaccia per come gli stava scottando le dita, affondò il coltello nella sua pancia e lo aprì per la lunghezza facendo fuoriuscire uno sbuffo di vapore. Pablo non gli tolse gli occhi di dosso, e si fece venire l’acquolina in bocca per quanta crema ci stesse spalmando dentro l’altro.
 
«Prego.» Gliela porse avvolta da un fazzoletto di carta preso dal porta tovaglioli lì vicino.
 
Lo ringraziò con le narici che avide si godevano il profumo di quella meraviglia, la pasta della brioche e l’aroma meraviglioso del limone.
 
Attese che anche Mattia si farcisse il cornetto e finalmente entrambi gli diedero un morso all’unisono.
 
«Dios mio.» Si concesse Pablo dopo aver finito di masticare. «Cosa ci metti per renderla così buona, io non lo so, ma mi mangerei tutta quella che c’è nel barattolo.»
 
«E’ solo crema al limone.» Cercò di sminuirsi Mattia, versandosi lo zucchero nel cappuccino. «Non mi hai mai chiesto la ricetta, ma se vuoi te la scrivo, così te la puoi fare a casa.»
 
Pablo aveva sempre valutato di avanzare quella richiesta, ma aveva perso subito interesse nel farlo, sapendo che non solo era un pessimo cuoco, ma anche che di quella crema e delle mani che la facevano, era semplicemente troppo innamorato, e per questo non aveva mai avanzato alcuna pretesa per la ricetta. Perché adorava mangiarla lì, in quella pasta sfogliata soffice e morbidamente calda, preparata per lui e solo per lui. Era una crema buonissima, indubbiamente, ma il valore aggiunto che Mattia la facesse per poterla condividere insieme prima che ognuno di loro si dedicasse alla propria impegnativa giornata, la rendeva più squisita di quanto non fosse di principio.
 
«Meglio di no.» Rifiutò con lo sguardo basso, prendendo in mano la tazza e portandosela alle labbra. Ah, aveva dimenticato lo zucchero, che divario tra il sapore dolce e un po’ acido della crema, rispetto all’amaro tostato del caffè. «Già con le tue colazioni sto mettendo su’ una pancia che se mi vedessero i miei fratelli mi prenderebbero per il culo per mesi.»
 
«Vedi che la colazione non va più bene per ricambiare l’aiuto che mi dai?» Gli fece notare Mattia ridendo, e il suono di quella risata non mise per nulla in imbarazzo Pablo, che per quei pochi momenti con quel ragazzo si sarebbe fatto mettere all’ingrasso come un maiale per Natale.
 
«Se almeno accettassi un po’ di soldi…» Tentò ancora la via del denaro guardandolo di striscio.
 
«Sai che non li voglio. Avevi bisogno di una mano e tra i clienti che hai non ce n’è uno che potesse dartela. Questa…» Disse sollevando la brioche. «Questa è la parte più buona della giornata, quella che preferisco, e basta per pagare i pavimenti che ti lavo.»
 
Ecco. L’aveva detto. Ora poteva soffocarsi con quello che rimaneva della colazione, conscio che non avrebbe più avuto il coraggio di guardare il ragazzo che gli piaceva negli occhi almeno per un paio di giorni.
 
«Sei davvero testardo.» Sbuffò Mattia che sembrava più rassegnato che toccato dalle parole di Pablo.
 
Meglio così pensò, poteva ancora stupirsi dell’effetto che avevano quei due occhi verdi che gli ricordavano il lago Enriquillo, reminiscenza dei suoi anni di bambino, grandi, profondi e pieni di insidie per lui, che si sentiva come un fenicottero davanti a quelle acque ignote, di cui non conosceva i punti profondi e gli era precluso sapere poteva toccare.
 
Perché sì che Pablo era gay, ma Mattia non aveva mai fatto intendere di esserlo, come lui stesso del resto, che aveva nascosto la cosa il più possibile. Non c’era mai stata l’ombra di una fidanzata attorno al barista, ragazze, tante, che si fermavano anche solo per prendere un pacchetto di gomme pur di farsi sorridere da lui, ma nessuna che arrivasse e mostrasse di avere una certa complicità con Mattia.
 
Aveva anche ascoltato qualche volta i discorsi che facevano i clienti che si attardavano all’ora di chiusura, quando scendeva per tirar giù la saracinesca. Tutti a lamentarsi che non era possibile che un ragazzo come lui non si fosse ancora trovato una bella figliola con cui sposarsi e far figli come sua sorella Antonella.
Mattia per contro, aveva sempre affermato che i tempi erano cambiati, e che sposarsi prima dei trent’anni non andava più di moda e che lui, con i suoi trentadue anni, poteva permettersi di godersi la vita almeno fino ai trentacinque prima di preoccuparsi davvero.
 
Quindi nessun indizio. Niente che dimostrasse che fosse o che non fosse etero, che avesse un qualche straccio di relazione che scoraggiasse il sudamericano a desistere dal voler passare con lui sempre più tempo. E questo portava Pablo ad incupirsi nei momenti meno adatti. Tipo quello.
 
«Che pensi?»
 
Pablo sbatté le palpebre, rendendosi conto che si era estraniato per chissà quanto tempo.
 
«Niente.» Minimizzò azzannando il cornetto. «Cose.» Aggiunse bofonchiando.
«Cose serie?»
 
Pablo ci pensò su. In effetti. Dal suo punto di vista.
 
«Un po’.» Ammise.
 
Se solo avesse avuto risposta a quella domanda in particolare, almeno avrebbe saputo se avanzare o battere del tutto in ritirata.
 
«Guarda che hai della crema in faccia.» lo informò Mattia con un cenno di testa.
 
Pablo si sfregò il mento e le labbra carnose per poi fissarsi la mano alla ricerca della crema colpevole.
 
«Non lì.» Sembrò rimproverarlo come un genitore paziente con il figlio. «Qui.»
 
Pablo ebbe solo il tempo di vedere Mattia sporgersi verso di lui facendo leva sui gomiti e poi un morbido sentore di crema posarsi sulle proprie labbra.
Impossibile non chiudere gli occhi, serrare le palpebre così forte che fu certo che quando le avesse riaperte gli avrebbero fatto fin male. Come ingestibile era il pompare forsennato del suo cuore, e solo perché la bocca di Mattia era intenta ad imparare il contorno della sua. Un bacio. Dios, era solo un bacio, la pressione di due bocche l’una contro l’altra. Eppure, Pablo aveva passato giorni e i mesi addietro ad immaginarsi come potesse essere baciare la bocca di Mattia. E ora poteva dire che non solo era morbida e calda come se l’era immaginata, ma profumava di crema al limone e questo poteva solo significare che non ne avrebbe mai avuto abbastanza.
 
«Ora sei a posto.» Gli disse Mattia tornando a sedersi sul proprio sgabello, un sorriso di quelli luminosi come solo a lui aveva visto fare.
 
A posto. A posto per davvero.
 
«Non… non so che dire.» Sussurrò a fatica Pablo che a stento ricordava come si parlasse in italiano in quel momento.
 
«Non ti decidevi.» Spiegò Mattia finendo di bere il cappuccino. «E io non ne potevo proprio più di aspettare che facessi la prima mossa. Credevo che i sudamericani fossero calientes ma evidentemente è perché vi si deve morire dietro.»
 
«Dicono la stessa cosa di voi italiani.» Si difese Pablo che cominciò a rilassarsi.
 
«Va smentita anche questa diceria?» Sorrise Mattia.
 
«No.» Ricambiò il sorriso Pablo. «Ma potrò affermarlo solo con il tempo.»
 
«Allora si vedrà.»
 
 
 
                                                                               Fine
 
  
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