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Autore: Sabriel Schermann    21/10/2019    5 recensioni
[SCRITTA NEL 2014]
Vite che si intrecciano all'infinito.
Una storia di crescita, delusioni e amori giovanili.
Esperienze che formano il nostro essere, che plasmano la nostra anima.
L'arte nella sua forma più pura, vista attraverso gli occhi di un'anima creativa.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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immagine-per-Giada

 

 

 

 

 

Tutto mi dice che sto per prendere una decisione errata,
ma anche gli errori sono un modo di agire.
Cosa vuole il mondo da me? Che non corra i miei rischi?
Che torni da dove sono venuta, senza avere il coraggio di dire di sì alla vita?

 (Paulo Coelho – Undici Minuti)

 

 

 

 

 

Una ragazzina dalla pelle ambrata e un giovane dai capelli biondi si esibivano al centro della piazza principale del loro quartiere, davanti ai passanti.
La ragazza faceva acrobazie e il giovane, truccato di bianco e con un grosso naso da clown, presentava un avvincente spettacolo di giocoleria.
Un’uniforme a rombi colorata gli ricopriva l'intero corpo.
Le palline da tennis gli scivolavano tra le mani come se scottassero e in pochi secondi realizzò un numero degno di arte circense.
La ragazzina, stordita dalle continue giravolte, si fermò un attimo a osservare un passante immobile di fronte a loro, ipnotizzato dalla loro arte; ma subito quello fuggì via frettoloso, come scoperto nel bel mezzo di un'azione illecita.
Interdetta, la giovane sbirciò nella piccola scatola colorata posta davanti a sé, senza scoprire più di qualche centesimo.
Il sole stava per tramontare e la gente si affrettava a tornare a casa.
Lei osservava ognuno avviarsi veloce verso la sua meta, quando il suo sguardo raggiunse, quasi all'altro estremo della piazza, un uomo di mezz'età poggiato alla parete di una casa, intento ad osservarli.
I capelli grigi erano leggermente mossi dal vento, la mano frugava impaziente in una tasca.
Pochi secondi dopo ne estrasse un pacchetto di sigarette, se ne portò una alla bocca e la ragazza fece in tempo a vedere la fiamma dell'accendino brillare davanti agli occhi prima che una voce la distraesse dai propri pensieri.

«
Noël, che stai facendo? Ormai è tardi, dobbiamo tornare a casa».
La voce proveniva dal ragazzo accanto a lei, l'aspirante circense.

«
E anche oggi non abbiamo concluso nulla» continuò lui rassegnato, raccogliendo la scatolina ai loro piedi.
Si conoscevano da più di tre anni e da un paio di mesi, quasi ogni pomeriggio, andavano in piazza ad esibirsi, con la speranza di racimolare qualche moneta.

«
Non è vero» obiettò la ragazza, «guarda» aggiunse, facendosi scivolare sul palmo i pochi centesimi raccolti.
Il giovane la scrutò con aria interrogativa, schiudendo gli occhi alla luce del sole all'orizzonte.

«
Oh certo, sicuramente con questi soldi potremo pagarci la scuola!» borbottò, facendole segno di tenersi il denaro.
«S
iamo ricchi!» bofonchiò il ragazzo in un tono neanche lontanamente soddisfatto, eseguendo un assemblé¹ distorto.
La ragazza sorrise, raggiungendolo.

«
Prima o poi ce la faremo» sussurrò più che altro a se stessa, tornando a guardare il punto in cui vide quell'uomo.
Ma, con sua sorpresa, era già sparito, lasciando dietro di sé soltanto una sigaretta mezza spenta.

«
Ci vediamo domani, d’accordo?» disse il ragazzo, fissandola negli occhi.
Lei annuì, voltandosi per tornare a casa, senza accorgersi che lui non si era voltato a sua volta, ma era rimasto lì a fissarla fino a quando non scomparve in mezzo alla folla.

 

~

 

Quando Noël tornò a casa quella sera, la prima cosa che vide fu la schiena della madre spostarsi veloce accanto ai fornelli.
Mosse timidamente un passo in avanti e il suo sguardo cadde accidentalmente sul tavolino accanto al divano, in cui una foto di famiglia campeggiava in tutta la sua bellezza.
Noël rimase quasi ipnotizzata dal fascino della madre: i suoi capelli erano scuri e lucenti, gli occhi azzurri sembravano incantare l'autore della foto.
Poi posò lo sguardo su di lei, sulla donna reale che armeggiava in cucina, osservandola meglio.
Sembrava che la vecchiaia si fosse impossessata di sua madre prima ancora che lei stessa potesse accorgersene.
Mentre saliva per la scala stretta che portava al piano superiore, sentì una voce borbottare: «Dovresti smetterla di stare fuori fino a tardi!».
La ragazza provò a difendersi, pur sapendo di non avere scampo: «Ma sono solo le sei e mezza, mamma!».
Sentì la donna ribattere, ma non comprese ciò che disse, decidendo di lasciar perdere.
Si gettò a peso morto sul letto, scaraventando le scarpe da qualche parte nella stanza e chiuse gli occhi.
Pensò a Denis, ai suoi compagni di scuola, a quell'uomo misterioso che li fissava assorto.
Si chiese che cosa stesse facendo in quel momento, e istintivamente se lo immaginò con una sigaretta in mano e il fumo che fuoriusciva lentamente dalle labbra.
Pensò a quella volta che, girovagando per le strade di Montmartre con sua madre, notò un quadro di un artista di strada decisamente inquietante.
Raffigurava due sposi classici per torte nuziali, con l’unica differenza della testa mozzata dello sposo.
La consorte teneva un mazzo di fiori rosa in mano e la sua espressione pareva rilassata, ma lui sulle mani penzolanti sui fianchi aveva il proprio sangue, così come sul collo spezzato.
Della testa non c’era alcuna traccia.
Il sangue proseguiva fino all'interno della camicia, aperta al primo bottone, poi soltanto la normalità.
Quando sua madre lo vide le coprì gli occhi con i palmi, borbottando qualche cosa sulla decenza e il buon gusto.
Ma Noël non le diede ascolto: nonostante lo stile cupo e tetro del pittore, a lei quel quadro piacque forse più di tutti quelli che aveva visto fino ad allora.
Oltre a una leggera angoscia, le trasmetteva anche un profondo senso di naturalezza, una sensazione di vita e di morte, di qualcosa che inizia ed è destinato a terminare, come tutte le cose.
Dopo la cena, Noël salì in soffitta, come ogni sera.
Quel piccolo ammasso di oggetti dimenticati era il suo nascondiglio preferito, nonché il luogo perfetto per riflettere su qualcosa che non sapeva nemmeno lei con certezza.
Tutto o forse niente.
Forse lo amava soltanto perché sul tetto c'era il vetro, e poteva osservare la luna splendere nel cielo e le stelle farle compagnia.
Ma quella sera, non c'era luna a illuminarla.
Il buio si era impossessato della volta celeste, e lei semplicemente rimase lì, nell'oscurità, a pensare a qualcosa che la facesse evadere dalla realtà di quell'ombra minacciosa.

 

~

 

Il giorno seguente, durante una calda mattinata di giugno, Noël si incamminava per andare a scuola.
Quando arrivò, il cancello era ancora serrato e gruppi di ragazzi più o meno grandi di lei si erano formati ai lati della lunga tettoia che lo proteggeva durante le giornate di pioggia.
La ragazza si sedette svogliata in un angolo del muretto, guardandosi intorno spaesata.
Quella era la sua città natia, quelle erano la sua scuola e le strade in cui era cresciuta, ma lei non si era mai abituata a tutto ciò.
Si sentiva un'estranea in tutta quella familiarità, una straniera.
Aveva sempre percepito questa sensazione e sapeva che avrebbe continuato a sentirla forse per sempre.
Sua madre le aveva spesso raccontato di quando, circa vent'anni prima, lei e suo padre emigrarono da Breslavia, in Polonia, in cerca di lavoro, di benessere e soprattutto di una vita dignitosa.
Ambientarsi in una nazione straniera quando non si conoscono né la lingua né la quotidianità degli abitanti è difficile e a volte estremamente demoralizzante.
Lei arrivò quattro anni dopo, quando Paweł ed Ewa avevano trovato ormai un lavoro stabile ed erano riusciti, almeno in parte, a tralasciare la loro origine e le proprie abitudini per adeguarsi alla vita della capitale di un Paese lontano.
Quando scostò lo sguardo sulla strada, notò una ragazzina osservarla curiosamente.
Non l'aveva mai vista prima, non conosceva il suo nome né la sua età, ma quando i loro sguardi si incrociarono, la vide sorridere e avvicinarsi sempre più.
Stava quasi per allontanarsi, quando la giovane la salutò cordiale.
Così si ritrovò a rispondere al saluto prima che lei stessa potesse accorgersene.

«
Il mio nome è Samira» disse la ragazza porgendole la mano con un brillante sorriso sulle labbra.
Il suo viso era scarno e un tempo doveva essere stato rotondo, i capelli castani le ricadevano morbidamente sulle spalle.

«S
ono nuova qui. Sono arrivata tre giorni fa da Nancy²» continuò la giovane, senza spostare lo sguardo dal viso di Noël.
Lei sorrise distratta, infilandosi le mani nelle tasche piene di brandelli di fazzoletti.
Un mormorio di stupore arrivò improvvisamente alle sue orecchie, costringendola a voltarsi.

«
Wow! Io sono stato a Nancy una volta!».
Noël osservò il suo amico stupita. Le labbra di Samira si aprirono in un nuovo sorriso.
Poi la campanella della prima ora suonò, e la conversazione rimase sospesa nell'aria.
Mentre la nuova arrivata si affrettava verso la porta d'entrata, lo sguardo di Noël si soffermò su Denis.
Osservò le sue labbra, più rosse del solito, e le guance imporporate nonostante la pelle lattea e il caldo asfissiante.
Il ragazzo indossava dei pantaloni verdi lunghi fino al ginocchio e una camicia bianca con le maniche corte.
Dal colletto spuntava una collanina di caucciù; Noël non aveva mai capito il motivo per cui il ragazzo non volesse mostrarla.
Tutt’a un tratto, una frase le uscì ribelle dalle labbra:
«Non mi avevi mai detto di essere stato a Nancy».
Il ragazzo sfuggì al suo sguardo:
«Beh, mica posso dirti: “Ei, sai che sono stato a Nancy?”. Mi prenderesti per pazzo».
«
Tu non preoccuparti di quello che potrei pensare io».
Denis sorrise, percependo una punta di gelosia e forse invidia nella voce della ragazza, ma decise di non farci caso.
Così si incamminò verso l'entrata, varcando il cancello e lasciandola indietro.
Questa volta fu lei ad osservare la sua schiena fino a quando il ragazzo non varcò il portone di vetro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

¹ Salto della danza classica, eseguito inizialmente con una sola gamba, atterrando infine su entrambe.

² Comune francese nel dipartimento della Meurthe e Mosella, al confine con la Germania.

 

 

 

 

 

Disclaimer: Questa storia è stata scritta nel 2014, durante la mia lunga pausa da EFP; sono state fatte delle mere modifiche estetiche, ma a livello stilistico non è stato modificato quasi nulla.
I crediti per l’immagine non mi appartengono; ulteriori creazioni del proprietario potete trovarle sul suo profilo Instagram.


   
 
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