Anime & Manga > Bungou Stray Dogs
Segui la storia  |       
Autore: Ellie_x3    22/10/2019    2 recensioni
“Oh, qualcuno qui è stupido~?”
“Hah!? Chi stai chiamando stupido?!”
“Non è colpa di chibikko, dopotutto non c’è tanto spazio per i neuroni in una testa così piccola...”
Chuuya trattenne il respiro.
“...E poi tutti sanno che le baby gang non sono particolarmente intelligenti!”

[5+1 Volte in cui Dazai ha deluso Chuuya, e una in cui (incredibilmente) ha superato le aspettative; Questa storia partecipa alla Teen! Challenge indetta sul gruppo facebook Il Giardino di Efp]
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Chuuya Nakahara, Michizou Tachihara, Osamu Dazai
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

5 + 1
-

"Non sai perdere"




La scelta era ricaduta sul laser tag un giorno in cui l’umidità si appiccicava alla pelle, un ozioso pomeriggio estivo che pregava di essere trasformato in qualcosa che valesse la pena di essere vissuto.
Agitando un vecchio ventaglio di carta che Paul aveva comprato a Kyoto nella vana speranza di non sciogliersi, Chuuya aveva guardato i giorni delle vacanze estive nascere e morire con il sole cocente, nascosto dietro un velo grigiastro di nuvole ed umidità che fondevano la baia di Yokohama con l’orizzonte.
In seguito, di quei mesi sarebbe rimasto il ricordo della calura che gli appesantiva le ossa la notte e le fughe verso il mare, Michizou che sorrideva e afferrava a volo il casco che Chuuya gli lanciava ancora in sella alla moto e le sue braccia strette attorno alla sua vita per non cadere, il vento che gli sferzava il volto. Parte di quell’estate era Michizou, come un’ombra: le mattine trascorse a studiare insieme, le guerre per il ventilatore che finivano invariabilmente in un tutt’altro tipo di lotta e l’oggetto che passava in secondo piano, il suo ronzio veniva dimenticato.
Ma di quel giorno, che gli sarebbe rimasto addosso per sempre, Chuuya rammentava il profumo del sale nell’aria.
Ricordava Akutagawa, pallido più che mai e in evidente carenza di sali minerali, e Nakajima che gli offriva il proprio gelato con un sorriso incoraggiante.
Aveva la sensazione che avrebbe vissuto per sempre con l’immagine stampata nella mente della brezza che scompigliava le ciocche scure di Sakaguchi Ango, ex presidente del consiglio studentesco ma ancora amico di Dazai, costretto ad una camicia a maniche corte dala temperatura troppo alta nonostante il suo tono non apparisse alleggerito dalla bella stagione. 
Chuuya si era ritrovato più volte a domandarsi come un universitario ligio alle regole come Sakaguchi-senpai fosse finito nel gruppetto di vittime e casi psichiatrici che Dazai chiamava amici.
Comunque fosse, Chuuya aveva una sola certezza: quella giornata, e i successivi tasselli che erano crollati nella sua vita uno dopo l’altro come un domino impazzito, era stata tutta colpa di Quattrocchi-senpai.

 

“Dazai-kun non è in grado di perdere,” aveva dichiarato Ango, aggiustandosi gli occhiali sulla punta del naso.
Dazai, appollaiato sullo schienale della panchina, si era irrigidito.
“Dazai non perde.”

“Dazai perde eccome,” l’aveva corretto Lucy, puntellandosi le mani sui fianchi scoperti dal crop-top, “Devo ricordare a senpai che mi deve ancora i Pocky che ha perso a poker?”
“Certo che potresti anche lasciar correre, Montgomery-chan~”
“Ora che ci penso, Dazai, è vero che non prendi bene le sconfitte.” 
“Odasaku! Prendi le parti dei miei aguzzini!? Sono davvero la persona più sfortunata della terra?”
“Ma è la verità,” si era scusato l’uomo, con un sospiro.
Incerto di cosa farsene di quel commento, in egual maniera casuale ed affezionato, Chuuya aveva sollevato un sopracciglio. Era piuttosto sicuro che Oda-sensei non fosse autorizzato a passare l’estate con i suoi allievi, o che quantomeno qualcuno avrebbe storto il naso, ma aveva portato il pranzo ad Ango, Dazai (guadagnandosi uno squittio da ragazzina da quest'ultimo, di fronte al quale Chuuya aveva finto di vomitare) ed ai fratelli Akutagawa, assicurandosi che anche gli altri non avessero bisogno di nulla. Dopo tale e tanto spettacolo edificante Lucy li avrebbe tormentati per ore, ma non aveva senso prendersela con Oda-sensei. E, comunque, il vero problema nasceva da Sakaguchi e dalla sua incapacità di tenere la boccaccia chiusa.
Era tutta colpa sua.
Dazai-san, quando abbiamo scommesso hai piagnucolato così tanto che ho rinunciato al Chazuke che mi spettava.
Tu quoque, Atsushi-kun!
Ma, Dazai-san...
Chuuya sbuffò; Avrebbe risposto, ma accanto a lui Michizou sollevò improvvisamente la testa dalla sua spalla, dove stava riposando con il naso premuto delicatamente contro il suo collo. La mancanza del peso del ragazzo, del suo profumo, lanciò attraverso il corpo un brivido freddo nonostante il clima.
“Giusto. Perchè non scommettiamo?

Hah?
Sarà divertente, dichiarò Michizou, cercando la mano dell'altro ragazzo per un momento prima di rivolgersi al gruppo, “a questo proposito, Chuuya ed io pensavamo di andare al laser tag.”
Chuuya gli lanciò un’occhiataccia, aggrottando le sopracciglia.
“Oi, Michizou—

“Mi spiace, mi spiace!” Il ragazzo alzò entrambe le mani, con una luce divertita negli occhi ambrati, “doveva essere un appuntamento, ma è il genere di cose che più siamo più è divertente, no? Vedremo davvero quanto Dazai-kun prende male una sconfitta.”

 

Mezz’ora di preparativi e discussioni più tardi, Akutagawa sfoggiava il broncio di chi sarebbe morto piuttosto che partecipare ad un appuntamento riciclato in uscita di gruppo e Chuuya si era, poco sorprendentemente, riscoperto della sua stessa idea. Gin e Michizou, lanciandosi un’occhiata complice, avevano rispettivamente afferrato il polso di fratello e fidanzato per trascinarli prima che potessero sparire con l'aiuto della moto di Chuuya.
Fedele a sé stesso, Dazai li aveva punzecchiati per tutto il tragitto, dichiarando che ormai i piccioncini nella comitiva non avevano il diritto di appartarsi dopo averli invitati (Ango e Kunikida avevano pregato tutti di non indulgere in atteggiamenti immorali in pubblico). Chuuya l’aveva minacciato di staccargli la testa con un sogghigno e Dazai aveva riso di cuore, rifugiandosi dietro la schiena di Oda prima che potesse andarsene.
Ugh; infantile. 
Tuttavia, Chuuya aveva sentito ogni protesta sciogliersi in silenzio nel suo petto nel momento in cui Michizou gli aveva rivolto un sorriso entusiasta, promettendogli che si sarebbero divertiti — ne dubitava — e che sarebbe andato tutto bene — con Dazai, Lucy e delle armi? Seriamente? -- e che avrebbero passato del tempo insieme, oltre che con i loro amici. Chuuya aveva sbuffato, ma ormai era troppo tardi.
Cosí, un vasto cielo lattiginoso era stato testimone della discussione che aveva portato il gruppo a sfidarsi in una gara a chi fosse più svelto (probabilmente Tanizaki), chi più entusiasta nella caccia altrui e chi più crudele (“Akutagawa, a mani basse” aveva dichiarato Atsushi, scrollando il capo. Nessuno lo aveva contraddetto).  

La realtà era che nessuno si trovava a proprio agio con la sconfitta, e nessuno aveva alcuna intenzione perdere senza una resistenza sanguinosa.


- - -


Sentendo la frustrazione stringersi attorno alle tempie in un principio di mal di testa, Chuuya strinse i denti.
Avrebbe preferito davvero avere almeno l’occasione di allearsi con Michizou e tenere alto il suo nome di ex leader della Pecora piuttosto che rincorrere Naomi-chan per evitare che li facesse buttare tutti fuori dalla struttura con l’accusa (meritata) di atti osceni in luogo pubblico, ma la ragazza sembrava intenzionata a rendere le cose difficili per tutti. Se solo fosse riuscito a sentirla, Chuuya non sarebbe stato costretto a brancolare nel buio e nel silenzio, con il solo suono delle sue scarpe sul pavimento coperto di gommapiuma e delle dita che picchiettavano contro la plastica della pistola.  
Stringendo gli occhi per distinguere meglio le sagome nell’ammasso di semi-oscurità è luci neon, il ragazzo lasciò che il nulla gli calasse attorno come una coperta.

Silenzio.
Qualcosa non andava.


Sobbalzò quando sentì qualcuno afferrarlo per l’avambraccio. Con una protesta soffocata, il ragazzo cercó di puntare i piedi a terra ma la mano lo spinse in un angolo prima che potesse replicare, senza dargli il tempo di reagire. 

La cosa successiva che Chuuya notò, dove prima c’erano buio e rumori, erano il respiro quieto e un paio di familiari occhi castani; bizzarro, pensò, distrattamente, quando sono così vicini non sembrano così rossi.
 

- - -

Chuuya era impossibile.
Aveva agito d’impulso, ma se si illudeva abbastanza poteva credere che fosse stato Chuuya ad avergli reso volutamente le cose più facili stando lontano da Ango e da Tachihara e, se c’era stata una vocina che gli aveva sussurrato che non era il caso di mettere tutti in una situazione del genere, Dazai l’aveva spinta nel silenzio.
Quando lo guardava negli occhi sembrava vedere solo blu e non era un esperto di primo soccorso — aveva passato la sua vita a desiderare di morire, dopotutto — ma era piuttosto sicuro che il modo in cui gli si fermava il respiro di fronte a Chuuya non fosse salutare nè per il suo corpo nè per la sua mente.

Dazai si prese un istante per scrutarlo, gli occhi socchiusi. Non serviva luce per riconoscere l’espressione sorpresa dell’altro, le sue iridi dilatate che si tingevano di viola e di verde e di giallo sotto le luci neon, la presa molle e priva di convinzione sull’arma abbassata.
“Mackerel?”
Il suo indice premette delicatamente contro il pulsante della pistola laser, la canna grigia che bloccava Chuuya fra lui ed il muro di gommapiuma.
“No sei bravo come dici, chibi.” Era un sussurro malevolo che era sfuggito al suo controllo, ma non era nulla rispetto a quello che stava per fare.

Cosa, cosa stai facendo?
Non lo so, avrebbe voluto urlare, ma era troppo tardi e si stava già muovendo.
Forse nel momento stesso in cui aveva visto Chuuya tanti anni prima aveva sempre saputo che sarebbe andata a finire così.

Dazai poteva giurare che il proprio cuore si fosse incrinato, fermandosi, quando si era chinato in avanti e l'altro non si era spostato, quando l’aveva baciato e aveva sentito le sue ciglia sfiorargli le guance. Poi, per un istante, aveva ripreso a battere così forte che il ragazzo aveva temuto che si liberasse dalle bende e dalle ossa che lo tenevano al suo posto, prima che il silenzio gli riempisse le orecchie come uno schiaffo, un meteorite, insieme alla sensazione di non aver mai atteso così tanto qualcosa e allo stesso tempo di aver agito contro ogni buonsenso.
Chuuya aveva lasciato cadere la pistola, immobilizzato, il tonfo dell’oggetto che copriva i loro respiri. Dazai sorrise contro le labbra di Chuuya prima di sentire le sue mani che gli afferravano il colletto della camicia per tirarlo contro di sè, di nuovo, con un’urgenza che lo fece sobbalzare e che l’aveva costretto ad abbassare l’arma che era stata fra loro.
Da quanto tempo? avrebbe voluto chiedere, ma l’abbandono con cui Chuuya si era lasciato affondare una mano fra i capelli era già una risposta.
‘Troppo, troppo, troppo.'
Lo stupido chibi che non s’era nemmeno accorto che gli altri se n’erano andati, immerso in una bolla di sapone in cui Dazai gli mordeva il labbro inferiore solo per sentire ancora il fantasma di un suono irripetibile, che gli risvegliava nelle viscere il desiderio di liberarsi di chiunque altro avesse mai visto Chuuya con le guance arrossate e le labbra umide o avesse sentito quei gemiti.
Era esattamente come Dazai si era immaginato in quei mesi — teneva gli occhi chiusi come se non potesse aprirli troppo presto, ciglia scure che disegnavano un’ombra delicata sulle guance, e si tendeva istintivamente verso di lui, incastrandosi perfettamente.
Aveva passato anni mesi tormentato da quell’immagine.

Il suono della pistola laser che sparava e la luce puntata contro il petto di Chuuya bucò il silenzio fra loro, facendo sobbalzare violentemente il ragazzo. Il sogghigno dipinto sulle labbra di Dazai si ampliò e dio quanto avrebbe voluto prenderlo per mano e portarlo fuori di lì, ma si limitò a tendersi in avanti, la bocca che sfiorava il lobo dell’altro.

“Punto per me, Chuu~ya.” 

 

 - - -

 

Quando tornò a casa, facendo scivolare una mano in tasca, le dita di Chuuya indugiarono su un pezzo di carta che ad inizio giornata era sicuro non esserci. Era Michizou quello che appallottolava gli scontrini e se li infilava nelle tasche dimenticandoseli per anni, era Michizou che guidava le mani di Chuuya nelle sue tasche, in inverno, e le dita del ragazzo sfioravano vecchi scontrini e biglietti dei mezzi pubblici spiegazzati.
Ma Michizou non lasciava biglietti.
Michizou.
Non era riuscito a guardarlo negli occhi per il resto del pomeriggio. 
Nel momento in cui riconobbe la grafia ordinata di Dazai, Chuuya sentí lo stomaco attorcigliarsi su sè stesso più e più volte, in un intricato gioco di nodi e di bolle d’aria che esplodevano nella sua mente man mano che gli occhi scorrevano sulle scritte accumulate.
Una nota su un pezzo di quaderno strappato. 

Chibi, vuoi uscire con me?, kanji ormai sbiaditi tracciati in una calligrafia frettolosa, accompagnati da due quadratini per rifiutare...no, si corresse, erano entrambi “sí”. Chuuya sorrise proprio malgrado.
Dazai non era in grado di accettare una sconfitta, e quel biglietto era solo una provocazione. Il tempismo era un'altra riprova che Dazai Osamu non sapeva perdere, non importa quale fosse il gioco ed il prezzo e cosa perdessero tutti gli altri, perchè non era quello il punto. La pellicola gelida che separava lo stupido Mackerel dagli altri ragazzi della sua età si era bucata nel momento in cui Dazai si era riscoperto lasciato indietro e sconfitto (da Michizou? O da qualcosa che non aveva voluto ammettere?) ed era stato costretto a mutare qualcosa, negli eventi, a mettere in moto un piano per ribaltare la situazione.
Comunque andasse, Chuuya aveva il sospetto che sarebbe stato lui quello a pagarne le conseguenze.

Collegato da una freccia, poco sotto, era stato aggiunto

Scappiamo insieme, Chuuya. 

Nessun quadratino e nessuna possibilità di risposta, perchè non gliel’avrebbe mai consegnato. La data era segnata frettolosamente. Gli ultimi giorni delle medie; all’epoca, Dazai stava frequentando una ragazza delle superiori che lavorava part-time nella caffetteria della scuola e Chuuya si sarebbe trasferito a breve.
Prendendo un respiro profondo, si sforzò di continuare. Appena sotto era tracciata una frase sbarrata, la penna calcata così forte che il foglio era concavo e sottile dove prima erano stati tracciati kanji ormai illeggibili. 

Mi manchi, vuoi tornare? Sembrava una cosa del genere, o forse era un brutto scherzo. 

La penna era azzurra, ora, ma la data lo riportava a poco tempo dopo il suo ritorno.

Ricominciamo daccapo.
Vuoi uscire con me?

Sì; sì.
‘Chuuya è un bullo!’ si lamentava Dazai, la voce che si faceva più profonda con gli anni e resa dolorosa dal silenzio che li aveva separati, ma la verità era che nessuno aveva mai avuto la forza, il coraggio e la lungimiranza di dirgli di no. 
Stringendo il pezzo di carta fra le mani, Chuuya fissò il pavimento cercando di calmare il respiro che gli si spezzava in gola, di placare la sensazione di ingiustizia e odio e delusione che gli avevano mandato a fuoco lo stomaco. Cosí tanti anni e non una parola. Dazai era drammatico nel suo essere disfunzionale, era feroce nel suo riversargli addosso così anni di sentimenti mai dichiarati senza nemmeno la cortesia di una spiegazione, o la gentilezza di lasciarsi prendere a pugni. Non era giusto. Non era giusto nei confronti di Chuuya, di tutte le volte che l'aveva portato a pensare di essere un idiota, e non era giusto nei confronti di Michizou. 

In un certo senso, crescendo con i suoi genitori, Chuuya si definiva un idealista.
Kouyou-nee aveva spostato l’uomo che amava ed era felice, mentre i suoi due padri erano le persone più differenti, stressate e innamorate che conoscesse: aveva sempre creduto che si sarebbe sposato con il suo primo amore 

 

…Non era mai stato Michizou? 

 

Credeva anche che avrebbe adottato un paio di bambini, salvato un gatto e comprato una grande casa con abbastanza spazio per organizzare una cantina per il vino costoso di Kouyou-nee e una libreria per i libri di poesia dei suoi genitori, oltre che un garage abbastanza spazioso per tenere almeno un paio di moto.

 

E un intero armadio di bende e dello spazio per il sakè e per quell’orribile, orribile granchio in scatola.

 

Ma quello che Chuuya aveva voluto in passato non lo giustificava per ciò che era accaduto al laser tag. 
Cosa faceva di lui quella decisione? Un burattino nelle mani di Dazai, un ingenuo o qualcuno a cui la fortuna aveva finalmente deciso di mandare un segno, e grazie tante per averci messo quasi tutti gli anni della sua adolescenza?
Non era giusto.
Vedere Dazai, parlare con Dazai, avere a che fare con Dazai era come sentire una foresta comprimergli in petto. All’inizio era stato letteralmente un fastidioso ciuffo di piante infestanti che il tempo aveva tramutato in un bel giardino, quieto come l’amicizia che avevano instaurato e occasionalmente feroce come il carattere esplosivo di entrambi. Quando se ne era andato, quel sentimento che credeva sarebbe avvizzito era cresciuto in un ammasso d’alberi che lo lasciava costantemente al freddo e al buio. Ma da quando era tornato… da quando era tornato aveva la sensazione di avere i polmoni bucati da spine e una manciata di petali che si accumulavano giorno dopo giorno, risalendo lungo la gola, soffocandolo.
Era  uno spettacolo decadente e doloroso che privava Chuuya dell’aria e della dignitá e del controllo su quello che avveniva nelle sue viscere. A volte erano rose che gli si arrampicavano lungo la trachea, altre erano camelie rosse che lo soffocavano. Quando l’aveva guardato e la confusione l’aveva fatto sembrare fragile, quando gli aveva risposto ‘e allora?’ come se non l’avesse mai capito, Chuuya aveva sentito il suo corpo fermarsi e la sensazione di dover vomitare tutto quello che si teneva dentro l’aveva sovrastato.
Ma quando Dazai sorrideva ad Atsushi come se non avesse un solo pensiero al mondo o abbracciava Oda, allora erano margherite a fiorire ed era quasi piacevole annaspare, valeva la pena sentire i petali riempirgli Il torace fino a farlo scoppiare. Si sentiva nauseato solo a guardarlo, come se quei fiori fantasma dovessero fargli provare fisicamente tutto il bizzarro dolore che il suo inconscio associava a Dazai. 
Con mano tremante, terrorizzato dalla porta di emozioni che stava per calciare senza alcun riguardo e con la sensazione che non sarebbe riuscito a convivere con sè stesso per un po’, Chuuya afferrò il cellulare.

“Pronto? Sí— ti devo parlare, possiamo vederci?”

 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Bungou Stray Dogs / Vai alla pagina dell'autore: Ellie_x3