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Autore: AllenGyo    22/10/2019    0 recensioni
!Per chi non avesse visto o finito la terza stagione, vi avverto che all'interno della storia ci saranno vari spoiler.!
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Il 4 luglio 1985, Billy Hargrove sopravvive.
Ricorda poco.
Niente è più come prima.
Non lui, né la sua vita.
Con l'aiuto di due persone e non solo, proverà a lottare.
Max Mayfield lo sosterrà.
Steve Harrington lo aiuterà.
Scoprite la nuova vita di Billy Hargrove dopo la scampata morte.
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Billy Hargrove, Maxine Mayfield, Steve Harrington
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta, Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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Il sole era alto e luminoso quella mattina, quando Billy fu dimesso come previsto. Seduto sulla sedia a rotelle gentilmente offerta da un'infermiera (che aveva visto più volte nei giorni precedenti), veniva trasportato dalla sorellastra Maxine che portava la carrozzina senza difficoltà alcuna, verso l'uscita dell'ospedale. I particolari, perfino quelli minimi e distanti, colpirono il ragazzo. Come le nuvole che tingevano di bianco il cielo celeste con forme indefinite, o l'assenza di uccelli canterini. 
Max si fermò prima di procedere oltre le porte scorrevoli, chiedendo al ragazzo se fosse capace di camminare verso la macchina o continuare in sedie a rotelle. 
"No, ce la faccio, tranquilla." ribatté Billy, lievemente a disagio nel sentirsi così indifeso. Non si sarebbe mai aspettato di ridursi in quel modo, dipendente dall'aiuto degli altri. La ragazzina non se lo fece ripetere due volte, offrendo il suo aiuto qualora suo fratello ne avesse avuto bisogno. Così non fu, per fortuna, Billy si era alzato con un debole gemito, dicendo subito dopo a Max di non preoccuparsi.
"Sto bene, sto bene." ripeté per ben due volte, sottolineando il suo stato fisico. Stava bene, sì, ma non era del tutto guarito. 
La rossa sospirò esausta dalla testardaggine e autonomia di Billy, ma lo lasciò semplicemente fare: aveva bisogno di farcela da solo, per via della degenza durata settimane.
"Steve ci sta aspettando." mise al corrente Max, "Ci accompagnerà a casa, ha detto." 
Il californiano ignorò la gran quantità di farfalle nello stomaco svolazzanti nel sentir pronunciare il nome del suo amico, preferendo concentrarsi sulle sue gambe incredibilmente stanche. Le ferite l'avevano costretto a letto per giorni.
"Mi aspettavo fosse Neil." disse Billy con voce vuota, provando a nascondere le smorfie di dolore ai fianchi, senza successo.
"Lavora." tagliò corto Max. Non era di certo una sorpresa che il suo patrigno fosse lontano anni luce dal suo compito di essere padre nei confronti di Billy. 
Il tono usato dalla sorellastra era duro e tagliente, capace di ferire chiunque se ne avesse avuta la possibilità. 

Steve "The Hair" Harrington era in attesa, poggiato sul cofano della sua amata auto. Visibilmente teso, agitava le chiavi tra le dita, ripassando le domande da porre al suo amico, divenuto cotta. Si ripeteva fosse stupido e insensato, ma le parole della sua amica Robin basate su quanto fosse normale avere una cotta per qualcuno dello stesso sesso risuonavano come una poesia imparata a memoria. 
"Harrington." lo chiamò Billy, spingendo leggermente la sua spalla per svegliarlo dal suo stato di trance. Teneva un sorriso beffardo sul volto. C'era ancora qualcosa di sospeso tra i due, un filo sottile ed invisibile, percepibile solo nei pensieri di quei due ragazzi.
"Ahoy ragazzi!" scherzò il ragazzo, ricordando il suo saluto da incubo del suo vecchio e ormai ex lavoro. Billy con disinvoltura prese le chiavi di Steve, sorprendendo quest'ultimo dalla velocità dell'imbroglio. "Guido io." esclamò il biondo, avviandosi nel sedile del guidatore, prima che una mano esile lo fermasse con una presa ferrea sul braccio.
"Non se ne parla nemmeno." riecco la faccia di Max/Susan. Con gli occhi infuocati e giudicanti, con la potenzialità di incenerire Billy seduta stante, Max prese le chiavi con destrezza e li porse al "pivello" ancora imbalsamato. 
"L'hai sentito il medico: meno movimento possibile. E' già tanto che ti ho lasciato camminare da solo." 
Steve fu costretto a chiedersi chi fosse il più grande tra i due, sapendo già la risposta. 
Billy decise di accontentare la propria sorella, non senza lamentarsi prima, dando modo a Max di sorridere compiaciuta. I rischi della guida erano troppi per uno conciato male, e il californiano preferì mettere per una buona volta di lato la sua solita trasgressione.
"Ragazzo carino, hai per caso una sigaretta?" gli chiese perfino mimando, aspettandosi una risposta affermativa (che più bramava, in realtà). Steve si controllò le tasche dei jeans prima di rispondergli un secco no, "Mi dispiace" e salì in auto, in attesa che i due all'esterno facessero lo stesso.
Max si sedette nel sedile posteriore, mentre Billy il sedile accanto al guidatore. Quest'ultimo evitò la cintura, preoccupandosi sulle ferite dei fianchi soprattutto, non dimenticandosi di avvertire la sorella d'indossarla. Non che Steve fosse spericolato come lui, ma Billy aveva acquisito una sorta di sicurezza nei confronti di Max da quando gli fu detto di prendersene cura.
"L'ho già fatto." lo precedette Max, ricevendo in risposta un occhiolino di soddisfazione. 
"Possiamo partire." 
Steve mise in moto.

Il vialetto di casa Hargrove era vuoto, e a Billy mancò il fiato nel non vedere da nessuna parte la sua Camaro blu. 
"La mia macchina è...?" andata distrutta? mormorò tacendo l'ultima frase, sperando che i suoi accompagnatori capissero. Il messaggio fu chiaro, giacché l'espressione di Max si tinse di drammaticità. I ricordi erano vaghi e confusi tra loro, e se c'era qualcosa che Billy ricordava a malapena era proprio la sua auto danneggiata. Una parte di lui ricordava, ma titubava nell'ammettere, nell'assimilare il tutto.
"Sì, è stata opera mia." informò Steve, parcheggiando nel mentre.
"Posso avere almeno una motivazione?" chiese il ragazzo, fissando incredulo l'amico accanto a lui. 
"Davvero non ricordi nulla?" fu sorpreso pure lui, perché sì, davvero non ricordava nulla. Ricordava poco e niente, ricordava solo frammenti di un qualcosa di macabro..
Steve sospirò agitato, spegnendo l'auto e voltandosi verso Max: "Dovremmo dirglielo?" non esplicito, e qualcosa diceva a Billy che nessuno riusciva più a comunicare correttamente.
La rossa negò con la testa sussurrando: "E' ancora troppo presto."
"Presto per cosa?" il californiano guardò perplesso entrambi, aspettandosi una risposta immediata. 
"Nulla." e detto quello, Max e Steve scesero dall'auto e raggiunsero la portiera di Billy, in attesa che quest'ultimo uscisse e si lasciasse aiutare. Max guidò Billy (dopo innumerevoli "Non ho bisogno di aiuto") all'interno dell'appartamento, mentre Steve li seguiva silenziosamente. Billy si era decisamente stancato di non ricordare, era stanco di essere ignaro di tutto, -o quasi tutto-.
La madre di Max, Susan, li attese nel soggiorno, ringraziando il ragazzo castano del favore di aver accompagnato a casa Billy e Max. Dopo un imbarazzante "Non c'è di che", Steve decise di dileguarsi ai suoi affari e andarsene, non prima di aver salutato il suo nuovo amico e la sorella.
"Sei sicuro di non volere niente, Steve?" chiese la donna di casa, affacciata in cucina.
"Nulla, ma grazie lo stesso." disse il ragazzo, "Allora... io vado, statemi bene ragazzi." 
"Aspetta, Steve-" lo interruppe Billy, prima che varcasse la soglia d'uscita. Il ragazzo si girò nella sua direzione, sorpreso di essere stato richiamato. "Per quel film... ti va bene domani?"
Come se avesse donato delle caramelle extra ad un bambino, Steve sorrise genuino, annuendo emozionato. "Allora domani alle sei, Harrington." 
"Domani sia, Hargrove, sarò puntuale." 
Una pausa silenziosa, intanto Billy teneva lo stesso identico sorriso del proprio amico, quando chiuse alle sue spalle la porta. Max ebbe l'impressione di essere finita in una soap opera televisiva.
"Preferisco non fare nessuna domanda." esclamò esitante la ragazzina, voltandosi per andare in camera sua.

La camera di Billy era rimasta intatta come nei suoi ricordi, se non per le magliette e camicie sul pavimento che si era dimenticato di raccogliere prima di finire in ospedale. Nessuno è entrato qui. dedusse il ragazzo, notando come fosse decisamente in ordine la sua stanza. 
Si sedette sul letto con un sospiro, prima di guardarsi intorno. 
Come se fosse stretta, Billy si sentì inghiottire.
Come se fosse estranea, Billy si sentì disorientato.
Ogni cosa era al suo posto; ma lui no. Billy era incapace di considerare quella stanza, la sua di stanza. Era incapace di considerare quella casa, la sua di casa. 
Era sempre stato un guscio, si ricordò, un guscio contenente emozioni tali da amplificarne solo una: la rabbia. Un guscio privo di empatia verso gli altri, la sua pecca, con quella sua difficoltà nel farsi amare e la sua velocità nel farsi odiare. 
Una famiglia costruita tra le mura di una casa morente; e Billy aveva sbagliato sì, aveva odiato qualcuno solo per non odiare se stesso. Aveva odiato qualcuno per distogliere l'attenzione da colui che era solo un fottuto codardo. 
Billy inghiottì l'amaro in bocca, strizzando gli occhi con esasperazione e i passandosi una mano sui capelli.
Riflessi solari si posarono sulle sue gambe avvolte in una disgustosa tuta. L'unico indumento che potesse fasciarlo perfettamente senza causargli dolore, o così gli aveva detto il medico. 
L'odore di colonia e fumo aveva lasciato posto ad un disturbante odore di pulito; Billy avrebbe giurato che fosse ovunque, addirittura su di lui. Impossibile, pensò, Susan non era entrata lì nemmeno per sbaglio. 
Chi altri, allora?
Una ragazzina dai capelli rossi gli venne in mente, e allora capì. Sorrise al solo pensiero.
Max era una ragazza spavalda e furba, e gli doleva pensarlo: aveva passato gran parte della sua vita a disprezzarla. Con l'incarico di averla sempre sott'occhio, non era stato competente nell'instaurare un rapporto fratellastro-sorellastra distretto. Sapeva che il disprezzo era ricambiato: per via delle numerosi liti e dispregiativi che le aveva rivolto. 
Ma fu lì per lui, nonostante tutto.
Qualcosa era cambiato: si tolleravano, le occhiatacce ricolme d'odio si erano trasformate in gentili cenni, nient'altro. Per cosa poi? Max era cresciuta, aveva finalmente capito. Aveva finalmente capito lui.
I rimpianti, il dolore e i ricordi furono lame, mentre il mal di testa colpiva le sue tempie con forte intensità. Se solo avesse potuto, avrebbe dato forfait. 
Lacrime lottarono nuovamente per fuoriuscire, patetico, sei solo un patetico!, che Billy quasi si chiedette di chi fosse la voce che gli risuonava nella mente. Sembrava la sua, ma anche quella di suo padre.
Non c'era molto da dire.
La sua macchina era andata distrutta, e con essa pure diversi ricordi.
Il silenzio non era silenzio.
"Ehi, mamma ha fatto la limon- Oh." la voce familiare della sua sorellastra si interruppe, come i suoi passi prima di varcare la soglia della sua stanza. Billy si ricompose prima che potesse crollare, asciugandosi gli occhi lucidi e ignorando le pulsazioni del suo martellante mal di testa. 
Si era accidentalmente dimenticato la porta aperta, dando modo a Max di vedere l'interno: un ragazzo seduto e visibilmente distrutto. 
Ma non era questo Billy?
Distrutto, in tutta la sua perfezione, in tutta la sua facciata...andata anche essa in frantumi.
"Andrò a fare una doccia, lasciatemene un po'." le parole parvero graffiargli la gola, dove il nodo lo tagliava e lo soffocava. Il biondo si alzò dirigendosi verso l'armadio per prendere abiti puliti da poter indossare subito dopo la doccia, trascurando la presenza della sorellastra all'ingresso.
"Billy..." lo richiamò Max, Billy la ignorò.
"Billy!" riprovò aumentando il tono della voce, "Cosa c'è, Max?!" urlò di rimando, stringendo i panni tra le mani con fare scocciato.
La ragazzina non gli diede modo di passare oltre, a braccia conserte. 
Prima d'allora, entrambi erano soltanto sconosciuti, fratellastri per puro caso e costretti ad esserlo.
Ora, Billy non poteva far altro che fissare sua sorella con il suo stesso identico sguardo di confusione. 
"Cosa c'è che non va?" chiese addolcendo un po' la voce. Come poteva una quattordicenne capirlo? Come poteva soltanto preoccuparsi? 
Il ragazzo in risposta scrollò le spalle, "Non so di cosa tu stia parlando." sbuffò, "Spostati." disse con tono autoritario da fratello maggiore, provando ad intimorirla.
Max non si spostò di un millimetro. 
"Ti ho visto, Billy, parlami." 
Perché sei così preoccupata? Non ho nulla che non va. Dovresti odiarmi in questo preciso istante, lo sai? Avrebbe voluto dire.
"Non c'è nulla di cui parlare, ragazzina, ora spostati. Non lo ripeto un'altra volta."
L'espressione preoccupata di Max si sciolse, mostrando uno sguardo ferito. Stavano ricostruendo pian piano il loro rapporto, e Billy come sempre tendeva a rovinare tutto.
La ragazzina minuta si fece da parte, dando modo al ragazzo di passare e raggiungere il bagno. Se solo Max avesse guardato nei suoi occhi, avrebbe notato un senso di colpa colorargli il blu spento, ma era tutto fuori luogo: il suo fratellastro (fratello in cuor suo) stava costruendo nuovamente un muro. 
Billy chiuse la porta del bagno alle sue spalle.

 

I pensieri erano lugubri e oscuri, come chiazze nere su muri bianchi, nella testa di Billy. Nascosta tra parole e ricordi, in sottofondo si celava una leggera musica rock che echeggiava nella stanza del ragazzo. L'odore del fumo inquinava l'aria, ma non ci badava granché, intanto che canticchiava la canzone come se la conoscesse a memoria. 
Il suo piede picchiettava sul suolo con ritmo, la sigaretta si consumò tra le dita durante, ignorando la presenza non ombrosa dinanzi a lui.
"Heather." nominò, un nome comune per chiunque, ma non per Billy. La sua ex collega gli si parava davanti come se fosse viva.
La ragazza non rispose, rimase immobile nell'angolo, vivida nei ricordi distanti e poco chiari del ragazzo. 
Billy non si fece chissà quante domande, poiché capì praticamente subito cosa le fosse accaduto. Avrebbe pensato ad un fantasma, se solo non avesse ricordato frammenti accaduti con Heather attimi prima. Non bastava il dolore persistente ai fianchi, addirittura incubi ad occhi aperti.
L'aveva aiutato in un momento di difficoltà, e la sua ricompensa fu la morte.
I suoi pensieri non andavano nel verso giusto, disorientati da una storia fin troppo confusa. Billy ebbe la sensazione che tutto fosse al di fuori dalla sua portata. 
"Mi dispiace." sussurrò, sbattendo le palpebre. La cenere cadde sul pavimento della sua stanza, ma non ci badò. Sì, mi dispiace davvero che sia finita così. Non so cosa ci sia successo, soprattutto a te... vorrei trovare delle risposte.
La visione di Heather, creata da Billy stesso, scomparve pochi istanti dopo. Il rimorso, il senso di colpa, lo affliggeva dolorosamente come una morsa sul petto, dandogli un senso di oppressione. 
Espirò l'ultima nuvola grigia prima di posare il resto della sigaretta nel posacenere e poggiare il capo sul muro dietro di lui. Si chiese svariati perché, si meritava tutto ciò che gli stava capitando? Rispose di sì improvvisamente, sentendosi la causa della morte di Heather.
Perché Heather era morta. Solo per aiutarlo.
Bussarono due volte alla porta, facendolo trasalire. Si sentiva ancora disorientato, ma provò lo stesso a farci l'abitudine del suo ritorno a casa.
"Entra." disse, ignaro di chi fosse la persona che lo cercava. La figura di Max, con capelli raccolti in due trecce e pigiama decisamente estivo, entrò nella stanza. Apparve leggermente timida, ma forse era solo una sua impressione.
"Cosa c'è?" domandò, curioso di sapere del motivo della sua visita. Era ancora inizio pomeriggio, non c'era nessuna probabilità che fosse collegata alla cena. La ragazzina lo raggiunse tenendo in mano un qualcosa di sottile, simile ad una collana.
Era una collana, la sua.
La realizzazione che in tutto quel tempo non aveva indossato la sua collana lo fece preoccupare, un particolare che si era dimenticato per chissà quale motivo.
"L'ho indossata tutto questo tempo." lo informò, porgendogliela intimorita. "L'ho tenuta nascosta sotto la maglietta perché non volevo distaccarmene... ma.." respirò, "E' tua, è giusto che la tenga tu. La indossavo per sentirt--" si interruppe prima che potesse finire, come per salvaguardarsi. Billy capì e preferì non ribattere. 
Indossò la collana, guardando con attenzione Max.
"Tranquilla, son felice che l'abbia tenuta tu." 
La ragazzina arrossì, sorpresa delle sue parole. Billy non le aveva mai rivolto parole di apprezzamento di questo genere, per via del suo carattere introverso, forse. 
"Grazie." finì sorridendole, un sorriso genuino. Max ricambiò con lo stesso entusiasmo.
Billy pensò che stesse per andarsene, -non che volesse-, ma Max troncò il suo cammino per domandare invece: "Stai bene?"
L'istinto di negare giunse sulla punta della sua lingua, ma preferì rispondere con un tranquillo: "Sì, sto bene." per non preoccupare inutilmente la sorella e lasciarla dileguarsi. Si ricordò la conversazione avvenuta poche ore prima, capendo il motivo della sua domanda.
L'espressione indecifrabile di Max lo scrutava, con la bocca semiaperta, titubante a parlare o no. Il loro rapporto poteva riassumersi semplicemente con una parola: tranquillità. E Billy ne fu fiero, capendo che comunicare con l'odio non portava assolutamente a nulla.
Come se avesse preso finalmente coraggio, la ragazza parlò:
"So che non è questo il momento in cui parlerai," disse, sedendosi adagio sul letto. Billy le fece spazio, malgrado lo avesse già. "E non voglio forzarti, lo sai."
Il ragazzo annuì, non capendo però dove volesse andare a parare.
"Ma sono qui se hai bisogno." 
Ci fu silenzio.
Tranquillità, attesa.
L'odore del fumo stava scomparendo pian piano.
Gli occhi della ragazzina erano lucidi e speranzosi, che Billy si ritrovò spaventato da essi. 
La dura verità lo spinse nella realtà con brutalità: nessuno si era preoccupato così fino ad ora.
Suo padre era solo una comparsa, un inutile presenza a ricordargli quanto fosse mal desiderato.
Sua madre... non c'era molto da dire.
L'aveva abbandonato, lasciato tra le mani di un uomo che l'aveva malmenata più volte, e non solo a lei.
Max, dopo un lungo conflitto durato anni tra di loro, era lì per lui. L'odio scomparve come vento, lasciando così l'unica cosa che lega due fratelli: il bene. Seppure fosse difficile dirlo e mostrarlo, entrambi stavano cominciando ad apprezzarsi, a tollerarsi.
Billy si schiarì la gola, a disagio da quella conversazione e dal silenzio imbarazzante che si era creato.
"Bene, ragazzina... c'è altro?"
La rossa ridacchiò prima di alzarsi: "Nient'altro." 

L'indomani, nel parcheggio di casa Hargrove,
Il profumo di colonia nauseabondo raggiunse le narici di Max in men che non si dica. Fu messo in abbondanza dallo stesso Billy, pronto per il suo "specie" d'appuntamento col suo nuovo amico: Steve. L'orecchino luccicante sull'orecchio destro in bella vista, e i suoi riccioli biondi lasciati al vento che quel pomeriggio movimentava.
"Stiamo andando a guardare un film, Billy, santo cielo!" commentò stizzita la ragazzina, non dimenticandosi di roteare gli occhi poco dopo. Quest'ultimo rise di vero gusto, ignorando le lamentele della sorella. 
"Lo so bene." replicò il giovane, schioccando la lingua sul palato con gli occhi puntati sulla giovane. Ci vollero dieci secondi per Max nel reprimere la tentazione di colpirgli il muso con un pugno. Ma ci vollero altri ben dieci secondi per far cambiare la sua espressione accigliata in una più dolce. Il sorriso divertito del ragazzo non era per nulla simile ad un ghigno; un atteggiamento di un Billy diverso, in poche parole, di cui Max non era ancora abituata.
Billy non era cambiato chissà quanto: il suo modo arrogante gli si era attaccato addosso da bambino, ed era impossibile scrollarselo di dosso. Come i suoi beneamati occhi azzurri, capaci di sfidarti e immobilizzarti con un lieve movimento di pupille. 
Max non era stupida né tanto meno ignara di quei piccoli particolari sul proprio fratellastro. 
Il bisogno costante di essere notati, per Billy, era fondamentale. Come una necessità, un vizio, impossibile da tenere a bada. Essere notati per non essere dimenticati.
Chiunque poggiasse gli occhi sul ragazzo californiano apprezzava nient'altro che il suo modo di fare, un modo da duro, che lo faceva crescere ancor di più. 
Copertura. Pensò Max, quando finalmente notò.
Era un semplice fattore interiore, un conflitto tra cervello e cuore. Due voci, dove Billy non faceva altro che spegnerne  sempre una per amplificare l'altra.
Nessuno ti dimenticherà, Billy. 
Nessuno.
La rossa distolse lo sguardo dal fratello, osservando la strada in attesa dell'arrivo di Steve. Il suo flusso di pensieri si interruppe poco dopo, come se una fiamma accesa si fosse improvvisamente spenta. 
"E' in ritardo di quindici minuti." affermò Billy, dando varie occhiate all'orologio della sorella. Max tirò il braccio, "Smettila di prendermi il braccio, Steve arriverà." 
"Lo spero per lui." minacciò il biondo. Era ovvio che le minacce erano nulle oramai.
"Sìsì..." disse ironizzando la ragazzina, suscitando fastidio al fratello. Sorrise prima di scusarsi.
Per quanto fosse stato difficile e lento nel vestirsi, Billy fu puntuale, al contrario di Steve. Aveva scelto e riscelto, cambiato svariate volte, aveva quasi smontato il suo armadio per trovarci all'interno qualcosa di più attraente, quando alla fine optò per una semplice maglietta a maniche corte e dei jeans -capace di indossare-, senza più fiatare. Il dolore fu attutito da antidolorifici prescritti dal medico, e Billy sentì le sue gambe e i fianchi come nuovi.
Max non fu della stessa idea, naturalmente: il caldo di fine luglio non le dava altra scelta se non indossare abiti comodi ed estivi, senza darsi troppe arie. 
Dodici macchine passarono in quei quindici minuti di ritardo. 
Due rosse, tre bianche, e le altre di cui Billy non ci badò, poiché coinvolto nell'infastidire la propria sorella. Non era una zona ben affollata quella, a volte si udivano solo suoni di cicali e uccellini fastidiosi: era una zona quasi disabitata, ma altri l'avrebbero descritta come "silenziosa."
"Sedici minuti." fece sapere a Max, come se non ne fosse già a conoscenza. 
"Per l'amor del cielo, Billy!" abbaiò la ragazzina, "Riesci a chiudere la tua dannata bocca per un attimo?"
"Ah, eccolo-" 
In lontananza si udì il rimbombo di un motore d'auto, a quanto pare guidata da Steve, che li raggiunse in men che non si dica.  
Max credette di vomitare dentro l'auto nel sentire l'odore di colonia svilupparsi nell'aria. Capì subito che il profumo proveniva dall'amico, intento a scusarsi. Storse il naso nauseata.
"Scusatemi, ragazzi," cominciò il ragazzo castano mettendo in moto, "Cambio di piano all'ultimo minuto."
"Spiegati meglio, Harrington." 
"La serata film si sposta a casa Byers, non più a casa mia." informò, "Ha saputo dei nostri piani per via di Dustin che ne ha parlato a Mike, Mike l'ha detto a Will e così...--"
"Okok, frena Steve!" sgridò Max, interrompendo il discorso quasi finito del guidatore. "Come mai sono l'ultima a sapere ciò?" 
"Non saprei dirti, Max..." 
Billy decise di non parlare. 
La casa dei Byers.
Una casa.
Casa: L'abitazione di una persona sola o di una famiglia.
L'aveva mai vissuta una casa, Billy?
Una vera e propria?
Quella che stava per lasciare alle sue spalle per poche ore non era la sua, né di Max. Avevano un tetto ma non quel tetto da poter chiamare casa.
La cosa ben peggiore che Billy pensò nel sentire il cognome "Byers" fu il ricordo vivido accaduto all'interno dell'abitazione. 
Un piatto, urla, pugni e calci.
...E Steve.
Lo sguardo di Billy si posò su Steve, intento a fissare dinanzi a lui. Aveva uno sguardo sereno, privo di ogni malessere (malgrado le vicende con i russi e tutto il resto). 
Scusami, urlava una voce nella sua testa. I suoi occhi, il suo cuore, il suo corpo urlava "Mi dispiace", ma la codardia ne ebbe la meglio. 
Distolse l'attenzione sul ragazzo, sperando che i rumorosi sensi di colpa svanissero come il dolore con gli antidolorifici. 

 

"Ma siete proprio sicuri che siano a conoscenza del mio arrivo?" chiese Billy rivolgendosi a Steve e a Max, in attesa come lui che qualcuno venisse ad aprire. Apparve come una domanda stupida da porre, e ne fu certo per via dell'espressione confusa della sorellastra e sorpresa dell'amico nel sentirla. 
"Certo che lo sanno." ribatté Steve, "Perché non dovrebbero?"
"Non so..." mentì il ragazzo, scrollando le spalle; ma invece sapeva, deglutì soltanto la vera risposta, incapace di formularla a parole senza risultare ridicolo.
La signora Byers, con un sorriso genuino e felicità sprizzante, aprì la porta. Alle sue spalle si aggiravano parecchie persone e un chiasso incontrollabile. Ma non c'era nessuna esasperazione nel viso della donna: era serena nel vedere altri invitati ed ospitarli in casa sua. 
"Billy!" chiamò il suo nome, "Max, Steve, entrate! Accomodatevi!" 
"Buon pomeriggio, signora Byers-" salutò il californiano, lievemente a disagio. 
"Ti ho già detto di chiamarmi Joyce, Billy." disse. La donna non mentì, glielo disse in ospedale quando gli fece visita. Billy si chiese perché fosse così gentile con lui.
L'interno era accogliente come si aspettava, e solo lì si accorse come tempo fa, accecato dalla rabbia, non aveva colto l'aria familiare della casa. Non ebbe rispetto per i mobili altrui, frantumandoli come se fossero i suoi. E in quel momento ebbe addirittura paura di sfiorare qualcosa. 
"Nancy e Undici mi stanno aiutando con la cena, se vuoi unirti a noi Max sei la benvenuta." Max non se lo fece ripetere due volte, raggiungendo rapidamente la cucina per salutare le due ragazze. "Dustin e Lucas stanno litigando per il film da scegliere, mentre Mike si intrattiene guardando Undici cucinare." informò la donna a Steve.
"Will e Jonathan?" chiese il ragazzo, guardandosi intorno per vedere se fossero lì presenti. 
"Con Hopper. Si è dimenticato di comprare le patatine," ridacchiò Joyce, avviandosi anche lei in cucina per tornare a ciò che stava facendo poco prima. "Son fondamentali per i ragazzi."
Dopo aver salutato tutti i presenti, Billy ebbe la brillante voglia di fumare. 
Si appoggiò con la schiena al muro, fissando le varie macchine passare, dando allo stesso tempo alcuni tiri alla sigaretta. Il pensiero di quanto tutti fossero buoni nei suoi confronti, senza neppure uno sguardo di troppo, lo fece tranquillizzare, ma anche preoccupare. Se fosse tutta una finta? Un modo per andare d'accordo? Per loro potrei essere ancora un mostro... Non era un tipo da farsi così tante paranoie, ma a quanto pare era cambiato. Cosa gli fosse successo era ancora ignoto, ma lo aveva profondamente modificato, reso una persona diversa. Se fosse un bene, lui non ne era sicuro.
C'erano ancora troppe cose da chiarire e da comprendere.
In cuor suo, sapeva che molte cose sarebbero state irrisolte. 
"Ehi" salutò Steve, poggiando la schiena al muro vicino a lui.
Billy fece un altro tiro, non dimenticandosi di lasciar andare la grande nuvola di fumo inquinante dalla sua gola. Gli avrebbe chiesto a cosa doveva la sua compagnia, se c'era un motivo dietro, ma preferì restare in silenzio per godersi la sua presenza.
Il silenzio era imbarazzante, come se tutto d'un tratto fossero estranei. 
"Questa casa mi fa uno strano effetto" riportò Steve. "Sarà vedere così tanta gente, forse..."
"Sei serio, Harrington?" rise Billy, non trattenendosi nel deriderlo da quella strana conversazione.
"Lo sono, Hargrove." 
"Allora dovresti sapere il reale motivo per cui questa casa ti fa uno strano effetto." disse buttando la cicca per terra, e schiacciandola subito dopo con il piede. Qualcun altro l'avrebbe buttata in un cestino, ma lui non era di certo quel qualcuno. Steve rimase in silenzio.
"Hai ragione." disse con tono piatto l'amico, guardando in basso. 
"Mi dispiace." 
Codardia 0 - Istinto 1, Billy aveva finalmente preso coraggio.
Steve trasalì, non nascondendo la sua sorpresa. Alzò lo sguardo da terra puntandolo su di lui, in cerca di conferma delle sue parole. Se Billy potesse sentire i pensieri, avrebbe sentito molteplici domande nel cervello di Steve. 
Steve non poteva credere alle sue orecchie.
E Billy alla sua bocca.
"Sì, davvero, mi dispiace-" il biondo si schiarì la voce, come se gli stesse improvvisamente scomparendo, "Per tu... sai cosa, ecco."
L'ex gelataio sorrise: un sorriso da far mancare il fiato all'ex bagnino. 
Si fissarono imbarazzati e a corto di parole, dimenticando i presenti all'interno della casa Byers.
"Accetto le tue scuse." 
Billy non si sarebbe mai dimenticato quella discussione.



Dopo un'ottima cena, la serata film ebbe finalmente inizio. Ogni postazione nel soggiorno di casa Byers era stata occupata: chi stava per terra, chi sul divano accovacciato, e chi se non Hopper seduto sulla sua adorata poltrona. Avrebbe dormito per la maggior parte del film, ma l'importante per lui era stare comodo all'inizio.
"SShh, silenzio, il film sta cominciando!" sgridò Jim, mangiandosi un boccone di pop corn. Quell'uomo aveva un pozzo senza fondo al posto dello stomaco.
I ragazzini si azzittirono, concentrandosi finalmente sul film.
Billy, seduto sul divano accanto a Steve, fu accolto da una strana sensazione di benessere. Una cosa nuova, indescrivibile, un qualcosa che non sentiva da tempo. La paura che lo aveva cresciuto, aveva dato il cambio ad una tranquillità tale da renderlo nuovamente bambino.
Sorrise, fissando la propria sorella serena, sdraiata sul pavimento accanto ad Undici.
Sì, quella era proprio casa.
Lui e Max erano felici, senza alcun pensiero.
 

Joyce, con in mano una polaroid vecchia del primogenito Jonathan, scattò una foto a tutti i presenti addormentati, senza che se ne accorgessero.
Una foto, un ricordo, felice di poter avere.
Più tardi l'avrebbe mostrata, ma aveva il compito di svegliare tutti. 
La donna si commosse nel vedere Will e Jonathan felici accanto alle persone che amavano.
Era ciò che meritavano.
Il suo occhio cadde su Billy: testa poggiata sul capo di Steve, poggiato sulla spalla di Billy. 
Sorrise, perché anche quel giovane meritava l'amore.
 

 

Max, evidentemente assonnata per via dell'orario, augurò una buona notte a Billy.
"E' stata una giornata fantastica, non credi?" chiese la ragazzina sbadigliando. 
"Concordo." 
"Soprattutto la foto che ci ha scattato Joyce..." rise la rossa, ricordando il momento in cui tutti la videro. Un delirio fatto di risatine e lamentele. "Come una foto di famiglia.."
"Come una foto di famiglia."
Si sorrisero, prima di dirigersi entrambi nelle rispettive stanze.
"Buonanotte, Max."
"Buonanotte, Billy." 

   
 
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