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Mia carissima
Eloise,
ti chiederai il
perché di questa mia lettera e, francamente,
un po’ me lo domando anch’io.
Potrei venire da
te e parlarti. Una cosa semplicissima. Il
fatto è che spesso mi viene più facile scrivere
che parlare, sarà che ogni
volta che ti guardo, ho la sensazione che il mio cervello si scolleghi
e io non
riesca mai a dire la cosa giusta.
Mi ricordo
perfettamente, sai, il momento in cui mi sono
innamorato di te.
Era un
soleggiato giorno di marzo. Uno di quei pomeriggi in
cui iniziano a sbocciare i fiori e tutto sembra brillare di colori
nuovi. Era
il giorno di San Giuseppe, per la precisione, e il parco cittadino era
allestito per la fiera del Santo. Le giostre e le bancarelle davano a
noi
ragazzi motivi in più di aggregazione e io ero riuscito a
vederti fuori dalla
scuola.
Tu ridevi con la
tua amica Angelica per qualcosa che aveva
detto e io non riuscivo a staccare gli occhi da te: eri così
bella, amore mio.
Così bella che io non riuscivo a respirare. I miei amici mi
prendevano in giro,
pensavano mi fossi imbambolato, che fossi rimasto scioccato da cose mai
viste.
Ed era così. Ho raccontato di te a chiunque mi ascoltasse,
dei tuoi lunghi
capelli mori in cui desideravo affondare le mani.
Tutti erano
convinti che avessi preso una di quelle sbandate
leggere che ti capitano quando vedi una ragazza ben vestita o con un
trucco
accurato.
E invece no. Da
quel giorno io, non solo non ho smesso di
pensare a te, ma ho iniziato a cercare un modo per farmi notare e,
magari,
riuscire a far breccia nel tuo cuore. Perché volevo che tu
ti innamorassi di
me. Ma avevo paura, paura che tu potessi rifiutarmi o che non provassi
ciò che
sentivo io.
Desideravo
essere il tuo ultimo pensiero prima di chiudere
gli occhi la sera, esattamente come lo eri tu per me e volevo che, solo
a
vedermi, il tuo cuore si riempisse di emozione. Proprio come capitava a
me.
Come capita a me.
Non sai quanto
tempo ci ho messo a decidere di chiederti di
uscire. Tu eri così bella ed eri sempre circondata da tanti
ragazzi che
cercavano di attirare la tua attenzione e io non sapevo come fare.
Sapevo di
non essere come gli altri. Non ero sportivo, non avevo la bellezza
degli altri,
non possedevo quella simpatia che fa sì che le persone ti
cerchino. Avevo paura
di non essere alla tua altezza. Perché avresti dovuto
scegliere me?
Perchè
ti amavo. Perché ero convinto che nessuno ti avrebbe
mai amato come ti amo io. Ti amavo e ti amo così tanto che
solo guardarti mi
rende felice.
Potevo dirti che
uscire con me sarebbe stato speciale e
avresti ricordato quel momento per il resto della tua vita? No, non
potevo. Non
sarebbe stato abbastanza, secondo me. Dovevo assolutamente farti capire
quanto
fossi importante e quanto credevo in noi.
Sono felice di
essere riuscito a superare la mia timidezza,
anche se lo so che il biglietto che ti ho mandato non era proprio il
massimo,
ma mi tremavano le mani mentre lo scrivevo e il cuore mi batteva forte
mentre
ti guardavo leggerlo e più di una volta ebbi paura di morire
prima ancora di
sapere se avresti accettato il mio invito o no.
Inutile dirti
che non sono morto, vero? Sono contento di aver
avuto il coraggio di lasciare sul tuo banco quel foglio piegato,
controllato a
vista nel timore che potesse finire nelle mani sbagliate, e guardare il
tuo
viso trasformarsi e ridere mentre lo leggevi, mi faceva sentire in
balia di
emozioni che non avevo mai provato prima di quel momento.
Quando alla fine
hai alzato i tuoi occhi su di me e mi hai
visto, ho avuto paura che volessi dirmi di no, perché
avresti scoperto chi ti
aveva scritto veramente quel messaggio e ho trattenuto il respiro fino
a quando
non mi hai sorriso e annuito.
Ti amo da
così tanto che tu neanche immagini. La nostra prima
serata insieme è stata meravigliosa: la passeggiata in
centro, la tua mano
nella mia, la mia felpa sulle tue spalle, le tue labbra morbide, le tue
mani
calde, tu… tu così perfetta. Nel mio cuore il
nostro primo appuntamento ha un
posto speciale, come tutte le cose che riguardano te.
Che poi, stando
insieme ho scoperto che non sei per niente
perfetta, non nel senso della parola, ma so che sei perfetta per me.
Insieme
siamo perfetti.
Ricordo ancora
il nostro primo litigio e tu, tu te lo
ricordi? Dicevi che avevo guardato le gambe di quella ragazza che si
era
avvicinata a me chiedendomi una sigaretta, mentre io non mi ricordavo
neanche
come fosse fatta. Avevi abbassato lo sguardo e io, stupido
com’ero, avevo
riso.
Adesso mi
dispiace, sai, averlo fatto. Sono stato proprio uno
stupido. E tu sei scoppiata a piangere e io ho capito che in
verità eri solo
gelosa, gelosa di me, ti sono corso dietro e ti ho abbracciato forte
perché
avevo realizzato in quel momento che avrei potuto perderti. E mi ero
rifiutato
di lasciarti andare.
Ho avuto paura
Eloise, davvero. La prima volta che mi sono
spaventato per qualcosa di cui avevo colpa solo io. E solo io potevo
rimediare.
Ti ho convinto ancora che valesse la pena stare con uno stupido
innamorato come
me. E tu sei rimasta con me.
Ho avuto ancora
paura di perderti dopo quella, ma so di aver
fatto il possibile per far sì che non succedesse.
Perché non potrei mai
perdonarmelo.
La prima volta
che abbiamo fatto l’amore è stata stupenda e
io riservo un ricordo speciale per quell’occasione. Sai che
quando per radio
ascolto la canzone di quel cantante che ti piace tanto, quello che ha
accompagnato le nostre prime carezze e i nostri gemiti, io sorrido come
un
idiota? Probabilmente riderai di questo o forse non ci hai mai pensato,
ma sono
convinto che io e te non siamo nati per nient’altro se non
amarci.
Ci siamo amati
così tanto in questa vita, Eloise, che tante
volte ho paura che non ne sia passata una sola, ma due o tre.
Ricordo ancora
il nostro matrimonio, quando al braccio di tuo
padre hai camminato verso di me, raggiante in quel vestito candido e
sorridendomi come se in chiesa ci fossi solo io. E io ho balbettato
quando ho
recitato il rito e tu mi hai appoggiato la mano sulla gamba, dandomi la
forza
per continuare a leggere. Quanto abbiamo riso della mia imbranataggine
nel
corso degli anni? Tante, tante volte. Ma tutte le volte, mi baciavi e
mi dicevi
che ero il tuo imbranato e che non mi avresti scambiato per nessun
altro.
Neanch’io
ti cambierei, Eloise. Nessuna è come te. Neanche se
la cercassi potrei trovare un’altra come te.
Non che sia
stata sempre rose e fiori, eh? Ti ricordi quando
Tommaso, a otto mesi, non dormiva di notte? Quando metteva i denti e
piangeva
come un disperato? Quante camminate con lui in braccio ci siamo fatti
in quelle
notti? Al mattino non ci riconoscevamo più, eppure io non ho
mai smesso di
pensare che fossi sempre più bella.
O quando abbiamo
iniziato ad allontanarci, te lo ricordi? La
monotonia di una famiglia, la routine di ogni giornata e la
banalità delle cose
ci hanno messo a dura prova. Come quando Toby ha iniziato a fare la
pipì sul
divano e tu avevi istinti omicidi.
Quando non
abbiamo fatto l’amore per tre mesi e poi ci siamo
amati in garage su quello scomodissimo banco da lavoro. Tu ridevi e ti
brillavano gli occhi come quando avevi sedici anni ed eri la
più bella della
classe.
Abbiamo passato
anche quei brutti momenti, perché siamo
sempre rimasti insieme, ad aiutarci, uniti contro il mondo.
Anche
perché ricordi la gioia e l’orgoglio di quando
Sabina
ha esclamato per la prima volta ‘mamma’ e
‘papà’? Ti ricordi come è
stato
emozionante? Quando Tommaso portava a casa i bei voti in matematica o
quando
Sabina vinceva le medaglie per essere arrivata prima nelle gare di
ginnastica,
l’orgoglio che fossero proprio i nostri figli? Che
stessimo facendo un
buon lavoro? O quando sono cresciuti e hanno preso la loro strada e
sono
diventate delle persone realizzate?
Ti ho visto
così emozionata la mattina che hai accompagnato
Tommaso verso la sua sposa, il giorno del loro matrimonio e so che
è perché
speravi che il loro amore fosse un po’ come il nostro.
Ricordi la gioia
di tenere in braccio Riccardo, il primo
nipotino? Quando invece di sentirci vecchi abbiamo capito che
sarebbe
stato solamente diverso?
Quando penso a
noi mi sento un uomo fortunato. Fortunato
perché con tutte le persone presenti su questa terra, sono
felice di aver
vissuto questa vita insieme a te, di aver creato qualcosa di buono, di
aver
conosciuto tutti i tuoi stupendi difetti. Perché chiunque
è capace di amare i
pregi di una persona, ma amare i difetti, Eloise, non tutti sono in
grado. Ci
vuole la persona giusta. E io amo i tuoi difetti. Tutti.
Ora che sai
quello che provo, ora che alzerai lo sguardo
verso la porta dell’aula, vedendomi e scoprendo che sono io,
Marcello, ad
averti scritto questa lettera, ricordati tutto questo. Tutto questo che
ti ho
scritto. Quello che potrebbe essere. Quello che noi possiamo
essere. E che
non siamo ancora stati.
Eloise vuoi
uscire con me sabato sera? Prometto che, anche se
sarà tutto banale, anche se succederà quello che
succede sempre, anche se ti sembrerà
strano, farò in modo che varrà sempre la pena
stare con me.
Ora ti prego,
sorridimi e dimmi di sì.
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