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Autore: Cigarette    22/10/2019    1 recensioni
Dal prologo
"Sophie si guardò i piedi nudi che dondolavano dal ramo più alto dell'albero e rifletté sul motivo per cui si arrampicava lassù. I suoi genitori glielo avevano proibito, ovviamente, ma non era per spirito di contraddizione che lei lo faceva. Né era spinta dal gusto della sfida: quello si era placato l'anno prima, quando aveva raggiunto la cima dell'albero e si era ritrovata di fronte soltanto il cielo. Si arrampicava così in alto perché là sotto, tra quei palazzi, non riusciva a respirare. Non si preoccupava di cadere; una cosa simile non poteva succedere in quell'universo privo di gravità.
[…]
Nel tragitto che portava verso casa, non troppo distante da quel piccolo appezzamento di terra incolta, Sophie intonò una canzone che era solita cantare sua nonna, la voce bassa e delicata come il volo di una farfalla. Non sapeva però, che poco distante da casa sua, affacciato alla finestra, un bambino dagli occhi di ghiaccio la fissava incantato."
Genere: Azione, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Eric, Four/Quattro (Tobias), Nuovo personaggio
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Capitolo primo

 




 

I raggi solari filtravano dalla finestra per infrangersi sul suo banco, creando magnetici giochi di luce con i suoi capelli, donando alla chioma una sfumatura bluastra. Era appoggiata sulla superficie bianca e lucida con un gomito, tenendosi il mento con una mano, l'espressione di chi avrebbe volentieri scavalcato la Recinzione piuttosto che stare ancora un minuto in quella classe, circondata maggiormente da ragazzi della sua stessa fazione, spocchiosi e lassi.

-So? Hai capito che ho detto? Allora?- le arrivò la voce della compagnia di banco, Maya, la ragazza che in quasi due anni era diventata vagamente simile ad una migliore amica. O semplicemente, la sua unica amica.

La mora alzò un sopracciglio, inclinando il viso quel tanto da vedere la biondina in viso.

-Mh?- si limitò a mugugnare, lo sguardo carbone velato dalla noia.

L'altra alzò gli occhi al cielo, sbuffando. -Ho detto, e questa è la terza volta, qual è stato il risultato del tuo test attitudinale?- chiese per l'ennesima volta, con la curiosità che solo un'Erudita poteva avere.

-Sono informazioni riservate.- si limitò a rispondere la ragazza con tono canzonatorio, spostando lo sguardo verso il professore che aveva appena concluso la lezione di fisica quantistica.

Corsi avanzati.

L'altra sospirò. Era vero, i risultati dei test erano riservati, i sedicenni che ne venivano sottoposti, dovevano attraversare uno scenario indotto da un siero creato appositamente dagli Eruditi, e, in base ai comportamenti che si adottavano in alcuni frangenti, veniva “consigliata” una determinata fazione.
Quella più affine al ragazzo, per farla breve.
Era rimasta piuttosto soddisfatta dal proprio risultato: Intrepidi. Sapeva nel profondo che sarebbe stata l'unica fazione che l'avrebbe resa veramente libera, una volta per tutte.

-Comunque, sono abbastanza sicura della mia scelta. Non avrò poi così tanti problemi, domani.- disse con un sorrisino leggero, alzandosi dalla sedia insieme a Maya, che la guardò sempre più curiosa. -Diciamo che, credo proprio che mi aspetterà un futuro..focoso.- le sussurrò poi, allungandosi verso il suo orecchio con fare birichino, alludendo ovviamente al simbolo della fazione degli Intrepidi. Il fuoco.
Sapeva che Maya sarebbe rimasta nella sua fazione natale, era troppo intelligente per prendere solamente in considerazione l'idea di cambiarla. E quando la bionda le sorrise entusiasta, non poté fare a meno di ridacchiare.

-Lesbiche, avete tanto da disgustarmi ancora, o potete muovere quei culi fino a casa?- disse una voce sarcastica dietro di loro. Sophie alzò gli occhi al cielo, mentre si girava con il veleno in bocca.
Squadrò attentamente il ragazzo che si era piazzato dietro di loro, fulminandolo con lo sguardo. Era un Candido, ma di “candido” aveva veramente poco.

-Stai zitto, Finn. Vatti a fare un giro e non rompere le palle a noi, grazie.- disse fredda, mentre il resto della classe usciva dall'aula ridacchiando e chiacchierando.

Il ragazzo non si lasciò scoraggiare, e, con un sorriso strano che gli illuminava gli occhi marroni di una luce quasi malsana, si avvicinò alla mora fino ad arrivarle un soffio dal naso, ignorando completamente Maya, che sembrava pronta a scattare per chiedere aiuto verso il ragazzo in fondo alla stanza che stava lentamente raccogliendo le sue cose. Sophie lo conosceva di vista, il suo nome doveva essere Eric. Era piuttosto taciturno, gli occhi di un colore molto simile al ghiaccio sotto il cielo nuvoloso, e perennemente in tensione. Per fortuna, non sembrava minimamente intenzionato ad andarsene, data la lentezza e la precisione con cui stava mettendo in ordine i suoi libri, guardandoli tutti e tre di sottecchi.

-Stai attenta, scricciolo, finirai per farti molto male..- le sussurrò Finn sul viso, afferrandole il polso e alludendo alla corporatura minuta della mora.

-Lasciami immediatamente.- ringhiò la ragazza, con un smorfia di dolore. Vide con la cosa dell'occhio il moro, infondo alla stanza, voltarsi lentamente verso di loro.

-Altrimenti..?- la sfidò Finn, rafforzando la presa. La bionda intanto inveiva strepitando verso il candido.

Inaspettatamente, Sophie sorrise.

-Altrimenti questo.- gli sussurrò di rimando, rifilandogli una ginocchiata nel basso ventre che fece piegare il ragazzo in due con un gemito.

-Andiamo Maya.- concluse la mora, trascinandosi l'amica fuori dalla stanza, lasciando un candido affranto a terra, e un ragazzo dagli occhi di ghiaccio con un ghigno sulle labbra.

 

 

 

 

 

 


 

L'unico rumore che pervadeva la stanza era quello delle posate che, ogni tanto, tintinnavano lievemente contro la porcellana dei piatti. Sua madre aveva il viso tirato, pallido, lo sguardo che nascondeva gli occhi castani insistentemente fissi sul piatto. Come ogni sera.

Suo padre, invece, la fissava in silenzio, minaccioso, masticando lentamente un boccone di carne; sembrava sul punto di esplodere.

Come ogni sera.

Sophie prese un sorso d'acqua in silenzio, spostando lo sguardo da sua madre alla finestra posta dall'altra parte della stanza. In lontananza poteva scorgere il boschetto, e il suo albero. Non l'avrebbe più visto.

-Io so cosa vuoi fare.- la voce profonda di William Black fece rabbrividire sua madre, che abbassò ancor di più, se possibile, lo sguardo. Sophie si limitò a restare immobile, di pietra.

-Stai bene attenta a cosa sceglierai domani, se farai la scelta sbagliata, vorrei sapessi che non avrai più una famiglia.- disse, poggiandosi lentamente allo schienale della sedia.

Sophie vide rosso per un attimo, e non riuscì a frenarsi dal dire, con tono monocorde. -Perché, c'è mai stata una famiglia, in questa casa?-

Suo padre rimase pietrificato, sua madre trattenne a stento un gemito.

Tutto rimase immobile per un momento infinito.

Tutto rimase immobile per sempre.

Poi la mora sentì crescere una vampata di adrenalina che le infiammò le vene. Si sentiva forte come mai le era successo. Si sentiva arrabbiata come mai le era successo.

E' la mia ultima sera con questo mostro, cosa mi frena?

E allora, semplicemente, lasciò libero tutto.

Lasciò libero l'odio, la rabbia, il dolore. La verità. Si lasciò andare, consapevole a cosa sarebbe andata incontro, ma altrettanto certa che quella sarebbe stata la sua ultima possibilità per farlo.

Prese un respiro, e quasi vomitò quel fiume in piena.

-Sei un alcolizzato e un violento, con una moglie che invece di amarti ti teme, e una figlia che invece di ammirarti ti odia. Hai avuto tutto dalla vita, avresti potuto avere una famiglia vera, con persone che ti avrebbero amato, hai avuto un lavoro importante, soddisfacente e ben pagato, hai avuto cento amici di una vita. Ma no, non ti bastava. Non ti bastava perché sei un'avida testa di cazzo. Perché hai un'anima fottutamente marcia e ci godi, ci godi a sottomettere e far soffrire. Sei un codardo, e uno stupido.. domani chiediti perché metterò così tanti chilometri tra me e te, forse troverai la risposta, padre.- mantenne la voce controllata per tutto il discorso, ma l'ultima parola fu pronunciata con l'enfasi di un insulto.

Poi vide suo padre alzarsi in silenzio, con il respiro pesante. Come era solito fare.

Sua madre scoppiò a piangere. Lei serrò gli occhi, serrò le labbra, serrò il cuore. Sapeva cosa sarebbe successo.

Non reagì quando lui la prese per i capelli e la buttò giù dalla sedia.

Non reagì quando cominciò a riempirla di calci, fino a farle sputare sangue.

Non reagì nemmeno quando le sputò addosso, imperterrito.

Ma, per la prima volta in sedici anni, si permise di urlare.

 

 



 

Sophie dubitava di aver mai visto così tante persone riunite in una sola struttura. I colori delle fazioni scandivano lo spazio: il rosso e l'arancio dei Pacifici, il grigio degli Abneganti, il bianco ed il nero dei Candidi, il blu degli Eruditi tra cui lei sedeva, e il nero degli Intrepidi.

Per un attimo si immaginò con quella divisa scura: doveva far un bell'effetto con la sua carnagione pallida e i suoi capelli. Per non parlare degli occhi. Nascose un sorrisino, si, le sarebbe calzata una meraviglia.

Affianco a lei sedevano Maya e sua madre, suo padre invece si era posizionato qualche gradino più in alto, circondato dai suoi colleghi. Sophie alzò lo sguardo per lanciargli un'occhiata di sfida, che il padre ricambiò, schifosamente tronfio tra i suoi adulatori. Sentiva ancora il dolore cocente di quei lividi, che bruciavano tanto quanto il suo orgoglio ferito.

Mai più, si disse.

Mai più.

Intanto il governatore Marcus Eaton, teneva un discorso sull'armonia delle fazioni e di quanto fosse importante il ruolo di ognuna di esse. Tutto molto giusto, bello e..noioso quanto ipocrita.

La mora non seguì una singola parola, troppo impegnata a fissare il vuoto con sguardo assente. Il ventre le faceva male, le tirava, ma ormai era talmente abituata a quel genere di ferite che sapeva gestire al meglio il dolore e i lividi di grande portata. Si riscosse solo quando sentì il nome del figlio del governatore.-Tobias Eaton.-
Il ragazzo aveva capelli scuri e gli occhi blu, o perlomeno così ricordava il colore dei suoi occhi dopo averlo visto nei i corridoi scolastici, da quella distanza non poteva esserne certa. Si alzò e lentamente, scese i gradini e raggiunse il cerchio al centro della sala, allestito da un piccolo tavolo con sopra un coltello che sembrava molto affilato, e quattro coppe di metallo piene di materiali diversi.

La terra nella prima coppa stava a rappresentare i Pacifici, l'acqua gli Eruditi, pietre grigie gli Abneganti, vetro i Candidi e carboni ardenti gli Intrepidi.

Lentamente ma in modo deciso, Tobias prese il coltello e si incise lievemente la mano, tenendo il sangue sul palmo. Si avvicinò alle coppe e tutti, perfino Sophie, tennero per un attimo il respiro, quando lasciò colare il sangue sulla coppa degli Intrepidi.

Il volto di Marcus, sembrava sfigurato dalla rabbia; Sophie sorrise. Riconosceva quello sguardo, quindi non era l'unica ad avere problemi paterni, eh? Tobias sembrò soddisfatto, quando gli spalti occupati dagli intrepidi cominciarono a tremare dai piedi battuti a terra e ad urlare parole di incitazione.

Erano una fazione così dannatamente viva.

Si posizionò tra loro, e per la prima volta in quasi sedici anni, Sophie lo vide sorridere.
Poi fu il turno di Maya, che decise di rimanere nella sua fazione natia, regalandole un sorrisino triste. La mora le rispose allo stesso modo, scuotendo la testa come per dirle di non preoccuparsi. Come per dirle che in realtà quello non era veramente un addio. Ma entrambe erano coscienti delle proprie bugie. Non si sarebbero più abbracciate, non avrebbero più riso, pianto, giocato, corso o semplicemente studiato insieme. Era tutto finito, e Sophie sentì che tra le mani dell'amica se ne andava anche un pezzo del suo cuore, quel giorno.

Respirò piano, chiudendo gli occhi. Sapeva che sarebbe toccato a lei, da un momento all'altro.
-Sophie Black.-
Silenzio.
-Mi dispiace. Mi dispiace tanto.- sussurrò a sua madre, prima di alzarsi e raggiungere con passo deciso il centro della sala.
Mi dispiace di lasciarti sola con quel mostro.
Mi dispiace non essere stata abbastanza forte.
Mi dispiace se hai dovuto vedere per sedici anni sempre le stesse scene di violenza.
Mi dispiace essere stata tua figlia.
Non ebbe bisogno di pensarci. Lei già sapeva cosa fare. Si tagliò il palmo della mano con il coltello e si avvicinò decisa alla coppa.
Alzò lo sguardo verso quello di suo padre, alzando il mento in atteggiamento di sfida. Le labbra le si pregarono in un sorriso freddo e il sangue sfrigolò sui tizzoni ardenti.





Il resto della cerimonia passò velocemente, ma lei aveva troppe cose per la testa per poter seguirla seriamente.

Gli unici momenti che le avevano fatto alzare lo sguardo erano stati la scelta di Finn, che disgraziatamente scelse la sua stessa nuova fazione. Ed Eric, il ragazzo dagli occhi di ghiaccio che era rimasto in classe durante la sua schermaglia con il Candido. Anche lui, con sua grande sorpresa, scelse gli Intrepidi.

Pensava sarebbe rimasto tra gli Eruditi, aveva sempre dimostrato di essere un calcolatore nato, da quel poco che lo conosceva, molto più furbo ed intelligente di lei, o comunque di chiunque della sua stessa età che Sophie conoscesse.

Si ritrovò proprio tra Tobias ed Eric, uno che ogni tanto si voltava per sorriderle placidamente, e l'altro che la fissava di sottecchi, gelido.

Sophie alzò gli occhi al cielo, in una muta preghiera.

Sarebbe stata una lunga cerimonia.

 

 

 

 

 

 

 

Capì che era l'ora di andare quando si accorse che le prime file di Intrepidi posizionati sui gradoni più alti avevano cominciato a correre fuori l'edificio, tra grida di giubilio e incitamento.

-Ehi gattina, muoviti prima che ti lasciamo qui!-le urlò un ragazzo che durante la corsa si era posizionato al suo fianco, sostituendo Tobias ed Eric che la stavano precedendo di qualche metro. Era un Interno chiaramente, vestito di nero dalla testa ai piedi, con dei riccioli biondi lunghi quasi fino alle spalle e due brillanti occhi verdi.

Lei storse un po' il naso a quel buffo soprannome ma lo seguì marcandolo stretto, e dopo quella che sembrò un'eternità, con le gambe in fiamme e i polmoni vuoti, arrivarono alle rotaie.

Tutti sapevano qual'era il mezzo più comodo e più usato per gli Intrepidi, il treno.

La ragazza affiancò il biondo, le guance solitamente pallide piuttosto arrossate.

-Ed ora?- chiese, con gli occhi neri lievemente spalancati, piena zeppa di adrenalina.

-Adesso aspettiamo il treno.- disse semplicemente lui, scatenando la risatina di un Interno al suo fianco. Poi fece un sorriso furbo, inclinandosi verso di lei con aria cospiratoria. -In corsa.-

-Cosa?- sussultò Sophie, fissando il treno che si avvicinava sempre più a loro. Si guardò intorno, cercando le uniche facce famigliari in tutto quella folla, escluso Finn, certo. Tobias ed Eric in quel momento sembravano volatilizzati. Dove diavolo si trovavano?

-Predi la rincorsa, agganciati e salta nel vagone.- le suggerì nuovamente il biondo, cominciando a fare la medesima cosa, rapidissimo. -Non avere ripensamenti, altrimenti sei fottuta, gattina!-

-Perfetto.- mormorò acre la mora, cominciando a correre a sua volta insieme a tutti gli altri e puntando al vagone più vicino. Si accostò rapida al treno, e scattò, agganciandosi alla maniglia del vagone. Bilanciò il proprio peso e fece leva con il braccio per poggiare prima un piede e poi l'altro sul treno.

-Sei stata brava gattina, se non ti vedessi con quest'orrido vestito azzurro, non ti darei mai della transfazione.- le sorrise amichevole, avvicinandosi e poggiandole una mano forte sulla spalla minuta.

-Sono Liam, comunque. Quello è il mio amico Rick.- disse poi allungando una mano per indicare l'amico poco distante da loro, che alzò una mano in segno di saluto, avvicinandosi insieme ad un transfazione Abnegante. Rick aveva i capelli rossicci e gli occhi castani da cerbiatto che gli conferivano quasi un'aria dolce.. se non fosse stato un colosso di quasi due metri.

L'abnegante invece, era niente di meno che Tobias Eaton.

Si sorprese nell'averlo trovato nel suo stesso vagone, quando pensava di esserselo perso direttamente giù dalle rotaie. Chissà che fine aveva fatto Eric..

Poi si riscosse, ma cosa le doveva importare a lei? Nulla, si disse. Proprio nulla.

-Sono Sophie, piacere.- disse sorridendo appena in direzione dei tre, poi scoccò un'occhiataccia al biondo. -Sophie, non gattina, ricordatelo.- lui scoppiò a ridere, scuotendo la testa.

-Si, mi ricordo di te, a scuola. Sono Tobias.- disse il transfazione con un sorriso rilassato ma riservato. Le piaceva quel sorriso, perché la metteva a suo agio, non era invadente. Né forzato. La ragazza allargò il sorriso.

-Non mi aspettavo il figlio di Marcus Eaton e una ragazzina in cerca di risse sul mio stesso vagone, deve essere la mia giornata fortunata.- irruppe improvvisamente una voce ironica dietro di loro. Sophie ebbe un brivido.

Era una delle più belle voci che lei avesse mai sentito. Roca al punto giusto, dannatamente profonda e..fredda. Ghiacciata.

La ragazza si voltò, lasciando che i capelli le scivolassero sulla spalla minuta, neri come la notte.

Era Eric.

La guardava divertito, gli occhi di ghiaccio illuminati da una luce sarcastica e furba. La sua altezza non indifferente e la sua corporatura facevano un certo effetto, doveva ammetterlo.

Tanto che sulle prime, la ragazza fu tentata di far qualche passo indietro, ma si trattenne, alzando il mento per guardarlo in viso.

Era alto due teste in più di lei, che a malapena gli arrivava alla spalla, ed aveva un sorriso, anzi no, un ghigno, che sembrava urlare “io ti sfido!”.

-Non chiamarmi ragazzina.- sibilò seria, sentendo Liam e Rick ridacchiare.

-Sembri una bambolina, come ti dovrei chiamare?- rise lui. Una risata breve e fredda, derisoria. -Non durerai un giorno.-

-Potrebbe sorprenderti, Eric.- intervenne Tobias, facendosi avanti fino ad arrivarle affianco, con fare protettivo.

A quanto pareva in pochi secondi la ragazza era riuscita a guadagnarsi un piccolo posto nella fiducia del giovane Eaton. Nascose accuratamente la sorpresa, cotinuando a fissare il moro, che però si limitò ad alzare un sopracciglio, dando espressione alla sorpresa della medesima Sophie.

Fece per rispondere ma qualcuno urlò e gli interni cominciarono improvvisamente di saltare sulla cima del palazzo che scorreva veloce sotto di loro. Liam e e Rick, scoppiarono a ridere gettandosi letteralmente dal treno, non prima che il primo facesse l'occhiolino alla ragazza.

I ragazzi si avvicinarono velocemente sull'orlo del vagone, affacciandosi agitati.

-Tobias!- chiamò Sophie con una nota di urgenza nella voce. -Il palazzo sta finendo!-

-E allora salta.- le rispose all'orecchio la voce di Eric, che si era posto al suo fianco. La guardò per un attimo con uno sguardo indecifrabile, poi saltò agilmente dal vagone, atterrando con un pio di capriole.

Lei si voltò verso l'abnegante, che le fece un cenno affermativo e in comune accordo saltarono assieme, poco prima di superare il palazzo.

Rotolarono quasi in sincrono, sbucciandosi le mani sul cemento grigio. Ma oltre quello, nessun danno.

-SILENZIO!- tuonò una voce sul tetto, che zittì la mandria di ragazzi che confabulava concitata. -Sono Max, uno dei Capofazione degli Intrepidi. Se supererete questa prova, conoscerete anche i vostri istruttori. Ma diamo tempo al tempo per le spiegazioni. E' ora di agire.- continuò l'uomo di stazza considerevole che era salito sul cornicione del palazzo, in bilico sul vuoto.

-Che cosa dobbiamo fare?- chiese Finn, e solo in quel momento Sophie si accorse della sua presenza. Trattenne una smorfia.

-Dovete saltare.-rispose con un ghigno inquietante il capofazione.

-Ma è un suicidio! Cosa c'è sotto?- rispose il Candido, impallidendo visibilmente.

-Come mi stai dimostrando il tuo coraggio?- chiese l'uomo, fulminandolo con lo sguardo. -O vuoi dirmi che non hai le palle? Perché se così fosse, puoi anche andare a far compagnia agli Esclusi.- questo sembrò farlo azzittire.

-Allora, chi è il primo?- continuò quello.

Sophie stava cercando disperatamente di dare una risposta logica a tutta quella situazione. Doveva esserci sicuramente qualcosa sotto, non potevano far fuori tutti i loro nuovi adepti. Ma aveva un dubbio atroce. E se fosse stata una prova per far capire bene la differenza sottile ma sostanziale tra coraggio e stupidità?

Ci fu un lungo momento di silenzio.

-Io. Vado io.-

La ragazza ci mise un po' per capire che a pronunciare quelle parole era stata proprio lei stessa. E lo capì solamente perché tutti puntarono lo sguardo su di lei, allibiti.

-Sophie, cosa..- cercò di dire Tobias, ma la mora non lo sentì neanche ed avanzò lenta verso il cornicione, salendoci sopra con agilità.

Guardò giù e vide il buio più totale.

Sorrise appena.

-Cado ma mai atterro, sempre più giù, non trovo nemmeno l'inferno..- sussurrò in modo che nessuno potesse sentirla.

Era una cosa sua.

Una filastrocca che aveva sentito dire da piccola ad un Escluso. Le era piaciuta. Fin da bambina aveva avuto la perenne sensazione di cadere nel vuoto più totale, ma senza mai toccare un fondo vero e proprio.

Prese un lieve respiro, guardò di fronte a sé e si immagino sopra al suo albero, sul ramo più alto.

Fece un passo in avanti, poggiando il piede nel vuoto.

E cadde.

Non emise un solo grido, in una caduta che fu più lunga del previsto. Sentiva il vuoto tutt'intorno a sé e chiuse gli occhi. Sentiva l'adrenalina salire vertiginosamente, finché non fu arrestata da quella che sembrava..una rete.

Si guardò intorno confusa, il cuore a mille e il sorriso sulle labbra, e vide una mano, sporgersi dal lato della rete.

Senza esitazione l'afferrò saldamente, lasciandosi aiutare a scendere. Ma appena vide il suo aiutante, sgranò gli occhi neri, allibita.

-Sophie?- sussurrò il ragazzo, sorpreso quanto lei. Aveva i capelli castani e gli occhi di un caldo color cioccolato, come quelli di sua madre. Le braccia era interamente ricoperte di tatuaggi, e un pircing svettava da suo orecchio, eccentrico.

-Jack..?- rispose lei, mentre un sorriso le cresceva sulle labbra, di fronte ad una folla di intrepidi radunati ad osservare gli iniziati.

-Cristo santo, non ci credo!- gridò quasi lui, abbracciandola dalla gioia. Lei ricambiò senza riserve, lasciandosi stringere a sua volta.

-Ti chiederei il nome, ma già lo so, cugina. Qui puoi cambiarlo, puoi darti un nome nuovo, ma tieni a mente che sarà per sempre. Come la tua nuova vita.- le spiegò lui con un sorriso eccitato, posandole una mano sul capo con fare fraterno.

Lei ci pensò un momento, in silenzio.

Un sorriso indecifrabile si cominciò a far largo sul visino pallido come uno spicchio di luna, i capelli lunghi fino ai gomiti scuri come il manto della notte e gli occhi neri come due braci ardenti le conferivano un'aria quasi eterea e misteriosa.

Poi schiuse le labbra color ciliegia, lentamente,

-Nyx, mi chiamo Nyx.-







Angolo Autrice:
Ehila, ecco a voi il primo capitolo. Se vi piace fatemelo sapere, baci.
-Cigarette.

 

   
 
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