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Autore: acchiappanuvole    23/10/2019    3 recensioni
Molto presto il ragno non sarebbe più riuscito a controllare tutto quello che veniva preso nella tela. E se si fosse estesa ancora, sempre più lontano, a quel punto la tela di dimensioni abnormi, e quello che portava con sé, sarebbero entrati in conflitto nell’essenza stessa del ragno. Al tempo stesso la tela avrebbe cominciato a cambiare il mondo intorno a sé.
Genere: Dark, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kikyo, Rin, Sesshoumaru
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Una ragnatela così grande per un ragno tanto piccolo. Era inevitabile pensare a quanta fatica avesse fatto quel piccolo insetto per costruirla. Le ragnatele erano così perfette, così regolari e, al tempo stesso, irregolari. Tutte uguali e sempre diverse. All’infinito. Con la sua tela il ragno non percepiva tutto il mondo. Ne percepiva solo la parte che la tela era in grado di cogliere. Direzione, distanza, forse il peso approssimativo della preda, forse le sue dimensioni. Ma certo non molto di più. Chissà, magari i ragni sono più intelligenti dell’uomo perché non estendono mai la tela oltre un certo limite.
Cosa sarebbe successo se l’avessero fatto?
Molto presto il ragno non sarebbe più riuscito a controllare tutto quello che veniva preso nella tela. E se si fosse estesa ancora, sempre più lontano, a quel punto la tela di dimensioni abnormi, e quello che portava con sé, sarebbero entrati in conflitto nell’essenza stessa del ragno. Al tempo stesso la tela avrebbe cominciato a cambiare il mondo intorno a sé. Forse sarebbe diventata troppo pesante, forse alla fine sarebbe precipitata a terra e avrebbe portato con sé il ragno nella rovina.

 
Capitolo 1
 
 “Gira le mani muovi le sfere, corri felice canta veloce, oggi si muore domani si vive.”
 
Jeken è appoggiato pigramente ad Ah-Un, il caldo torrido gli fa sudare la fronte e nonostante seguiti a farsi aria con un ventaglio il suo piccolo corpo di demone risente dell’intensità dei raggi solari.
“Rin la vuoi smettere mi fai venire mal di testa!” sbotta in direzione della ragazzina. Rin lo guarda distrattamene, è accucciata poco distante, l’erba le solletica le gambe e sembra, contrariamente al suo verdognolo amico, non risentire affatto della temperatura. Seguita a rigirare tra le mani tre piccoli melograni, li lancia in aria uno dopo l’altro senza farli mai cadere, “gira le mani muovi le sfere, corri felice canta veloce, oggi si muore domani si vive”, canta e pare non sentire le rimostranze di Jaken.
“Aspetta che padron Sesshomaru ritorni poi vedrai se anche lui non ti dirà di smetterla con questa lagna. Si può sapere chi te l’ha insegnata!?”
Un melograno sfugge alla presa rovinando a terra insieme agli altri, “chi me l’ha insegnata?” ripete Rin a sé stessa, ed un’improvvisa perplessità le cambia l’espressione del volto.
“Non…non me lo ricordo.” Raccoglie i frutti rossi, qualche passo titubante che poi si fa più rapido.
“E adesso dove vai!” chiede Jaken con esasperazione.
“Vado da quella signora, forse si è svegliata e le è venuta fame.”
Il demone pare agitarsi “rimani qui, il padrone non vuole che ti avvicini a lei.”
“Non mi farà nulla.”
“Rin torna qui! Ci finisco di mezzo io se ti accade qualcosa…mi senti? Rin!”
Ma Rin ha il passo svelto, raggiunge un grosso ginepro ai piedi del fiume, è lì che la signora riposa; il signor Sesshomaru l’ha adagiata al tronco e lì l’ha lasciata senza dire una parola. Sono passate due lune da allora, ma la signora non si è mai svegliata. Rin le si avvicina, i fiori con i quali le aveva agghindato i capelli corvini stanno appassendo, il suo viso è sempre pallido, ma il petto si alza e abbassa lentamente al ritmo di un timido respiro.
“Vi ho portato dei melograni, li ho raccolti io stessa e sembrano molto buoni,” Rin rimane in attesa ma la donna non da segni di averla udita.
“Perché dormite tanto?” senza titubanza le appoggia un orecchio contro il petto, sotto la protezione della stoffa riesce comunque ad avvertirlo, il cuore di quella donna sta battendo.
“Forse avete paura di aprire gli occhi e di vedere cose brutte” riflette ad alta voce “ma qui non c’è nulla di brutto, a me piace molto questo posto, sentite lo scorrere dell’acqua del fiume? E se apriste gli occhi vi accorgereste che il ginepro è pieno di frutti. La vecchia sacerdotessa di un villaggio vicino mi ha detto che hanno doti curative.” Si porta le ginocchia al petto, alza lo sguardo verso i rami ricolmi di frutti bluastri “mi piacerebbe imparare tante cose, Kagome dice che le erbe hanno tante proprietà curative, anche lei le sta imparando.” Un sospiro, “voi di certo ne dovete sapere più di chiunque altro…” aspetta con trepidazione ma gli occhi della donna seguitano a restare chiusi. “Volete vedere quanto sono brava! Riesco a lanciare questi melograni e riprenderli facendoli ruotare come si trattasse di una sfera; “recupera i melograni che aveva tenuto in grembo fino a quel momento, lanciandoli uno di seguito all’altro “gira le mani muovi le sfere, canta felice corri veloce, oggi si muore domani si vive…”
 
Si muore
 
Si vive
 
Le tenebre non avrebbero dovuto spaventarla, si era abituata all’oscurità, l’oscurità era riposante, era silenzio…l’illusione data da quel bacio, la risalita verso la lucentezza del firmamento…non era possibile, tutto si era spezzato. Qualcuno aveva espresso un desiderio, qualcuno aveva dipanato troppo la tela, la tela di un ragno…e lei dove era finita?
C’era stata una piccola solenne cerimonia ai piedi del tempio, qualcuno aveva avuto parole gentili per lei, avevano riposto le sue ossa nella terra alla quale apparteneva. Non ricorda se ci fosse stato il sole o se fosse nuvolo o se avesse appena smesso di piovere e il sole cominciasse a fare capolino fra le nubi. Ricorda invece la statua di un kami, un divino monaco, la classica statua, la statua che si posa su tutti i cimiteri. Una di quelle statue fatte in serie. Un seme è caduto un giorno su qualche piega della sua tunica di pietra e ha messo radici, e un albero -non saprebbe dire che tipo di albero- gli è cresciuto intorno col germogliare degli anni. Un albero piccolo e poetico. Un albero metaforico ma realista; la vita che nasce oltre la morte, e tutte quelle belle cose lì. Impossibile ora sapere se sia un albero al quale è spuntato un kami o un kami al quale è spuntato un albero. Fa lo stesso. L’ordine dei fattori non cambia il risultato del miracolo e adesso…adesso dove si trova lei? Nello stesso posto dov’era allora? E’ dove tutto è cominciato e dove tutto finisce, dove finisce la vita. La vita che non muore, muore la persona che abita quella vita per un certo numero di anni e poi smette di vivere. La vita, qualunque essa sia, a chiunque appartenga, albero o kami o umano, non importa chi l’abbia vissuta perché va a finire sempre nello stesso modo.
 
E allora perché c’è ancora il limbo? Perché lei vaga ancora? Ha forse fallito il suo compito?

 
“Gira le mani muovi le sfere, oggi si…”
 Un urlo che squarcia il cielo e Rin sobbalza terrorizzata a quel suono tremendo. La donna ha aperto gli occhi e si preme una mano sul petto come se un dolore intollerabile la stesse squarciando, ma Rin non vede ferite, non vede sangue…
“Che cosa vi succede!?” tenta di calmarla, ma quegli occhi che orano si fissano su di lei sono vuoti come pozze nere e fanno paura.
“Jaken!Jaken!” grida Rin per richiamare l’attenzione del piccolo demone che trafelato la sta raggiungendo agitando il suo bastone.
“Cosa hai combinato adesso!” grida a sua volta poco prima di raggiungerla.
La donna intanto seguita a divincolarsi, apre la bocca come se volesse nuovamente urlare ma senza riuscire ad emettere più alcun suono.
“Credo provi dolore…aiutami a tenerla ferma devo vedere se è ferita.”
“Non…non ci penso proprio! Te lo avevo detto di starle lontano!”
“Jaken!”
Il demone a quel richiamo, seppur titubante, tenta di tenerla ferma, Rin riesce a scostare la tunica dal petto ma, a parte una tremenda cicatrice rimarginata da tempo, non scorge altro.
“Vi prego venerabile Kikyo calmatevi!”  Rin le stringe la mano quasi in un atto di supplica che pare funzionare, il corpo di Kikyo ritorna rigido, nell’affanno il respiro si fa più veloce e irregolare, i suoi occhi si spostano dal volto della ragazzina alla volta di rami sopra la loro testa.
“Presto vai a prendere dell’acqua Jaken.”
E Jaken stavolta pare ben contento di obbedire a Rin e potersi allontanare.
“Venerabile Kikyo potete sentirmi?”
“Ho…ho freddo.” E’ un sussurro appena percettibile ma Rin ne coglie il senso, si guarda attorno con agitazione, Jaken intanto sta accorrendo con l’acqua.
“Presto porta qui Ah-Un dobbiamo spostare la venerabile Kikyo al sole.”
Il demone si lascia scappare la brocca dell’acqua appena presa al fiume “che cosa? Stammi a sentire non ho intenzione di fare altro…se padron Sesshomaru lo scopre come minimo userà la sua spada per infilzarmi come uno spiedo. E adesso vieni via da lì!”
“Dirò al signor Sesshomaru che ti sei rifiutato di aiutarmi e mi hai lasciato sola.”
“Non oseresti piccola peste!”
Ma Jaken già trema all’eventualità “e va bene!”
La ragazzina sorride rincuorata notando il demone tornare sui suoi passi e sbracciarsi per richiamare l’attenzione di Ah-Un.
“Resistete venerabile Kikyo, adesso vi sposterò al sole e vedrete che vi riscalderete, oggi fa molto caldo ci vorranno pochi attimi.”
Kikyo tuttavia non parla più, i suoi occhi si socchiudono, il viso è tirato e sofferente.
“Vi prego ditemi come posso aiutarvi?”
“Non puoi.”
Al suono di quella voce Rin si volta istintivamente “signor Sesshomaru!”
“Allontanati da lei, Rin.”
“Ma la somma Kikyo sta male, vi prego fate qualcosa signor Sesshomaru.”
“Non è affar mio, ed ora vieni.”
“Eppure…siete stato voi a portarla qui.”
Malgrado l’insistenza della piccola umana il demone cane volta le spalle e si incammina, come spesso accade Rin sa cosa significa, solitamente non batterebbe ciglio seguendolo all’istante. Rimane indecisa sul da farsi, sa bene che se Kikyo venisse lasciata sola i demoni la divorerebbero, così Rin torna ad inginocchiarsi accanto al corpo della donna. E’ la prima volta che disobbedisce al suo benefattore.
Poco distante Jaken assiste incredulo alla scena, tra le mani tremanti tiene le briglie di Ah-Un che, infastidito dal sole e dalla titubanza del demone, torna a riadagiarsi pigramente nell’erba.
 
 
 Il bosco è silenzioso, Sesshomaru avanza con noncuranza mentre, poco distante da lui, Jaken lo rincorre inciampando di tanto in tanto su qualche radice.
“Padrone aspettatemi!” cerca di correre più veloce, ma l’immobilità improvvisa del suo padrone lo costringe ad una brusca frenata che lo fa finire ugualmente contro le gambe di Sesshomaru.
“Jaken…”
“Padron Sesshomaru io vi assicuro che ho ripetuto più volte a Rin di stare lontano da quella donna ma non ha voluto ascoltarmi. Avete fatto bene a lasciarla lì, disobbedire così a padron Sesshomaru è una cosa intollerabile.”
“Torna da lei e vedi che non le accada nulla.”
“Vo…volete che torni da lei?”
“Rimanete accanto al fiume fintanto che non farò ritorno.”
“Ma…ma…come volete padrone.”
 E Jaken può solo osservare il suo padrone allontanarsi e sparire nella boscaglia.
“Accidenti a quella Rin!” Jaken esausto getta il bastone a terra “devo sempre farle da balia. Vorrei sapere piuttosto dove sta andando il mio padrone, che si stia recando forse da Inuyasha per via di quella donna?!”

 ***
 
Totosai versa del tè in una ciotola sbeccata, le ossa della schiena gli dolgono sempre più spesso tanto che trasportare il martello diventa di volta in volta più difficoltoso.
Miyoga, accomodato sulla sommità di un ceppo di legno, lo osserva scuotendo il capo.
“E’ questo clima malsano. Dovresti darmi retta e scendere a valle. Le terme sarebbero un toccasana per quelle vecchie ossa.”
Totosai sospira rassegnato “temo che ci sia ben poco da fare, e poi non posso andare a zonzo proprio adesso.”
Miyoga sbatte velocemente le piccole palpebre con perplessità “io invece credo sia il momento migliore, quel mostro di Naraku è stato battuto, la sfera non esiste più e il padroncino Inuyasha e i suoi amici tengono a bada i demoni senza difficoltà. Credo non ci sia nulla di cui preoccuparsi.”
Totosai sorseggia rumorosamente dalla ciotola “è quando le tempeste sembrano terminate che un fulmine può colpire a tradimento.”
“Bah” sbotta Miyoga “secondo me con l’età diventi paranoico.”
“E allora come spieghi questa inaspettata visita?”
“Quel visita?”
Totosai alza gli occhi dalla ciotola, Miyoga seguendo la direzione dello sguardo del suo centenario amico può scorgere senza difficoltà l’avvicinarsi del demone cane.
“Sesshomaru?”
Il vecchio fabbro annuisce “ho il sospetto non sia qui per chiedermi di lucidare la sua spada.”
 
 ***
 
“Come al solito ti cacci nei guai e come al solito chi ci deve rimettere sono sempre io.”
“Mi dispiace Jaken.”
“E’ inutile che fai quell’aria innocente. Ora chissà quanto ci toccherà restare qui, e tutto per la tua cocciutaggine e per questo cadavere ingombrante.”
“Non è un cadavere.”
“Certo che lo è!”
“I cadaveri non respirano.”
“Lei non respira è tenuta in vita dalle anime dei…a proposito dove sono gli shikigami!? Forse è per questo che non apre gli occhi.”
“Ti ripeto che non è un cadavere.”
“Lo riconosco un cadavere quando lo vedo…”
“Guarda sta aprendo gli occhi! Venerabile Kikyo mi sentite?”
Le palpebre di Kikyo si sollevano e Rin pare sollevata, quegli occhi neri e terribili sembrano essere svaniti, ora in quello sguardo vi è solo una profonda tristezza e confusione.
“Non abbiate paura. Vi ricordate di me? Sono Rin, mi avete salvato la vita una volta.”
“R..Rin?”
La ragazzina annuisce entusiasta “esatto. E’ stato il signor Sesshomaru a portarvi qui, vi ha trovato tra le rovine del Monte Hakurei.”
“Questo…non è possibile…io sono…”
Rin le prende la mano “li sentite i raggi del sole, sono così tiepidi e piacevoli.”
Kikyo spalanca di più gli occhi, è vero, può sentire il calore del sole, il forte profumo del ginepro, la fronte è perlata di sudore, le labbra sono secche e piccoli tagli sulla pelle le fanno bruciare. Lei può sentirlo, può sentirlo.
“Non è possibile.”
“Certo che lo è! Sentite il contatto con la mia mano?” e Rin la stringe nella sua “avete le mani un po’ fredde ancora ma pian piano si stanno scaldando.”
“Non è possibile,” ripete Kikyo frastornata “io sono morta, questo corpo…questo corpo…” alza un braccio, portandolo davanti allo sguardo, la mano aperta contro la luce del sole rivela le piccole vene e un lieve arrossamento della pelle.
“Questo corpo è di carne e sangue…questo corpo è vero. Non è possibile.”
 
 ***
“Per quale motivo sei salito fin quassù Sesshomaru? E’ successo forse qualcosa alla tua Bakusaiga?”
“Vecchio Totosai, ci sono alcune domande che necessitano risposta.”
“Se credi che possa aiutarti ne sono ben felice, ma ricordati che sono un fabbro non un mistico.”
 
 
Note: ecco qua la mia prima fanfiction in assoluto su questo fandom. L’avevo in testa da tanto e quindi spero di poterla portare a compimento in tempi brevi. E’ ambientata dopo la fine di Naraku e questo mi permette di poter sfruttare i personaggi che amo in un modo forse più libero pur volendoli mantenere assolutamente  IC e mi impegnerò per questo. Qualche delucidazione sul titolo che fa riferimento al giglio ragno rosso ( fiore che compariva anche nella prima opening dell’anime e proprio al passaggio di Kikyo), la particolarità di questo fiore, oltre ad essere velenoso, è quella di essere usato nella tradizione giapponese come fiore per i defunti, un po’ come da noi lo è il crisantemo. Tradizioni orientali vogliono che i gigli rossi segnalino il percorso ai defunti verso l’altro mondo. Ecco perché viene anche chiamato “fiore dell’aldilà”.
Il ginepro è una libertà che mi sono concessa, in quanto pianta non presente in Giappone, tradizione vuole che se si seppelliscono le ossa sotto un ginepro il defunto tornerà in vita. Ovviamente il motivo per cui Kikyo è ancora presente non è certo dovuto al ginepro ma mi piaceva utilizzarlo come simbolo. Lo stesso si dica per la ragnatela.
 
Credit: la canzoncina cantata da Rin è presa da un altro lavoro della Takahashi, ovvero Ranma ½.
 
  
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