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Autore: Il cactus infelice    24/10/2019    4 recensioni
Una raccolta di oneshot e drabble ispirata alle vicende di Estate 2020. Alcune storie le potete capire anche senza aver letto la serie madre, ma in caso, se avete voglia e pazienza, recuperatela. La trovate sul mio profilo.
I personaggi appartengono tutti a J.K. Rowling con alcune eccezioni. Non è tutto Canon.
Genere: Angst, Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Weasley, Harry Potter, Teddy Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Infetto

 

 

 

Teddy Lupin non era uno che si ammalava; al massimo qualche raffreddore che poteva facilmente curare con una pozione fatta da lui stesso. Ed era finito in Infermeria un paio di volte solo perché qualcuno aveva fatto esplodere un calderone e l’altra volta per essersi slogato il polso durante un duello al club dei duellanti. Una brutta caduta, decisamente.
Insomma, lui non si ammalava. Non gli piaceva ammalarsi, la malattia destabilizzava le persone e impediva di fare qualunque cosa. E lui era uno che faceva tante cose. Non aveva il tempo di ammalarsi.
Ma era già da un po’ ormai, da un mese circa, che non si sentiva affatto bene. Si alzava stanco, qualche volta di più e qualche volta di meno, le giunture gli facevano male, gli girava la testa e alle volte aveva persino la nausea. Un paio di volte aveva persino vomitato - di nascosto - e non se l’era nemmeno sentita di mangiare. Già verso le dieci di sera gli veniva un sonno micidiale.
Poi c’erano giornate in cui stava benissimo e allora collegava tutto allo stress per gli esami. Un paio di volte aveva anche pensato di andare da Madame Chips per chiederle qualcosa, giusto per rilassarsi in vista degli esami, ma la verità era che Teddy Lupin odiava l’infermeria. Ne era quasi terrorizzato.
Purtroppo però, quel mercoledì mattina, durante l’ora di Cura delle Creature Magiche, il suo malessere lo aveva colpito più di quello che poteva sopportare. Hagrid e i suoi compagni si erano sfocati di fronte ai suoi occhi, la radura aveva iniziato a girare attorno a lui e in un attimo non aveva visto più niente.
Black out totale.
Si era risvegliato in Infermeria e Madame Chips gli aveva ficcato tra le mani una pozione dicendo che era svenuto e che Hagrid lo aveva portato lì a braccia. Se non si fosse sentito morire interiormente per l’imbarazzo, avrebbe anche riso per la comicità della scena che gli si era dipinta negli occhi. 
La porta dell’infermeria si aprì di colpo e Teddy sperò che fosse Tania, la sua ragazza, venuta a trovarlo. Se la immaginava preoccupata. Invece erano Elijah e Vicky e abbassò lo sguardo quasi deluso. Non che non gli facesse piacere vedere i suoi migliori amici, ma… la ragazza era sempre la ragazza.
“Ehi, Teds”, lo salutò la piccola Weasley.
“Amico! Ci hai fatto prendere un coccolone”.
I due si sedettero sulle sedie accanto al letto.
“Mi dispiace”.
“Madame Chips ti ha detto che è successo?”
“Solo che ero svenuto”.
“E…”, nel tono di Vicky c’era dell’esitazione. “Sa come mai?”
Teddy scosse il capo.
“Comunque Hagrid si è davvero agitato. Dovevi vederlo, povero. Mi sa che appena esci di qui, dovrai andare a tranquillizzarlo”.
Teddy sospirò e si incurvò nelle spalle. Sperava davvero di uscire presto di lì.
“Mangi abbastanza, Teddy? Forse è per quello”, aggiunse Victoire con lo stesso atteggiamento che aveva sua nonna ogni tanto. Il ragazzo guardò di sottecchi il viso brufoloso dell’amica trattenendosi dal sbottare. Non capiva davvero che gli stesse succedendo, non era solito a questo tipo di reazioni e sapeva di non doversela prendere con Vicky.
“In effetti, stai mangiando poco ultimamente”, fece Elijah.
Teddy stava per dire che il cibo non c’entrava niente, quando Madame Chips tornò da lui e chiese ai suoi due amici di congedarsi. I ragazzi spostarono lo sguardo da Teddy all’infermiera, preoccupati, ma obbedirono senza troppe proteste, augurando pronta guarigione a Teddy.
Non appena la porta si chiuse, Madame Chips si sedette sul letto ai piedi del paziente e lo guardò con una strana espressione.
“Teddy”. 
Oh no, pensò il ragazzo mentre il suo cuore gli guizzava nel petto. Non va per niente bene. Le mani avevano iniziato a sudargli e il respiro era accelerato.
“Temo che dovrai andare al San Mungo. Li ho già avvisati e abbiamo collegato il camino dell’infermeria con il loro. Ti accompagno io. Poi lì ti raggiungeranno tua nonna e il tuo padrino. D’accordo?”
Teddy scosse il capo. No, non era affatto d’accordo.
“Che sta succedendo? La prego, me lo dica”.
Le labbra della donna si strinsero in una linea sottile e il suo sguardo si addolcì.
Stava andando sempre peggio.
“Lo diranno al San Mungo. Ma tu non ti devi preoccupare. Tua nonna ed Harry saranno lì ad aspettarti”.
Facile a dirsi! Come poteva non preoccuparsi? Non era mai capitato che un paziente ricoverato all’infermeria di Hogwarts dovesse essere trasportato al San Mungo. Qualcosa non andava, decisamente. Aveva qualcosa di grave.
Teddy faceva sempre più fatica a restare impassibile. Tutto dentro di lui si agitava, voleva piangere, voleva nascondersi sotto le coperte e non uscire mai più. Voleva solo… voleva tornare a seguire le lezioni, incantare i soprammobili del castello, far impazzire Gazza, andare ad Hogsmeade con gli amici.
C’erano gli esami e poi altri due anni ad Hogwarts e poi un lavoro e… Insomma, tutta una vita davanti. Una vita che Teddy stava vedendo sfumare sempre di più davanti ai propri occhi.
Ma non potè fare altro che obbedire all’infermiera. 

 

 

 

Per uno che odiava l’infermeria di Hogwarts finire all’ospedale non era il massimo per concludere una giornata.
Diversi medimaghi si erano affaccendati nella sua stanza, portando fialette, pozioni e praticandogli strani incantesimi. Gli avevano sorriso tutti, con molta calma, erano stati pazienti e gli avevano sempre chiesto se lo potevano toccare. Lui non aveva fatto domande, si era semplicemente chiuso in un mutismo quasi disperato. Il che era strano perché in classe faceva sempre domande, era sempre curioso. Ma non aveva il coraggio di chiedere nulla. 
Harry e Andromeda erano venuti, come promesso; Harry indossava ancora la divisa da Auror. Doveva essersi precipitato lì dal lavoro.
Come faceva a stare tranquillo?
Ora, steso sul fianco e rannicchiato, li vedeva dalla finestra parlare con uno dei medici. Non riusciva a sentire cosa si stessero dicendo e nemmeno a leggere il labiale. Harry era piuttosto impassibile, il volto serio, Andromeda continuava ad annuire portandosi le dita alle labbra di tanto in tanto.
Ma nessuno dei due piangeva, quantomeno. Forse era un buon segnale.
Finalmente, dopo diverso tempo in cui Teddy fece di tutto per non mettersi a piangere, li vide sparire dalla sua vista e subito dopo la porta della sua stanza si aprì. Harry e Andromeda gli si avvicinarono piano, entrambi con un sorriso dolce sulle labbra, quello del padrino appena accennato.
Teddy scattò a sedere e li scrutò con l’espressione più seria che possedesse. “Sto morendo, vero?” chiese subito.
Andromeda strabuzzò gli occhi. “Non essere così drammatico, tesoro!”
“E allora cosa?”
I due adulti si scambiarono un’occhiata come se si stessero facendo una muta domanda. “Vai tu”, disse Andromeda, calma, ma sembrava comunque un ordine. La donna sapeva benissimo che era Harry quello bravo a dare brutte notizie in tono rassicurante. Lei non ci sapeva fare.
L’Auror prese una sedia e vi si sedette sopra ma al contrario, con il petto appoggiato contro lo schienale; era la sua posizione da dobbiamo parlare. Andromeda invece si appoggiò con le mani sul bordo del letto, adagiandoci sopra gran parte del peso del proprio corpo.
Teddy si accomodò a braccia incrociate, fronteggiando il padrino, il cuore che ormai gli martellava nelle orecchie in maniera quasi assordante. Se non si sbrigavano a dirgli quello che avevano da dirgli sarebbe morto lì sul posto.
“Teds, ti ricordi quando parlavamo di tuo padre e ti dissi che lui soffriva di licantropia?”
Il ragazzo annuì piano. Si sentiva trattato come un bambino di cinque anni e non come un adolescente vicino alla maggiore età. Tuttavia non lo avrebbe interrotto, voleva sapere che diamine stava succedendo.
“Quando sei nato tu non avevi alcun sintomo, non soffrivi di licantropia. Pensavamo che i poteri di metamorphomagus di tua madre la avesse… eliminata”.
Ted socchiuse leggermente la bocca, un’improvvisa consapevolezza ora negli occhi. Non serviva il suo QI più alto della media per capire dove quella discussione stava andando a parare.
“A quanto pare invece i geni del lupo mannaro erano soltanto… assopiti. E sono venuti fuori ora”.
“Oh”, fu tutto quello che il ragazzo riuscì a dire, abbassando gli occhi sulle proprie mani. “Quindi… mi trasformerò durante la luna piena?” chiese.
Harry gli prese una mano con la propria grande e callosa, ma fu Andromeda a rispondere con urgenza. “Oh no, tesoro… o meglio… Non lo sappiamo. Ci sono ancora tante cose che non si sanno sulla licantropia, men che meno se è sempre ereditaria. Potresti anche non trasformarti mai, o potrebbe succedere all’improvviso”. 
Fantastico!, pensò Teddy, non sapere se e quando si sarebbe eventualmente trasformato in un lupo mannaro era proprio quello che serviva al suo curriculum di promettente studente di Hogwarts. Forse sarebbe successo nel suo dormitorio e avrebbe sbranato tutti i suoi compagni di stanza o magari mentre era con Vicky… solo il pensiero lo fece rabbrividire.
Harry parve notarlo perché disse: “Non devi preoccuparti. Ovviamente, prenderemo le giuste precauzioni. Parleremo con la McGranitt e lei farà in modo che tu continui a studiare ad Hogwarts. Nessun altro deve saperlo se tu non lo vuoi, d’accordo, piccolo? Potrai continuare con la tua vita, come prima. Non cambierà nulla”.
Teddy vide il padrino sorridergli incoraggiante ma non riuscì a sentirsene coinvolto. Lui non aveva quella voglia… quella voglia di fare il coraggioso quando tutto ciò che voleva fare era rannicchiarsi sotto le coperte e smettere di pensare.
“Se ti trasformerai”, aggiunse sua nonna che sembrava essersi molto legata a quel se, piuttosto che al quando.
“Vuoi che chiamiamo il dottore che te lo spiega meglio?” gli chiese.
Teddy annuì nuovamente. Era improvvisamente diventato difficile parlare.
Il medico arrivò e gli spiegò tutto, in termini più scientifici ma con una calma e una pazienza che il ragazzo aveva visto poche volte negli adulti che non fossero i suoi famigliari. Gli disse che non era chiaro se si sarebbe trasformato o meno, che non era possibile prevederlo, ma che di sicuro avrebbe sofferto durante le notte di luna piena e nei giorni poco precedenti e poco successivi: mal di testa, nausea, ossa doloranti, stanchezza… Erano i sintomi che Teddy aveva segnalato ai medici ed effettivamente aveva dovuto ammettere che c’erano state un paio di sere in cui era stato più male rispetto alle altre. Anche quella notte ci sarebbe stata la luna piena, per questo era svenuto in classe.
Quando era nato c’era stato un 50% di possibilità che sviluppasse il morbo del lupo mannaro ma non era successo e in apparenza sembrava essere tutto a posto; ma se in quel tempo le ricerche mediche fossero state un po’ più avanzate - come lo erano ora - qualsiasi medico avrebbe avvisato che non era il caso di festeggiare; certi geni ereditari si possono sviluppare anche dopo, e l’adolescenza è il periodo più propenso a questo tipo di cose.
La pozione antilupo era diventata più forte e avrebbe dovuto abituarsi a prenderla cinque giorni prima della luna piena tutti i giorni; non calmava tanto i sintomi ma avrebbe tenuto a bada il suo lupo nell’evenienza di una trasformazione.
Tutto questo, quell’approccio così scientifico e reale con la questione lo aveva aiutato un po’, ma soltanto un po’, perché alla fin fine non toglieva di torno il problema.
Sta di fatto che Teddy, dopo quel giorno, riprese sì la sua solita vita ad Hogwarts e rimase uno studente modello e il primo della scuola, ma dovette iniziare a trascorrere una notte al mese alla Stamberga Strillante - perché nessuno poteva dire se e quando si sarebbe trasformato e non potevano correre il rischio di avere un lupo mannaro che girava per Hogwarts - e ad abituarsi alle ondate di nausea, alla febbre e tutti gli altri malesseri che ne conseguivano.
Per un po’, soltanto per un po’, nella solitudine e nell’oscurità della Stamberga Strillante, Teddy si trovava a odiare suo padre qualche volta. Ma poi Harry imparò a trasformarsi in un Animagus - un grosso cervo con le corna maestose - e prese a dormire con lui nella Stamberga durante le notti di luna piena. E allora tutto divenne molto più sopportabile. 

 

*** 

 

 

 

Eccola qua, la prima delle oneshot/spin-off della mia fanfiction, Estate 2020. Questa è una di quelle storie che potete comprendere anche senza aver letto la serie madre, tuttavia, se vi va, vi invito a leggerla. Chi invece già mi segue e conosce la fanfiction, be’… vi ringrazio per avermi seguito anche qua : ) avrete notato che vengono accennate alcune cose che nella storia madre acora non ci sono. Piccoli spoiler, ma in realtà sono dettagli. 

Un bacio e lasciatemi qualche commento. 

 

C.

 

 

   
 
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