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Autore: Evenstar75    25/10/2019    2 recensioni
Di recente, Demi Salvatore ha dovuto fare i conti con due verità sconvolgenti: non solo ha scoperto di essere la figlia segreta di Damon ed Elena ma, come se non bastasse, adesso sa anche di essere la ''Prescelta''.
Intenzionata a sfruttare i suoi poteri per dominare il mondo dei vivi e dei morti, una strega crudele di nome Sophie Deveraux le dà la caccia e vorrebbe costringere lei e Prince Mikaelson (il bellissimo ed inquietante figlio di Klaus) a spezzare la Maledizione della Clessidra.
Gli abitanti di Mystic Falls della vecchia e della nuova generazione, tuttavia, sembrano disposti a tutto pur di impedirglielo.
Accompagnata da Sheila Bennett e Mattie Lockwood, le eredi di Bonnie e di Caroline, ed innamorata di Nick Mikaelson, il figlio di Elijah che ha sacrificato se stesso per salvarla, Demi si ritroverà a combattere per difendere la propria vita e quella dei suoi cari, mettendo a repentaglio tutto quello in cui ha sempre creduto ed aprendo il suo cuore a moltissime nuove, oscure e stupefacenti esperienze.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Nuovo personaggio, Stefan Salvatore, Un po' tutti | Coppie: Damon/Elena, Elena/Stefan
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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With luck, foward
 
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*Sheila scrive sul diario di Demi*
Caro Nick,
da quando te ne sei andato, il nostro mondo è finito letteralmente in pezzi. Riesci a crederci?
 
*Demi esce in giardino e trova un biglietto sul suo scooter*
Nick: Ti prego, Demi, aiutami.
So perfettamente che tu e Prince mi credete perduto,
ma io sono ancora qui, intrappolato in queste sembianze di Demone.
Ed ho bisogno del tuo aiuto.
Sophie vuole che le consegnate la Piuma Nera, poi mi lascerà libero.
 
*Demone-Nick a Kai Parker e Shane*
Demone-Nick: - Che mi consegni la spada come richiesto nel biglietto è fuori da ogni probabilità (…)
Non pretendo che mi dia l’arma, mi serve soltanto che voglia cercarmi.
Perché credi che le abbia lasciato quel messaggio, altrimenti?-
 
*
 
Eve morente a Mattie: - Se muoio adesso non sarà stato invano,
perché, così facendo, potrò scegliere il mio successore...
ed io voglio salvarti, Mattie, perché voglio che sia tu a prendere il mio posto.
 
Mattie a Jackson *nel cimitero*: - So perché sei venuto qui, Jackson, e te ne sono grata.
So che Demi è in pensiero e che (…) ha affibbiato a qualcuno di cui si fida il compito di supervisionare le mie future metamorfosi,
per evitare che mi vada ulteriormente in pappa il cervello. (…)
Ma vorrei che fosse ben chiara una cosa: prima che quel mio momentino peloso arrivi,
non ne voglio sapere di prendere il comando,
o di entrare a far parte del vostro club,
non voglio neanche sentirne parlare, okay?!
Sono-in-lutto.-
 
*


*Damon trova Prince essiccato nella Capanna*
Damon: - Baby-Klaus… oh no, no, no… Demi… e adesso come glielo spiego?!-
 
*Damon assiste alla scena precipitando nell’inconscio di Prince*
Papa Tunde: - Questo pugnale ti donerà un sonno molto simile a quello che la pomme empoisonnée diede a Biancaneve (…)
Stregherò la lama personalmente, e questo la renderà capace di nuocerti, come desideri.
Ma non durerà per sempre: il suo effetto potrà essere annullato, in una determinata circostanza.
L’unica cosa che posso fare è darti la possibilità di scegliere quale.-
 
Elena: - Demi era innamorata del figlio di Elijah. E l’ha perso, in modo orribile.
Può mostrarsi forte quanto vuole, ma sono convinta che Demi stia cercando soltanto un modo per non affondare,
e quel modo è aggrapparsi a Prince Mikaelson.-
Damon: - Perciò anche tu, se scoprissi che il caro principino ha avuto un contrattempo,
decidendo di ritirarsi dalle scene per un po’…
proveresti a rimetterlo in pista?-
Elena: - Sì.-
 
*
 
Elena a Damon #cap6: - Stefan non cenerà con noi, stasera.
Lui… starà alla casa sul Lago per un po’. Ha deciso che è meglio così.
Era a pezzi, ma non ho potuto dire nulla che potesse fermarlo.-
 
Stefan ad Elena #cap5: -  Sei l’amore della mia vita, e lo sarai per sempre, ma non possiamo più andare avanti in questo modo.
Non posso sopportare le tue incertezze, non dopo quel che c’è stato tra noi… (…)
Per rispettare la volontà di Damon,
ho serbato per me la verità sul soggiogamento di Rebekah e il tenertela nascosta mi faceva sentire meschino,
ogni giorno, come se mi meritassi quel tuo amore a metà…
come se fosse quello il prezzo da pagare per poterti stare accanto.
Ma poi lui è tornato, e la sua sola presenza è bastata a farti rimettere in discussione ciò che volevi.
O chi.
Adesso hai tutte le carte in mano per fare la tua scelta, (…) ma non farmi restare qui a guardare.-
 
 
 
**************************************************************************
 
 
 
Stefan si asciugò la fronte madida di sudore passandoci sopra una manica della propria camicia a quadri, poi lasciò cadere pesantemente l’accetta di cui si era servito per la sua interminabile attività pomeridiana di boscaiolo, e sospirò.
Il sole d’amaranto era stato completamente fagocitato dalle rive più remote del Lago e nel cielo erano già comparse le prime stelle, ma lui non si sentiva sfinito come avrebbe dovuto, come avrebbe voluto. Infatti, nonostante avesse tenuto impegnati per ore ed ore i propri muscoli in uno sforzo che sarebbe risultato sfiancante per qualsiasi essere umano, non si sentiva esausto né sollevato, perché la fatica di fare a pezzi dei grossi ceppi da ardere non aveva minimamente lenito la sua disperazione e, anzi, era solo servita a ricordargli quanto insopportabile fosse, per lui, ritrovarsi a vivere di nuovo intrappolato nel corpo di un vampiro instancabile, costretto a rifare i conti con lo stesso mondo sovrannaturale che per sedici anni era riuscito a lasciarsi alle spalle, assieme allo Squartatore, alle interminabili tragedie famigliari ed amorose, all’eterna rivalità con suo fratello…

 

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Con un gesto irritato, rientrando in casa, Stefan tirò fuori dal frigo una bottiglia colma fino all’orlo di sangue di lepre, denso e scuro come succo di more, e se la portò alla bocca, trangugiandone il contenuto in avide sorsate e storcendo la bocca un attimo dopo per la stizza.
Il solo pensare a Damon gli faceva prudere le mani e pulsare forte i canini ma, visto che era stato proprio in quella dimora che, qualche tempo prima, aveva perso il controllo della propria sete, aggredendo Demi e spaventandola a morte, per Stefan l’idea di arrischiarsi a bere anche una minuscola goccia di delizioso sangue umano (giusto per rinvigorirsi e poi, magari, per andare dritto a cercare il primogenito Salvatore) rimaneva fuori discussione.
D’altronde, a cosa sarebbe servito farsi una sonora scazzottata con Damon?
Di certo non avrebbe cancellato lo sgomento e la sofferenza che aveva provato quando, sul divano del Pensionato, si era risvegliato dal suo sonno di morte ed aveva ricordato con acre precisione chi era stato a spezzargli il collo di fronte all’impotenza di Bonnie e Jeremy, ignorando di sana pianta i suoi avvertimenti.
Di certo non gli avrebbe strappato dalla testa l’odore inaccettabile di Damon che aveva captato sulla pelle di Elena, tra i suoi capelli, sui suoi vestiti, quando sua moglie si era seduta accanto a lui per assisterlo e per dirgli che Rebekah era stata sconfitta appena in tempo e che Demi aveva saputo la verità nel peggiore dei modi.
Spappolare con un pugno il naso perfetto di suo fratello non avrebbe di certo cambiato il fatto che Damon aveva avuto ragione fin dall’inizio sulla questione della reticenza, né in alcun modo annullato l’amore viscerale che Elena non era mai stata capace di smettere di provare per lui, o il fatto che lui fosse il vero padre di Demetra… non avrebbe fatto sentire Stefan meno amareggiato o in collera con l’universo intero e, soprattutto, con se stesso.
Per aver permesso alla sua vita di prendere esattamente la stessa piega di quasi vent’anni prima.
Per averci messo così tanto a capire.
E a farsi da parte.
Gli ci era voluto circa un mese per fronteggiare l’agonia e metabolizzare gli eventi terribili che avevano scosso gli abitanti del Pensionato fino al midollo, ma alla fine era riuscito a reagire nell’unico modo che gli era sembrato sensato: aveva ammassato le proprie cose in un paio di valigie ed aveva detto ad Elena che ostinarsi a negare la realtà non avrebbe giovato a nessuno di loro.
Quando lei aveva cominciato a supplicarlo, le aveva sbattuto in faccia la loro infelicità e la distanza che, tra loro, si era fatta di giorno in giorno più incolmabile, da quando Damon era ricomparso, poi si era chiuso la porta alle spalle, mandando in frantumi il suo stesso cuore, ed era corso a rifugiarsi in quella casa enorme quanto vuota, immersa nella natura e nel silenzio, con l’illusione di poter riflettere sulla propria situazione e di poter provare, una volta evaso dalla propria spirale di dolore, a migliorare le cose.
Solo adesso, mentre ciondolava verso il soffice divano beige del salotto e ci sprofondava dentro con un tonfo cupo, prendendosi poi la testa fra le mani tremanti, Stefan si rendeva conto che la sua era stata soltanto una vana, ingenua speranza.
Non avrebbe trovato laggiù la forza di ricominciare.
Probabilmente non l’avrebbe mai più trovata.
Tutto ciò che gli riusciva di fare era sentirsi inutile, prosciugato ed orribilmente solo. Non c’erano anestetici per quello che stava provando, non esistevano più menzogne in grado di attutire l’urto della sconfitta, pensò il vampiro, serrando le palpebre bollenti sotto le dita. Perché, per quanto fosse insostenibile da accettare, doveva ammetterlo a se stesso… aveva fallito… fallito… fallito
 
- Credevo che il fatto che Damon ti avesse torto il collo, spedendoti a forza in questo posto, ti avesse fatto incazzare, e non poco. Ed ora ci ritorni di tua spontanea volontà? Oh, Stefan, mi meraviglio di te. Si può sapere che ne è stato del tuo spirito combattivo?- una voce femminile bonaria e sorpresa gli solleticò l’orecchio e il minore dei Salvatore riaprì gli occhi ancora umidi in un mondo che non era più circondato dai rustici arredi della Casa sul Lago e dallo struscio rissoso delle onde sui ciottoli appena fuori dal porticato.
Incredibilmente… si trovava in uno sfarzoso salone ottocentesco.
Con immensa cautela, Stefan rimise a fuoco la realtà circostante e si tastò il petto, sentendolo piacevolmente avvolto nel raso e nella seta di un panciotto pieno di ghirigori, simile a quelli che sua madre era solita cucirgli da bambino… aveva persino le iniziali ricamate su entrambi i polsini della casacca!
Mentre sfiorava con i gomiti un paio di braccioli di legno intarsiato, Stefan capì di trovarsi seduto su un comodo scranno imbottito e dopo un attimo, avvertendo un tocco metallico premergli contro il fianco, notò l’elsa di uno spadino sporgere appena da un fodero allacciato saldamente alla sua cintura. Nell’aria aleggiava uno squisito profumo di frutta candita e di cacciagione allo spiedo e, dai passi della servitù affaccendata tutt’intorno, rapidi almeno quanto il suo battito cardiaco nuovamente e splendidamente umano, il marito di Elena capì che ce l’aveva fatta…
Sì.
Era tornato.
- Quantomeno nel tuo paradiso personale ci sono io, amico. Sappi che in caso contrario, non ti avrei mai perdonato.-
 
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Nell’udire quella battuta, Stefan balzò in piedi talmente in fretta da rischiare di inciampare nel ricco tappeto sotto i suoi piedi ed abbracciò di slancio la propria interlocutrice sibillina, come un condannato a morte fa con il responsabile della sua grazia:
- Quanto avevo bisogno di rivederti, Lexi...- ammise con un ansito, seminascosto tra i fitti boccoli dorati della sua migliore amica, finemente intrecciati in un’acconciatura alla moda che anche Katherine aveva spesso sfoggiato per fare colpo su di lui, nel lontano 1861. -… lo sapevo. Sapevo che non avresti approvato, ma non sono riuscito a resistere alla tentazione… ero disperato. Dio se lo sono ancora! E se questo è l’unico modo che ho per poterti parlare, per poter avere il tuo sostegno proprio adesso, mentre tutto sta andando in pezzi, allora io…-
-… cosa farai, Stef? Ti spezzerai volontariamente le vertebre due, tre… dieci volte al giorno?- ironizzò Lexi, sciogliendo delicatamente la sua stretta e fissandolo dritto negli occhi con le sue iridi colme di rimprovero e compassione. Stefan si sentì subito arrossire e, con un moto d’imbarazzo, cercò di scacciare dalla propria mente l’immagine di ciò che aveva fatto solo pochi istanti prima sul divano del Lago, nella speranza di riuscire a sentirsi un po’ meno miserabile: si era procurato di propria mano la stessa morte che Damon gli aveva inflitto a tradimento a casa Bennett, frantumandosi deliberatamente le ossa cervicali nel tentativo di ottenere lo stesso, miracoloso risultato dell’ultima volta. Dopo essersi accasciato senza vita nel giardino di Bonnie, infatti, sperimentando la morte temporanea tipica dei vampiri per la prima volta da quando aveva assunto la Cura, aveva sentito la propria coscienza librarsi oltre ogni percezione terrena e finire catapultata in un universo parallelo mai visto prima, fatto di odori, colori e sensazioni meravigliosamente umane, e simile in tutto e per tutto alla sua più insperata idea di paradiso. - Quel mascalzone patentato di tuo fratello non avrebbe dovuto mostrarti cosa c’era qui... non prima del tempo, almeno.- sospirò Lexi con aria mesta, quasi leggendogli nel pensiero. - Te l’ho spiegato anche l’ultima volta... Luinil, spingendo gli altri angeli a creare questo angolo di pace ultraterrena per Silas, voleva assicurarsi che un giorno, dopo la morte del suo amato, le loro anime sarebbero tornate ad incontrarsi. Ora, per il semplice fatto che la Cura destinata a lui ha toccato le tue labbra, anche tu sei incluso in quel progetto di beatitudine, e ciò che vedi con gli occhi dello spirito non è altro che l’immagine più vicina alla quiete eterna che il tuo cuore è riuscito ad immaginare giusto un attimo prima di fermarsi.- Stefan annuì energicamente, confermando una per una le parole dell’amica: ogni dettaglio intorno a loro, infatti, sembrava trasudare la spensieratezza di cui lui aveva goduto nella propria adolescenza ottocentesca, quando il sovrannaturale non aveva ancora affondato le proprie zanne nella sua placida esistenza e nulla al mondo lasciava presagire gli orrori che Miss Pierce avrebbe portato con sé, sostando fatalmente con la sua carrozza nella proprietà di Giuseppe Salvatore.
- Ma quassù non è il tuo posto.- lo avvertì Lexi con forza, stringendogli una mano sulla spalla per scrollarlo appena. - Il sapere ciò che di buono ti aspetta non ti dà il diritto di rinunciare alla tua vera vita, per quanto dura possa sembrarti in questo momento. Non è da te. Tu non ti arrendi quando sai che c’è ancora tanta gente che ha un grande bisogno di te… non puoi semplicemente voltargli le spalle!-
- Chi ha bisogno di me?- esalò Stefan abbassando lo sguardo, devastato. - Elena? Il sirebond non è mai stato reale, Lexi. Nessun trucchetto magico ha influenzato davvero ciò che provava e tutto ciò che mi sono ripetuto per anni ed anni si è rivelato una menzogna… i suoi sentimenti per Damon sono sempre stati autentici. Non hanno mai smesso di esserlo, neanche per un momento. E solo adesso mi rendo conto di quanto sono stato stupido a credere il contrario. Avrei dovuto infrangere la promessa fatta a Damon quella notte. Avrei dovuto dirle che c’era lo zampino di Rebekah dietro alla sua partenza, dirle tutto quanto, e subito. Avrei dovuto far sì che lei andasse a cercarlo, avrei dovuto aiutarla a trovarlo, farla andare lontano da Mystic Falls, dove avrebbero potuto essere felici. E invece l’ho tenuta ancorata a me. E con lei, anche Demi. Perché volevo che tutto tornasse come prima, perché non potevo vivere senza di loro. Perché credevo di poter essere quello giusto e volevo soltanto un’occasione per dimostrarlo.- dal suo tono sempre più roco e metallico, si poteva percepire che, finalmente, lo sfacelo che aveva albergato nel suo petto fin dall’inizio di quella storia stava finalmente salendo a galla, con tutta la propria irruenza. - Mi guardo allo specchio, Lexi, ogni giorno, e provo soltanto disgusto. Mi vergogno. Io, che ho sempre rispettato la volontà della donna che amavo, che l’ho lasciata affogare al Wickery Bridge per non calpestare le sue decisioni… le ho impedito di fare l’unica scelta che contava davvero.- Stefan si lasciò nuovamente cadere sullo scranno che aveva occupato poco prima e si nascose la faccia tra le mani. Non era cambiato granché dalla scena che si era ritrovato a vivere nel salotto della sua dimora lacustre, ma almeno stavolta la presenza al suo fianco della sua amica del cuore gli dava il conforto necessario a proseguire con quella confessione: - Sarebbe dovuta stare con Damon. Sarebbe appartenuta a lui, se solo io glielo avessi permesso, e questo pensiero mi fa ribollire di un odio feroce per me stesso… e per mio fratello. Capisci? E’ il sangue del mio sangue, ma non credo di aver mai odiato qualcuno quanto odio lui. E lo odio perché… ne sono geloso marcio, Lexi.- passandosi le dita tra i capelli come se volesse strapparseli, Stefan emise un gemito. - E questo fa di me una persona orrenda, non è così? Fa di me il vero fratello cattivo.-
- No. Fa di te un essere umano, Stef.- gli sussurrò la Branson, prendendo posto su uno sgabello accanto a lui e lisciandosi le svolazzanti pieghe dell’abito. - Non importa ciò di cui ti nutri, non importa se sei più forte di un uragano o più veloce di un fulmine… in questo momento, sei un essere umano, esattamente come lo sei stato negli ultimi sedici anni, prima che l’effetto della Cura fosse interrotto. Tutti gli umani sbagliano. Sono egoisti. Feriscono chiunque, anche le persone che amano, e compiono delle azioni ignobili. Odiano con tutto il loro cuore e, molto spesso, sono artefici della loro stessa sconfitta. Ma sai che c’è di veramente straordinario, direi d’irripetibile nell’umanità? Qual è la cosa di cui, una volta diventati immortali, sentiamo sul serio la mancanza, ciò che invidiamo loro? La possibilità di cambiare.- confuso da quelle parole, Stefan sollevò il capo per scrutare meglio il viso benevolo di Lexi. - Il tempo non passa per gli umani come per i vampiri, non è una fonte inesauribile, per loro, lo sai. Nonostante questo, nel breve intervallo che gli è concesso sulla terra, gli umani cambiano molto più di noi. Nessuno di loro rimane uguale a se stesso per tutti gli anni della propria vita, anzi, è diverso in ogni singolo istante rispetto a quello precedente, ed è questo che riempie le loro esistenze, ciò che rende sopportabile la quotidianità e dà valore ai loro attimi… già, sedici anni fa hai fatto degli errori. Ma adesso non sei più la stessa persona di allora! Così come non sei più il nobile rampollo di casa Salvatore in cui la tua coscienza si ostina a voler cercare rifugio!- ispirando a fatica, Stefan incominciò a capire: - Devi smetterla di vivere nel passato, nel rimpianto, nel senso di colpa per ciò che è stato, o peggio, per ciò che poteva o poteva non essere. Se ti senti umano come hai sempre desiderato essere, se lo sei ancora, perlomeno nel tuo cuore, puoi ancora puntare tutto sul cambiamento. Puoi cambiare tu stesso, ricominciare! E se lo farai, te l’assicuro, la tua idea di pace cambierà insieme a te e diventerà ogni giorno più simile a qualcosa che esiste anche nel presente, e non è rintracciabile soltanto in un fittizio e deprimente universo post-mortem. Non sarà facile, certo. E ci vorrà un bel po’… ma ce la farai, Stef. Se sei passato dall’essere lo Squartatore di Monterey ad essere l’uomo eccezionale che ora è di fronte a me, capace di ammettere ad alta voce tutte le proprie mancanze… puoi fare qualunque cosa tu voglia.-
Lexi avvicinò una mano alla guancia del suo eterno amico e raccolse le sue lacrime bollenti con una carezza:
- Ti fidi di me?- gli domandò a quel punto, dolcemente.
- Sì.- bisbigliò Stefan, con la voce strozzata. - Sì. Come sempre.-
- Allora torna indietro.- lo incoraggiò la Branson, assestandogli una spintarella. - Datti del tempo, e abbi fiducia. Io ti aspetterò, qualunque sarà il nuovo paradiso che sceglierai, dove non saremo più costretti a sentire la mancanza l’uno dell’altra… ma non osare tornare fin quando non sarà arrivato il tuo momento! Mi hai sentito?-
- Aspetta!- la bloccò precipitosamente Stefan, sentendosi investire da una folata di vento impetuoso che lo sbalzò brutalmente via dalla sua postazione, risucchiandolo nel ventre di un turbine diretto verso la realtà, che pareva tornata improvvisamente a reclamarlo. – Come farò a capire che è arrivato il momento giusto? Come farò a sapere quando…?-
L’ultima cosa che Stefan riuscì a vedere prima di volatilizzarsi nel nulla fu il sorriso di Lexi, brillante come uno spicchio di luna nell’oscurità:
- Lo saprai.-
 
DIIIIIND DLOOOOON.
DIIIIINDLON DINDLON DIIIINDLOOOONNN.
Stefan ripiombò nel presente di colpo e si ritrovò disteso esattamente nello stesso posto in cui si era suicidato, con l’unica differenza che, oltre le sottili tende delle finestre, adesso, il cielo era divenuto ormai del tutto color pece. Ancora disorientato e dolorante si raddrizzò tra i cuscini, tra i quali si era accasciato scompostamente per qualche tempo, poi si sentì trapanare i timpani da un suono tremendamente acuto e martellante.
Irritantissimo.
Qualcuno stava suonando il campanello con un’insistenza insopportabile e Stefan, che dal canto suo non aveva la più pallida idea di chi potesse essere, riuscì giusto a rivolgere un pensiero pieno di rancore al proprio finissimo udito sovrannaturale, prima di alzarsi e di dirigersi all’ingresso.
Sì, era tornato un vampiro. Sì, era ancora profondamente infelice e non vedeva grandissime vie d’uscita sul proprio cammino, ma il fantasma di Lexi gli aveva riempito il cuore di una tiepida speranza che forse, in futuro, gli sarebbe stata utile per non annegare. Forse avrebbe potuto superare quella situazione. Come aveva detto lei, avrebbe potuto concedersi una possibilità, dimostrarsi aperto al cambiamento, ormai inevitabile, assecondandolo per non rimanerne schiacciato. Nel migliore dei casi, avrebbe recuperato con successo la forza di mettere da parte il proprio orgoglio ferito ed avrebbe ritrovato uno scopo.
E forse, ad un certo punto, sarebbe riuscito persino a smettere di odiarsi.
O di odiare Damon.
Tutto ciò di cui aveva bisogno era di un po’ di temp…
DIIIIIIIIIIIN DLOOOOOOOOOOOOOOOOON!
Esasperato, Stefan abbassò la maniglia della porta e sentì sgretolarsi miseramente sotto il proprio naso la maggior parte dei suoi ottimi propositi: di fronte a lui, infatti, scarmigliato e con uno dei suoi più preoccupanti ghigni malefici stampati in faccia, leggermente ricurvo per sostenere il peso di un altro corpo pesantemente appoggiato al proprio e con un braccio non suo saldamente avvolto attorno alle spalle… c’era Damon.
- Ciao fratello.- esordì quest’ultimo con impazienza, incontrando lo sguardo allibito di Stefan e accennando subito alla testa riccioluta di Prince Mikaelson che, inerte, ciondolava a pochi millimetri dalla propria.
- Allora…- ammiccò.
 
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- Un aiutino?-
 
***
 
- Un aiutino?!- fece Demi in tono accattivante, superando con un po’ di fatica gli ultimi tre scalini che ancora la separavano dall’ingresso del Pensionato e sventolando davanti alle tre persone che lo affollavano le grosse buste piene di hamburger che reggeva tra le mani.
Elena, felicissima di rivederla ma ancora un po’ confusa, rimase a fissarla per un istante di troppo senza muoversi, perciò fu qualcun altro ad offrirsi di alleggerire il soffice carico della Salvatore:
- Grazie mille, Jack.- sospirò con sollievo quest’ultima, cedendo di buon grado a Jackson Kenner il più ingombrante dei suoi unticci fardelli. - Sei un amico.-
- E così lui è un vostro... amico?- domandò Elena a sua figlia e all’altra figura lì presente, mostrandosi sospettosa ma anche rincuorata.
Doveva ammetterlo, lo sguardo sbigottito con cui quel tipo bruno dalla chioma incolta l’aveva squadrata subito dopo avergli aperto non l’aveva fatta ben sperare ma, osservandolo meglio, la madre di Demi si rese conto che l’aspetto di Jackson non era poi così minaccioso, anzi: il ragazzo, che dimostrava una ventina d’anni, aveva degli occhi straordinariamente gentili, che si erano rasserenati ancora di più all’arrivo di Demetra.
- Già, siamo amici per le pulci.- confermò Mattie spiccia, pigiandosi sulla testa un cappello tutto bitorzoluto. - Ha insistito per scortarmi fin qui con il suo mostro della strada dopo essere capitato per caso dalle parti del cimitero, sapete. Quasi come se qualcuno gli avesse ordinato di non farmi mancare per nessun motivo a quest’appuntamento.- specificò, con una strana vena accusatoria nella voce, che spinse Demi a fissarsi intensamente le scarpe. - E per tutto il tempo non ha fatto altro che petulare e petulare a proposito del fatto che, una volta arrivato qui, gli sarebbe di sicuro venuto un colpo nel trovarsi al cospetto della fotocopia vivente della leggendaria, micidiale, bellissima e spietata Regina Karmelina...-
- Katerina.- la corresse Jackson in un soffio, mentre la poca porzione di pelle ancora visibile sotto la sua barba avvampava. - N-non Karmelina.-
- Oh, allora è per questo motivo che eri così… capisco.- Elena gli rivolse un sorriso bonario e cercò di lisciarsi i capelli ulteriormente umidi con le dita, come nel voler amplificare l’unica differenza fisica degna di nota esistente tra sé e la propria malefica doppelganger. Poi, senza più esitazioni, si ritrasse sull’uscio, per lasciar passare i nuovi arrivati. -… niente paura: Katherine ed io, a parte l’aspetto, abbiamo ben poco in comune. Forza, entrate… non avevo apparecchiato per quattro, ma ci vorrà un attimo per aggiungere due posti a tavola, così...-
- No, non preoccupatevi per me.- la interruppe Mattie frettolosa, ficcandosi le mani in tasca e dondolandosi nervosamente sul posto, senza rivolgersi a nessuno di loro in particolare. - Tanto non ho fame.-
Di fronte all’assurdità di quella dichiarazione sia Demi che Elena rimasero a bocca aperta, ma stavolta fu il turno di Jackson d’intervenire:
- Io dico che hai una fame da lupo, invece, e, nell’interesse del nostro branco, aggiungo che non dovresti mai cercare di ignorarla.- cinguettò, facendo volutamente scrocchiare la busta profumata che teneva tra i palmi, in modo che l’odore delizioso di carne al sangue e cheddar fuso si diffondesse ancor di più attorno a loro. Sembrava proprio che volesse vendicarsi dell’imbarazzante rivelazione fatta poco da Mattie, e anche quest’ultima parve rendersene conto, perché gli scoccò un’occhiata inceneritrice: - Anzi, come sempre accade quando si è freschi di Risveglio, il tuo bisogno di nutrirti si sarà duplicato, ma che dico? triplicato!, rispetto a prima.- infierì Jackson, imperterrito. - E la fame, brrrrrrrr, insaziabile… un vero chiodo fisso, capace di durare anche ventiquattr’ore su ventiqua…-
- Di questo affronto risponderai al tuo Alpha, Kenner.- bofonchiò la figlia di Caroline, con l’acquolina in bocca e il naso per aria dal fastidio. - Io me ne vado.- annunciò indignata, dando un calcio ad un povero sassolino innocente e voltandosi precipitosamente verso il cortile.
Accidenti, quel tipo non le andava giù di un millimetro!
Da quando se l’era svignata dal suo bar di New Orleans per trasferirsi pianta stabile a Mystic Falls, se l’era ritrovato quasi perennemente tra i piedi, anche prima della loro presentazione ufficiale. Sempre a gironzolare nei suoi paraggi, facendola sentire osservata e studiata, sempre sul punto di rivolgerle la parola, come se il semplice fatto di appartenere allo stesso clan li dovesse necessariamente far nascere tra di loro un’amicizia, sempre pronto ad offrirsi per farle da mentore sulla Licantropia, della quale lei aveva la nausea, e a mostrarsi ciecamente bendisposto nei suoi confronti, nonostante le chiare diffidenze di lei… notando quella sua stramba tenacia, fin da subito la Lockwood lo aveva strapazzato senza pietà, ma di certo non si sarebbe aspettata un simile contrattacco… tradimento!
- Aspetta… Mattie!- intervenne a quel punto Demi, rincorrendola fino a raggiungerla nelle vicinanze dello steccato.
Quando furono l’una di fronte all’altra, entrambe tacquero a lungo e, mentre Elena e Jackson restavano in disparte, la Salvatore cercò ansiosamente con lo sguardo quello della sua amica, senza trovarlo ad aspettarla: non era rimasto granché della biondina tutta pepe e zucchero filato su cui aveva sempre potuto contare nelle più assurde marachelle infantili. I traumi più recenti e lo shock di aver attivato la propria Licantropia sacrificando la vita di Eve per salvare la propria le avevano strappato via quel candore per il quale tutti l’avevano sempre adorata, e Demetra non aveva idea di come rapportarsi a questa nuova Mattie così schiva, irascibile e distaccata, in particolare nei suoi confronti.
Forse solo una persona avrebbe saputo come approcciarsi a lei, e quel pensiero non faceva che rendere ancora più incolmabile il vuoto lasciato dalla sua scomparsa nelle loro vite.
- Per favore.- le mormorò la Prescelta, battendo velocemente le palpebre per evitare che le sue emozioni la tradissero. Non sapeva esattamente come scegliere le parole per dirle che le mancava e che aveva bisogno di lei, che voleva capire il perché di quello squarcio sempre più arduo da ricucire tra loro ed offrirle il proprio aiuto, se ne aveva bisogno, e così tirò fuori l’unica richiesta che le parve avere un barlume di senso: - Resta. Devo parlarti… è importante.-
Percependo la sua disperazione, Mattie si decise a guardarla e, per un momento, le sue iridi color del mare parvero essere ritornate quelle accondiscendenti e comprensive di una volta; ma quell’illusione durò solo per un attimo, perché subito dopo la Lockwood si lasciò sfuggire un sospiro rassegnato:
- Avrei dovuto capire subito il perché di questo invito.- annunciò, a bruciapelo. - ll fatto che tu abbia mandato Jackson a scortarmi fin qui, ne era una prova lampante: tu hai delle novità su di lui, non è vero? Su Nick.-
La Salvatore restò in silenzio per qualche secondo, incerta sul come rispondere, poi, cercò nella propria tasca la penna che aveva trovato quel pomeriggio appoggiata sullo scooter e, stringendola convulsamente, annuì.
- Sapevo che sarebbe arrivato questo momento.- confessò allora Mattie, restando immobile, rigidissima, in tutto il resto del suo corpo da scricciolo. - Era ovvio che, prima o poi, sarebbe accaduto qualcosa che ti avrebbe fatto venire in mente l’idea di provare a salvarlo, e che saresti venuta dritta da me per chiedermi di appoggiarti.-
- Mi ha lasciato un biglietto.- ammise Demi, estraendo prontamente il foglio arrotolato dal proprio giubbotto e porgendolo a Mattie che, tuttavia, non volle nemmeno sfiorarlo. – L’ho trovato qui in giardino qualche ora fa… era indirizzato a me e ho capito immediatamente che era stato lui a scriverlo.-
- Il Demone.- dedusse la Lockwood, con un fil di voce.
- No.- la corresse la Prescelta, ritraendo la mano che cingeva il biglietto con un fare quasi protettivo. - Nick.-
Quel nome investì entrambe come una folata di gelo pungente ed i loro volti, segnati da espressioni completamente diverse, seppure frutto della stessa sofferenza, s’indurirono di colpo.
- Tu non eri lì.- sibilò d’un tratto Mattie, sentendosi ammontare nel petto una rabbia cieca ed infuocata, la stessa che non era mai riuscita a reprimere completamente nel corso di tutto quel mese, nonostante ci avesse tanto provato. Demetra, dopo aver incassato quel colpo che aveva sempre saputo sarebbe arrivato, provò a ribattere, ma la Lockwood non la lasciò fiatare: - Io sì, invece. Io c’ero. Io l’ho visto succedere. Ho visto la sua anima disintegrarsi sotto i miei occhi. Gli ho tenuto la mano fino all’ultimo, e quella mano è stata la stessa che poi mi ha scaraventato contro il muro e trapassato da parte a parte con una spada. Credi che Nick avrebbe mai fatto una cosa simile?- senza rendersene conto, Mattie si mise ad urlare, così forte che la gola prese a dolerle come se avesse inghiottito della cenere incandescente. – Quello che mi ha aggredito era solo un demonio, niente di più. Credi davvero che lui, lui!, avrebbe mai cercato di uccidermi? Che avrebbe colpito a morte Eve, lasciandoci entrambe ad agonizzare sul pavimento, per correre dritto da Sophie, impaziente di diventare il suo schiavo prediletto, il suo asso nella manica? Pensi che lui avrebbe voluto che io diventassi un… un m-mostro, eh? Rispondi!-
Demi cercò di immettere aria nei propri polmoni ma non ci riuscì a dovere.
L’Elixir solido e bluastro che le serpeggiava attorno al polso, brillando ferocemente in sua difesa, poteva schermarla dagli effetti più invasivi dello Stigma, certo, ma non impedire che il suo cuore venisse sbriciolato... purtroppo non esisteva nessun antidoto, contro quel tipo di dolore.
- Tu non sei un mostro, Mattie.- esalò la Salvatore. - Sophie. Lei lo è!-
- Adesso, lo è anche Nick.- le ricordò Mattie, con veemenza. - Se n’è andato, credimi. Non c’è più niente di lui rimasto in questo mondo, niente. E lo so come ti senti.- aggiunse, mentre una lacrima le rotolava giù dalla guancia, pesante come una biglia color perla, e lei se la asciugava via quasi graffiandosi la pelle. - So che faresti qualsiasi cosa per poterlo riavere indietro. Se solo ci fosse una remota possibilità di farlo tornare, anch’io la seguirei, non m’interesserebbe nient’altro, non ci dormirei la notte. Perché ogni santo giorno, da quando non lui c’è, mi sento come se... come se…-
- Allora uniamo le forze!- insistette Demi, incapace di arrendersi, abbassando poi la voce fino a renderla quasi un semplice labiale, e avvicinandosi all’amica con fare confidenziale, esclusivo, come quando erano bambine e l’una sentiva l’esigenza di confidare all’altra un segreto. - Su questo biglietto c’è la richiesta di un incontro. Fingiamo di stare al suo gioco, facciamolo uscire allo scoperto… e poi catturiamolo! Se è come dici, se è tutto finito, allora troveremo il modo di distruggerlo una volta per tutte, insieme… ma se c’è ancora speranza, Mattie, se c’è ancora una briciola di Nick rimasta in quell’essere, allora dobbiamo almeno provare, dobbiamo tentare di…!-
- Non ti aiuterò a farti ammazzare, chiaro?- replicò Mattie furente, pestando forte un piede sul terreno. - Né permetterò a nessun altro di morire per la tua dannata incapacità di startene lontana dai guai!-
Dopo averlo detto, la Lockwood ebbe la spiacevole sensazione di essersi lanciata a capofitto giù da un precipizio, e desiderò non aver mai posseduto una lingua funzionante in vita sua… ma era troppo tardi.
La figlia di Elena deglutì e tacque, mentre ogni dubbio dentro di sé si dissipava di botto, senza pietà: era così, dunque. Era quella la verità. Nel profondo, la Lockwood la riteneva responsabile di tutto ciò che di terribile che, negli ultimi tempi, era accaduto in quella città, e perciò niente sarebbe bastato a farle cambiare idea, o a far sì che potessero spalleggiarsi a vicenda nella messa in pratica del suo piano.
Stavano procedendo, per la prima volta in assoluto, su due strade totalmente incapaci di incontrarsi, e quell’amara consapevolezza spinse Demi a chinare il capo una volta per tutte, sconfitta:
- Ho capito.- disse monocorde, rimettendosi in tasca il foglio e stringendosi nelle spalle. Matilde provò a forzare la propria mascella bloccata nel tentativo di articolare una qualche forma di scusa, ma non riuscì a smuoverla di un millimetro. - Ci vediamo a scuola, allora. Buonanotte, Mattie.-
- Demi, io…-
- Buonanotte.- ripeté la Salvatore, voltandosi per non farsi vedere in faccia mentre il peso di ciò che aveva appena realizzato le piombava addosso come un avvoltoio famelico, pronto a strapparle via le carni a brandelli.
 
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Istintivamente, anche se con tragico ritardo, Mattie si tappò la bocca con entrambe le mani e, contro i propri palmi, sentì le labbra scottare per il senso di colpa, febbricitanti, come solo un’altra volta le era capitato nella vita.
E così, all’improvviso, forse proprio per scappare da quel ricordo, o dalla persona cattiva che sentiva di essere diventata, mentre Demetra rientrava desolatamente in casa Salvatore senza più voltarsi indietro, la Lockwood imboccò la via opposta e, per prendere le distanze dal Pensionato il più rapidamente possibile, cominciò a correre nel buio.
 
***  
 
SLAMFT. PUM. PUM. PUM.
SCIAF.
SLAF.
PUM. PUM. TONF…
Nell’udire quei colpi secchi, violenti e ripetuti provenire dalla camera di Demi, Elena inspirò profondamente, poi appoggiò la mano sulla maniglia della porta e la abbassò. Per liberare un varco al centro della stanza, il letto ed il cassettone della biancheria di sua figlia erano stati spinti alla rinfusa contro la stessa parete che, prima della nascita di Demetra, Jeremy aveva dipinto per lei con un motivo di spighe e papaveri, ed avevano lasciato il posto a…
La Gilbert strabuzzò gli occhi dallo stupore: dal soffitto pendeva un enorme sacco da boxe nero e ciondolante, che gemette pietosamente un’ultima prima che Demi si accorgesse dell’arrivo della madre. Quando la notò sulla soglia, infatti, la ragazza smise di aggredirne i profili e si asciugò con la mano guantata ed indolenzita il velo di sudore che le imperlava la fronte:
- L’ho trovato in camera di Damon.- spiegò prima che qualsiasi domanda potesse essere formulata, con il fiato un po’ corto e quell’aria furbesca ed innocente che sapeva da sempre insinuarsi come un balsamo nel cuore di Elena. - Era nascosto in un angolo dietro al suo armadio, ed accanto c’erano anche questi.- serrò i pugni, mostrando alla Gilbert il dorso degli ingombranti guantoni scuri e un po’ scorticati che indossava, poi sospirò: - Non avrei mai immaginato che la boxe potesse essere un passatempo per un vampiro. Non ha molto senso per me… insomma, Damon non avrebbe potuto sfondare questo coso di netto con un solo gancio?-
Elena rimase a fissare per un istante ancora il viso accalorato di Demi seminascosto dietro i ciuffi disordinati dei capelli che, nell’impeto, le erano sfuggiti dalla treccia, poi sorrise:
- Certo. Infatti questa non è roba sua.- annuì, con un’aria nostalgica, quasi sognante. - Ma mia.-
- Tua?!- si sbalordì Demetra, inarcando le sopracciglia. – Vuoi dire di quando eri ancora… umana?!-
- Avevo più o meno la tua età.- confermò Elena, avvicinandosi al sacco per sfiorarlo come se fosse un vecchio amico. - Che buffo… non te ne avevo mai parlato, prima.-
- Già.- bisbigliò la ragazza, osservandola con una strana espressione.
Tra loro calò un denso silenzio consapevole, perché erano davvero molte le cose che Elena non aveva condiviso con sua figlia a proposito del proprio vissuto, ma qualcosa, stavolta, spinse la vampira a non perdere anche quell’occasione e a lasciarsi andare:
- Mi sentivo davvero indifesa di fronte alle catastrofi che non la piantavano di abbattersi intorno a me, così un giorno Ric, quello che consideravo un po’ il mio padre adottivo, mi comprò tutto l’occorrente per l’addestramento ed iniziò ad allenarmi. Ci esercitavamo ogni santo giorno e, alla fine, ero diventata piuttosto brava. Era un momento molto difficile per me, ma ricordo che sfogarmi su questo sacco mi aiutava a non pensare, mi dava speranza e forza…- a sorpresa, nella sua voce risuonò un accenno di risata, la prima che Demi le sentiva concedersi da molto tempo. -… Damon diceva che gli sembravo una principessa guerriera.-
- Fammi indovinare. Klaus-il-Terribile si aggirava in città?- chiese la Salvatore, sfilandosi le protezioni e sgranchendosi le dita. - Era quel periodo in cui passava il suo tempo a perseguitarti?-
- Non esattamente. Anzi, proprio in quei mesi Klaus sembrava sparito da Mystic Falls.- ricordò Elena, stringendosi nelle spalle, come scossa da un brivido. – Subito dopo aver attivato il suo ibridismo, se n’era andato e nessuno aveva più avuto sue notizie. Il che sarebbe stato un vero miracolo… se solo, andandosene, non avesse trascinato con sé, chissà dove, anche l’amore della mia vita.-
Demi esitò per un istante di fronte a quelle parole e la Gilbert lesse nei suoi occhi cerulei un’incertezza che le strappò un sospiro dolente:
- Stefan.- chiarì la vampira, sempre immersa nella sua memoria. - A quei tempi, credevo ancora che sarebbe per sempre stato l’unico...- intuendo il tormento di sua madre, la Salvatore abbassò lo sguardo, così Elena ebbe modo di schiarirsi la voce e di riprendere il suo racconto: - Per diventare più potente di qualsiasi creatura allora vivente, Klaus aveva rapito Caroline e Tyler, e li avrebbe sacrificati sull’altare del suo pazzo rituale, se Damon non si fosse precipitato a salvarli. Tuttavia, mentre li aiutava a scappare, lui ricevette da Tyler un morso di Licantropo e così, per ottenere l’unica cura possibile a quella ferita, Stefan decise di stringere un patto col diavolo in persona e si offrì a Klaus in cambio della vita del fratello.- la Gilbert si sentì scaldare il petto al ricordo della gioia repentina che aveva provato nel capire che Damon sarebbe sopravvissuto, ma poi si rammentò della crudeltà con cui Katherine le aveva svelato il resto delle informazioni in suo possesso e, per lei, fu come ricevere di nuovo un pugno nello stomaco: - Quel criminale senza scrupoli accettò volentieri lo scambio e lo costrinse per mesi a compiere innumerevoli delitti sotto i suoi ordini, solo perché lo divertiva vedere uno Squartatore all’opera… io e Damon eravamo devastati. Li cercammo per ogni dove, per tutta l’estate, inseguendo l’infinita scia di sangue che si lasciavano dietro per tutto il Tennessee… mi sembrava di essere precipitata in un incubo, e non c’era niente al mondo che potesse strapparmi dalla mente il pensiero di dover riportare Stefan a casa da noi.-
- Qualcosa mi dice che qualcuno ha origliato la mia conversazione di poco fa in giardino.- sussurrò Demi mogia, lasciandosi cadere sul bordo del letto e fissandosi intensamente le ginocchia. D’un tratto, tutto il furore che l’aveva spinta a tartassare di colpi il suo bersaglio sembrava essere evaporato, lasciando spazio alla nuda desolazione: - Non c’è bisogno che anche tu provi a convincermi a lasciar perdere l’idea di andare a cercare Nick, mamma… so che Matt ha ragione. Anzi, mi sento stupida anche solo per aver preso in considerazione un’ipotesi del genere… ma in fondo, questo è ciò che sono, no? Una stupida ragazzina che non fa altro che combinare disastri e che distrugge tutto quello che tocca.-
 
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- Oh, Demi…- mormorò Elena, avanzando di qualche passo verso di lei. -… non è affatto così che…-
- Ci ho provato.- la bloccò la ragazza, sempre tenendo gli occhi bassi. Forse il semplice fatto che la madre si fosse finalmente mostrata disponibile a confidarle qualcosa in più del proprio passato, era riuscito ad incrinare qualcosa in quella sua quasi perfetta facciata da dura: - Da quando ho rimesso piede in questa città, da quando mi sono lasciata alle spalle l’epico fallimento di New Orleans… ho provato con tutta me stessa ad essere la persona che Nick avrebbe voluto. Ho cercato di andare avanti, di non farmi soffocare dal senso di colpa e dalla mancanza che sentivo di lui… ce l’ho davvero messa tutta per continuare a vivere come se il mio cuore non fosse mai stato spezzato. Ho provato a stare accanto a Prince, a fargli capire che c’ero e che insieme avremmo potuto ricominciare a combattere, ma non ha funzionato. Ho detto a Sheila di non torturarsi per aver incoraggiato Damon dare il suo sangue a Nick, peggiorando le cose… in fondo, le loro intenzioni erano buone, no? Volevano aiutarlo ed è soltanto questo che conta...- il dolore nella sua voce era tale che Elena deglutì rumorosamente: -… ho persino spinto Jackson a lasciare la sua casa ed i suoi affari per fargli tenere d’occhio Mattie, sperando che potesse farle da guida, mentre nel frattempo tentavo in tutti i modi di capire cosa le passasse per la testa… ma anche questo non è servito a niente! Ed ora, ho anche esaurito tutte le alternative… non è rimasto nient’altro che possa ancora distrarmi dalla verità…- distrutta, Demi si morse il labbro inferiore per fermarne il tremito, poi quasi rise di sé. -… ho proprio toccato il fondo. Sono così disperata, e talmente vigliacca, dannazione!, che, pur di non fare i conti con quello che è realmente successo, sono arrivata ad aggrapparmi al biglietto di un Demone, sperando che potesse davvero essere stato Nick a scriverlo per me!-
- Piccola mia…- delicata come una rondine che si posa sul nido, Elena le si sedette accanto ma non osò abbracciarla, nonostante il resistere a quell’impulso le costasse moltissimo. -... sei stata così forte, e così a lungo… non devi essere così severa con te stessa. Anche tu, come gli altri, hai il diritto di sentirti sperduta, di essere in lutto, e di ammettere ad alta voce di provare tutto quello che stai provando…-
- Sento ogni cosa, mamma, okay?!- ammise bruscamente la Salvatore, a denti stretti. - E mi fa schifo.- Elena, nell’udire quelle parole veementi rimbombare di un’eco arcana, si sentì mancare il terreno da sotto i piedi: - E quel che è peggio, è che sarebbe dovuto succedere a me. Quell’Ombra maledetta, stava per aggredire me.-
- Se i vostri posti fossero stati scambiati, anche tu avresti fatto lo stesso per lui.- replicò la vampira, martoriata dalla tenerezza. – Sono certa che avresti infranto promesse e gli avresti fatto scudo con il tuo stesso corpo, perché è questo che fanno due persone… quando sono innamorate.-
Punta sul vivo da quella verità, Demetra sollevò finalmente lo sguardo e la Gilbert lo vide traboccare di lacrime iridescenti:
- Stava per dirmelo.- ricordò la ragazza, quasi inudibile. – Nick. Poco prima che io partissi per New Orleans, credo che volesse dirmi che… beh, che mi amava. E sai cos’ho fatto io? Gliel’ho impedito. Non volevo accettare che quella potesse essere la sua ultima occasione per farlo, non potevo neanche prendere in considerazione un’eventualità di quel tipo, perciò l’ho supplicato di non dire nulla… soltanto perché io non ero pronta. Come al solito, sono stata un’egoista. Erano solo due dannate parole, no? Avrei dovuto lasciargliele dire, così avrei potuto rispondergli che era lo stesso per me… ma ho avuto paura. E adesso… adesso è troppo tardi.-
- Ne sei certa?- soffiò Elena, schiudendo a malapena la bocca. - Sei assolutamente convinta che non ci sia più nulla di umano in lui?-
- Il Nick che conoscevo non avrebbe mai fatto del male ad una mosca, figuriamoci ai suoi cari.- sussurrò la Salvatore, masticando le parole a fatica, come se sapessero di ruggine e di sangue. – Non avrebbe mai, neppure sotto tortura, scritto un biglietto per spingermi ad uscire allo scoperto e a cadere nella trappola di Sophie… sarebbe morto, piuttosto. Lo so.- ancora una volta, Demi strinse istintivamente i pugni: - Ma se l’ho perso davvero, mamma, se non c’è più traccia del mio Nick in quel mostro… allora vuol dire che c’è una creatura orrenda che si si sta servendo del suo corpo per compiere il male, ed io non posso permetterlo. Devo trovarlo, devo vedere con i miei occhi quello che è diventato, convincermi che il suo amore per me è davvero svanito per sempre…- mentre parlava, la Prescelta avvertì le proprie gote incendiarsi di un rossore battagliero e ad Elena parve di scorgere un’ombra rapace fremere nel lago nero delle sue pupille. - Voglio affrontare quel Demone schifoso, guardarlo in faccia... e poi conficcargli una spada nel cuore, talmente a fondo da rispedirlo dritto all’inferno da cui proviene. E devo essere io a farlo, soltanto così saremo pari. Solo così Nick sarà libero… e forse lo sarò anch’io.-
- Ma hai pensato ai pericoli che potresti correre?- balbettò la Gilbert, cercando di rimettere insieme le idee nell’ansia di farla ragionare. - Demi, ti prego, pensaci, non sei minimamente pronta per…-
-… per uno scontro simile?- l’anticipò la giovane con amarezza. – Certo che no. Ecco perché ho cercato con tutte le mie forze qualcuno che stesse dalla mia parte, qualcuno che fosse arrabbiato quanto me, disposto ad insegnarmi a combattere sul serio, a reagire senza più errori…- la Salvatore sospirò e chiuse gli occhi, mentre, dietro al velo delle sue palpebre, i volti familiari dei suoi amici sfilavano uno dopo l’altro, senza mostrarle la compassione o vicinanza che tanto avrebbe voluto. Quello del principe, in particolare, rimase inchiodato più lungo degli altri in quel buio sfuocato, più assente che mai, facendole male. -… so che non posso farcela da sola. Non ti sei chiesta come mai, nonostante sia già passato un mese, io non abbia ancora mosso un dito? So che sarebbe una follia, che costringerei tutti quanti all’ennesima impresa di salvataggio e solo per questo sto cercando di controllarmi, ma… diamine, che cosa dovrei fare? Arrendermi?! Non ci riesco, non posso! Continuo a sperare che le cose cambieranno, che presto avrò la possibilità di fare giustizia, ma a volte… mi sembra tutto così inutile...- mentre parlava, le lacrime cominciarono ad addensarsi sotto le sue ciglia e Demi chinò debolmente il capo. -… non mi sono mai sentita così sola in vita mia, così abbandonata… e la verità è che, se non ho più nessuno intorno, è perché me lo merito…-
- Non è vero.- mormorò Elena di slancio, spostandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio e parlandole con tutta la dolcezza di cui era capace. – Guardami, Demi. Hai ancora me, d’accordo? Avrai sempre me.- una scia bollente e salata le bagnò la punta delle dita quando giunse a sfiorare gli zigomi di sua figlia e la vampira capì immediatamente che Demetra aveva sentito la mancanza di quelle carezze affettuose almeno quanto lei: - Puoi confidarmi i tuoi pensieri, ogni volta che ne senti il bisogno, senza aver paura di non sentirti capita…  io sarò sempre dalla tua parte, qualunque cosa accada. Sono tua madre. E so che le cose tra noi ultimamente si sono fatte complicate, che forse non riesci più a fidarti di me come un tempo, ma io ti voglio bene… e mi dispiace… mi dispiace così tanto…-
- Dispiace più a me.- mormorò Demi, tirando su col naso, la voce ormai irrimediabilmente impregnata di pianto. - Quel giorno, nella radura, ti ho detto delle cose davvero orribili. Ero così ferita… così arrabbiata con te… con papà… con tutti quanti, i-io…- il ricordo delle parole piene di rancore che la figlia le aveva riversato addosso dopo aver scoperto la verità su Damon si abbatté sulla Gilbert con la solita furia assassina, ma questa volta Demetra non la lasciò sola ad affrontare quel rimorso: -… solo ora capisco come devi esserti sentita quando Damon se n’è andato... hai dovuto ricominciare un’esistenza nuova, in un mondo che per te non era più lo stesso… avevi il cuore distrutto, ma dovevi essere forte per te, per me, e per tutte le persone che avevano lottato e perso al tuo fianco… hai avuto bisogno di aiuto, di qualcuno che ti desse una mano a sopportare il dolore… ed io sono felice, mamma, davvero, che almeno tu… a-almeno tu lo abbia trovato…-
 
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- Oh, vieni qui…- senza riuscire a trattenersi per un istante di più, Elena la tirò a sé e la strinse in un abbraccio mozzafiato.
Piangendo sommessamente, Demi si rifugiò contro il suo petto, bambina per la prima volta, di nuovo, dopo così tanto tempo, e la vampira la cullò a lungo senza parlare, mentre un groviglio arroventato di sensazioni le ingorgava la mente.
Aveva avuto così tanta paura di non riuscire mai più ad udire delle parole comprensive venir fuori dalla bocca di sua figlia, aveva temuto pazzamente che, dopo il trauma che Rebekah le aveva inflitto, Demi non sarebbe mai riuscita a perdonarla… ed invece eccola lì, la sua piccola, a chiederle scusa per prima e a offrirle il proprio supporto, dimostrandole che ogni singola goccia di nostalgia e sofferenza segretamente patita durante gli anni della sua crescita non era stata vana… perché quei sacrifici erano valsi ad Elena un tesoro più prezioso di qualunque altro sulla terra, un amore ancora più potente e feroce di quello che avrebbe mai potuto provare per qualsiasi uomo.
Di fronte a questo, ogni altra cosa perdeva di significato.
- Sono così fiera di te, della donna che stai diventando... alla tua età, non ero forte neanche la metà di quanto lo sei tu.- sussurrò la Gilbert all’orecchio della ragazza, senza lasciarla andare. – Con la testa dura che ti ritrovi, sono sicura che non ci sia niente che tu non possa fare, perciò… ti prometto che da questo momento in avanti ti starò accanto, e questa volta senza più bugie, senza più farti da ostacolo. Senza più trattarti come la bambina che non sei più… da molto tempo, ormai.- Demi sollevò il viso umido ed incredulo verso quello della madre e lo trovò splendente e determinato, come il sole nel pieno del mezzogiorno. Elena non le era mai parsa così giovane e bella, neppure nelle foto del suo matrimonio. Sembrava che le fosse divampato un nuovo fuoco dentro e, forse, si trattava del famoso fuoco delle Petrova, lo stesso che le univa da sempre. - Potrai contare sul mio appoggio. Dimmi di cosa hai bisogno… ed io ti aiuterò a lottare per ottenerlo.-
- Io...- mormorò la Prescelta dopo qualche istante, con il cuore che perdeva un battito per l’emozione di poter finalmente essere sincera con qualcuno a cui importava. Non avrebbe mai potuto immaginare che la loro conversazione avrebbe potuto avere un simile esito, ma forse aveva sottovalutato quanto Elena l’amasse e quanto effettivamente, in base al suo vissuto, sarebbe stato facile per loro due sentirsi affini. -… prima di fare qualsiasi mossa…- proseguì allora Demi, cautamente, quasi impaurita dall’idea di poter spezzare una magia: -… devo assolutamente parlare con Prince.-
- Capisco.- annuì Elena, come se non si fosse aspettata niente di diverso.
Sotto lo sguardo ancora dubbioso ma carico di aspettative di Demetra, la Gilbert si limitò a scrollare le spalle con aria rassegnata, poi, risolutamente, sorrise:
- Non perdiamo altro tempo, allora. Andiamo a prenderlo!-
 
***
 
- Come.- esalò Stefan quasi catatonico, fissando quasi senza vederlo il corpo senza vita del figlio di Klaus abbandonato bocconi sul tappeto del suo soggiorno.
- Domandina interessante.- convenne Damon, sciacquandosi vigorosamente la mani nel lavello della cucina nel tentativo di rinfrescare i propri palmi ancora abbrustoliti dall’elsa incantata del pugnale di Papa Tunde. In effetti, per colpa di quelle ustioni eccezionalmente lente a rimarginarsi, guidare fino alla Casa sul Lago era stata una vera tortura: - Dunque. Baby-Elijah ci lascia le penne. Baby-Klaus non vuole più vivere su questo pianeta senza Baby-Elijah. Ma Baby-Klaus è immortale, ergo non può esattamente smettere di vivere quando gli pare. Perciò Baby-Klaus trova un modo abbastanza pittoresco di uscire di scena e, dopo aver riportato la nostra piccola Demi a casa, si barrica nella sua capannuccia, tira fuori dal cilindro un simpatico manufatto voodoo e...-
- Come ti è saltato in testa di portarlo qui?!- ringhiò Stefan, interrompendolo sul più bello, pallido di rabbia e di sconcerto. – Cosa dovremmo farci con questa… questa carcassa, vuoi spiegarmelo?! Eh?!-
A quel punto, Damon smise di soffiarsi rumorosamente sulle dita bruciacchiate e inarcò un torvo sopracciglio in direzione del fratello:
- Dobbiamo riportarlo in vita.- dichiarò seccamente.
Stefan si sentì cedere le ginocchia e fu costretto a sedersi sul divano con un tonfo sordo.
Per tutta risposta, Damon sbuffò:
- Già, partire subito per le lagune del Sudamerica e farsi una bella gita in barca prima gettarlo, legato come un salame, in pasto ad un branco di piranha affamati sarebbe stata un’alternativa più sbrigativa, ma non ho scelto io di crescere una figlia dal cuore tenero, ergo…-
-… Demi non lo sa ancora.- dedusse Stefan, ormai terreo.
- No. E se riusciamo a risolvere in tempo la cosa, non dovrà saperlo mai.- gli fece presente Damon, in un tono che, nonostante i suoi sforzi, lasciava trapelare chiaramente la sua angoscia. – So bene che non mi vuoi qui.- chiarì a bruciapelo, mentre le sue iridi azzurre si scontravano duramente con quelle verde cupo del fratello, come un acciarino strofinato su una roccia per liberar scintille. - So che pensi che alla fine io sia riuscito a rovinarti l’esistenza, come avevo promesso di fare quasi duecento anni fa, e che se fosse per te mi sbatteresti fuori seduta stante, ma non sapevo a chi altro rivolgermi.- Stefan strinse le labbra come se avesse appena mandato giù un boccone decisamente amaro, ma Damon non smise di guardarlo dritto in faccia, reso ancora più spavaldo dalla disperazione: - Sono venuto per Demetra, perché voglio proteggerla. Piuttosto che vederla versare anche solo un’altra lacrima per questa storia, sarei disposto ad ingoiare il mio anello solare in pieno giorno, ed immagino che sia una sorta di stupido, insensato istinto paterno a farmi sentire così, come non mi sono mai sentito prima in tutta la mia vita. E tu…- il vampiro serrò la mascella per un attimo, prima di concludere: -… dannazione, tu sei l’unico che possa capire cosa provo.-

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- Perciò aiutami, Stef.- esalò, sentendosi come svuotato. - Per Demi.-
Con la fronte pesantemente aggrottata, Stefan congiunse i polpastrelli delle mani e si sfiorò il naso con la punta di entrambi gli indici, cercando di riflettere. Quella situazione era al limite dell’assurdo e non era sicuro di essere pronto a sostenerne il carico emotivo: faceva fatica a sopportare anche solo la vista di Damon o il suono preoccupato della sua voce, ed il desiderio di negargli ogni sostegno non la piantava di solleticargli la mente con un’insistenza crudele, quasi dolorosa. I suoi sentimenti verso di lui non erano cambiati di una virgola da quando aveva ammesso a se stesso e a Lexi di detestarlo, eppure fissare il cadavere cinereo di Prince gli stringeva lo stomaco in una morsa densa di orrore e pietà. Tutto quello che era accaduto a quegli sfortunati ragazzi, in fondo, era stata anche colpa sua e di tutta la generazione precedente, dei loro intrighi insanguinati e del rancore mai sopito che li aveva portati a schierarsi sempre l’uno contro l’altro, piuttosto che a collaborare contro il comune nemico.
Quante altre vittime avrebbe continuato a mietere quel loro modo così folle di comportarsi? E quante persone restavano ancora da annientare, prima che anche sua figlia finisse spazzata via dall’inevitabile resa dei conti?
Ovviamente, Damon aveva centrato il punto.
Ad entrambi, in egual misura, risultava insopportabile l’idea che la piccola peste dai capelli neri, la stessa capace di rimanere buona nonostante tutto e di affezionarsi persino all’Arma destinata ad ucciderla, potesse soffrire ancora.
C’è ancora tanta gente che ha un grande bisogno di te, Stefan, e tu non puoi semplicemente voltagli le spalle.
Così aveva detto Lexi, ed il suo monito sfiorò i pensieri del vampiro per un’ultima volta, più vero ed urgente che mai, prima che la domanda che lo aveva maggiormente ossessionato negli ultimi tempi perdesse di significato una volta per tutte.
Chi ha più bisogno di me?
 
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- Demi.- mormorò Stefan dolcemente tra sé, come per rispondersi, un momento prima di muovere il capo verso l’altro con un cenno. Di fronte a quell’assenso, un guizzo di speranza accese lo sguardo ansioso di Damon, mischiandosi ad una muta gratitudine che il fratello notò senza commentare: - D’accordo. Raccontami tutto.-
 
***
 
Mattie non ricordava di essersi mai sentita tanto patetica in tutta la sua vita: aveva il naso rosso come quello di un clown, gli occhi talmente pesti da avere difficoltà a tenere aperte le palpebre e i capelli così crespi e spenti nell’aria umida della sera che se ci fosse stata una mucca nelle vicinanze, quest’ultima si sarebbe leccata i baffi all’idea di poterle brucare sulla testa. Inoltre era ancora furiosa, e l’idea di tornare a Villa Lockwood, dove Caroline avrebbe smesso di rimbeccare i domestici giusto per il tempo necessario a lanciarle uno sguardo di commiserazione, era frustrante quanto lottare contro la fame che le stava ammorbando le viscere da quando aveva rinunciato alla succulenta cena al Pensionato.
Forse aveva sbagliato tutto, ma in fondo non era così strano combinare dei pasticci per lei, ultimamente. Da quando aveva perso Nick, si sentiva smarrita come un viandante privo di bussola in un bosco, rimasto imbrigliato nottetempo tra i rovi senza neanche una luce ad illuminargli la via.
‘’Eppure di luce sembra essercene un bel po’, qui intorno...’’ si ritrovò a pensare la ragazza, vedendosi improvvisamente costretta ad alzare una mano per ripararsi gli occhi dal raggio accecante che le stava investendo nel bel mezzo della strada. ‘’Ma che diavolo…?’’
- Non so se per riuscire a trovarti sia stato più utile ascoltare il richiamo dell’Alpha oppure i brontolii del tuo stomaco.- commentò una voce divertita, mentre lei batteva faticosamente le ciglia nel tentativo di metterne a fuoco il proprietario. Proprio mentre i fari gialli di un pick-up fastidiosamente familiare si abbassavano, la pancia di Mattie emise un ennesimo ruggito battagliero e il tizio al volante sfoderò in risposta un fulgido sorriso: - Mi sa proprio la seconda.-    
- Di nuovo tu!- gemette Mattie, esasperata, riuscendo a finalmente a focalizzare la faccia compiaciuta di Jackson oltre il vetro del parabrezza. La sua voce risuonò un tantino acuta, mentre dal basso del suo metro e un cappello puntava il dito contro quel bestione a quattro ruote: - Per l’amor del cielo, si può sapere perché non vuoi lasciarmi in pace?!-
Per tutta risposta, lo sportello del passeggero si spalancò con fare perentorio.
- Salta su.- fece Jackson, fissandola con aria ostinata. - Avanti.-
- Neanche per sogno.- rifiutò la Lockwood, voltandogli le spalle e proseguendo imperterrita sul suo cammino. - Molla l’osso, Jackie.-
- Non lo farò.- sbuffò Jackson, seguendola a passo d’uomo con il pick-up. - Tanto vale farti dare un passaggio, no?-
- Mia nonna è lo Sceriffo della città.- lo avvertì la bionda, incrociando le braccia sul petto mentre si girava di nuovo per affrontarlo. - Se non la pianti di starmi alle calcagna, chiederò un’ordinanza restrittiva canina nei tuoi confronti. Chiaro?-
- Tua nonna sa che vai in giro da sola dopo il tramonto, in una città infestata da Ombre e Demoni?- le chiese Jackson irritato, colpendo lo sterzo con una mano. Arrossendo, Mattie aprì la bocca per ribattere, poi la richiuse aggrottando le sopracciglia. - Mi sembrava che avessi detto a Demi di non voler mettere in pericolo nessun’altro. O forse per te vale una regola diversa?-
La biondina assunse più o meno la stessa espressione di quando, da piccola, era stata costretta ad indossare un vestito rosa confetto orlato di coccarde per festeggiare la vittoria di suo padre come Sindaco per il quinto anno di fila, ma alla fine si decise a zampettare verso il fuoristrada, sedendosi pesantemente sul sedile del passeggero e sbattendosi dietro lo sportello.
Per qualche secondo, nessuno dei due disse una parola, poi Mattie sbirciò dalle parti di Jackson.
- E così… emh, hai sentito quello che ho detto a Demi?- domandò quasi timida, le guance ormai roventi.
- Probabilmente tutta Mystic Falls l’ha sentito.- precisò il giovane, guardando un punto imprecisato di fronte a sé. Sentendosi a disagio mentre lui rimetteva in moto, la Lockwood fece una smorfia sconfitta.
- Dannazione.- sospirò, funerea. - Spero che almeno tu abbia portato del cibo.-
- Naturalmente.- ribatté Jackson, lanciandole dal nulla una busta tiepida.
Mattie l’afferrò al volo con una prontezza di riflessi che lei stessa non si sarebbe aspettata di possedere, poi l’aprì con circospezione: dentro c’erano due giganteschi hamburger con salsa Worcester del Grill, dei quali uno strabordava di quella che doveva essere una doppia dose di cheddar fuso. Si trattava senz’altro di quello che Demetra, che conosceva alla perfezione i suoi gusti, aveva ordinato specificatamente per lei.
- Puoi mangiare anche il mio.- l’avvisò Jackson, guidando sempre senza guardarla. - Non vado particolarmente matto per il pane tostato in quella maniera, secondo me perde tutta la sua morbidezza. E quella carne, poi, è un po’ troppo secca per i miei gusti.-
Mattie, che aveva staccato metà del suo panino con solo un morso, gli rivolse un’occhiata scettica:
- Cosa sei, una specie di Gordon Ramsey degli hamburger, tu?- bofonchiò, con la bocca piena.
- Sono solo abituato a fare le cose diversamente nel mio, di bar.- rispose Jackson, con la voce un po’ più bassa del solito. Mattie mandò giù il boccone con un po’ di difficoltà e, suo malgrado, si ritrovò a dover concordare con Kenner sugli standard un po’ calati del Mystic Grill: forse da quando William si era ritrovato incasinato con la storia delle spade magiche non funzionanti al 100%, controllare la perfetta cottura degli hamburger aveva smesso di occupare il primo posto nella sua lista delle cose importanti da fare.
- Ti manca quel posto? New Orleans?- chiese Mattie a Jackson, rosicchiando la crosta del pane.
- Un po’.- disse Jackson, svoltando delicatamente a destra.
- Potresti sempre tornarci.- suggerì la ragazza, fingendosi disinteressata mentre si leccava l’indice imbrattato di sugo. - In fondo il tuo Alpha se la sta cavando benone anche da solo, non trovi?-
- Mmh.- le fece il verso lui, rallentando fino a fermarsi a pochi passi dall’ampio cancello in ferro battuto che circondava la dimora dei Lockwood.
Matilde fissò il paio di occhi scuri che finalmente la stava squadrando con attenzione e si sentì stranamente sottosopra, come se invece di carne, patatine e salse speziate avesse mandato giù un animale ancora vivo e guizzante.
- Io… mi sono comportata in modo terribile con Demi, non è vero?- mormorò, un istante prima di azzannare spietatamente la sua seconda preda, quasi per sfogarci sopra la propria frustrazione.
- Non troppo.- convenne Jackson, comprensivo. - Perlomeno considerando il fatto che tutte e due siete ancora troppo sconvolte per ragionare lucidamente.-
- E’ stata di nuovo lei a mandarti qui?-
- No.- ammise il giovane, strofinandosi la barba con le nocche. Nonostante il suo tono un po’ evasivo, a Mattie parve sincero. - Ero preoccupato per te.-
- Perché sei il mio Beta designato?- indagò la ragazza, masticando più lentamente. – La guardia del corpo che dovrà occuparsi di mantenere salda la mia salute mentale fino alla mia prima trasformazione e bla bla bla?-
- Io… ecco, mi sembrava che avessi bisogno di qualcuno.- la corresse Jack, perplesso. - Di un amico.-
Mattie inghiottì e distolse lo sguardo da lui, fissando intensamente il proprio viso triste nello specchietto laterale del pick-up. Notò con sorpresa che la sua immagine era molto più opaca rispetto a quella che aveva visto mille volte riflessa nei retrovisori della Ferrari, o forse era semplicemente lei ad aver perso lo smalto.
- Avevo un amico.- sussurrò, sentendosi raschiare la gola. - Non è andata a finire bene. E adesso… non so più come andare avanti senza di lui.-
Mentre il giovane se ne restava in silenzio per un istante di troppo, lei ne approfittò per slacciarsi la cintura:
- Grazie per lo strappo, comunque.- disse frettolosamente, gettando l’incarto unticcio dei suoi hamburger ormai finiti in una busta. - Adesso però vado. Mia madre potrebbe mettere i manifesti per la mia scomparsa da un momento all’altro e addirittura armarsi di megafono per organizzare delle penose pattuglie di ricerca, perciò mi conviene muovermi, altrimenti non…-
- Mattie...- la interruppe Jackson, non appena la vide mettere una gamba a penzoloni fuori dallo sportello. Lei si voltò a guardarlo interrogativa, ma Jackson si limitò ad increspare un angolo della bocca con aria rassegnata. - Quando vuoi.-
Mattie spiccò un salto per scendere e, una volta atterrata, fece scattare la serratura del suo cancello, spingendolo ad aprirsi con una mano. Poi, proprio mentre il suo cuore, al contrario, sembrava destinato a rimanere sigillato per sempre, percepì i fari di Jackson riaccendersi e sfiorarle delicatamente la schiena col loro bagliore:
- Non ti perdi un granché, comunque.- senza avere il pieno controllo sulla propria voce, Mattie si ritrovò ad ascoltare se stessa mentre pronunciava quelle parole, e Jackson, che stava per premere il piede sul pedale per ripartire, s’immobilizzò. Di fronte al suo cipiglio confuso, ormai uscita allo scoperto, la ragazza gli indirizzò una goffa scrollatina di spalle: - Voglio dire, se io ti evito come la peste, non farne un dramma… non sono poi tutta questa meraviglia come amica, sai. Anzi, nella scala della bontà, se per esempio stessimo parlando di torte al cioccolato, sarei di sicuro quella meno farcita, un po’ bruciacchiata e lasciata fuori dal frigo a muffire per tipo una settimana.-
- Non è quello che mi ha detto Demi.- mormorò piano il giovane. Mattie ripensò al modo in cui aveva urlato addosso alla figlia di Elena poco prima e a quello che quest’ultima avrebbe pensato se soltanto avesse saputo la vera natura dei sentimenti che lei aveva sempre provato per Nick e, istintivamente, abbassò lo sguardo dalla vergogna. – Senti, nessuno pensa che sia facile ciò che stai passando.- continuò Jack, provando un moto di tenerezza nel guardarla, minuscola com’era rispetto all’imponente maniero da cui proveniva, o alle responsabilità che le gravavano addosso in quanto nuovo Alpha dei Crescenti. - Ma è per questo che sono qui. Ho visto un dolore identico al tuo negli occhi di Prince e Demi, quella notte a New Orleans, e poi, mentre mi sentivo assolutamente inutile di fronte alla loro sofferenza, sono venuto a sapere di questa ragazza… che aveva attivato il suo gene da Licantropo proprio nel momento più sbagliato che potesse esistere ed aveva salvato tutta la mia gente dalla sua maledizione senza nemmeno saperlo. Ho subito accettato di venire a Mystic Falls, perché ti devo la vita, ma soprattutto perché ho pensato che magari poteva servirti davvero avere intorno qualcuno di esterno a quanto era successo, e con un po’ di esperienza lupesca, per giunta. Mi sono detto: magari riesco a cavarne qualcosa di buono, dal mostrarle le cosa vuol dire fare parte di un branco.-
- Invece tutto ciò che ti sei guadagnato è stata la minaccia di una denuncia per stalking.- senza riuscire a trattenersi, Mattie scoppiò a ridere.
- E un sorriso.- le fece presente il giovane, ruotando le chiavi nel quadro e facendo ripartire il motore ammaccato del pick-up. Poi, accennando ad un saluto, Jack fece inversione e ripartì scoppiettando, mentre la bionda rimaneva a fissare il punto in cui era scomparso per un lungo attimo, prima di decidersi a rientrare.
Nel frattempo, tra i fruscii del rigogliosissimo giardino di Villa Lockwood, aldilà delle aiuole e della fitta siepe che Caroline faceva regolarmente potare ispirandosi alla forma di animali dal dubbio fascino, una sagoma alta e sottile si mosse di soppiatto, sporgendosi furtiva oltre un grosso tronco per sbirciare meglio i movimenti di Mattie. Quando l’ultimo guizzo inconsapevole dei capelli di lei svanì dietro lo schiocco del portone, l’ombra avvolta in eleganti abiti maschili tornò rapidamente a nascondersi nel buio e, come disturbata dalla scena a cui aveva assistito spiando, strinse malevola le palpebre su due occhi che in passato dovevano essere stati molto belli, ma che ora erano completamente, orribilmente neri, dalla sclera alla pupilla.



 


 
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Buonasera a tutti, miei cari! J
Finalmente abbiamo un nuovo aggiornamento per il DD, con un capitolo un po’ più breve rispetto al solito ma spero sempre ricco ed interessante. In questi mesi ho avuto davvero paura di dover rinunciare al mio sogno di portare a termine questa storia, ero scoraggiata dalla mancanza di ispirazione e mi sono quasi convinta del fatto che sarebbe rimasta per sempre incompiuta. Per fortuna alla fine sono riuscita a rigettare l’idea, facendomi forza dopo aver capito che la mia voglia di scrivere non è morta, è soltanto molto più difficile da trovare, essendo praticamente sepolta sotto una valanga di impegni e di responsabilità che m’impediscono di concentrarmi come facevo un tempo. Ma niente paura! Con un po’ di pazienza sono certa che le parole verranno fuori e che i nostri amati personaggi riusciranno a proseguire e a concludere la loro avventura.
Questo capitolo è stato un passaggio necessario per capire quali nuove alleanze si stiano formando in un contesto caotico e spezzato come quello che domina Mystic Falls dopo la tragedia di Nick… cosa s’inventeranno Stefan e Damon per riportare indietro Prince, ce la faranno a mettere da parte i loro dissapori per un obiettivo comune? E quali saranno le conseguenze della promessa fatta da Elena a Demi? Potrà davvero la madre aiutare la figlia senza che la cosa le si ritorca contro? E Mattie accetterà la mano tesa di Jackson? Troverà la forza di ammettere alla sua migliore amica la verità su Nick, o le due si ritroveranno per la prima volta nella vita ad ostacolarsi?
Come al solito, se volete fare un favore a me e alla storia, inseritela tra i preferiti o tra i seguiti, passate parola, recensite, commentate, seguite gli aggiornamenti in bacheca e sulla pagina ufficiale… insomma, tenetemi compagnia nel tempo che impiegherò a scrivere il prossimo capitolo! Potrebbe essere la cura per ogni mia incertezza, davvero.
Con un grazie infinito, vi abbraccio forte eeeee…
Alla prossima! <3
Evenstar75
  
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