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Autore: Taila    31/07/2009    1 recensioni
Cent'anni dopo il mitico scontro tra il Signore degli Inganni e Jerle Shannara, Allanon si presenta a Cho Black, una ragazza che da sei anni vive da sola isolata dal resto della civiltà, nelle Foreste di Streleheim: ha bisogno del suo potere per sconfiggere Sorgon, un essere magico più antico del Re del Fiume Argento, che, alla testa di un formidabile esercito di Incubi, sta progettando la conquista delle Quattro Terre.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Allanon, Altro Personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Salve, salvino gente ^O^ Mi scuso per il mostruoso ritardo con cui ho aggiornato questa fic, ma questo capitolo mi ha creato non pochi problemi. All’inizio avevo pensato di concentrarvi molte rivelazioni su Cho, ma, rileggendolo, mi era sembrato saturo, così alla fine ho dovuto cancellarlo e riscriverlo, calibrando le altre notizie in capitoli posteriori. Spero quindi che adesso vada meglio ^^ Ringrazio Stefy: Mi scuso per averti fatto aspettare tanto per il nuovo capitolo. Sono contenta che il VII ti sia piaciuto e spero che ti piaccia anche il Mael di questo capitolo, non era programmato, è uscito da solo, baciooo ^O^ Ringrazio Alaide, Sesshoyue, Stefy_81 e Vodia che hanno inserito la fic tra i preferiti, Vodia che ha inserito la fic tra i seguiti e tutti coloro che hanno anche solo letto( me tanto, tanto commossa ç_ç).
Adesso vi lascio alla lettura, al prossimo capitolo gente -____^



Capitolo 8.



Oltrepassare la porta urbica di Varfleet procurò ad Allanon un brivido lungo il collo. Era la prima volta in un secolo che ritornava nella sua città natale, ed una sottile, insistente malinconia gli invase lo stomaco. Nella sua mente sfrecciarono i ricordi di quel giorno di tanti anni prima in cui la città venne distrutta per capriccio dall’esercito del Signore degli Inganni. Rivide i suoi genitori venire dilaniati dai demoni, scomparire in un lampo di sangue rosso. Sentì nuovamente il sapore della polvere e della cenere impastargli la bocca, l’odore di carne bruciata nelle narici. Le urla terrorizzate e colme di dolore dei suoi concittadini riecheggiarono strazianti nelle sue orecchie e nel suo cuore, addolorandolo. Credeva che dopo cent’anni quei ricordi si fossero offuscati, invece stava ritrovando ogni suono, ogni odore, ogni sentimento pulsare vivo dentro di lui. Si guardò attorno incuriosito constatando che non era cambiato niente dalla sua infanzia. L’unico elemento estraneo ai suoi ricordi era l’imponente cerchia delle mura che ora cingeva la città, segnando un confine netto tra la parte interna ed il mondo interno, segno della paura degli abitanti di un nuovo attacco. Tutto il resto era rimasto immutato. Le case in pietre squadrate incastrate l’una con l’altra che si innalzavano su uno zoccolo di pietrisco e malta, ed il tetto di grossi tronchi di legno, che si ammassavano confusamente sulle strette vie in terra battuta e ghiaia che tagliavano irregolarmente il perimetro urbano.
- Allanon guarda qui!- la voce di Graham lo distolse dai suoi pensieri.
Il Druido si volse lentamente, trovando il Nano fermo a pochi passi da lui, in piedi avanti un pannello di legno scuro su cui erano affissi gli avvisi cittadini. Si avvicinò e seguì lo sguardo del compagno di viaggio. Su un foglio di pergamena ingiallito e logoro, si scorgeva un ritratto a carboncino di una Cho bambina. Non era cambiata molto dalla ragazza introversa che conosceva, lo vedeva dagli occhi che cercavano di nascondere un profondo dolore dietro uno sguardo impenetrabile, che sembrava più adulta della sua età. Fece scorrere lo sguardo sul foglio e, tra le lettere sbiadite vergate con tratto rapido ed elegante, scoprì che era un avviso di taglia per omicidio. Corrugò la fronte non riuscendo a far coincidere l’immagine della ragazza che conosceva con quella di un’assassina. Eppure lui stesso aveva visto la creatura oscura ed incontrollabile in cui si trasformava quando era in preda alla parte malvagia del suo potere, aveva visto con i suoi occhi la facilità con cui poteva uccidere. Una bambina spaventata avrebbe potuto perdere facilmente il controllo su di un potere così vasto e sconosciuto.
- Che ne pensi?- chiese il Nano.
- Andiamo. Il vecchio Baruk potrà darci le risposte che cerchiamo!- e senza accertarsi che l’altro lo stesse effettivamente seguendo, imboccò uno dei vicoli.
Camminarono a lungo seguendo le indicazioni di Cho, attraversando quartieri tutti uguali che ripiegavano su se stessi in prossimità delle mura. Varfleet era una città relativamente nuova, non ancora immessa nei grandi traffici commerciali, soffocata dal controllo della più grande e potente città di Tyrsis. Si intuiva dal livellamento delle risorse economiche su tutti gli abitanti: ancora non era emersa una potente classe elitaria che avrebbe preso il controllo della città. Ma Varfleet sarebbe diventata davvero una grande città lontana com’era dalla rotta commerciale del Mermidon o con la sua posizione nascosta alla base delle montagne di Runne?
Il quartiere degli artigiani era caotico ed affollato, l’aria era satura di odori vari e contrastanti sui quali dominava quello della legna bruciata, da ogni parte provenivano urla ed il battere del maglio sul ferro. Seguirono le indicazione fornite loro da Cho e raggiunsero una modesta casetta a due piani in legno addossata alle mura orientali. Fermi davanti la recinzione di paletti di legno, notarono che tutto il pianoterra era adibito ad officina. Allanon aprì il cancello d’ingresso e si diresse deciso verso l’entrata. L’ambiente era surriscaldato dalle alte temperature raggiunte del divampare delle fiamme nella fornace, saturo di fumo, un uomo piuttosto anziano, con indosso solo un paio di pantaloni sdruciti ed un grembiule di cuoio conciato, era in piedi davanti ad cuneo, teneva fermo con delle tenaglie un pezzo di ferro incandescente sul quale batteva ad intervalli regolari con il martello. Sempre tenendolo per le tenaglie immerse l’oggetto metallico nell’acqua fredda, facendola sfrigolare ed evaporare. Approfittando di quel momento di pausa, il Druido entrò nell’officina, mentre Graham si tenne in disparte, intuendo che quella era una trattativa che doveva portare avanti da solo.
- Sei tu colui che chiamano Baruk?- domandò a voce alta sfrattando tutta l’autorità che gli era propria.
Il fabbro si volse verso di lui, scrutandolo con circospezione. I muscoli delle braccia e del collo si gonfiarono automaticamente, mettendo in mostra tutta la potenza acquisita da lunghi anni di quel lavoro. Era pronto a difendersi da qualsiasi minaccia.
- Dipende da chi lo chiede!- rispose togliendo quella che ora capirono essere la lama di una spada dall’acqua.
- Mi chiamo Allanon e sono qui per avere delle risposte.- .
L’uomo sollevò ancora una volta gli occhi neri su di lui, palesemente sorpreso nell’udire quel nome. Una strana corrente scaturì da quel lungo scambio di sguardi, ed ognuno imparò qualcosa sull’altro.
- Come puoi vedere sono un fabbro, le risposte non fanno parte del mio mestiere. Per quelle vai da un maestro.- e prese a picchiare con il martello il nuovo pezzo di metallo incandescente che aveva appena tolto dal fuoco.
- Mi era stato detto che solo tu potevi darmi le risposte che cerco.- insistette il Druido.
Il vecchio Baruk rise di gusto sentendo quelle parole.
- Davvero? E chi ti avrebbe detto questo?- .
- Cho Black.- rispose semplicemente Allanon.
Il fabbro si volse di scatto verso di lui, pronto a cacciarlo a pedate dalla sua officina, ma ogni traccia di rabbia sfumò quando vide quello che l’altro teneva nel palmo della mano che teneva tesa verso di lui. Avrebbe riconosciuto quel ciondolo tra mille altri. Abbandonò il suo lavoro e si avvicinò al Druido, con una mano tremante prese il pendete tra le dita, osservandolo attentamente, come se temesse che fosse tutto un sogno destinato a dissolversi da un momento all’altro.
- Dov’è?- chiese con la voce spezzata dall’emozione.
- Nel bosco ai margini della città, non è voluta entrare.- spiegò sbrigativamente.
- Come mai Cho si trova con te?- chiese con una punta di sospetto nella voce.
- C’è una cosa che devo fare e solo Cho Black può aiutarmi.- Allanon non era tipo da rivelare i suoi segreti a chicchessia.
- Cosa vuoi sapere Druido?- sospirò Baruk.
Allanon trasalì appena: come faceva a sapere chi era in realtà? I Druidi era scomparsi da un secolo, il loro ricordo era rimasto, ma quasi nessuno ormai sapeva che uno di loro era sopravvissuto e continuava a difendere le Quattro Terre… Quell’uomo non era ciò che sembrava, comprese all’improvviso, come un lampo che aveva illuminato il buio della sua mente.
- Sto cercando l’Oasi dell’Illusione e Cho mi ha detto che tu potresti dirmi dove si trova.- .
Un lampo attraversò gli occhi neri del fabbro, un misto di sorpresa e paura che incuriosì molto il Druido. Il vecchio Baruk fece per aprire la bocca e rispondere quando uno scalpiccio rapido ruppe il pesante silenzio in cui erano piombati attraendo la loro attenzione. Sulla porta, dopo pochi istanti, comparve una ragazza con lunghi capelli biondi legati in due trecce, occhi castani dal taglio allungato e pelle candida che indossava una tuta da lavoro logora e sporca. Allarmata passò uno sguardo dal fabbro ai due stranieri.
- Sta’ tranquilla Tamyra è tutto a posto, sono clienti.- le disse con un sorriso gentile.
- Ho sentito discutere…- insistette osservando sospettosa il Druido.
Baruk tentennò un istante, indeciso se fosse la cosa giusta da fare, ma, infondo, Tamyra aveva tutto il diritto di sapere.
- Cho è tornata.- le rivelò in un basso sussurro, come se nessun altro dovesse scoprirlo.
La ragazza sgranò gli occhi e socchiuse le labbra, mentre meraviglia e stupore si miscelavano sul suo volto.
- Sul serio?- chiese incredula, gli occhi già umidi di felicità.
L’uomo annuì con la testa.
- È arrivata con queste persone ed ora è fuori dalla città.- le spiegò.
- Voglio vederla!- esclamò guardando intensamente Allanon.
- Non si può e lo sai Tamyra!- sospirò stancamente Baruk.
- Non mi interessa nulla: Cho è mia sorella ed io voglio vederla!- strillò pestando il piede a terra, sfidando i presenti a contraddirla.
Baruk si guardò attorno allarmato, temendo che qualcuno di quelli che affollavano la via avesse potuto sentirla. Solo quando fu sicuro che nessuno stesse guardando sospettosamente la sua officina tornò a rivolgersi a Tamyra: le mise le mani sulle spalle e si chinò fino a poterla guardare negli occhi.
- Cerca di capire, piccola. Anche se sono passati tanti anni Cho è ancora ricercata dai gendarmi, se solo sospettassero che si trova nei dintorni verrebbero a prenderla e l’arresterebbero. È questo che vuoi? – attese il cenno di diniego della ragazza – Allora per favore accontentati di sapere che sta bene.- quasi la implorò a denti stretti.
Tamyra annuì con un gesto brusco della testa, mordendosi il labbro per trattenere i singhiozzi e scappando subito dopo per non mostrare le lacrime che avevano iniziato a rigare le guance. Il vecchio Baruk scosse la testa sospirando tristemente: la capiva, comprendeva il suo desiderio di rivedere Cho perché lo stava provando anche lui, ma sapeva che non si poteva, era troppo pericoloso per tutti.
Un’espressione strana animava gli occhi del Druido in quel momento: Cho Black aveva una sorella…
… aveva avvertito qualcosa di strano quando i suoi occhi castani avevano fissato i propri, aveva provato la sensazione che fosse diversa da Cho, e non solo nel fisico…
- Posso farti una domanda fabbro?- la voce baritonale di Graham lo strappò ai suoi pensieri.
- Dipende da cosa vuoi sapere.- rispose l’uomo ritornando sulla difensiva.
- Voglio sapere se è vero l’avviso di taglia che abbiamo letto entrando in città!- spiegò spiccio il Nano.
Senza rispondere il vecchio Baruk impugnò nuovamente il martello e, dando loro le spalle, ricominciò a battere il metallo.
- Si, Cho ha ucciso alcune persone, è per questo che ha dovuto lasciare Varfleet!- rispose quando ormai nessuno credeva che avrebbe più parlato.

- Ho ucciso dieci persone sei anni fa, per questo non posso entrare a Varfleet.- spiegò la voce incolore di Cho mentre rimestava nelle ceneri con un ramo per riattizzare il fuoco.
Mael sgranò gli occhi, rifiutandosi di credere a quello che aveva appena ascoltato. Quella ragazza timida e ferita non poteva essere un’assassina, era una cosa ridicola, inconcepibile. Quando le aveva chiesto il motivo del suo ferreo rifiuto ad entrare in città, mai si sarebbe aspettato di dover udire una simile confessione. Aveva creduto che Cho si sarebbe rifiutata di rispondere, che si sarebbe rinchiusa in un ostinato silenzio…
… ma non era preparato a quello!
- Non è possibile…- sussurrò più a se stesso che alla ragazza.
Un sorriso amaro schiuse le labbra della ragazza mentre continuava a fissare il fuoco.
- Quando tutti pensano che sei un mostro anche tu alla fine ti convinci di esserlo e fai la stupidaggine che conferma tutti i loro sospetti. Tutti a Varfleet credevano che fossi uno dei demoni del Signore degli Inganni a causa dei miei poteri, vedevano solo quelli, non riuscivano a scorgere me sotto di essi. All’inizio bisbigliavano alle mie spalle e cambiavano strada quando mi incrociavano, ma, con il passare del tempo, divennero più espliciti e violenti. Un giorno il figlio del capo villaggio, che era scomparso da alcune settimane, venne ritrovato trucidato: tutti pensarono che ero stata io e, quando, con un atto di forza, perquisirono la mia stanza, trovarono il suo coltellino nascosto nella paglia del mio letto. Venni incatenata e condannata a morte senza un processo, senza indagare, solo perché ero io! Era il pretesto che cercavano per eliminare una volta per tutte un problema. Venni trascinata di peso in strada, verso la piazza centrale, e durante il tragitto fui bersagliata continuamente da pietre. Avevo paura, una paura folle che non mi faceva ragionare e che raggiunse il suo apice quando, dopo avermi legata ad un palo, appiccarono il fuoco alle fascine che avevano gettato ai miei piedi. La paura divenne terrore e persi il controllo, abbandonandomi alla parte oscura del mio potere.- .
Cho si fermò un attimo per riprendere fiato e dare tempo a Mael di assorbire ed elaborare ciò che gli stava svelando. Forse all’interno della città il vecchio Baruk stava facendo la stessa cosa con Allanon e Graham. Per la prima volta sollevò lo sguardo su di lui, incrociando gli occhi color miele dell’elfo con i suoi di un verde opaco e spento, ancora animati da una scintilla di quel panico che aveva provato quel giorno.
- Tu non mi hai mai vista in quello stato, ma perdo completamente il controllo, non riconosco gli amici dai nemici, e quando riesco a ritornare i me non ricordo nulla di quello che ho fatto. Quando ripresi conoscenza di me stessa, mi ritrovai libera dalle corde ed inginocchiata nel centro della piazza, attorniata dai cadaveri dilaniati di quanti ero riuscita a raggiungere con la mia magia. Per le strade c’era il caos. Gente che scappava urlando terrorizzata da me. Per un istante ammetto che provai una certa soddisfazione, mi sentii come vendicata di tutte le angherie che ero stata costretta a subire a causa loro. Ma quando compresi cosa avevo fatto, quante vite avevo spezzato in un istante… mi sentii indegna di vivere. Avevo tradito tutti gli insegnamenti del vecchio Baruk, dimostrando loro che ero davvero il mostro che credevano fossi. Completamente terrorizzata rimasi immobile senza sapere cosa fare. Il vecchio Baruk arrivò all’improvviso, mente già echeggiava nel silenzio il passo cadenzato dei gendarmi che venivano ad arrestarmi. Sollevandomi di peso mi rimise in piedi e mi trascinò via, come se fossi una bambola di pezza. Corremmo a lungo per vicoletti bui, cercando di nasconderci allo sguardo degli abitanti di Varfleet. Poi, non so come, mi ritrovai in questo stesso boschetto. Il vecchio Baruk mi mise la mia sacca sulla spalle e, consegnandomi i pugnali, mi disse che dovevo andare via, che da quel momento in poi avrei dovuto sopravvivere da sola. Non mi sono mai sentita così sola come in quel momento.- .
Cho riportò lo sguardo sulla danza sinuosa delle lingue di fuoco, contro il buio della sera incipiente. Si sentiva svuotata, come se raccontare la sua storia a Mael le avesse portato via tutto. E si sentiva stanca, tanto, troppo stanca…
… cosa sarebbe successo se in quel momento sarebbe entrata in città e si sarebbe consegnata ai gendarmi? Sarebbe solo stata la fine di ogni dolore…
Dopo un lungo istante di pesante ed imbarazzato di silenzio, Mael le si avvicinò con un movimento sinuoso e rapidamente, prima che potesse opporre qualsiasi resistenza, l’abbracciò. Cho si irrigidì immediatamente e provò a divincolarsi imbarazzata, per nulla abituata al contatto fisico, perché, neanche prima dei lunghi anni di isolamento nelle foreste delle Streleheim, c’erano stati abbracci per lei.
- Non è stata colpa tua. – le sussurrò all’orecchio dolce ed accorato – Tu non hai alcuna colpa. Eri solo una bambina spaventata, nient’altro.- e la strinse ancora di più contro di sé, facendole poggiare la testa sulla sua spalla.
E quella voce calda e melodiosa riuscì a sciogliere ogni sua resistenza, e Mael sorrise nel sentire il suo corpo rilassarsi contro il proprio. Cho chiuse gli occhi, artigliandogli la casacca, lasciandosi cullare da quelle braccia forti e delicate, e da quel lieve odore fruttato che le solleticava il naso.
Era incredibile, ma sembrava che la dolcezza ed il calore di Mael potessero risanare le sue ferite, si sentiva come se tra quelle braccia potesse rinascere.
Una risata sarcastica e minacciosa risuonò nel fondo della sua mente, in risposta al suo pensiero.

  
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