Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
Segui la storia  |       
Autore: Tabheta    28/10/2019    3 recensioni
[Partecipante alla challenge "Slot machine!" indetta da Juriaka sul forum di efp]
Attenzione le storie insierite nella raccolta potrebbero essere di carattere demenziale o AU!, ovviamente distanziandosi dall'atmosfera seriosa dell'anime/manga. Lettore avvisato:
#prompt8- Erwin/Levi, con la gentile partecipazione di un povero Armin
"Nella mente di Armin la faccia sghignazzante di Connie appariva a fasi alterne, beffandosi di lui. Non sapeva esattamente come fossero finiti a scommettere in quel modo balordo, ma Armin aveva la consapevolezza di star mettendo le mani in una tana di scorpioni dal momento in cui aveva acconsentito a quel gioco ridicolo."
#prompt15- Levi-centric
"Svegliarsi, cacciare, dormire. La vita ciclica della bestia in gabbia non gli apparteneva più da tempo, ma non poteva dimenticare. L’oblio non era un piacere riservato agli esseri umani."
#prompt30- Eren/Levi, con la gentile partecipazione di Mikasa
"Era come una falena, Eren, non ne aveva mai abbastanza. Sarebbe potuto bruciare in quel momento, mentre aveva l’illusione di possedere il corpo dell’ultima speranza dell’umanità."
Genere: Commedia, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Crack Pairing | Personaggi: Armin Arlart, Eren Jaeger, Erwin Smith, Levi Ackerman
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



 
***





“Ohi! Che state facendo! Disperdetevi!” la voce di Levi li riportò tutti alla realtà.
Il suo cavallo era scappato – o peggio, ma Eren era stato così fortunato da venire tramortito abbastanza forte da risparmiarsi anche quell’eventuale spettacolo.
Decisamente una spalla slogata non era quello che pensava di ottenere dal pattugliamento di quella mattina.
“Corri, cazzo, le gambe ti funzionano mi pare.”
Eren avrebbe voluto rispondergli che sì, poteva correre anche senza diventare sordo, ma non avrebbe mai avuto il fegato di ribattere a quel modo a Rivaille. Stette zitto ed eseguì gli ordini.
Mikasa, alla sua destra, lo aiutava come meglio poteva. Col tempo ci aveva fatto l’abitudine a farsi sostenere dalla propria amica d’infanzia, ed ormai non ledeva più il suo orgoglio, anzi, era grato perché quella era una delle poche sicurezze che ancora aveva. Se mai fosse caduto non sarebbe stato da solo.
Levi, dall’altro lato, teneva il cavallo suo e di Mikasa per le briglie, guidandoli verso una radura boscosa. Dietro di loro infuriava la tempesta: era colpa di tutta quell’acqua se aveva perso il controllo del meccanismo di manovra tridimensionale. Si vergognava di quella figura da recluta di terz’ordine.
Avevano lasciato indietro il solo generale Erwin ad occuparsi della situazione. C’era solo un gigante da poco più di dieci metri, bastava un solo uomo. Era un bersaglio facile, ed Eren era stato ferito come un dilettante. Quello il suo orgoglio non poteva sopportarlo, anche se si sarebbe sentito decisamente peggio se si fosse ferito qualcuno dei suoi compagni. Per quello Erwin aveva ordinato la ritirata: voleva evitare di perdere uomini per un motivo tanto stupido.
A volte si chiedeva se le decisioni di Erwin fossero prese per il bene dei suoi soldati o piuttosto per un suo tornaconto personale. Ad una domanda del genere avrebbe certamente sorriso con quel suo fare impenetrabile e lo avrebbe lasciato nel dubbio: in quel suo mutismo gli ricordava Levi, ma in un modo più capriccioso. C’era sempre un motivo se Levi taceva, che fosse perché le parole fossero superflue o perché l’interlocutore avesse posto un interrogativo troppo stupido per degnarlo della propria attenzione.
Il suono del gigante abbattuto in lontananza lo riportò alla realtà: Mikasa aveva il fiatone, ovviamente era affaticata, per quanto cercasse di mostrarsi il più possibile calma. Levi era evidentemente infastidito da quello spiacevole fuori programma, ed aveva la netta sensazione che appena si fossero fermati si sarebbe dovuto preparare ad una strigliata di tutto rispetto.
La pioggia nel frattempo non aveva intenzione di cessare. I soffi del vento rendevano la loro fuga ancora più faticosa.
“Ci fermiamo.” Il tono di Levi non ammetteva repliche. Eren non voleva fare l’ennesima domanda stupida – non voleva rendere peggiore l’umore già nero del capitano, ma non vedeva dove  esattamente avrebbero dovuto fermarsi.
“Dove, capitano?” Mikasa diede fiato ai suoi pensieri.
“Mi piacerebbe saperlo, ma non ha senso continuare a vagare nella pioggia con un ferito. Soprattutto se vogliamo andarcene via da qui il prima possibile i cavalli hanno bisogno di riposare.”
Da quanto tempo erano là fuori? Eren aveva perso ogni cognizione del tempo. Aveva fatto una bella caduta e si sentiva vagamente febbricitante. Anzi, mentre cercava di sollevare il suo corpo lo trovava fin troppo instabile.
La vista gli si stava offuscando. L’ultima cosa che vide fu la sagoma di un tetto emergere dalla pioggia.



*



Aprire gli occhi gli costò un acuto dolore alle tempie. La prima cosa che il suo istinto gli disse di fare fu di tastare la spalla ferita: faceva un male cane: era ancora vivo.
“Alla buon ora, in ritardo per il tè delle cinque.”
Il sarcasmo del capitano si guadagnò un’occhiataccia di Mikasa. I due erano seduti vicino al fuoco di quella che sembrava la casa di un qualche taglialegna, abbandonata da chissà quanto.
“Che ore sono?”
“E’ notte fonda. Come ti senti?” Mikasa si avvicinò a toccargli la fronte.
“Bene, credo.”
Non voleva dare troppe preoccupazioni a Mikasa.
Ora che si guardava intorno la casa non sembrava avere altre stanze. C’era un unico stanzone compreso di letto e fuoco, segno che colui che la abitava non doveva poi essere un tipo molto esigente.
Solo ora notava i suoi vestiti fradici accostati ad asciugare al fuoco. Arrossì pensando a chi lo avesse spogliato e messo a letto. Era stata sicuramente Mikasa, il suo cervello si rifiutava di immaginare fosse stato Rivaille.
“Lo spero per te, la partenza è fissata per domattina presto.” Sentenziò il capitano, avvicinandosi all’altro lato del letto e scostando le coperte.
“Ehi!” Eren doveva essere suonato più stridulo del previsto.
“Vedi altri letti qui?”
Non poteva controbattere, effettivamente. Ora che era sveglio è stava meglio non avrebbe certo lasciato i suoi compagni a dormire per terra. Levi sembrava quasi divertito da quel suo improvviso scatto di pudicizia. Aveva dormito tante volte insieme ai suoi amici, ma mai insieme al capitano.
Mikasa colse con disappunto il suo disagio. Sollevò a sua volta le coperte e si coricò affianco ad Eren prima che Levi potesse aggiungere altro.
Sarebbe stato meno in imbarazzo se avesse almeno avuto i suoi vestiti, ma temeva che se ne avesse fatta menzione il capitano lo avrebbe preso ulteriormente in giro. Era talmente teso che gli facevano male i muscoli. Era sicuro che tanto Mikasa, quanto Levi percepivano il suo corpo in tensione attraverso le coperte.
Cercava di tenersi impegnato nella speranza che il mattino arrivasse presto, pensava a quello che Rivaille e Mikasa si fossero detti mentre era incosciente. Probabilmente nulla, visto che dubitava i due si intrattenessero volentieri in conversazioni – inoltre era abbastanza sicuro che Mikasa non potesse troppo sopportare alcuni atteggiamenti del capitano, anche se rispettava indubbiamente la sua forza.
Era così strano che in un corpo tanto piccolo vi fosse tutta quella potenza. Eren aveva visto all’opera Rivaille in un numero infinito di circostanze ormai, eppure ogni volta non poteva che rimanere incantato quando un gigante precipitava sotto la furia dei suoi colpi. Osservandolo così, assopito e vulnerabile, non sembrava possibile che le speranze dell’umanità si fossero materializzate nel corpo di quell’uomo.
“Hai finito di muoverti?”
“Non riesco a dormire.”
“Me ne sono accorto, è normale dopo una giornata del genere.”
Eren era grato che Levi non potesse leggere i suoi pensieri, per quanto più volte si fosse ritrovato a dubitare che quegli occhi penetranti non fossero invece a conoscenza di tutto quello che gli passava per la testa. Anche adesso, si sentiva a disagio sotto l’intensità di quello sguardo.
“Domattina, quando anche Mikasa sarà sveglia, voglio scusarmi per quanto successo.”
L’agitazione gli aveva fatto formulare quella frase in maniera più formale di quanto immaginasse.
“Ti ho messo io a letto, ringraziami per quello se vuoi sentirti in pace con te stesso.”
Eren era davvero grato che Levi non avesse accesso ai suoi pensieri. Sfortunatamente poteva vedere la vasta gamma di tonalità che la sua faccia aveva assunto dopo la sua affermazione.
“Grazie.” Riuscì a dire, prima di girarsi dall’altro lato fingendo di rimettersi a dormire ed in realtà soltanto cercando di nascondere l’imbarazzo.  Aveva le orecchie in fiamme.
“Mi hai svegliato per questo?” Sbuffò con tono fintamente scocciato.
Si chiedeva in quale altro modo il capitano avrebbe minato al suo autocontrollo. Non aveva intenzione di dormire, solo di evadere quel confronto troppo intimo perché fosse preparato. Era privo di difese: non contava nulla il fatto che potesse trasformarsi in gigante, quando era di fronte a Levi si sentiva carne da macello.
Rivaille sapeva benissimo che gli sarebbe potuto saltare addosso da un momento all’altro, anzi, forse era proprio quello che voleva fin dall’inizio. Ed Eren non si sarebbe fatto pregare troppo, nonostante il suo cervello gli ricordasse periodicamente la presenza di Mikasa, addormentata lì affianco.
Eren gli si fece vicino quanto poteva con la spalla offesa, cosa che gli fece emettere più di un paio di gemiti di dolore. Levi gli sfiorò l’arto con le dita fredde.
“E’ solo un graffio.”
Sperava bastasse a farlo desistere dal contatto, perché dovunque toccasse sulla sua pelle gli sembrava di bruciare. Ma le sue dita scesero ad accarezzarlo dalla spalla al ventre, libere da qualsiasi resistenza di vestiti.
Perse definitivamente ogni freno inibitore, afferrandogli con forza la testa con l’unico braccio che riusciva a muovere. Si diedero un bacio umido che Eren pregò fosse abbastanza ovattato da non far svegliare Mikasa. Era sicuro che i sensi di colpa lo avrebbero tormentato.
Purtroppo non abbastanza da fargli togliere le mani dal fondoschiena sodo del capitano. Forse aveva dei poteri curativi, perché per un attimo aveva sentito la spalla offesa piena di vita, pronta ad aggiungere una mano a quella già presente sul sedere di Levi. Ben presto il corpo inizialmente freddo del compagno fu contagiato dal calore ancora febbricitante del proprio, nel momento in cui se lo era trascinato sopra. Non ne avrebbe avuto la forza da solo, ma il capitano aveva capito autonomamente dove Eren voleva arrivare, issandosi sul suo ventre pulsante senza troppi complimenti. Non era ancora totalmente sicuro di essere vivo.
 Non si era mai fermato a pensare. In quegli anni non aveva mai avuto il coraggio di razionalizzare i propri sentimenti. Era più facile abbandonarsi all’istinto, senza pensarci troppo – non sapeva nemmeno fino a quanto sarebbe sopravvissuto in fondo, ma sentiva crescere il desiderio come un fuoco dal fondo dello stomaco. Voleva la forza, ne era disperatamente attratto. In un mondo sconquassato come il loro la forza è quello a cui ogni strisciante, disgustoso, parassita si aggrappa, e lui non era diverso.
Era come una falena, Eren, non ne aveva mai abbastanza. Sarebbe potuto bruciare in quel momento, mentre aveva l’illusione di possedere il corpo dell’ultima speranza dell’umanità.




*






La parola all’autrice: se vi state chiedendo quale sia la fine, bhé sappiate che sono tornati tutti e tre sani e salvi a casa, qualcuno più felice degli altri… povera Mikasa, mi sono sentita molto in colpa a farle patire Levi ed Eren ahahahah
Sappiate che questa ship è un mio esperimento, dato che sono della sponda praticamente opposta, quindi fatemi notare eventuale IC <3
 

 
 
 
 
 
 
 
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti / Vai alla pagina dell'autore: Tabheta