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Autore: IndianaJones25    30/10/2019    6 recensioni
Dopo quasi quarant’anni, Indiana Jones fa ritorno sulle alture interne del Perù per raggiungere ancora una volta il tempio dei Chachapoyan dove, in gioventù, tra mille difficoltà, rinvenne l’idolo d’oro della fertilità. Ma nel tempio era celato molto più di una piccola e semplice statua d’oro, qualcosa di davvero unico e prezioso: un sorprendente segreto, rimasto custodito in quel luogo per migliaia di anni, che l’anziano archeologo intende finalmente riportare alla luce.
In questa nuova occasione, però, ad accompagnarlo ci sarà sua figlia, perché solo unendo le forze i due Jones potranno svelare quell’antico mistero, che sembra provenire da una galassia lontana lontana...
Genere: Avventura, Generale, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Henry Walton Jones Jr., Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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1 - PADRE E FIGLIA

    Regione di Amazonas, Perù

    In un silenzio quasi assoluto, interrotto solo dai richiami degli uccelli che si celavano tra il fogliame e dal dolce gorgogliare delle acque di un ruscello, le ombre si allungavano come cupi fantasmi tra la fitta vegetazione e la nebbiolina di quella lussureggiante parte della foresta, che si estendeva sul versante scosceso della montagna. Era una zona ancora poco battuta e conosciuta, che riusciva a celare parecchi segreti nonostante la modernità impietosa stesse invadendo sempre di più anche gli ultimi angoli rimasti selvaggi del pianeta.
    Luoghi vergini come quello, in ogni caso, in qualche modo resistevano e, forse, nonostante tutto il cieco e crescente furore distruttivo a cui erano sottoposti di giorno in giorno, sarebbero riusciti a resistere in eterno, perché la natura sarebbe stata sempre capace di dimostrarsi più potente e tenace della sciocca e passeggera vanagloria dell’essere umano e delle sue inutili tecnologie.
       Perché tutte le opere dell’uomo, anche le più ardite e mostruose, in fondo, un giorno sarebbero state nuovamente ricoperte dalla vegetazione, inghiottite dalla foresta e consumate dalla terra o dall’acqua; e questo, a ben rifletterci, era un parere piuttosto confortevole, dato che significava che il mondo, per nulla schiavo dei suoi abitanti più egoisti, sarebbe stato sempre capace di regalare nuovo stupore e nuovi segreti - oltre che vita - anche alle generazioni future, che sarebbero arrivate di lì a dieci, cento, mille o milioni di anni.
       Almeno, questi erano i pensieri positivi e ancora colmi di gioiose illusioni giovanili che attraversavano la mente dell’agile figura che camminava solitaria per quei luoghi, passando di ombra in ombra così rapidamente che, a guardarla, sembrava più che altro una sagoma nera con un cappello a larghe tese calcato in testa. Pensieri profondi che derivavano da uno studio attento della filosofia e dell’antropologia, oltre che dell’archeologia, che era stata la sua prima materia d’interesse sin dall’infanzia.
       Superato con un agile balzo un piccolo corso d’acqua, poco più che un ruscello cosparso di pietrame, che si perdeva con un leggero sciacquio nel folto della boscaglia, la veloce figura raggiunse una radura inondata dalla luce del sole, dove finalmente si fermò, inspirando a grandi boccate l’aria fresca, umida ed un po’ rarefatta dell’alta montagna.
       Da sotto un ampio e floscio cappello di paglia intrecciata, neri, lucidi e spettinati capelli lunghi incorniciavano il viso dolce ma determinato, a cui la natura aveva fatto dono di acuti e brillanti occhi azzurri, di un’adolescente asciutta e minuta, che non poteva ancora avere compiuto i diciotto anni, come si capiva facilmente a giudicare dalla leggera acne giovanile che le spruzzava le guance. La ragazza indossava una camicetta color kaki, legata con un nodo sopra l’ombelico e quasi del tutto sbottonata, e calzava blue-jeans a zampa d’elefante sotto i quali si scorgevano un paio di scarponi consunti, che doveva aver acquistato a una qualche svendita di materiale militare usato. A tracolla portava una borsa in pelle conciata ornata da alcune frange, che rimbalzavano e frusciavano ad ogni suo minimo movimento.
       «Katy!» la chiamò una profonda e severa voce maschile carica di rimprovero, costringendola a voltarsi alle proprie spalle dopo aver sollevato per un momento gli occhi al cielo in maniera contrariata.
       Giubbotto di pelle, frusta alla cintura, immancabile cappello di feltro sulla testa, volto rugoso con le guance incorniciate da un’ombra di barba bianca non rasata, fisico che si portava ancora estremamente bene nonostante non fosse più quello di un giovanotto, dalla boscaglia fuoriuscì a grandi passi Indiana Jones, che puntò dritto contro la ragazzina come un giaguaro sulla preda, scrutandola con aria inflessibile.
       «Katy, ti ho detto e ripetuto mille volte che non devi mai e poi mai allontanarti troppo da me!» tuonò il vecchio archeologo, saettando dagli occhi. «E se ti perdessi? E se cadessi in qualche crepaccio? E se ti imbattessi in una bestia feroce o, peggio, in un dannatissimo serpente…?» A quest’ultima domanda, si guardò attorno con aria inquieta, quasi si aspettasse di vedere uno di quei mostri viscidi e striscianti comparirgli di fronte senza preavviso.
       La giovane sbuffò, sollevando una mano sottile dalle unghie completamente mangiucchiate per scostarsi un ciuffo di capelli parecchio ribelle che le era finito davanti agli occhi.
       «Uffa, Old J! So quello che faccio!»
       «Quante volte devo dirti che voglio essere chiamato “papà”, signorina?» sbottò Jones, appoggiandosi le mani sui fianchi e arrossendo fin quasi alla punta dei capelli incanutiti.
       Odiava quel soprannome che gli era stato affibbiato da quell’adolescente ribelle e insolente ma, per quanti sforzi facesse, non riusciva in nessun modo a toglierle quel brutto vizio. Lei amava prendersi gioco della sua età, lo sapeva fin troppo bene, tanto che scoppiava sempre a ridere senza ritegno quando lui si lamentava di qualche dolore o degli anni che passavano; e, sfrontata com’era, non mancava mai neppure di fargli notare che, con l’ernia che si ritrovava nella schiena ed altre cose simili, non doveva più giocare a fare il ragazzino che andava in esplorazione di luoghi esotici, ma semmai starsene comodamente seduto in poltrona, a leggere il giornale ed a lamentarsi del governo come ogni altro bravo vecchietto. Ma dove diavolo era finito il rispetto dei figli verso i loro genitori?
       Prima che gli venisse in mente un modo efficace per farla stare al proprio posto, però, i suoi occhi notarono la fin troppo audace scollatura di Katy ed ogni altra cosa passò in secondo piano.
       «E, poi, una buona volta, vuoi allacciarti come si deve quella camicia, porca miseria?!» quasi urlò, indicando il punto incriminato.
       «Mica c’è gente a guardarmi le tette, qui attorno!» replicò lei, mordendosi distrattamente l’unghia del pollice.
       «E lascia stare quelle unghie o ti verrà un’infezione!»
       La ragazzina, con aria indifferente alle sue raccomandazioni, sputò la pellicina che si era appena strappata.
       «Old J, sembri la mamma!»
       «Ecco, a proposito, che cosa accidenti pensi che direbbe, tua madre, se tornassi a casa senza di te?» brontolò Jones, ritrovando la calma. «Se ti dico di starmi vicina è perché ho i miei buoni motivi!»
       Katy allargò le labbra in un sorriso che, pur sembrando candidissimo e angelico, non mancò di dimostrare una spietata ironia, decisamente simile a quella che suo padre sfoggiava molto di sovente.
       «Guarda che sono stata io a prometterle che avrei badato a te che avrei fatto in maniera di riportarti a casa tutto intero, Old J.»
       Il coriaceo studioso non rispose, limitandosi a guardare la figlia con un ghigno a metà strada tra il compiaciuto, il rassegnato, il divertito e l’imbronciato, quasi che i suoi sensi si fossero scontrati in un incrocio privo di segnali e non sapessero più a chi dare la precedenza.
       Lui e Marion avevano avuto Katy, la secondogenita, quando erano già un po’ avanti con gli anni, ma questo non toglieva che fossero riusciti a sviluppare con lei - e pure con il terzo ed ultimo figlio nato dal loro matrimonio, Abner - un ottimo rapporto. Non ne avevano discusso, non avevano badato a quello che avrebbe potuto pensare la gente di due persone della loro età con dei figli piccoli, li avevano avuti e basta, Katy pochissimi mesi dopo le loro nozze, Abner un paio di anni più tardi. Avevano semplicemente voluto dei figli, da crescere bene ed insieme, riservando loro amore e intransigenza nella giusta dose, e così era stato.
       Ed il tempo, alla lunga, gli aveva dato ragione.
       Mentre Mutt, il primo dei loro eredi, aveva definitivamente abbandonato la carriera di studente, dopo aver cambiato numerose scuole, per aprire un’officina meccanica a San Francisco, nella quale si dedicava soprattutto alla riparazione di motociclette - e, finalmente, sposatosi e divenuto a sua volta padre, sembrava aver messo la testa a posto - Abner e Katy, dando ascolto ai loro consigli, erano divenuti degli studiosi attenti e diligenti. Abner, timido ed appassionato di letteratura medievale come il nonno paterno e di giornalismo come la madre, era ormai prossimo a completare gli studi liceali con ottimi risultati, mentre Katy, oltremodo vivace e freschissima di diploma, si preparava con entusiasmo ad intraprendere la carriera universitaria per poter diventare archeologa, passione che le era stata trasmessa prima di tutto dal padre e, indirettamente, dal nonno materno.
       E, proprio al padre, la ragazza aveva insistentemente domandato di portarla con sé in qualche spedizione archeologica, perché le mostrasse dal vivo come fosse realmente la vita sul campo di cui aveva tanto sentito parlare, ma della quale, in fondo, non conosceva nulla di concreto. Jones, in un primo momento, era apparso abbastanza titubante al riguardo: quella ragazzina, per quanto diligente, era la copia fatta e finita di sua madre non solo nell’aspetto, ma anche nell’animo, fin troppo simile a quello di un tornado scatenato, il che la rendeva impulsiva oltre ogni limite. E questo, a conti fatti, avrebbe potuto significare una cosa sola: guai. Voleva davvero mettere in serio pericolo sua figlia solo per poterla accontentare?
       Nondimeno, doveva riconoscere che, un giorno o l’altro, oltretutto sempre più vicino, Katy - già di per sé un’adolescente ribelle e spesso irrispettosa - se ne sarebbe andata di casa ed avrebbe cominciato ad agire solo di testa propria, senza che lui o Marion potessero più fare alcunché per poterla controllare.
       Pertanto, dopo averci a lungo riflettuto con la moglie, e dopo essere quasi ammattito per i continui tranelli che Katy gli aveva giocato per convincerlo, aveva deciso che, forse, sarebbe stato molto meglio portarla con sé in quella prima avventura, per insegnarle qualche segreto del mestiere ed evitare che, in futuro, finisse col cacciarsi in brutte situazioni  - o, almeno, che imparasse come fare a venirne fuori senza riportare troppi danni.
       Ecco spiegato, dunque, perché si trovassero proprio lì, in Sud America, nelle foreste che lambivano le montagne dell’interno del Perù; era un luogo che Jones già conosceva bene, avendolo esplorato in passato, ma gli erano giunte certe voci, alle orecchie, e voleva verificarle di persona. E, questa volta, non ci sarebbero stati né Belloq né gli Hovitos a mettergli i bastoni tra le ruote. Almeno sperava.
       «Ci siamo quasi» la informò, lasciando perdere ogni altro discorso inerente la sua andatura troppo sostenuta o il suo modo di vestire. «Quel fiumicello che abbiamo superato poco fa dovrebbe alimentare un laghetto che si trova da queste parti, guarda.»
    Con passo sicuro, senza dubitare neppure per un istante della strada da seguire, come se si fosse trovato a camminare da quelle parti giusto il giorno prima - non per farsene un vanto, ma il suo senso d’orientamento era sempre stato altissimo e non lo aveva mai tradito - la guidò verso le sponde di un piccolo lago limpido e azzurro, circondato, oltre che dalla lussureggiante vegetazione ombrosa, anche da diverse rocce, dall’alto delle quali piovevano della piccole ma incantevoli cascate, il cui gorgogliare delicato giungeva fino alle loro orecchie come una musica soave.
       «Bello» mormorò Katy, incantata da tanto splendore, chinandosi a lambire quelle acque fresche con le dita per poi tamponarsi il petto ed il collo accaldati. «Sembra un paradiso…»
       Jones sorrise soddisfatto, osservando quel luogo entusiasmante con un’espressione quasi vacua.
       «Mi fa piacere che tu lo dica. Sai, quando avevo la tua età, mi fermavo davvero di rado a contemplare la sublime purezza che soltanto la natura sa offrirci e che nessuna delle opere dell’uomo, nemmeno la più ardita e grandiosa, sarà mai in grado di eguagliare, od anche solo di imitare.»
       Katy distolse lo sguardo dalle acque e si concentrò sul padre; era fin troppo abituata - o, per meglio dire, rassegnata - ai suoi soporiferi monologhi da vecchio e cattedratico docente universitario, che spesso si abbandonava ai ricordi di gioventù, ma non le era mai capitato di ascoltare un simile preambolo.
       «Andavo sempre di fretta» continuò Indy, perdendosi nel mare dei suoi pensieri, «con la mente proiettata al domani, lo sguardo rivolto al futuro, oppure al passato, non al qui ed ora.» Fece un sorrisetto amaro. «Ero convinto, come dire, che il meglio dovesse ancora venire, e che il presente, in fondo, non avesse alcun reale significato, se non quello di contenerci in attesa di un maestoso divenire.»
       «E non è forse così?» domandò Katy, incuriosita. «Non sono il passato e l’avvenire ciò che più è importante, Old J?»
       Suo padre scosse il capo, osservando le acque pure del lago e respirando a fondo l’aria frizzante del sottobosco montano.
       «No, non è così» la contraddisse. «Il passato e l’avvenire, Katy, vivono insieme nel presente, ricordalo. Ci vuole tempo, però alla fine lo si impara.»
       «Ma, allora…»
       «Allora mi sbagliavo alla grande» la interruppe suo padre, «perché non riuscivo a discernere la bellezza attorno a me. Oggi, tuttavia, con il cemento che avanza inesorabile, l’inquinamento che minaccia di disintegrare l’atmosfera e le foreste che scompaiono miseramente, mentre l’essere umano nella sua superbia e nella sua ignoranza si arroga il diritto divino a distruggere l’unico pianeta in cui gli sia stata data la possibilità di vivere, amare e svilupparsi, luoghi armoniosi come questi mi risvegliano qualcosa, di dentro, facendomi sentire davvero bene ed in pace, con me stesso e con il creato.» Sorrise di soddisfazione, facendo un gesto con il braccio come a voler abbracciare quell’angolo paradisiaco. «Cosa può esserci di più schietto, genuino e dolce del leggero frusciare delle foglie alla brezza, di un canto di uccelli o di un coro di rane, del tepore della sera, del profumo della nebbia o del calore del sole sulla pelle? Eppure, soltanto adesso che sono diventato vecchio ed il mondo sta poco a poco crollando, mentre i miei giorni si accorciano sempre di più, me ne rendo conto davvero…»
       Anche il viso di Katy fu attraversato da un sorriso, un sorriso così sincero e luminoso che, per un momento, a suo padre parve di vedere un ritratto di gioventù di Marion, quando lo guardava con quegli sguardi innamorati che non avrebbe mai scordato. Fu un’immagine talmente carica di bellissimi ricordi che non pensò neppure per un istante di sgridarla per essersi nuovamente portata il pugno davanti alla bocca ed aver cominciato a mordicchiarsi il pollice.
       «Old J, non sapevo che fossi anche un poeta» lo canzonò bonariamente. «Hai mai pensato di scrivere le tue memorie? Scommetto che scalerebbero le classifiche internazionali dei libri più letti!»
       «Andiamo, ragazzina» sbottò Jones, cercando di non mostrarsi troppo divertito, facendo un cenno secco della mano e voltando immediatamente le spalle al piccolo lago. «Questo vecchio poeta ora ti farà vedere qualcosa che nemmeno ti immagini.»
       Incuriosita al punto che smise di mordersi le unghie, Katy lo seguì per alcuni metri, fino a quello che pareva un declivio ricoperto di erba, alberi e radici contorte su ogni punto, tranne nel mezzo, dove sembrava essere stato eretto un portale, di certo opera della mano dell’uomo, ostruito da un’incredibile ed immensa sfera di pietra perfettamente lavorata, schizzata di muschio e di licheni. La ragazza, vinta dalla meraviglia, si arrampicò con la destrezza di una scimmietta fino a posare la mano sulla sfera, saggiandone con stupore l’impareggiabile levigatezza.
       «Non ci credo!» esclamò, con tale entusiasmo da far levare in volo con strida acute e indignate un nutrito gruppo di ara variopinti che, fino a quel momento, era rimasto posato tranquillo sopra i rami di un colossale albero del kapok lì nei pressi.
       Tutta la sua grande passione per l’archeologia, in quel preciso istante, esplose violentissima, prendendo il sopravvento su tutto il resto, mentre con le dita rovinate tastava quella palla di roccia come se fosse in venerazione. E non era forse proprio così? Ritrovarsi di fronte ad uno dei più inesplicabili misteri americani non era certo cosa da poco!
       «Questa è una di quelle strane sfere che sono state rinvenute soprattutto in Costa Rica!» continuò a dire, parlando con una veemenza tale che, pur essendo ancora un po’ lontani, i vecchi e malconci timpani di suo padre vibrarono paurosamente. «Sono un vero e proprio enigma per la scienza, nessuno sa a che cosa servissero o chi le abbia realizzate davvero! Ma, di così grandi, non se n’erano mai viste!»
       Indy la raggiunse, ansando leggermente per l’arrampicata, e appoggiò a sua volta una mano sulla pietra, facendo un ghigno beffardo mentre ricordi lontani tornavano ad affiorargli nella mente, facendosi più vividi di secondo in secondo.
       «Io una mezza idea su come le utilizzassero ce l’avrei, dato che, a momenti, ci sono quasi rimasto sotto» constatò, senza curarsi di tenere nascosta la propria ironia.
       Katy si volse di scatto a guardarlo dritto in faccia, incredula.
    «Tu… tu sei già stato qui?» domandò con stupore.
       L’archeologo annuì piano. «Ci sono stato, sì. Grossomodo una quarantina d’anni fa, proprio in questo periodo.»
       La ragazza tornò a fissare per un momento la sfera di pietra, sempre più stupita. Era di fronte a una scoperta senza precedenti e suo padre le stava dicendo di averla effettuata tantissimi anni prima, senza che nessuno ne sapesse nulla. Sapeva che suo padre, come archeologo, era sempre stato abbastanza fuori dal comune, ma non sempre aveva prestato fede a ciò che raccontava, perché in certe occasioni credeva che lui si stesse inventando tutto soltanto per farla divertire o prenderla un po’ in giro. Ma, quella che aveva sotto le mani, non era un’invenzione né, tantomeno, una presa in giro…
    Vinta dalla curiosità, si mise a sedere sul tappeto erboso e, dopo essersi coricata di schiena, si sbottonò ancora un po’ la camicia per fare sì che i raggi del sole che filtravano attraverso le fronde intricate degli alberi lambissero la sua pelle già parecchio abbronzata. Fece sì che anche il suo volto fosse in piena luce, dato che sperava sempre che, in questo modo, l’acne che la infastidiva sopra ogni cosa sarebbe scomparsa.
       «Mi interessa, Old J» ammise, portandosi il dito alla bocca. Del resto, per quanto a volte le trovasse sinceramente esagerate e un po’ troppo gonfiate, le piaceva sempre ascoltare le passate avventure di suo padre: erano sempre storie molto divertenti, come quelle che si sarebbero potute trovare in un romanzo o in un film d’avventura. Anzi, per quanto avesse voglia di andare al cinema a vedere Lo squalo, il nuovo film di Steven Spielberg - era stato annunciato per la fine del mese, quindi mancava sempre meno tempo - era sicura che, quella di Old J sarebbe stata una vicenda ancora più entusiasmante. Tenendo gli occhi socchiusi per contrastare i raggi del sole che la colpivano in pieno, sollevò lo sguardo verso di lui e aggiunse: «Racconta.»
       Jones fece un sorrisetto, quindi le si accoccolò a fianco - una pausa non gli avrebbe certo fatto male, dato che cominciava a sentire le sue vecchie e mal lubrificate ossa emettere lugubri gemiti e scricchiolii di sofferenza - e, raccolta un po’ di sabbia dal terreno appena accanto alla grande pietra, se la fece scorrere tra le dita con aria meditabonda, ravvivando i ricordi lontani ma sempre vividi della sua gioventù.
       «Ero riuscito ad acquisire, comprandolo da un anziano antiquario, un pezzo di mappa che, stando alle interpretazioni mie e di un vecchio amico, avrebbe potuto condurre al tempio in cui la popolazione dei Chachapoyan aveva nascosto un prezioso idolo d’oro, un oggetto che, secondo le leggende tramandate da quell’antico popolo ormai scomparso, sarebbe piovuto dalle nubi.»
       «Piovuto dalle nubi?» ripeté Katy, con tono ironico, dandosi un morso così forte al pollice che se lo fece sanguinare.
       Sbuffando, suo padre allungò una mano e la costrinse a toglierselo di bocca.
       «Guarda che cos’hai combinato, sciocchina» la rimproverò. «Un giorno o l’altro dovranno tagliarti via le mani, vedrai.»
       «Ma finiscila, Old J, per un graffietto!» sbottò di rimando lei.
       Jones tolse dalla borsa che portava a tracolla un kit del pronto soccorso e glielo consegnò, guardandola con somma attenzione affinché si medicasse al meglio la ferita. Nel frattempo, riprese il suo discorso.
       «Io e il mio amico, che si chiamava Marcus, ci demmo da fare e, ben presto, scoprimmo che due tizi peruviani, due soci, Satipo e Barranca, parevano essere in possesso dell’altra metà della mappa. Sapevo bene di non potermi fidare di quei due, tizi loschi che avevano la fama di essere dei ladroni, se non di peggio, ma decisi che, per una volta, il gioco avrebbe potuto valere la candela.» Fece una brevissima pausa per schiarirsi la gola. «Non avevo tempo da perdere, anche perché avevo sentito che due miei rivali, Forrestal e Belloq, erano a loro volta - in maniera separata - sulle tracce dell’idolo d’oro, e già da almeno un anno. Se Forrestal lo avesse trovato prima di me, tutto il merito sarebbe andato all’Università di Princeton, e noi del Marshall College saremmo rimasti con un pugno di mosche; tra di noi, era in atto una vera e propria corsa ai reperti archeologici che durava ormai da una decina d’anni, se non di più.»
       «Non mi sembra il corretto approccio accademico, questo» commentò sarcasticamente Katy, finendo di avvolgere il taglio con un cerotto. «L’archeologia non è una gara…» Resistette alla tentazione di ficcarsi un altro dito in bocca e, riconsegnata la scatolina al padre, afferrò una ciocca di capelli e cominciò a studiarsi le doppie punte.
       Indy scrollò le spalle, riponendo il kit nella sua borsa.
       «Non lo è più oggi, magari, ma una volta si ragionava in maniera un po’ differente. In effetti, i tempi sono cambiati parecchio, da allora, sembra proprio che l’ultima guerra sia stata lo spartiacque tra due mondi completamente differenti, quasi privi di contatti tra di loro… In ogni caso, per tornare a noi, non era certo Forrestal a destare le nostre preoccupazioni.» Si interruppe, mentre il sangue gli ribolliva nelle vene al solo ricordo del dannato francese che, per un grossolano errore di valutazione di cui si era amaramente pentito, una volta aveva chiamato “amico”. «Perché, se a rinvenirlo per primo fosse stato Belloq, sarebbero stati guai seri, dato che quell’avido mercenario non aveva alcun interesse per la ricerca storica e si limitava a raccattare il maggior numero possibile di oggetti preziosi, senza farsi alcuno scrupolo nel ricorrere anche al più sporco dei mezzi per riuscirci, per poi rivenderli al miglior offerente. Così, in fretta e furia, giunsi in Perù e contattai Satipo e Barranca, trovandoli in una bettola impegnati in una rissa che stavano miseramente perdendo.»
       Katy, che aveva cominciato a giocherellare con una ciocca dei suoi capelli nerissimi, visto che le sue unghie malmesse e troppo corte non le avevano consentito di strapparsi le numerose doppie punte che aveva individuato, non riuscì a trattenere una risatina.
       «Certo che avevi proprio dei begli amici, da giovane.»
       Jones scrollò le spalle. «Altri tempi, davvero. Tutto era più difficile e bisognava spesso ricorrere a mezzi oggi poco ortodossi e convenzionali per riuscire a venir fuori da situazioni davvero complesse e insormontabili…»
    «Old J, a sentirti parlare, sembra che tu abbia trascorso la giovinezza nel Paleolitico superiore!» lo prese in giro sua figlia, continuando ad accarezzarsi i capelli. «Di un po’, andavi anche a caccia di mammut, a quei tempi? E usavi la lancia con la punta di selce o preferivi fare tutto a mani nude, come un vero e rude uomo delle caverne?»
    Indy le indirizzò uno sguardo divertito. Possibile che Katy fosse sempre tanto irriverente? Eppure, non riusciva affatto ad arrabbiarsi con lei, quando faceva così, e, anzi, si sentiva vincere da un moto d’affetto ancora più grande, quando lei lo derideva, perché era anche quello un modo, per quanto strano, di dimostrare quanto gli volesse bene. Non poteva non sentirsi profondamente felice di avere avuto quella bambina - per lui sarebbe rimasta per sempre la sua bambina, anche quando si sarebbe sposata o avesse avuto a sua volta dei figli - e bastava una sua semplice parola per farlo sentire un genitore del tutto appagato. La sua famiglia, ormai, era davvero tutto per lui, era quanto di più importante ci fosse, anche più delle grandi scoperte che, per tutta la vita, lo avevano attirato nei luoghi più lontani e irraggiungibili… ed era certo che, riguardo a ciò, niente e nessuno avrebbe più potuto fargli cambiare idea.
    «Fai meno la spiritosa» la redarguì con un sorrisetto, senza riuscire nemmeno per sbaglio a sembrare indispettito. «Comunque, a suon di calci e cazzotti tirai quei due fuori dai guai e feci loro la mia proposta: andare insieme nella foresta, fino al punto che conoscevo io, e da lì proseguire basandoci sulla loro parte di mappa.»
       «A calci e cazzotti si risolve sempre tutto» ammise la figlia, ammiccando e iniziando a tormentarsi con un certo nervosismo le guance imporporate. «C’era una dannatissima stupida, a scuola, che mi prendeva in giro per i brufoli, come se soltanto lei fosse quella bella! Che poi bella è proprio una parola grossa! Sembrava una di quelle orripilanti bambole di plastica con cui giocano le smorfiose marmocchie come lei! Be’, a un certo punto non ci ho più visto e le ho insegnato io a smetterla e a rispettarmi! Dopo l’ora di ginnastica l’ho aspettata nella doccia e, appena ha cominciato a lavarsi, le ho mollato un pugno sul naso così forte che l’ho ribaltata e, quando è stata giù a terra, le ho assestato un paio di pedate nella…»
       «Non voglio sentire altro!» sbraitò Jones, obbligando un’altra volta a fuggire in volo con strida sdegnate i poveri ara che erano appena tornati a posarsi sul loro albero. «Non so chi accidenti ti abbia insegnato certe cose, ma…»
       «Come chi?!» rise Katy, tornando a portarsi i capelli di fronte agli occhi per cercare di individuare le doppie punte con il rischio di diventare strabica. «Ma se tu e la mamma non parlate d’altro di quando prendevate a calci in culo i tedeschi e i russi!»
       «Erano…» cominciò a dire Indy.
       «Sì, altri tempi, me lo dici sempre!» lo prevenne la figlia, prendendo mentalmente nota dei problemi della sua acconciatura per quando fossero tornati in albergo, dove aveva lasciato le forbici per poterla sistemare. «E cosa mi dicevi, di quei vecchi tempi andati, Old J?»
       Jones la scrutò per un istante, come sempre senza capire se lei si stesse divertendo a prenderlo in giro o meno, quindi ricominciò a parlare della sua lontana avventura in Perù.
       «Dopo averci riflettuto per un po’ - non brillavano certo per intelligenza, qui due - Barranca e Satipo accettarono e, così, partimmo insieme verso questa regione. Fu un viaggio pieno zeppo di pericoli e, ad un certo punto, accadde esattamente quello che mi aspettavo: la prima volta che tirai fuori la mia parte di mappa, Barranca tentò di togliermi di mezzo, liquidandomi con un colpo di pistola nella schiena.» Indy portò una mano alla sua vecchia e fedele frusta e l’accarezzò adagio, rivivendo il momento in cui l’aveva fatta saettare con uno schiocco sonoro, strappando la rivoltella dalla mano del predone e costringendolo a darsi alla fuga nella giungla, da dove non era uscito vivo, essendosi imbattuto in Belloq e negli Hovitos. «Gli andò male.»
       «E poi?» lo incitò Katy, che non vedeva l’ora di saperne di più. «Che cosa accadde, dopo?»
       «Rimasti soli, io e Satipo giungemmo qui, esattamente dove ci troviamo noi due adesso. Questo, una volta, era l’ingresso del tempio dei Chachapoyan.»
       «Una volta?» domandò la ragazza, senza capire esattamente il significato di quelle parole. «In che senso, una volta?» Suo padre si stava forse prendendo gioco delle sue competenze o, più semplicemente, si stava rimbambendo per via della sua età? «Un ingresso rimane un ingresso per sempre, Old J.»
       Jones ammiccò. «Hai ragione, certo… Ora ti spiego. Appena fummo dentro, ci accorgemmo che il posto era stato riempito di trappole e di trabocchetti veramente ben congegnati, ancora perfettamente funzionanti nonostante fossero stati costruiti centinaia di anni prima.»
       «Trabocchetti…» sbottò Katy, con tono sarcastico. Incapace di resistere oltre, prese a mordersi il mignolo della mano sinistra. «Ora, secondo me, esageri… queste cose non si vedono neppure nei film, al massimo solo nei fumetti di Barks! Hai letto Zio Paperone e le sette città di Cibola? È una delle mie preferite… ma quelle cose accadono solo nei fumetti, appunto!»
       «No, non leggo i fumetti, perché ho cose più edificanti a cui dedicarmi, io» grugnì suo padre. «E te ne potrei raccontare di belle, riguardo a Cibola…»
    «Ora, però, cerca di non divagare troppo, se no rischiamo di rimanere qui fino a domani!» replicò la ragazza, continuando a rodersi l’unghia. «E, comunque, continuo a sostenere che ti stai inventando un po’ troppe panzane… Non ho più cinque anni, Old J!»
    «Non mi sto inventando assolutamente nulla!» la corresse suo padre, un po’ offeso per la sua mancanza di fede nei suoi confronti. «C’erano davvero trabocchetti mortali, lì dentro. Anzi, come mi resi conto molto presto, di uno di questi congegni era rimasto vittima il povero vecchio Forrestal, ormai ridotto a una mummia polverosa, con delle lance che lo attraversavano da parte a parte e…»
       «E insomma, basta!» lo interruppe la figlia, disgustata. «Non vuoi ascoltarmi quando ti racconto che cosa ho fatto a quella cretina di Elaine nella doccia… e neppure alle sue stupidissime amiche… però tu i discorsi schifosi mica me li risparmi!»
       «Mettere al tappeto una ragazzina indifesa, tra l’altro cogliendola di sorpresa nel momento peggiore…»
       «Era nuda sotto la doccia e stanca per la ginnastica, e allora?» si impuntò Katy, quasi rabbiosa. «Lo ero anche io! Inoltre, lei faceva parte della squadra delle cheerleader e se ne vantava sempre, quindi qualche muscoletto poteva pure averlo, nascosto da qualche parte! E le sue amichette mi sono saltate addosso tutte insieme per vendicarla, dopo. In otto contro una!»
       «Ah» borbottò Indy. «Questo non lo sapevo e non è affatto giusto.» Preoccupato, guardò la pancia ed il petto della figlia, in cerca di eventuali ematomi. «Ti hanno fatto molto male? Perché non me ne hai parlato prima?»
       «Mi hanno tirato i capelli, quelle stupide! Per poco me li rovinavano! Ma le ho conciate per bene! Dopo quella volta, mi sono state tutte alla larga, schifose!»
       Jones avvertì una nota di dolore nella voce della figlia.
       Sapeva fin troppo bene che Katy era molto irruenta e che, per questo motivo, faticava a farsi degli amici, specialmente tra le sue coetanee, che spesso la deridevano per via dell’età dei suoi genitori, che in genere era quella dei loro nonni. Per questo motivo, quando rientrava da scuola, era spesso musona e si sfogava prendendosela con il fratello, con il quale faceva a botte anche troppo di sovente. Per quel che ne sapeva, sua figlia non era stata affatto dispiaciuta di conseguire il diploma e dire per sempre addio al liceo.
       Ogni tanto, poi, usciva con dei ragazzi, dei mezzi teppistelli che lei, scalmanata com’era, pur essendo così minuta riusciva perfettamente a tenere in riga, apparendo di fatto come il loro leader; oppure - appena ne aveva occasione - saltava su un aereo e volava in California, da suo fratello Mutt, che era l’unico con cui riuscisse a mantenere costantemente un buon rapporto.
    In genere, però, era sempre da sola e questa cosa rattristava tanto lui quanto Marion che, però, non sapevano come fare per rimediarvi, anche perché lei, con loro due, si apriva decisamente poco. Certo, la giovane voleva bene ai suoi genitori esattamente come loro ne volevano a lei ma, parecchie volte, sembrava quasi sentirsi in soggezione, vicino a loro, e preferiva allontanarsene.
    Era un vero e proprio lupo solitario, quella ragazzina, e lo era diventata ancora di più ultimamente: sebbene fosse stata contenta di non dover più fare ritorno in quell’istituto che, col tempo, aveva finito con l’odiare, da quando la scuola era terminata Katy si era fatta ancora più cupa del solito, tanto che trascorreva intere giornate chiusa in camera sua, sdraiata sul letto ad ascoltare a ripetizione un rimbombante e rumoroso LP dei The Runaways. Sembrava quasi che soffrisse per qualcosa, qualcosa di cui, però, non aveva voluto parlare con nessuno, tantomeno con i genitori, che si erano inutilmente lambiccati il cervello nel tentativo di capire che cosa potesse aver reso così cupa quella che, fino a pochi mesi prima, era stata una ragazzina a tratti scontrosa e lunatica ma, perlomeno, parecchio solare.
       Alla fine, non sapendo più che pesci pigliare per tirarla fuori dalla sua stanza, nonché stanco di sentirle uscire di bocca ormai soltanto quel mantra, ossia la richiesta di farle vivere un’avventura delle sue, suo padre aveva accettato di portarla lì, tra le foreste del Perù, speranzoso di migliorare il loro rapporto, un tempo molto spontaneo ma divenuto così complicato negli ultimi anni; adesso, tuttavia, Indy cominciava a credere di essersi sbagliato: forse, sarebbe stato meglio rimanersene a casa ad affrontare i problemi adolescenziali di Katy insieme a Marion, piuttosto che gettarsi subito in mezzo a luoghi impervi e selvaggi. Certo, condurla in quei luoghi l’aveva effettivamente aiutata a ritrovare la capacità di comunicare con lui, ma non si sarebbe mai aspettato di dover ascoltare alcune delle cose che lei gli stava dicendo, in particolare quelle riguardo il suo legame molto più difficile di quanto avesse potuto immaginare con le compagne di scuola.
    Indy sospirò. Alle volte, temeva di essere troppo vecchio per poter fare da padre a Katy. Ciò nonostante, non credeva di avere nulla di cui rimproverarsi: aveva rimediato agli errori che aveva commesso con Junior - nei cui confronti, lo sapeva bene, e ciò ogni tanto gli procurava ancora molto dolore, si era comportato esattamente come il vecchio Senior aveva fatto con lui - e aveva cercato di non ripeterli più né con Katy né con Abner. Certo, qualche volta, non resistendo a quell’irrefrenabile richiamo, partiva ancora per l’avventura, pronto a gettarsi in folli e scalmanate imprese, però poi tornava sempre da loro e dalla moglie, perché erano loro soltanto, adesso, il suo destino, ciò che maggiormente gli donava la voglia di continuare a vivere.
    No, non credeva di aver sbagliato con qualcosa, con la figlia. Se tra di loro faticavano a parlare, doveva essere per qualche altro motivo, presumibilmente legato all’età complessa che Katy stava attraversando. E, dunque, stava a lui di dimostrarsi capace di svestire i panni del vecchio autoritario per riuscire a entrare nella mente di questa giovane e turbolenta adolescente. Non sarebbe stato semplice e, quasi con certezza, non ci sarebbe mai neppure riuscito del tutto, ma avrebbe dovuto perlomeno provarci.
    Probabilmente, questo non era né il luogo né il momento più adatto ad affrontare lo spinoso argomento ma, visto che era stato tirato in ballo, forse era il caso di parlarne subito, anche perché, visti gli atteggiamenti della figlia, non sapeva quando gli si sarebbe presentata una nuova occasione per farlo.
       «Katy, lo so che essere offesi non è bello e che la voglia di menare le mani contro chi ci manca di rispetto è sempre tanta» cominciò a dire Jones, «però dovresti anche imparare ad accettare gli altri come sono ed a farti scivolare addosso gli insulti…»
       La figlia lo guardò con tanto d’occhi.
       «Old J, mi hai insegnato tu la lotta libera!»
       «Già» borbottò Jones, quasi a disagio, «e tu ci hai messo del tuo facendoti dare pure lezioni di arti marziali da Shorty. Ma…»
       «Ma cosa?» lo rimbrottò lei, passando dall’unghia del mignolo a quella dell’anulare che, adesso che aveva finito di masticare l’altra, le sembrava alquanto asimmetrica. «Se uno impara a guidare è perché vuole andare in macchina, no? Mica per lasciarla parcheggiata in garage.»
       «Che razza di paragone sarebbe?»
       «Sarebbe che non ho certo imparato a fare a botte per poi starmene buona e in silenzio davanti a tutto e a tutti!» mugugnò lei.
       Jones scosse il capo. Sua figlia era una furia scatenata e, prima o dopo, con questa sua condotta, sarebbe finita nei guai, ne era sicuro. Era una questione genetica, visto che aveva nelle vene il sangue turbolento che le avevano trasmesso lui e Marion, e da questo punto di vista non ci si poteva proprio fare nulla. Perlomeno, poteva ancora dirsi fortunato che lei, come invece avevano fatto troppi suoi giovani compagni di scuola, non si fosse fatta trascinare nel tunnel della droga. Ne aveva visti parecchi, anche a Bedford, fare quella gran brutta fine, ridotti a morti viventi in attesa soltanto di morire in maniera definitiva.
       «Katy…» sospirò. «Non puoi semplicemente startene lontana da quelle ragazze e rimanere con le tue amiche?»
    La figlia distolse lo sguardo dal suo, concentrandolo sulle punte delle proprie scarpe che, all’improvviso, le sembrarono parecchio interessanti.
    «Certo…» rispose, a mezza voce. «Certo che posso…»
    «Qualcosa non va?» domandò Indy, guardingo.
    «Nulla» si affrettò a dire lei, scuotendo la testa. Ancora una volta, dopo aver concesso loro solo una brevissima tregua, cominciò a mordersi le unghie delle mani.
    Jones si sentiva un po’ inquieto. In tutti gli anni del liceo, Katy non aveva mai invitato a casa neppure un’amica, per studiare insieme, fare una festa o trascorrere in qualche maniera il tempo insieme. Non vi aveva mai fatto caso più di tanto ma, ripensandoci adesso, quel comportamento cominciava a sembrargli un po’ troppo strano. Era come se sua figlia preferisse soltanto la compagnia maschile e aborrisse quella femminile.
    «Katy» disse, cercando di assumere un tono fermo e autorevolmente paterno. «Io lo so che tu hai quei tuoi amici, tutti maschi, con cui ti vedi ogni tanto. Dei poco di buono, a mio avviso…»
    «Sono tutti bravissimi!» li difese Katy, alzando di nuovo gli occhi, stavolta accesi di una luce risoluta, in quelli del padre. «E, soprattutto, hanno bene chiaro in mente chi è che comanda: io!» Fece un sorrisetto da monella e continuò a fissare il padre quasi a volerlo sfidare a contraddirla.
    «Non dico di no» si arrese Jones, grattandosi il mento. «Quello che voglio dire, semmai, è che una ragazza della tua età dovrebbe passare un po’ più di tempo con delle coetanee…» Si interruppe, masticando per un attimo i pensieri, prima di specificare perché non ci fosse alcun tipo di dubbio in proposito: «Coetanee femmine.»
    La ragazza si sentì avvampare e, ancora una volta, si affrettò a guardare altrove, quasi temesse che, attraverso gli occhi, suo padre potesse leggerle nella mente, scoprendo ciò che si portava dentro da tanto tempo senza riuscire a dirlo a nessuno.
    Non aveva nessun’amica, ecco tutto, questa era la verità, la verità che non avrebbe mai confessato ad anima viva, men che meno a Old J. Era una cosa che la faceva sentire male e strana, ma proprio per questo riteneva di non poterne parlare con altre persone, perché nessuno avrebbe capito il suo subbuglio interiore.
    Aveva cercato di farsene, all’inizio, il primo anno di liceo, ed in qualche modo c’era anche riuscita. Ma, poi, quella cretina di Elaine - la classica bellona per cui tutti i ragazzi sembravano sbavare senza ritegno, che faceva capriole oscene nella squadra delle ragazze pompon e che, per questo motivo, si considerava quasi una specie di divinità - aveva di punto in bianco deciso che lei doveva essere isolata e derisa da tutte, per qualsiasi motivo; ed il suo verbo era diventato velocemente legge. A quel punto, l’unico modo per farsi valere lei lo aveva trovato nel risultare manesca e cattiva verso chiunque le mancasse di rispetto.
    O, meglio, non proprio verso chiunque. Con Lorene era differente, tutto.
    Lorene faceva parte della cricca di Elaine, questo sì, ma era buona, di una pasta completamente differente; perché lei, a rischio di farsi a sua volta isolare dalle altre, aveva sempre preso le sue difese e le si era dimostrata amica fin dall’inizio, continuando ad esserlo per tutti gli anni della scuola, senza curarsi delle frecciate pungenti che, per questo motivo, le arrivavano da parte di Elaine. Lorene le voleva bene davvero e glielo aveva dimostrato ogni giorno, confortandola, dimostrandole un affetto incondizionato e abbracciandola quando la vedeva più triste del solito.
    Solo che in quegli abbracci, dati ovviamente soltanto per ribadirle il suo amore fraterno, Katy aveva sentito qualcosa di diverso, qualcosa che non era neppure riuscita a capire e a spiegarsi, qualcosa che le sfuggiva… era sicura che fosse solamente amicizia, quella che provava per Lorene, perché in fondo non poteva esserci null’altro tra due ragazze, ma…
    «Lei è speciale» si ripeté per la milionesima volta, mordendosi piano le labbra, mentre l’immagine della giovane amica tornava a fare capolino nella sua mente. «Lei è la mia Lorene, ecco tutto… non avrò mai più un’amica come lei.»
    Però, ormai, la scuola era finita e Lorene, che era stata costretta a trasferirsi a vivere lontana subito dopo il diploma per poter frequentare l’università, le mancava da matti. Le mancavano le sue parole, i suoi sguardi, il suo profumo… le mancava poterle stare accanto e non sentirsi più vulnerabile… E non era soltanto quello, perché c’era dell’altro, qualcosa che, ancora, la lasciava scombussolata di dentro, mozzandole il respiro in gola e togliendole la possibilità di capire che cosa fosse giusto e che cosa non lo fosse, sempre che una tale distinzione, poi, esistette per davvero, in un caso come il loro.
    Chiuse un momento gli occhi, rivivendo il momento in cui si erano salutate, nella calda mattina di primavera in cui avevano ritirato i loro diplomi, sancendo in tal modo la fine di quel lungo e difficile percorso iniziato cinque anni addietro.
    «Katy» aveva mormorato Lorene, la voce rotta, stringendola in uno dei suoi caldi abbracci, quegli abbracci che erano sempre stati capaci di regalarle sollievo e un calore che non aveva nulla a che fare con il clima. «Mi mancherai tantissimo. Ci terremo in contatto, non è vero?»
    La giovane non era riuscita a rispondere, soffocata dalle lacrime che le rigavano il volto, mentre si aggrappava a lei quasi non volesse più lasciarla andare.
    «Tesoro, non piangere» le aveva sussurrato l’amica, asciugandole gli occhi con delicatezza e, intanto, senza riuscire a trattenere le lacrime che a sua volta aveva cominciato a riversare.
    Subito dopo, era successa una cosa che Katy non si sarebbe mai aspettata, neppure nel più intimo e segreto dei suoi sogni: Lorene l’aveva guardata per un istante negli occhi umidi con uno sguardo indecifrabile e, poi, l’aveva baciata. Non un bacio d’addio sulle guance, ma sulla bocca, un bacio pieno di passione e di sensualità.
    Katy, confusa e vinta da mille emozioni differenti, aveva dapprima accolto quel bacio, come se fosse stato la cosa più naturale del mondo; poi, in un impeto di lucidità, aveva cercato di resistervi, credendo che fosse quanto di più sbagliato potesse esserci. Infine, però, vi si era arresa, abbandonandosi completamente, con tutta se stessa, alle intense emozioni e sensazioni che le stava donando e dimenticando tutto il resto in quel dolcissimo oblio, lasciando che le loro labbra si unissero e che le loro lingue si intrecciassero.
    Era stato breve, della durata di un lampo, eppure così inteso che pareva essere durato per un’eternità intera.
    E, in conclusione, era semplicemente rimasta lì, imbambolata, a guardare Lorene staccarsi da lei, rivolgerle un ultimo languido sguardo - insieme triste per la loro separazione e felice per quello che finalmente era accaduto - e, poi, allontanarsi; era rimasta ferma sul piazzale della scuola inondato della luce del sole, ancora piangendo e chiedendosi che cosa fosse successo, che cosa fosse stato quel brivido che aveva sentito, rodendosi di dentro per cercare di capire che cosa davvero Lorene provasse per lei e lei per Lorene… e, dopo un mese da quel giorno, ancora si leccava le labbra cercando di sentirvi il sapore che vi aveva lasciato lei e ponendosi quelle stesse domande a cui non era più riuscita a dare una risposta soddisfacente, quelle domande che l’avevano portata a isolarsi da tutto e da tutti, perlomeno fino a quando Old J non le aveva proposto quel viaggio inaspettato, a cui lei si era affidata con la speranza che potesse aiutarla a superare quella specie di trauma, o qualsiasi cosa fosse, dato che non riusciva ancora a spiegarselo…
    Solo di una cosa era certa: suo padre, di tutta quella storia, non avrebbe mai dovuto sapere niente di niente, perché vi avrebbe capito ancora meno di lei e, forse, ne sarebbe anche stato spaventato.
       «E dai, Old J, finisci di raccontarmi del tempio!» esclamò quindi, per riportare la conversazione lontana da quel campo decisamente minato. Come segno di buona volontà, si tolse platealmente il dito di bocca e si infilò entrambe le mani sotto il sedere.
       In quanto a Indy, pensò di accontentarla. Quello era un discorso su cui sarebbero dovuti tornare di nuovo, chiaro, soprattutto appena lei si fosse iscritta all’università, ma non gli pareva una questione che si potesse affrontare nel folto di una foresta umida, sdraiati all’ingresso di un antico tempio mezzo crollato.
       «Okay, ti dicevo di Forrestal che finì nella trappola, giusto?»
       «Giusto» confermò Katy, cercando di non pensare all’immagine stomachevole dell’archeologo trafitto dalle lance.
       «Be’, mi dispiacque per lui, perché era un vecchio concorrente, rognoso ma onesto» riprese a raccontare Jones, scrollando le spalle. «Ma, come dicevano i latini, mors tua vita mea. In ogni caso, io non mi faccio mettere nel sacco tanto facilmente, così riuscii a fare sì che io e Satipo potessimo superare indenni ogni pericolo, fino a quando giungemmo davanti all’idolo.» Il suo tono divenne sognante, mentre riviveva la medesima e intensa emozione provata allora, quando aveva visto quello sfolgorante bagliore dorato emergere nel buio e nello squallore dell’antico tempio in rovina. «Una statua d’oro massiccio, per la verità non proprio bella, perfettamente fusa ed incisa, raffigurante una donna nell’atto di partorire. Sapevo, grazie a certi miei studi, che non poteva essere rimossa dal suo piedistallo, perché la variazione di peso avrebbe fatto scattare l’ennesima trappola mortale; per questo motivo, allora, la sostituii velocemente con un sacchetto di sabbia… ma non sono mai stato un granché, con le misure, ed evidentemente anche quella volta sbagliai qualche calcolo, visto che tutto cominciò a crollarmi addosso.»
       Katy, questa volta, scoppiò a ridere con tale gusto che contagiò persino suo padre.
       «Per fortuna che tu non ti fai mettere facilmente nel sacco!» commentò, con il petto che si alzava e si abbassava velocissimo nel tentativo di riprendere fiato.
       «Spiritosa» mugugnò Jones, smettendo di ridere e riprendendo a giocherellare con la sabbia, senza badare a Katy che, già liberata una mano, aveva ricominciato a lisciarsi i capelli. «In ogni caso, dopo aver detto addio al buon Satipo - che provò furbescamente a fregarmi l’idolo, ma che fece la medesima fine che era toccata a Forrestal - mi diedi alla fuga. Ero quasi giunto all’uscita, quando il ripetersi di uno strano rumore, che avevo già sentito qualche istante prima, attrasse la mia attenzione. Questo simpatico sassolino», a questo punto l’archeologo batté amichevolmente una pacca sulla superficie della sfera levigata, «era stato sistemato in maniera da sigillare per sempre l’ingresso del tempio ed impedire a chi avesse provato a rubare l’idolo di uscirne. Sfortunatamente, mi trovai esattamente sulla sua traiettoria, così dovetti darmi ad una folle corsa per evitare che mi travolgesse. Alla fine, però, me la cavai, e rotolai fuori dal tempio con l’idolo d’oro al sicuro tra le mie mani.»
       «Bene!» approvò Katy, con un sorrisone. «Un ottimo successo, per l’esimio professor Jones!»
       L’archeologo ghignò. «Più o meno, diciamo… Appena fuori, in effetti, mi trovai circondato dagli Hovitos, con a capo quel mercenario maledetto di Belloq. Quel cane rognoso di un francese aveva imparato la loro lingua - cosa che io, invece, non avevo avuto tempo di fare - e li aveva convinti che io fossi un ladro sacrilego o chissà che altro. Fatto sta che, dopo avermi sottratto l’idolo d’oro, me li sguinzagliò tutti addosso.»
       «Ecco, vedi che, allora, è utile saper menare le mani?» commentò la figlia. «Altro che farsi scivolare tutto addosso!»
       «Neppure se fossi stato un campione mondiale di pugilato avrei potuto ottenere qualcosa, contro quei cannibali affamati!» ghignò Jones, rivivendo con un brivido la sua corsa disperata attraverso la foresta, con le lance, le frecce e i dardi avvelenati che gli fischiavano tutto attorno. «Non mi restò altro da fare che darmela a gambe. Per mia fortuna, prevedendo che qualcosa del genere sarebbe potuto accadere, avevo preparato un piano di emergenza in caso di una fuga precipitosa, concordandolo con un mio vecchio amico pilota che mi attendeva con il suo aereo poco lontano.»
       «E, così, te ne tornasti a casa a mani vuote?» domandò Katy, amareggiata. Suo padre le sparava sempre grosse, di certo gonfiando la realtà dei fatti, ma quella era la prima volta che ammetteva una sconfitta tanto cocente. Forse stava invecchiando davvero? Mentre pensava a questo, liberò anche l’altra mano e ricominciò il suo logorante lavorio sulle unghie.
       «Ragazza mia, una delle cose che, più di qualunque altra, dovrai imparare bene, per non incappare in cocenti delusioni, è che nel nostro mestiere il fallimento, la frustrazione e la sconfitta sono sempre dietro l’angolo» le ricordò suo padre, dopo aver tratto un lungo sospiro. «Inoltre, togliti dalla testa l’idea di grandi avventure in luoghi esotici o altre cose così... Ma, soprattutto, togliti quel dito di bocca o giuro che ti mangio le mani!»
       La mano di Katy, con le dita ancora umide di saliva, tornò a infilarsi di scatto sotto il suo fondoschiena, mentre l’altra continuò a viaggiare tra i suoi capelli, cercando di lisciarli sempre di più.
       «Non lo faccio apposta, papà! Mi viene così, senza pensarci…»
      Ad Indy non sfuggì il fatto che lei, per una volta, non lo avesse chiamato in quella maniera ridicola. Evidentemente, stava cercando di evitare di farlo arrabbiare.
       «Be’, allora cerca di pensarci un po’ di più! Quando ero in guerra, nel 1916, ho visto un mio commilitone fare esattamente quello che continui a fare tu, solo che quella piccola ed apparentemente invisibile feritina si è infettata ed è morto per il tetano tra atroci…»
       «Cosa mi dicevi, delle avventure in luoghi esotici?» domandò ad alta voce Katy, interrompendolo. Sapeva fin troppo bene quanto suo padre fosse pedante, quando cominciava a parlare di guerra, e non aveva affatto voglia di starlo a sentire rimembrare la sua vita al fronte tra assalti e trincee, specialmente adesso che le stava raccontando dell’idolo d’oro, del tempio e - almeno sperava - del motivo per cui si trovavano lì.
       Interdetto, Jones dimenticò la prima guerra mondiale e recuperò il filo dei propri pensieri.
       «Dicevo che un archeologo passa la maggior parte del proprio tempo ad ingobbirsi sopra testi noiosissimi oppure a farsi venire il mal di schiena nel rimuovere con una cazzuola strati di terriccio da una trincea di scavo, per poi trovarsi davanti a niente altro che pochi cocci irriconoscibili. Recuperi incredibili e degni di stare in un romanzo accadono forse una, massimo due volte in tutta la carriera, a volte nemmeno quelle.» In effetti, lui in situazioni rocambolesche si era ritrovato un po’ più di un paio di volte soltanto, ma questa considerazione la preferì tenere per sé, pur sapendo di aver raccontato le proprie avventure così tante volte, ogni volta che ne aveva avuto occasione, che Katy non ci sarebbe di certo cascata.
       La figlia guardò per un momento le foglie degli alberi inondate di luce e tinte di nero dalle ombre, riflettendo su quelle parole, prima di fare la constatazione che suo padre non avrebbe mai voluto sentire.
       «A me sembrava che ti fosse capitato un po’ più di un paio di volte, Old J.»
       «Sì, qualche volta mi è successo» minimizzò lui, grattandosi il mento. «Ma ti assicuro che non è stato nulla di che…»
       «Quando diventerò archeologa, vivrò avventure ancora più emozionanti delle tue, ne sono sicurissima.»
       «Per il momento, però, limitati ad osservare me e a studiare sui libri. Vedrai quante cose che ne ricaverai…»
       A Katy, studiare piaceva parecchio, per fortuna, forse proprio a causa della sua mancanza di grandi amicizie, il che l’aveva costretta a trovare un ripiego con cui trascorrere il proprio tempo; oppure, non era nemmeno da escludere che fossero stati proprio la sua diligenza negli studi e la sua collezione di bei voti ad attirarle le antipatie di molte compagne di classe, chi poteva dirlo.
       Visto che non aveva voglia di pensarci proprio adesso, domandò: «Non hai più ritrovato l’idolo?»
       Jones sospirò. «Appena tornato a casa, dissi a Marcus che credevo di sapere dove quel francese scabbioso avrebbe potuto venderlo senza che nessuno facesse troppe domande. Ero pronto ad andare laggiù, per intercettarlo, ma problemi ben più gravi mi si pararono di fronte, quella volta, e fui costretto a rimandare.»
       «Che tipo di problemi?» ridacchiò Katy.
       Suo padre sollevò un sopracciglio.
       «Cosa c’è di tanto comico, adesso?» chiese.
       «Be’, hai appena finito di raccontarmi che ti sei salvato per miracolo da un attacco dei cannibali, e ora mi stai parlando di altri guai!» La ragazza sfilò il cappello ed affondò le dita nei capelli fino a lambire la cute: a furia di continuare a tormentarseli aveva cominciato a sentire del prurito, ma non sarebbe di certo bastato questo a fermare quella sua mania di non riuscire mai a tenere a posto le mani.
       «Finiscila di toccarti, una volta per tutte!» grugnì il vecchio, quasi esasperato, nell’osservare quella nuova manovra. «Possibile che quelle brutte manacce non riescano a starsene un po’ ferme?»
       «Ehi, Old J, le mie sono manine bellissime…»
       Indy sorrise. «Certo… ma tu smettila di infilarle dappertutto, che ne dici?»
       La giovane, sbuffando, si portò entrambe le mani sull’ombelico ed intrecciò le dita.
       «Va bene, così?» chiese, piuttosto contrariata.
       Suo padre la osservò compiaciuto, pur domandandosi mentalmente per quanto tempo la figlia se ne sarebbe stata davvero ferma, prima di voltarsi a guardare un galletto di roccia rosso e nero, che svolazzò lì nei pressi per alcuni istanti, prima di scomparire nuovamente in mezzo alla vegetazione perennemente avvolta dalla nebbiolina.
       Katy rimase un minuto in attesa, poi lo incitò a continuare.
       «E, allora, questi problemi?»
       «Te ne parlerò in un’altra occasione. Però, quei problemi mi portarono a dover contattare di nuovo una ragazza bellissima e straordinaria che non avevo più visto da circa dieci anni…» Si interruppe per darle un affettuoso colpetto sulla guancia. «La tua mamma.»
       Katy sorrise ancora. «Una volta la mamma mi ha raccontato che, in occasione di un vostro incontro, dopo anni che non vi vedevate, ti tirò un pugno sul mento.»
       Jones si portò istintivamente una mano al punto in questione, massaggiandoselo come se gli stesse dolendo ancora dopo tutti quegli anni, e quella conferma bastò più di mille parole, tanto che la giovane rise un’altra volta.
       «C’è poco da ridere» brontolò Jones, a disagio. «Se avesse colpito te, a quel modo…»
       «Allora, continuiamo a tornare sulla stessa questione!» cinguettò Katy, allegramente. «Se ha funzionato con voi, perché non dovrebbe essere lo stesso per me?»
       «Che intendi dire, scusa?»
       «Be’, se lei ti ha tirato un pugno e, poi, vi siete sposati, allora perché non dovrei andare anche io in giro a prendere a calci e pugni le mie compagne di scuola? Magari, tra un morso e una sberla sui denti, finirei coll’innamorarmi ed il fidanzarmi anche io…» La ragazzina assunse un’aria falsamente sognante. «Che ne dici…?»
       «Tra di noi le cose non erano così facili e… e poi, se la mettiamo così, dovresti andare a picchiare qualcuno nella doccia dei ragazzi, non in quella delle ragazze…»
       Visto che Katy, fattasi paonazza, non replicò a quell’ultima affermazione, l’archeologo lasciò perdere e riprese: «Ad ogni modo, dopo aver risolto quei nostri problemini, io e tua madre decidemmo di prenderci una vacanza insieme. E quale vacanza migliore se non andare a recuperare l’idolo?»
       «E tu la chiami vacanza?» rise nuovamente Katy.
       Per un fugace momento, immaginò sua madre desiderosa di potersi abbandonare al sole sopra una sdraio a bordo di una piscina ma venire costretta dal vecchio - perché Indiana Jones, nei suoi pensieri, era sempre il coriaceo e rugoso uomo dai capelli bianchi di oggi, con tutti i suoi acciacchi e i suoi malumori, persino quando provava a figurarselo più giovane - a dirigersi verso le più strambe mete per compiere chissà quali azioni pazzesche.
       «Perché no?» replicò lui, di rimando. «Una vacanza è un modo per divertirsi, no?»
       «Se lo dici tu…» Le dita di Katy si sciolsero e la sua mano sinistra corse nuovamente verso le labbra, ma fu intercettata da quella di suo padre, che la strinse nella sua.
       «Ad ogni modo, Marrakech fu solo la prima di una lunga serie di tappe… ma, alla fine, ci riuscimmo per davvero. Dovemmo spaccare un bel po’ di teste, rompere ossa e farci largo tra poco di buono pronti a tutto, certo…» Jones si pentì immediatamente di aver detto quelle parole.
       «E poi hai il coraggio di fare la morale a me perché ho dato una ginocchiata dove dico io a quelle brutte p…»
       «Non essere volgare, Katy!» la rimproverò suo padre.
       «Brutte persone, non volevo dire altro!»
       «Certo, come no… fingerò di crederci» brontolò il vecchio. «In ogni caso, in meno di una settimana io, Marion e Marcus - era venuto anche lui con noi, in quell’occasione - facemmo ritorno al Marshall College con l’idolo, per riporlo in una teca, dove si trova tuttora. Te lo ricordi, vero?»
       Katy, che prima di cadere nella sorta di depressione dell’ultimo periodo aveva trascorso buona parte delle sue giornate ad aggirarsi tra i corridoi e le collezioni del museo universitario che suo padre aveva contribuito ad arricchire, capì immediatamente a quale statua stesse facendo riferimento il vecchio. All’idea di trovarsi praticamente nei pressi del luogo da cui proveniva, un brivido eccitato le corse lungo la schiena.
       Ma, se da una quarantina d’anni a quella parte l’idolo dei Chachapoyan era stato messo al sicuro ed il tempio era andato praticamente distrutto per via della goffaggine del suo maldestro genitore, non riusciva proprio a comprendere il motivo della loro presenza da quelle parti. Sebbene le fosse piaciuto arrampicarsi lungo quella mulattiera, farsi largo tra gli alberi e spesso aggrapparsi ai tronchi più robusti per evitare di rotolare lungo pendii troppo scoscesi, sperò che Old J non l’avesse costretta a quella scarpinata soltanto per raccontarle una vecchia storia di cui avrebbero potuto comodamente parlare stando seduti a tavola, davanti a una delle pietanze che sua madre era tanto brava a cucinare.
       «E ora?» chiese dunque, incuriosita, certa che ci fosse senza dubbio qualcosa di più. «Perché siamo qui?»
       «Ora siamo qui» grugnì Jones, lasciando andare la sua piccola mano e rialzandosi con una certa fatica, «perché c’è ancora del lavoro da fare.»
       Attese che anche la figlia si fosse rialzata - con molta più agilità di lui, a dire il vero - e si avviò verso il lato opposto del tumulo, afferrandosi alle radici sporgenti per farsi strada; e Katy, dopo aver recuperato il cappello ed essersi rapidamente riabbottonata la camicia - ma lasciandola comunque sufficientemente aperta da sapere che, appena se ne fosse reso conto, suo padre le avrebbe rivolto l’ennesima severa occhiataccia di rimprovero - lo seguì per vedere dove fosse diretto.
   
 
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