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Autore: LorasWeasley    30/10/2019    1 recensioni
SEQUEL di "Drunk"
AU [Gerita|Spamano|FrUK|Ameripan|Rochu|PruCan|AusHun|Dennor|LietPol]
"Ma niente più alcool, voleva assolutamente ricordare.
...
-Sai che sei la persona più importante della mia vita, vero?
...
-Dubito che riuscirei a dormire quando ricomincerai ad urlare dopo aver visto in che condizioni è il tuo corpo.
...
Avrebbe voluto dirgli che lo amava anche lui e che il sollievo di sentirgli dire tutte quelle cose era così grande da scombussolarlo profondamente.
...
E il bacio che ne seguì fu così dolce e impacciato che avrebbe fatto sciogliere chiunque."
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Allied Forces/Forze Alleate, Bad Friends Trio, Nordici
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Sequel di "Drunk"
 
Eccomi qui, scusate il ritardo, ma giusto sabato si è rotto il modem e me l'hanno aggiustato solo oggi.
Questa è la storia che vi avevo promesso, sequel di Drunk.
Alcune precisazioni, le storie sono questa volta divise delle varie coppie perché vi è più calma e si trovano adesso in posti differenti.
Non sono messe in ordine cronologico (es. la Gerita è ambientata verso le 10 del mattino, la PruCan verso le 6), ma sono messe in ordine di come spuntano le coppie nella scorsa storia.
Le parole straniere che ci sono sono o "buongiorno" o nominogli carini tipo "amore/tesoro", lo capirete dal contesto.
Penso di non aver nient'altro da dire, lasciatemi qualche commento!
Un bacio, Deh
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Hangover


Feliciano si svegliò con tutta la sua calma.
Aprì lentamente gli occhi e cercò di stiracchiarsi, solo a quel punto si rese conto che qualcosa non andava.
Gli facevano male tutti i muscoli e tiravano in punti dolorosi.
Cercò di ricordare cosa fosse successo la sera prima ma era ancora confuso e stordito dal sonno.
In testa aveva un ronzio continuo, fastidioso ma non troppo.
Si mise a sedere e soffocò un mugolio di dolore per la fitta che ebbe al fondoschiena.
Ludwig al suo fianco dormiva ancora tranquillo e non voleva svegliarlo.
Si alzò lentamente facendo scorrere le coperte leggere sul suo corpo completamente nudo e a passi leggeri si avvicinò allo specchio che aveva in camera.
Rimase bloccato a guardarsi per lunghissimi minuti.
Scrutava ogni centimetro della sua pelle con gli occhi pieni di stupore, le labbra socchiuse e le guancie rosse.
Era pieno di segni rossi, alcuni succhiotti erano diventati anche viola, soprattutto quelli vicino all’inguine.
Allungò una mano e iniziò a scorrere con leggerezza su quei segni, più ci si soffermava e più le immagini della notte precedente gli tornavano a sprazzi nella sua mente.
Sentiva la pelle in fiamme come lo era stata fino a qualche ora prima e l’eco dei suoi gemiti nelle orecchie.
Tornò a posare lo sguardo sul riflesso del suo viso, aveva gli occhi lucidi di eccitazione e un sorriso non troppo casto in volto.
Tornò sul letto e decise che era arrivato il momento di svegliare il suo ragazzo, voleva rifarlo, voleva riprovare tutto quello e voleva ricordarlo.
Era stato così bello che pensò di portare Ludwig al limite molto più spesso.
Ma niente più alcool, voleva assolutamente ricordare.
 
Antonio fu il primo a svegliarsi.
Si guardò un po' spaesato intorno e quando si rese conto di trovarsi nella camera di Romano ricordò tutti gli avvenimenti della sera precedente.
Si stiracchiò ma rimase a letto, si girò verso il suo ragazzo e con una mano gli accarezzò la guancia mentre lo guardava dormire.
Romano corrugò la fronte in un’espressione infastidita e Antonio rise per la sua reazione sempre uguale, anche nel sonno.
L’italiano si svegliò dopo un’abbondante mezz’ora.
Quando aprì lentamente gli occhi la prima cosa che si trovò davanti fu il volto sorridente dello spagnolo –Che hai da ridere, bastardo?
Antonio lo ignorò, come sempre, e domandò come se l’altro non avesse detto nulla –Buenos dias mi amor, come ti senti?
Romano grugnì –Ho mal di testa.
Lo spagnolo annuì –Prevedibile, ti ricordi di ieri sera?
L’altro dovette pensarci su a lungo –Non troppo a dire la verità, ma se vuoi parlare dello strip-teas, si, me lo ricordo. Puoi evitarti la ramanzina.
-Non volevo parlarti di quello in realtà, anche se prima o poi uscirò l’argomento.
Romano sbuffò, ma lo fissò curioso quando vide che l’altro si era fatto serio.
-Romano, lo sai che sei la persona più importante della mia vita, vero?
Il volto di Romano si fece completamente rosso, balbettò –Perché dici queste frasi di prima mattina?
Cercò di sfuggire con lo sguardo ma Antonio gli afferrò il volto e lo costrinse a guardarlo, continuava a essere serio –Non avevo capito che avevi ancora dubbi, che pensi che io voglia Feliciano. Non sei mai stato la scelta di scorta, mi sono totalmente innamorato di te. Perché ti è così difficile capirlo?
Romano si sentiva così in imbarazzo che non riusciva neanche a parlare, solo dopo tantissimo tempo borbottò –Perché non credevo che fossi così masochista.
Antonio rise, poi poggiò le labbra sulle sue, ripromettendosi di ripeterglielo ogni volta che l’altro avesse avuto un minimo dubbio.
 
-Ce l’hai con me?- pigolò piano Matthew mentre camminava lentamente al fianco del suo ragazzo.
Le braccia intorno al suo corpo per proteggersi dal freddo di quell’alba.
Era la prima frase che diceva da quando erano stati svegliati da qualcuno che neanche conoscevano.
Questo li aveva buttati a forza fuori dal divano dove la notte prima si erano addormentati dopo averlo fatto.
Erano mezzi svestiti e sporchi, Matthew si imbarazzò così tanto che non riuscì a dire nulla, si vestì velocemente e scappò fuori da quella casa, aspettò che Gilbert lo raggiungesse e iniziarono a fare strada insieme verso i dormitori.
Il sole stava sorgendo proprio in quel momento.
A quella domanda Gilbert rispose con uno sbuffo calciando un sassolino che si trovava nella sua traiettoria.
-Vuoi…- provò nuovamente Matthew quando si rese conto che più o meno avevano dormito solo tre ore, male per giunta –Vuoi venire nella mia stanza? Dormiamo insieme.
Gilbert grugnì –No grazie, non voglio rovinare ancora il tuo rapporto con Kumajirou.
Matthew si bloccò in mezzo alla strada e lo afferrò per un braccio, costringendolo a girarsi per essere volto contro volto.
Aveva le lacrime agli occhi il canadese –è ingiusto che mi tratti così, mio fratello mi ha fatto ubriacare, poi se n’è andato, io mi sentivo solo, tu potevi essere ovunque, potevi anche essertene andato con qualcun altro di meno noioso e io… mi sono sentito solo come lo sono stato per tutta la mia vita. E sai che non sono mai crollato solo per quel peluche.
-Quindi stai dicendo che è colpa mia?
-Quindi sto dicendo che è assurdo che tu te la prenda per una cosa del genere.
Gilbert strinse i pugni, il suo ragazzo sapeva quanto gli piacesse stare al centro dell’attenzione –è che odio essere messo dopo uno stupido peluche, soprattutto se chi ha deciso la classifica è il mio ragazzo.
Matthew distolse lo sguardo, sussurrò pianissimo –è ovvio che amo di più te, ti amo così tanto da averne paura. Ma tu potresti andartene… lui no.
Gilbert sospirò, poi lo abbracciò stringendoselo forte, aveva capito qual’era il problema, ormai conosceva tutte le sue paranoie.
-Non me ne andrò mai- gli baciò la testa, poi lo prese per mano –ora andiamo a dormire.
 
Ivan venne svegliato dall’urlo di Yao che si diffuse per la sua stanza.
E in effetti se lo doveva anche immaginare che il cinese avrebbe reagito in quel modo una volta passata la sbornia.
-Ma cosa urli? Vuoi svegliare tutto il dormitorio?- borbottò il russo con voce assonnata mentre apriva un occhio per fissarlo.
Yao aveva gli occhi spalancati, si copriva il corpo nudo fino al collo come una classica donna nei film e si guardava intorno come se cercasse una via d’uscita.
-COME DIAVOLO È SUCCESSO TUTTO QUESTO, ARU?
Ivan si massaggiò la testa, l’altro non aveva proprio intensione di abbassare la voce.
-Stai tranquillo любовь, non ti ho di certo stuprato. Eri abbastanza consenziente, anzi, a un certo punto sei stato quasi tu a violentarmi.
-Non dire cose senza senso, stupido…- ma non riuscì a concludere la sua frase, perché Ivan si era girato e gli aveva mostrato il fianco, martoriato dalle sue unghie, poi un punto tra la spalla e il collo dove stava un succhiotto viola ben evidente.
Yao si sentiva così in imbarazzo in quel momento che l’unica cosa sensata che gli venne in mente da dire fu –Meno male che metti sempre la sciarpa, aru.
Ivan rise, poi allungò una mano e lo costrinse a stendersi nuovamente al suo fianco, si appoggiò contro la sua schiena minuta scostandogli i capelli lunghi, le mani intrecciate sul suo stomaco.
Sussurrò direttamente sulla sua pelle –So che sei molto orgoglioso e questo ti porterà a negare tutto quello che c’è stato e soprattutto, che ti sia piaciuto, ma per lo meno aspetta un altro po', voglio dormire ancora.
-Potresti dormire anche senza di me- borbottò Yao con finta voce infastidita.
-Dubito che riuscirei a dormire quando ricomincerai ad urlare dopo aver visto in che condizioni è il tuo corpo.
-COSA!?
 
-Ehy…- Roderich si svegliò con il sussurro dolce di Elizabeta all’orecchio e le sue piccole mani delicate che gli accarezzavano il volto.
Sorrise prima ancora di aprire gli occhi e mormorò -Jó reggelt.
La ragazza non rispose al suo buongiorno e Roderich si convinse ad aprire gli occhi per capire quale fosse il problema.
Elizabeta sembrava inquieta, gli occhi vacui che cercavano di non incrociare il suo sguardo.
Il ragazzo si preoccupò –Tutto bene?
Lei si morse un labbro –Mi sono comportata malissimo ieri sera, mi sento uno schifo… Ti prego perdonami.
Roderich sorrise –Figurati, neanche ci stavo pensando più.
Lei sbuffò –E questo mi fa sentire ancora più in colpa, perché sei così buono? Certe volte penso di non meritarti proprio…
-Oh no- l’austriaco la costrinse a guardarlo, anche se senza occhiali vedeva più una massa sfocata, ma andava bene comunque –Non iniziare a pensare queste cose assurde e non provare a lasciarmi per pensieri che non stanno né in cielo né in terra.
Lei rise e Roderich si beò del suono della sua risata –Non stavo pensando a nulla di così drastico.
Anche lui sorrise domandando –Dove vai?- quando la sentì alzarsi.
-A comprare la colazione, tu prendi il solito, no?
-Mh…- la sentì girare per la stanza alla ricerca di vestiti –Ma non dovresti avere mal di testa per la sbornia o cose del genere?
Lei alzò le spalle nonostante l’altro non riuscì a vederla –Sto più male quando ho il ciclo.
Stava per uscire dalla stanza, quando ci ripensò e tornò indietro, si sedette al suo fianco e si chinò sul suo viso, aveva le guancie rosse mentre mormorava –Ti amo veramente tanto Roderich.
E l’austriaco si rese conto che poteva anche morire in quel preciso istante ma sarebbe stato comunque felice.
 
Quando Mathias si svegliò trovò Lukas che lo stava già fissando dall’altra parte del letto, con il suo solito sguardo serio e quasi annoiato.
Gli sorrise mormorando –God morgen.
-God morgen- rispose Lukas in un mormorio basso continuando a fissarlo quasi senza battere ciglio.
Mathias si sentiva in soggezione, non capiva quale fosse il problema, si era forse pentito di quello che c’era stato la notte prima? Voleva dare tutta la colpa all’alcool e far finta che non fosse successo nulla? Stava forse aspettando che fosse proprio il danese a dire qualcosa?
Si schiarì la voce passandosi una mano su quei capelli completamente spettinati.
-Tutto bene?- domandò poi quasi incerto.
Lukas annuì lentamente –Più che bene.
Mathias si sentì un po' meglio, poi decise di intraprendere quella conversazione, era inutile rimandare –Quindi… cosa siamo noi adesso?
E con una semplicità schiacciante Lukas rispose –Siamo migliore amici, come sempre.
Mathias ci rimase malissimo, pronunciando un semplice “ah” con un tono così deluso che non fece nulla per nasconderlo.
Lukas si morse un labbro distogliendo lo sguardo –Ma in qualità di tuo migliore amico ti prenderò a calci ogni volta che ti vedrò vicino a una ragazza.
Mathias lo fissò stupito, poi alzò un angolo della bocca –A me sembra più un comportamento da fidanzato.
Lukas si imbronciò –Ma non voglio smettere di essere il tuo migliore amico, non voglio che te ne trovi un altro.
Mathias scoppiò a ridere, strisciò dalla sua parte del letto e strinse la sua schiena nuda avvicinandoselo al petto –Una cosa non esclude l’altra. Possiamo essere sia fidanzati che migliori amici.
-Mhm, quindi torniamo a giocare ai videogiochi senza problemi?
Il danese gli baciò una guancia –Con il bonus di poterti finalmente toccare il culo.
-Non pensare che così riuscirai a distrarmi e a battermi per una volta tanto nella tua vita.
Ma Lukas non lo lasciò rispondere, perché l’altro era così vicino che sentì il bisogno di spingersi in avanti e baciarlo.
 
Kiku si svegliò quando qualcuno di insistente continuò a bussare alla porta della sua camera.
Mugugnò distrutto e si tenne la testa con entrambe le mani per il troppo dolore.
Non era proprio abituato a bere.
Si mise seduto e strabuzzò gli occhi quando si rese conto che era già mezzogiorno.
Non aveva mai dormito fino a così tardi, era un tipo mattiniero lui, uno di quello che si organizzava la giornata nei minimi particolari.
Si affrettò ad aprire la porta perché quel rumore continuo gli stava dando davvero tanto fastidio e si trovò davanti Alfred, quello che pensava di poter definire quasi il suo migliore amico.
Aveva due tazze di caffè in mano.
-Come ti senti?- domandò con la sua voce squillante.
Kiku mugugnò nuovamente accettando però di buon grado il caffè per poi mormorare –Parla più piano per favore.
Alfred gli sorrise come per scusarsi, poi si sedette sul bordo del letto sfatto e abbassò davvero la voce a un timbro quasi normale.
-Chi ti ha fatto ubriacare ieri?
Kiku corrugò la fronte e cercò di ricordare, non gli fu difficile portare alla mente un volto francese –Francis…
Alfred alzò gli occhi al cielo –Perché eri con lui e non con me?
Kiku lo guardò stupito –No… Non lo so come mi sono ritrovato con lui… ho fatto qualcosa di sbagliato poi?
L’americano strabuzzò gli occhi –Davvero non ti ricordi che hai provato a baciarmi?
Kiku si sentì quasi svenire, una vampata di calore che lo percorreva da capo a piedi –Io cosa…?
Alfred sembrava pensarci su, era apparentemente troppo tranquillo per quella situazione assurda –In effetti ci sei anche riuscito. Sai non pensavo che ti piacessi, sei l’unico amico vero che ho, non so come reagire a tutto questo. Perché non me l’hai mai detto?
Kiku si rese conto che ormai era inutile cercare di negare, sospirò distogliendo lo sguardo –Perché non voglio essere come tutte le altre persone che ti fai.
Scese il silenzio interrotto solo dal breve deglutire di entrambi mentre finivano il caffè, sembrò essere passato un tempo lunghissimo quando alla fine della sua riflessione interiore Alfred si alzò e annunciò –Stasera usciamo.
Kiku lo fissò confuso, non era sicuro di aver capito bene –Cosa?
-Non voglio neanche io che tu sia come tutte le altre persone, voglio farle bene le cose con te.
Si alzò avvicinandosi alla porta per andar via, aveva la mano già pronta sulla maniglia ma si girò un’ultima volta per concludere con un occhiolino –è un appuntamento, quindi vestiti bene.
 
Quando Arthur si svegliò avvertì tante cose tutte insieme.
Una era il dolore alla schiena per la posizione scomodissima in cui si era addormentato, l’altra era il dolore persistente alla sua testa, senza contare il sapore orribile che aveva in bocca.
Come sempre, si ripromise di non bere più.
Si alzò da terra con fatica. Si era addormentato sulle mattonelle dure del suo bagno nella camera del dormitorio, proprio vicino al gabinetto macchiato ancora di gocce del suo vomito.
Sinceramente non era neanche sicuro di come ci fosse arrivato li.
Gli si strinse il cuore quando notò Francis, si era addormentato anche lui li accanto, non l’aveva lasciato solo neanche per un secondo.
Le lacrime gli punsero gli angoli degli occhi, quando se ne rese conto cercò di scacciarle vie, si alzò del tutto dal pavimento, tirò lo sciacquone e svegliò il francese con un colpetto del piede mentre si avvicinava al lavandino per sciacquarsi la faccia e lavarsi i denti.
-Bonjour- mormorò questo stiracchiandosi con una smorfia in viso –Ti senti meglio adesso?
Arthur alzò le spalle, non era sicuro di come si sentisse, né fisicamente né psicologicamente.
Chiuse l’acqua quando finì anche con l’ultimo sciacquo e rimase con lo sguardo fisso sullo specchio di fronte e le mani ancorate al lavello in marmo.
Francis si alzò, si mise alla sue spalle e incrociò il suo sguardo verde attraverso il riflesso.
-Va tutto bene Arthur- gli sussurrò sulla pelle del collo mentre con un braccio gli circondava i fianchi e con l’altra mano gli scostava i capelli dalla fronte –Non so se ti ricordi quello che ci siamo detti ieri notte, ma ho intenzione di ripetertelo.
Dallo sguardo preoccupato e confuso dell’inglese l’altro capì che non doveva ricordare quasi nulla, così continuò senza problemi, non era uno che aveva mai provato imbarazzo per cose del genere.
-Ti amo. Ti amo quando litighiamo per motivi stupidi e mi tieni lontano per giorni interi. Ti amo quando mi urli contro e fai l’isterico. Ti amo anche quando ti ubriachi e mi fai passare un’intera notte cercando di portarti via ed evitando contemporaneamente il tuo vomito. E non ti tradirei mai, nonostante la mia schiena in questo momento stia piangendo per la posizione orribile che ha avuto tutta la notte.
Il volto pallido di Arthur aveva preso subito colore diventando rosso, aveva le labbra socchiuse, gli occhi lucidi.
Avrebbe voluto dirgli che lo amava anche lui e che il sollievo di sentirgli dire tutte quelle cose era così grande da scombussolarlo profondamente.
Ma non riuscì a pronunciare nessuna di queste parole, si girò tra le sue braccia e si avventò sulla sua bocca.
-Mi sei mancato- sussurrò poi a fior di labbra con l’affanno mentre gli si strusciava contro –Non ti va di recuperare la notte appena persa?
E Francis non rispose, ma fu abbastanza eloquente a gesti, perché l’aveva appena preso in braccio portandolo a sedere sul lavello in marmo.
 
Feliks si svegliò confuso, la mente completamente vuota per quelle che erano le ultime dieci ore della sua vita.
Fissò confuso la stanza che lo circondava, la conosceva, ma non era la sua.
Si rese conto non solo di essere nella stanza di Toris e nel suo letto, ma di avere addosso anche un suo pigiama.
Sorrise impercettibilmente testando il tessuto morbido con le mani e si girò, trovandosi proprio il ragazzo in questione a un palmo dal naso, dormiva tranquillo, la bocca leggermente aperta e le mani unite sotto la testa.
Lo svegliò scuotendolo leggermente per un fianco, perché non era bravo ad aspettare o a stare tranquillo, e quando finalmente lo vide aprire gli occhi scuri annunciò il suo buongiorno con un sorriso –Dzien dobry.
Toris si spaventò per la vicinanza e si fece così indietro che non cadde dal letto solo perché l’altro aveva ancora la mano sul suo fianco e lo trattenne.
-Che ci fai sul mio letto!?- chiese con voce isterica il moro, le guancie rosse.
Feliks corrugò la fronte –Speravo me lo dicessi tu, tipo che non ricordo nulla.
Toris si mise a sedere prendendosi la testa tra le mani, poi sospirò –Ah vero, la festa. Ti sei addormentato addosso a me di punto in bianco e l’unica cosa che potevo fare era portati qui, non ti lasciavo di certo in quel giardino.
Sembrava che stesse parlando di più con se stesso che con l’altro, come se cercasse una spiegazione plausibile per il suo comportamento, poi si bloccò di scatto girandosi verso di lui spaventato quando realizzò –Che vuol dire che non ricordi nulla!?
-Qual è il problema?
-Non funziona così, Feliks! Non puoi dirmi certe cose e poi dimenticartene del tutto! Non posso essere l’unico a ricordare! Non è giusto.
Feliks si fece molto più interessato, si avvicinò al suo volto esattamente come aveva fatto la sera precedente, sorrise tranquillo –Ci ho per caso provato con te?
Toris divenne totalmente scarlatto –Hai parlato di fare… di fare… VOLEVI FARLO CON ME!
Il polacco non reagì male, sembrava quasi preparato a una rivelazione del genere, alzò le spalle –Bè, mi piaci da così tanto tempo che dovevo tipo immaginare che una frase del genere sarebbe venuta fuori.
Toris era senza parole –Ti piaccio… da quanto? Perché… Perché non me l’hai mai detto?
Feliks si morse un labbro distogliendo lo sguardo, raramente si faceva vedere imbarazzato  -Tu sei tipo l’unico che non mi tratta in modo diverso nonostante io sia… così. E non volevo perderti dicendotelo.
-Sei uno stupido- mormorò il lituano con voce così bassa che a stento l’altro lo sentì –Se ieri non ti fossi addormentato di botto… avrei sicuramente risposto al bacio che stavi per darmi.
Il polacco sorrise e infine annullò quella poca distanza che rimaneva con lentezza, lasciandogli tutta la libertà di ritrarsi e rifiutarlo.
E il bacio che ne seguì fu così dolce e impacciato che avrebbe fatto sciogliere chiunque.

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