Rain between...
1993
Water and fabric, 162cm x 190cm
Streets of Kanagawa prefecture and Sendoh's House, Kanagawa
Odiava
dover studiare in
biblioteca. Riusciva a concentrarsi al meglio nella
tranquillità
della sua camera, seduta a gambe incrociate sul letto, la porta della
stanza chiusa e la finestra leggermente aperta, per godersi appieno
quella lieve arietta che penetrava da essa. Era il suo paradiso, ma
ovviamente non avendo a disposizione i libri che le occorrevano,
doveva per forze di cose andare in biblioteca. Quella dello Shohoku e
quella vicino casa non avevano il tomo con gli approfondimenti sulla
Termodinamica e dovette andare ad una più distante. Odiando
le
biciclette, grazie alla guida estrema di suo fratello, ci
andò con i
mezzi pubblici, visto che l’unica biblioteca che aveva quel
maledetto libro, era dall’altro lato della prefettura di
Kanagawa.
Avendo finito anche abbastanza in fretta, decise di farsi una
passeggiata e prendere l’autobus ad una fermata
più distante, per
godersi appieno quel venticello che precedeva solitamente la pioggia,
e che lei adorava. Sul palmo della mano, aveva un fascicolo su Carnot
e se lo stava divorando come una matta, tanto che non si accorse di
dover svoltare l’angolo. Andò a sbattere
violentemente contro
qualcuno, tanto da perdere l’equilibrio, visto che stava per
andare
col sedere a terra, ma per fortuna che il tipo di fronte a lei la
prese miracolosamente per un polso, salvandola da una rovinosa
caduta, e riuscì a farla rimanere in piedi.
“Mi scusi, grazie.”
balbettò Keiko, chiudendo il fascicolo ed alzando lo sguardo
verso
colui che l’aveva salvata.
“Rukawa.” esclamò Sendoh,
sorridendole a trentadue denti e non mollando la presa sul polso di
lei, cosa che invece poi fece dopo aver ricevuto
un’occhiataccia in
tralice “Che ci fai qui?”
La mora si guardò attorno,
osservando poi distrattamente l’asso del Ryonan di fronte a
sé con
in spalla il borsone della sua squadra “Sono stata in
biblioteca.”
“Io sono stato agli allenamenti. Ora sto tornando
a casa.” e sospirò “Il coach ci sta
massacrando in vista della
partita di domani.”
Keiko ripose il libro nella cartella, cosa
che il ragazzo notò e sottilmente apprezzò
“Giocate contro il
Kainan.”
“Sì. Ed io mi scontrerò contro
Maki.”
“Come
fai a dirlo?”
“Beh, ti ricordi la nostra dichiarazione di
guerra davanti ai distributori automatici?”
Alzò gli occhi al
cielo “Non ti ha sfidato direttamente.”
Rise “A volte trovo
davvero difficile parlare con te… Riesci a smontarmi in un
attimo!”
e continuò a ridere.
“Non è che sia difficile...”
Akira
incassò quel commento sarcastico con un sorriso, conscio del
carattere della ragazza “Comunque, sono sicuro che ne
uscirà una
bella sfida.”
“Probabile...”
“Tu che fai domani?”
Alzò
un sopracciglio, sospettosa “Scuola e la partita di mio
fratello.”
“Rimarrai a vedere anche il Ryonan?” - Sendoh
pensò che fosse meglio coralizzare, piuttosto che chiederle
se
sarebbe venuta a vederlo.
Scrollò le spalle “Se non ho niente
da fare...” - Keiko preferì non rispondergli che
forse aveva
meglio da fare che vedere una partita di basket di due scuole di cui
le importava poco e nulla, specialmente del Kainan, ma non voleva...
Ferirlo? Scosse anche il capo, per liberarsi di quel pensiero che non
sapeva nemmeno lei da dove le fosse uscito, sentendo da lontano i
rumori dei tuoni che si avvicinavano.
“Verrà a piovere.”
disse il ragazzo, guardando le nubi scure che incombevano sulle loro
teste “Hai l'ombrello?”
“No.”
“Dov'è la tua
fermata?”
“Lontana.” si maledisse per aver scelto il
percorso più lungo, non poteva farsi gli affaracci suoi e
tornare a
casa prima, invece che girare come una perfetta turista per la
prefettura?
“Ti accompagno.”
“Non ce n'è bisogno.”
“Ma
potresti bagnarti.”
“Non credo che tu abbia un'ombrello nella
tua sacca da basket.”
“Ma...”
“Davvero, non ce n'è
bisogno... Posso...” - ma non finì la frase
perché il cielo si
aprì in un'acquazzone assurdo, con gocce grandi quanto occhi
e che
facevano anche male sulla pelle. Sendoh la prese per un polso,
trascinandosela dietro, nonostante lei continuasse a borbottare, e
non riuscendo a sovrastare lo scrosciare della pioggia. Si
rintanarono sotto un balcone, con Sendoh che poggiò
pesantemente a
terra il borsone e si scuoteva per togliere un po' di pioggia in
eccesso, coi capelli che per una volta avevano perso contro le legge
di gravità.
Keiko lo osservava con gli occhi sgranati: i capelli
scuri erano appiccicati sulla fronte e sulla nuca, gocciolanti e
più
scuri del solito; gli occhi blu elettrico, avevano assunto una
sfumatura d'acciaio col riflesso delle nubi grigie e dell'asfalto
bagnato; la T-shirt bianca gli si era attaccata al petto,
abbracciando tutti i muscoli. Distolse immediatamente lo sguardo da
lui, sentendo improvvisamente caldo sul viso ed scegliendo di
scuotersi anche lei dalla pioggia.
Sendoh vide Keiko agitare le
mani per asciugarsi alla meno peggio coi capelli completamente
bagnati da farla sembrare ancora più piccola e la gonna
bagnata che
fasciava tutte le sue forme. Con gli occhi risalì verso il
petto
della giovane, notanto che la sua divisa fosse bianca ed era
diventata pressoché trasparente con la pioggia.
Arrossì, aprendo di
scatto il borsone e ficcandoci la testa dentro per nascondere il
rossore, tirandoci fuori la felpa del Ryonan, fortunatamente
asciutta.
La porse alla ragazza, con il migliore dei sorrisi
“Tieni.”
Lei allungò una mano, esitante, ma l'accettò e se
la mise addosso, sospirando poi per il sollievo di qualcosa di
asciutto “Grazie.”
“Accidenti! Ci ha proprio colto alla
sprovvista.”
“Già.”
Rimasero per un po' in silenzio,
non sapendo entrambi cosa dire, l'unico rumore che si sentiva tra di
loro era quello della pioggia scrosciante, che non accennava ad
attenuarsi. Sendoh sospirò, voltandosi verso Keiko che era
rimasta
fissa a guardare i cerchi d'acqua che le gocce di pioggia creavano
sulle pozzanghere.
“Se aspettiamo che spiova, potremmo rimanere
qui in eterno...” - la ragazza annuì, non capendo
però dove
volesse andare a parare - “Ce la fai a correre?”
“Sì,
ma...”
“Ci bagneremmo, è vero...” - Akira si
grattò la
testa, cercando di pensare a qualcosa, ma non ne cavò nulla
e si
fermò a fissare la giovane, che aveva addosso la sua felpa -
“Forse
potremmo...”
“Ho capito.” lo interruppe lei, sflilandosela e
porgendogliela, imbarazzata. Lui si issò meglio sulle spalle
il
borsone, prendendo la felpa e coprendosi la testa e le spalle con
essa, invitando con gli occhi a ripararsi anche lei sotto
quell'ombrello improvvisato. Lei obbedì, circondandosi il
corpo con
le braccia e facendo segno col capo a Sendoh di essere pronta.
Iniziarono a correre, sotto la pioggia che non accennava a diminuire
nemmeno per un secondo, e che batteva violentemente sulla felpa,
ormai praticamente zuppa. Keiko riusciva a stento a tenere il passo
di Akira, troppo alto e con una falcata molto più ampia
della sua.
Si morse il labbro, maledicendo tutti i Kami possibili e con un
braccio si aggrappò alla schiena di lui, stringendo
lievemente il
tessuto umido della T-shirt che le dita, strizzando gli occhi,
incredula di sé stessa.
Sendoh si stupìdi quel gesto e sentì il
cuore perdere un battito: Keiko Rukawa era praticamente appiccicata a
lui. Voleva coprirla il più possibile ma se le avesse
circondato le
spalle con un braccio, avrebbe avuto l'effetto contrario e quindi
decise che fosse meglio che fosse lei a decidere il contatto tra di
loro... Almeno, si sarebbe risparmiato un “imbecille”
gratuitamente.
Corsero per un bel po', arrivando poi davanti ad
una casa ed imbaccando il vialetto, riparandosi poi sotto la tettoia
che copriva la porta d'ingresso. Keiko lo vide trafficare un po' con
le tasche della tuta, tirandoci poi fuori un mazzo di chiavi.
“Dove
siamo?”
“A casa mia.” trillò serafico Sendoh,
sfoggiando il
suo solito sorriso da spot pubblicitario. Che diavolo gli era
venuto in mente a quel porcospino del cavolo?
La fece entrare
in casa, anche perché continuava a piovere a dirotto e lei
era senza
ombrello e distante dalla fermata dell’autobus che le
occorreva,
mormorando un “permesso” poco
convinto e guardandosi
intorno sospettosa, pronta a veder comparire alla soglia i due
genitori Sendoh, con lo stesso sorriso smagliante della loro
progenie, cosa che però non accadde.
“Non c’è nessuno.”
esclamò Akira, passandosi una mano sui capelli, che si erano
un po’
ammosciati per via della pioggia “I miei sono entrambi a
lavoro.”
Annuì, continuando a guardarsi intorno, cercando di
nascondere la sua curiosità. Appena varcata la porta di
casa, c'era
un piccolo corridoio con le pareti ed il pavimento chiari, sui toni
del beige e del bianco, oltre c'era il salotto ed una rampa di scale
che portava sicuramente alla zona notte. Il salone era sempre chiaro,
con un ampio divano grigio posto di fronte ad una televisione con un
grande schermo, e con al suo fianco un tavolo rotondo e quattro
sedie. Sulle pareti e sui mobili, oltre a vari oggetti prendi
polvere, c'erano molte foto, quasi tutte di famiglia. Considerando le
quantità, erano state scattate tutte a cicli di un anno,
visto che
man mano Sendoh cresceva in quelle foto. Una la colpì
particolarmente: era stata scattata nel parco Maruyama di Kyoto nel
periodo in cui si festeggiava l'hanami, e
raffigurava l'intera
famiglia Sendoh sotto un shidarezakura, un
cigliegio
piangente,con tutti i splendidi fiori rosa aperti e che ricadevano
eleganti dai rami. Tutti e tre indossavano il tipico yukata. I
genitori di Sendoh avevao deciso di abbinarlo tra di loro, con la
signora che indossava uno yukata beige con l'obi azzurro, mentre il
padre aveva l'abito azzurro stretto da un'obi beige; Akira invece lo
aveva blu notte con un obi rosso. Keiko cercò guardare megli
i volti
dei signori Sendoh, ma dovette distogliere lo sguardo perché
venne
richiamata dal figlio di quest'ultimi.
“Tieni.” le disse
improvvisamente Sendoh, porgendole una maglietta bianca e il
pantalone di una tuta “Cambiati, così metto la tua
divisa
nell’asciugatrice. Un’oretta e sarà
asciutta.”
“Non c’è
bisogno.”
“Ti prenderai un raffreddore.” insisté
lui.
“Si
asciugherà da sola.”
“Se rientra mia madre e ti vede in
queste condizioni, me la sentirò da qui a Natale. Ti
prego.”
Osservò
gli indumenti che aveva in mano e poi gli occhi blu di lui, che non
cedevano di un passo. Annuì con uno sbuffo, prendendo di
scatto il
suo cambio e chiudendosi in bagno. Ne uscì poco dopo, con la
maglietta bianca di lui che le arrivava a metà cosce e il
pantalone
della tuta largo, con la scritta Ryonan a caratteri cubitali su un
lato. Gli scoccò un’occhiata torva, conscia che
lui l’avesse
fatto di proposito a darle proprio quei pantaloni.
Sendoh
scoppiò in una risata “Perdonami. Non ho
resistito.”
Alzò
gli occhi al cielo, porgendogli la sua divisa
“Grazie.” mormorò
poco convinta.
“Puoi aspettarmi in camera, mentre si asciuga ed
io mi faccio una doccia. Ci sono libri o riviste...”
Soppesò le
sue parole, annuendo poi e dirigendosi verso la camera di lui.
Sendoh
era
una persona molto
caotica si sorprese a pensare Keiko, notando la scrivania colma di
riviste di basket, T-shirt buttate alla rinfusa e una scatola aperta
di esca finte. Non sapeva che fosse appassionato anche di pesca...
Si
voltò a guardare il letto, diligentemente in ordine grazie
alla
signora Sendoh sicuramente, con delle inamidate lenzuola a pois
azzurri su sfondo blu scuro, notando quanto fosse largo e lungo,
rispetto a quello che lei aveva nella sua camera. Le pareti bianche
erano tappezzate con poster di varie squadre e giocatori di basket:
c'era Michael Jordan con la tipica maglia rossa dove capeggiava la
scritta dei Bulls; c'era anche O'Neal con la divisa numero
trentaquattro dei Lakers e qualcuno altro, che però non era
tanto
importante quanto i primi, visto che i poster erano molto
più
piccoli e che probabilmente facevano da tappa buchi. Aveva inoltre
una libreria che, non solo contenava i libri di testo scolastici ed
altre riviste di basket, ma anche vari trofei di vari campionati di
pallacanestro delle scuole elementari e medie, dalle più
svariate
forme e misure.
Siccome di basket ne aveva abbastanza grazie al
fratello, decide di leggere i titoli dei libri di testo del secondo
anno di liceo, afferrandone uno di matematica e sedendosi sul letto
per poterlo leggere.
Mentre si passava ancora
l’asciugamano sui capelli umidi, trovò Keiko stesa
sul suo letto,
che dormiva e che aveva ancora in una mano il libro di matematica del
secondo anno che stava sfogliando, forse per curiosità. Le
si
avvicinò con cautela, osservandone i tratti del volto
rilassati e
meno freddi del solito, gli occhi chiusi e le labbra rosee
leggermente socchiuse. Quando non era scorbutica come il gemello, era
più bella del solito, notò Sendoh sentendosi in
imbarazzo ad averla
nel suo letto.
Le poggiò delicatamente una mano sul braccio,
scuotendola un po’ “Keiko.”
Mugugnò qualcosa, passandosi
una mano sugli occhi e aprendoli lentamente. Si ritrovò il
viso di
lui a pochi centimetri dal suo, mentre continuava a scuoterla per
farla svegliare. Si mise a sedere di scatto, sgranando gli occhi e
guardandosi intorno, spaesata.
“Ti sei addormentata...”
Si
morse un labbro, imbarazzata “Non
volevo…”
Sorrise a
trentadue denti “Figurati. Ti stai ancora ammazzando di
studio?”
Le
sue labbra s’incresparono in una smorfia “Il
giusto.”
“E’
tornata mia madre.” esclamò improvvisamente il
ragazzo,
continuando a sorriderle.
“Sarà meglio che vada. La
divisa?”
“Ehm, ecco...”
“La divisa.” gli ripeté
Keiko, affilando lo sguardo.
“L’avevo messa nell’asciugatrice,
davvero, ma non ho premuto il tasto di accensione.”
“Imbecille.”
grugnì a denti stretti “Dammela, così
me ne vado.”
“Ma è
ancora bagnata...”
Si voltò a guardarlo negli occhi
“Chissà
per colpa di chi.”
Sentirono bussare allo stipite della porta
della stanza di Akira, e Keiko si trovò di fronte la Signora
Sendoh
in persona. Cercò di non avvampare, per
l’imbarazzo e si morse il
labbro. Akira aveva palesemente ripreso dalla madre: lo stesso
sorriso gentile, la stessa luce negli occhi blu e gli zigomi alti.
Era poco più alta di lei, i capelli scuri raccolti in una
coda bassa
ed un grembiule a fasciarle la vita, segno che si era già
messa ai
fornelli per la cena. Che diavolo di ore erano?
La signora Sendoh
sorrise alla giovane, per poi rivolgersi al figlio “Akira, ho
messo
ad asciugare la divisa della tua amica”
“Grazie mamma.” ed
indicò la ragazza “Lei è Keiko
Rukawa.”
La ragazza s’inchinò
“Molto piacere. Scusi il disturbo, signora Sendoh.”
“Chiamami
Atsuko. Non frequenti la stessa scuola di Akira...”
notò la donna
e forse riferendosi alla sua divisa scolastica, diversa da quella del
Ryonan, e continuando a sorridere nello stesso modo dal figlio, cosa
che imbarazzava ancora di più Keiko.
Scosse il capo “Frequento
lo Shohoku.”
“Fermati a cena, Keiko. E’
tardi per tornare da sola a casa… Ti farò poi
accompagnare da mio
marito con l’auto.”
“La ringrazio signora, ma non è
necessario. Ho già disturbato abbastanza.”
Akira s’intromise
“Puoi usare il telefono per avvisare a casa...”
“Insisto
anche io.” rincarò la dose Atsuko, sempre
sorridendole. Il sorriso
della donna, per quanto bello e genuino era, rendeva impossibile
dirle di no, e Keiko si ritrovò ad annuire mesta, beccandosi
dei
sorrisi dai due Sendoh.
“Hai preferenze di cibo, Keiko?”
“No,
signora, mangio di tutto.”
Annuì, lanciando un’occhiata
indecifrabile al figlio, che si ritrovò a guardare il
soffitto con
un’aria tra l’innocua e l’imbarazzata. La
donna si congedò,
lasciando soli di due ragazzi, che rimasero in silenzio, non sapendo
cosa dire. Nessuno dei due osava guardarsi in faccia o spiccicare
parola, cosa che stranamente ad Akira riusciva anche abbastanza
bene.
Keiko era in imbarazzo, oltre al fatto che se suo fratello
avesse saputo che aveva passato il pomeriggio a dormire a casa del
suo rivale, l’avrebbe fatta volare per tutta Kanagawa.
Perché
diavolo aveva dato retta a quell’imbecille di Sendoh ed alle
sue
idee del cavolo? Come ne usciva pulita con Kaede, ora?
Il ragazzo
aveva una strana euforia che gli scorreva nel corpo. Quando la Rukawa
aveva accettato l’invito di sua madre, a stento trattenne un
sorriso e si appuntò mentalmente di ringraziarla poi per il
colpo di
genio che le era venuto. Non l’avrebbe ammesso nemmeno sotto
tortura, ma Keiko Rukawa gli piaceva e non poco. Non sapeva se era
dovuto al fatto che fosse la gemella del suo rivale, o per il
semplice fatto che non era una delle tante ragazze che
l’apprezzavano, ma averla intorno non gli dispiaceva affatto,
anzi
ne era felice. Il fatto che poi lui cercasse in ogni modo di avere un
approccio con lei, era anche abbastanza lampante, e forse qualcuno
della sua squadra l’aveva notato, oltre a Koshino, che aveva
delle
certezze. Una volta era uscito un discorso del genere con lui ed era
riuscito, subdolamente, a farglielo ammettere.
“Allora?”
Sendoh
lasciò perdere il Pocari che stava sorseggiando e lo
fissò per un
istante, non capendo a cosa si riferisse “Allora,
cosa?”
Koshino
alzò gli occhi al cielo, esasperato “Con la Rukawa
femmina.”
Si
strozzò con la bevanda “Non so a cosa tu ti stia
riferendo...”
“Si, come no.” fu il commento lapidario del
Playmaker “Le sei stato tutto il tempo appiccicato, prima che
uscissero i risultati. Non ti voleva staccare a morsi la
testa?” e
scoppiò a ridere nell’immaginare la scena.
“Non è come il
fratello.”
“Ah no?”
Sospirò, tanto era inutile negare a
Koshino, glielo avrebbe fatto sputare fuori comunque in un modo o
nell’altro “Per alcuni versi, sembra di parlare con
Rukawa in
persona, ma per altri Keiko è totalmente diversa.”
L’altro
fischiò “Addirittura per nome la
chiami...”
“Se la chiamo
Rukawa, mi viene in mente la faccia del gemello.”
“Beh,
effettivamente, lei è più bella.”
ghignò Koshino, punzecchiando
l’amico, che si limitò a guardare altrove,
imbarazzato. Rimasero
un po’ in silenzio, mentre Sendoh si rigirava un pallone da
basket
tra le mani, nervoso. Perché Koshino aveva sempre tutte le
risposte?
Era quello che conosceva da più tempo, erano stati in classe
insieme
quando erano matricole e si erano iscritti insieme al club di
basket…
Praticamente, Koshino sapeva tutto di lui, da quello che pensava a
quello che avrebbe fatto.
“Mi sa che mi piace, Hiroaki.”
confessò alla fine Sendoh, evitando accuratamente lo sguardo
dell’amico.
“Ma dai?” si alzò in piedi, porgendo con
un
ghigno la mano all’asso del Ryonan “Devo iniziare a
scavarti la
fossa, immagino.”
“Non potrà prenderla così male,
Rukawa...”
“Il male minore è che ti uccida; il male peggiore
che lo faccia veramente.”
Sendoh sentì un brivido percorrergli
la schiena “Dai, non credo che...” ma si
bloccò quando incontrò
gli occhi sprezzanti di Koshino.
“Da quella volpaccia, mi
aspetterei questo ed altro.”
Decise
che
fosse meglio
rompere il ghiaccio che si era creato “Che
leggevi?” chiese
Akira, nemmeno lui troppo convinto di quello che stava facendo.
La
ragazza gettò un'occhiata al libro abbandonato sul letto
“Matematica
del secondo anno.”
“Keiko, ma sei ancora al primo.”
“E
quindi?” - era tornata ad essere un po' scontrosa -
“Dov'è il
telefono?”
“Nel corridoio.” e l'accompagnò lui
stesso
all'apparecchio, dicendole poi di fare con tutta calma e di
raggiungerlo in salone quando avesse fatto. Lei annuì,
facendo una
smorfia con le labbra, simile ad un sorriso di circostanza.
Rimasta
sola col telefono, a Keiko balenò l'idea di farsi venire a
riprendere dal padre, ma poi avrebbe offeso la signora Sendoh, e non
se la sentiva proprio di dover dare un dispiacere del genere alla
donna, sopratutto vista la gentilezza con cui l'ha accolta. Stava
perdendo tempo e la sua altra preoccupazione era anche le parole che
si stavano scambiando madre e figlio nell'altra stanza. Compose
velocemente il numero di casa Rukawa, sperando con tutta se stessa
che Kaede non fosse già a casa.
Ovviamente, lei non era mai
fortunata.
“Pronto, casa Rukawa.” - era il
gemello, con
il suo solito tono tagliente e la voglia perenne di non fare niente,
oltre a dormire e praticare basket.
“Sono io.” le rispose,
incerta.
“Dove sei?”
“C'è mamma? Me la passi?”
- rispondere ad una domanda con un'altra domanda, tipico di chi
voleva evitarne delle altre.
“Sì, ma dove sei?”
Kami!
- “Sto studiando a casa di un compagno di classe, ma ho
notato che
ha iniziato a piovere...” - si stupì anche lei di
quella frase
così lunga, completamente inventata ovvio -
“Siccome ancora
finiamo, e per domani vorrei che fosse tutto finito, suo padre mi ha
proposto di accompagnarmi con la macchina dopo cena...” ed
incrociò
le dita, sperando che il suo gemello si fosse rincitrullito dopo
tutte quelle parole, l'una dopo l'altra.
Lo sentì borbottare
qualcosa e trafficare col telefono, dato i vari rumori che ne
seguirono in seguito, e finalmente passò il capo a sua
madre, che
trillò un “pronto”
che probabilmente fu sentito anche dai
due Sendoh all'altra stanza. Keiko ripeté per filo e per
segno la
bugia che aveva rifilato a Kaede, cercando di ripetere parola per
parola il tutto, così che ci fossero tre versioni, tutte e
tre
uguali.
“Va benissimo tesoro, ma cerca di non disturbare
troppo. Mi raccomando.”
“Va bene, a dopo. Grazie.” e
riagganciò, chiedendosi perché l'avesse
ringraziata, quando voleva
solo tornare a casa sua e sprofondare nel letto.
Raggiunse Sendoh
nel salone, intento a fare zapping col telecomando, alla ricerca di
non si sa quale stupido programma televisivo. Poco dopo,
entrò la
signora Sendoh con in mano alcuni piatti, che si avvicinava al
tavolo, già imbandito con la tovaglia. Keiko decise che
fosse meglio
aiutare la donna, piuttosto che sedersi affianco al ragazzo ed
aumentare la sua dose di imbarazzo.
“L'aiuto.” disse incerta a
Atsuko, che le sorrise bonaria.
“Sicura?”
Annuì,
sfilandole la pila di piatti dalle mani e sorridendole appena,
sforzandosi di sembrara naturale. Dispose i piatti perfettamente
equidistanti l'uno dall'altro, cercando di metterci più
tempo
possibile, mettendo anche i tovaglioli e le posate in modo preciso.
Entrò poi in cucina, chiedendo dei bicchieri e
s'inebriò degli
odori che saturavano la stanza. C'era odore di soba e verdure, con
punte anche di tempura di gamberi e verdure. La signora Sendoh era
impegnata ai fornelli, trafficando con varie pentole e tegami, ma
sempre col sorriso sulle labbra e gli occhi rilassati. Quando la
sentì entrare, le rivolse un dolce sorriso, indicandole una
credenza
lì vicino.
“Sono lì, Keiko.”
“Grazie.” rispose
questa, allungandosi per prendere quattro bicchieri.
“Come mai
ti trovavi da queste parti?”
La ragazza la fissò, pronta che
l'interrogatorio fosse iniziato proprio in quel momento
“Avevo
bisogno di un libro, ma nelle biblioteche vicino casa non era
disponibile.” - si stupì della chiacchiera che
aveva quella
serata.
“Sei molto diligente con lo studio...”
Scrollò le
spalle “Il giusto.”
“Come hai conosciuto Akira?” - ecco la
domanda ostica.
“Tramite mio fratello. Gioca anche lui a
basket.”
“Davvero? Hanno la stessa età?”
Scosse il capo
“No. Un anno di differenza.”
La signora crucciò i sopraccigli
“Tu non sembri avere l'età di Akira
però...”
Si grattò una
guancia, imbarazzata “Io e mio fratello siamo
gemelli.”
“Veramente?! Ma è una cosa bellissima.”
squittì
Atsuko, con un largo sorriso “E dimmi, siete uguali
uguali?”
“No
mamma, non tantissimo.” - Akira era entrato nella cucina,
notanto
che per quattro bicchieri Keiko ci stava mettendo relativamente
troppo, infatti sua madre l'aveva trattenuta con una serie di domande
a raffica - “Lui è più spigoloso ed ha
gli occhi blu; mentre
Keiko li ha quasi azzurri. Il naso però è
identico.”
La
signora Atsuko lanciò una lunga occhiata al figlio, che
sembrò
molto elequente tra i due ma che la ragazza non capì,
decidendo che
fosse meglio togliere le tende e posizionare quei maledettissimi
bicchieri sul tavolo.
“Perdona mia madre.” - Sendoh le fu
subito dietro le spalle, afferrando uno dei bicchieri che aveva in
mano e mettendolo affianco ad uno dei posti che aveva preparato in
precedenza “E' la prima volta che porto qualcuno che non sia
un
giocatore di basket a casa.” e sorrise.
Keiko alzò un
sopracciglio, decidendo di non rimuginare troppo sulla sua frase e
specialmente a che cosa escludesse la parola “giocatore di
basket”
- “Sembra un tipo molto cordiale. E' simpatica.”
“Davvero?”
e fece un lungo sospiro “Meno male, pensavo che t'avesse
asfissiato
di domande.”
“No, forse le sono sembrata maleducata
io.”
“Perché?” - Keiko rintanò la
testa nelle spalle,
distogliendo lo sguardo da quello di Akira - “Ma no! Sei
così tu,
perché dovresti fingere?” e decise di cambiare
argomento “Hai
avvisato a casa?”
“Sì.”
“Problemi?”
“No.”
“Rukawa
era a casa?”
“Ha risposto lui.”
Annuì, non proseguendo
oltre, sentendo la porta di casa aprirsi e palesando la figura alta
di suo padre, Takumi Sendoh.
- Angolo d'autore che ha cambiato nickname (finalmente, dopo aver fatto richiesta mesi e mesi fa) -
Io
lo so
che probabilmente qualcuno appena vedrà questo capitolo, mi
tirerà qualcosa dietro... Non solo per la
quantità di tempo che è passato dall'ultimo
aggiornamento, ma anche per vcome l'ho fatto finire... Stava diventando
un pochino lungo e la parte della cena mi serve per completare l'altro
capitolo, quindi per forza di cose ho dovuto dividerlo.
Come se non bastasse poi, mi si è rotto il pc un paio di
mesetti fa. Ed ho perso tutto... T U T T O !
Fanfic e storie originali, immagini presta volto, scanner di miei
disegni, un capitolo di questa storia... Praticamente, ho perso una
parte di me che non ritornerà mai più e sto
ancora eleborando il lutto. Sono riuscita a salvare solo quattro fic
che avevo scritto sul computer del negozio nei momenti di noia e
metà di questo capitolo, per il resto nulla...
Passando
a
cose serie... Che ve ne pare questo capitolo? Non so se sono stata in
grado di far capire il gran passo avanti che Keiko sta facendo nei
confronti di Sendoh, anche se è minuscolo in effetti, ma
spero di si, anche se continua a volte ad essere una Rukawa fatta e
finita! xD
Tranquilli, torneranno anche Kaede e Mitsui nei prossimi capitoli...
Anche perché qui il gemello ha un ruolo molto marginale,
mentre il secondo non è proprio niminato!
Spero che questo capitolo vi piaccia e, perché no,
segnalatemi i vari errorri e anche che cosa ne pensiate...
Noi ci vediamo alla prossima.
Vostra, Lumik Lovefood.