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Autore: piccolo_uragano_    31/10/2019    12 recensioni
“Perché ogni volta che c’è in giro Lord Voldemort facciamo figli io e te, Martha?”
Martha accennò un sorriso. “Perché ogni volta che io e te facciamo figli c’è in giro Lord Voldemort, Sirius?”
Remus trattenne una risata. “Ed è per questo che sono vent’anni che ti ripeto che è quella giusta.”
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Non è una di quelle storie tutte miele e amore in cui Sirius trova la sua perfetta metà e vissero tutti felici e contenti. Martha darà a Padfoot del filo da torcere, insegnandogli ad amare e a restare.
(Si parte dal 1976 fino a poco dopo la battaglia di Hogwarts; in teoria è finita, dopo anni, ma in pratica.....)
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio | Coppie: James/Lily, Remus/Ninfadora
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Più contesti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ti amo più di ieri e meno di domani.'
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Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l'ho ancora detto.
(N. Hikmet, "il più bello dei mari")
 
 

L’ufficio di Martha profumava di tè e di vecchi libri. Un quadro babbano si ergeva con fierezza dietro la scrivania, mentre sugli scaffali erano esposti oggetti di ogni tipo e dimensione. La scrivania, posta al centro della stanza, era colma di fogli  e documenti tremendamente in disordine.
Damian era in piedi, al centro della stanza, nel suo vestito buono. Con dipinto in viso un sorriso a dir poco nostalgico, osservava le fotografie appese alla parete di pietra grazie a qualche incantesimo; riconobbe il sorriso di Rosalie in quello di una bambina che, poco più alta delle due bambine accanto a lei, stava per salire sull’Espresso per Hogwarts. In un’altra foto, le stesse tre ragazza, molto più alte, belle e mature, sotto un albero di Natale insieme a quattro ragazzi che conosceva fin troppo bene, anche se due di loro non aveva mai visto di persona. Il primo, perché era identico a Harry. E il secondo, perché era esattamente come gli era stato descritto.
Stava per commuoversi davanti alla foto magica della famiglia Redfort al matrimonio di Martha e Sirius, quando la cognata spalancò la porta dell’ufficio con gli occhiali sul naso e tutta l’attenzione rivolta a dei fogli che teneva in mano.
Alzò lo sguardo e si trovò stupita. «La stagista ha detto che nel mio ufficio c’era …»
«Il nuovo membro della Squadra di Cancellazione della Magia Accidentale, sì» ammise lui con una fierezza non indifferente.
Martha lo guardò, trovandolo per la prima volta sorridente dopo quasi tre anni. Dietro quel sorriso sicuro e quello sguardo luminoso, vide l’uomo affascinante che aveva visto anche Rose, tempo prima.
Spontaneamente, ricambiò il sorriso e gli tese la mano. «Benvenuto a bordo, allora»
Lui le strinse la mano e con un cenno del capo indicò la scrivania. «Hai un minuto?»
«Anche due» ammise lei, gettando quei fogli sopra a tutti gli altri che stavano sulla scrivania ed estraendo la bacchetta da una tasca interna della giacca elegante. Con un leggero movimento di polso, chiuse la porta alle spalle di Damian, e con un secondo colpo più deciso, sistemò tutti quei fogli, infilandoli in un cassetto decisamente troppo piccolo per poterli contenere tutti. «Non dirlo a Kingsley» disse poi, rivolgendogli un sorriso complice e sedendosi con naturalezza.
«A questo proposito» iniziò subito Damian. «Ti devo ringraziare»
Martha alzò un sopracciglio.
«Non credo che Kingsley si sia svegliato una mattina con l’idea di offrirmi un lavoro»
«Non sono la sola che può chiedere al Ministro favori del genere, Damian» si difese con naturalezza.
«Ma sei la sola tanto acuta da farsi venire un’idea del genere»
Lei si trovò a dover annuire e fare segno al francese di andare avanti.
«Quindi ti ringrazio»
Martha sfoggiò il suo sorriso malandrino. «Non negherò, ma non mi dichiarerò colpevole»
Damian ricambiò il sorriso e si schiarì la voce. «Quindi, ecco … mi sembra abbastanza ovvio che io abbia deciso di continuare a vivere in Inghilterra»
Martha allargò il suo sorriso, per apparire tremendamente simile alla bambina bionda della foto che lui si era trovo ad osservare poco prima.
«Ho riflettuto a lungo, e … credo che sia molto più importante per i miei figli crescere e vivere vicino alla loro famiglia piuttosto che in un posto in cui li costringerei solo per egoismo e nostalgia»
«Nostra»
«Come?»
«Hai detto ‘la loro famiglia’, ma avresti dovuto dire ‘nostra’»
Damian le rivolse uno sguardo sinceramente commosso. «Sono profondamente grato alla vita per avermi permesso di incontrare una donna come Rosalie Redfort lungo il mio cammino. Non solo mi ha donato una figlia meravigliosa, ma … mi ha portato a voi, che mi avete accolto e avete dato ai miei figli la possibilità di crescere in una grande famiglia, che … è quello che volevo fin dall’inizio. E lo voleva anche Rose»
«Lo so» rispose Martha con un filo di voce. «Lo dicevamo sempre, che volevamo essere una grande famiglia»
«Ce l’avete fatta»
Fu Martha a rivolgere a Damian uno sguardo commosso. «Hai pensato a … dove starete?»
«Gabriel adora la Tana, e … beh, Molly adora avere dei bambini in giro per casa. Ma ho intenzione di cercare una sistemazione più consona»
«Non ne hai bisogno»
«Come?»
«C’è casa dei Redfort»
«Come?»
«La casa dei miei, in cui siamo cresciute noi. Mia madre l’ha lasciata a Rose, e Rose l’ha lasciata a me, ma … io ho già una casa, e comunque è troppo piccola per noi. Ma per voi è perfetta»
«Non posso …»
«Se non l’accetti tu, la renderò ufficialmente proprietà di Nicole, quindi tua fino alla sua maggiore età»
Damian, davanti a quel pugno di ferro, capì esattamente perché fosse Martha fosse a capo del Dipartimento Auror.
«Dove si trova questa casa?»
Martha si alzò, ed il suo cappotto fluttuò verso di lei in una frazione di secondo. «Vieni» disse, con tono dolce. «Ti faccio vedere»
 
Sirius sentì uno strano brivido alla schiena, trovandosi di nuovo al centro di quel salotto.
«L’ultima volta che sono stato qui, non avevamo nemmeno finito la scuola» borbottò.
Si trovò a pensare, che fosse la casa perfetta. Non era né troppo grande, né troppo piccola. Al pianterreno, il salotto, con il camino e tutto quanto, la cucina, una stanza che Marie aveva usato come laboratorio da sarta e un piccolo bagno. Salendo le scale, altre due stanze e un bagno. Tra le pareti, anni di ricordi. Attorno alla casa, altre case perfettamente identiche, pronte ad accogliere altri anni di ricordi di famiglie felici.
«Ma voi siete sicuri?» domandò Damian, posando il gomito alla mensola del camino.
«Mi rendo conto che vuota non sia troppo attraente»  gli rispose Martha.
«Io la trovo bellissima» contestò Aaron, che non era riuscito  a smettere di passeggiare per il salotto.
«Non sarebbe più giusto che ci vivessi tu, Aaron?» domandò di nuovo Damian.
«Oh, no» declinò subito lui. «È fin troppo grande, per me»
«Ma se è casa Redfort, tu …»
«Io un bel niente» tagliò corto l’altro. «Se è casa Redfort, è giusto che Nicole cresca qui»
Damian cercò lo sguardo di Sirius, che annuì con fermezza, e poi di nuovo quello di Martha, che ripeté il gesto del marito. «E in una settimana o due, rimedieremo anche tutti i mobili» aggiunse lei, accennando al vuoto che li circondava.
«Ti conviene accettare, Damian» gli disse Sirius.  «L’altra casa che avremmo a disposizione è Grimmauld Place, con il quadro di mia madre e tutte le teste degli elfi»
I quattro si trovarono a ridere e Martha lanciò al cognato il mazzo di chiavi. «Benvenuto a casa»
 
 
«La trovo una cosa grandiosa» concluse Tonks, lasciandosi cadere sul divano di velluto al centro del salotto di casa sua. Robert,  a sua volta seduto su un dondolo di legno di Teddy, annuì con aria stanca. «Mi piace, l’idea che Teddy cresca con Nicole e Anastasia: saranno una squadra scoppiettante»
«Alla McGranitt verrà un colpo»
«Di nuovo»
«Di nuovo!» rise Tonks. «Se fai un figlio in fretta, possiamo arrivare al fantomatico numero quattro»
Il sorriso di Robert lasciò Tonks di sasso, scioccata del fatto che una delle sue battute avesse effettivamente fatto centro. «Robert Sirius Black!» esclamò, lanciandogli un cavaliere giocattolo.
Lui, prontamente, glielo tirò indietro. «Non sto dicendo che voglio un figlio»
«Ma nemmeno che non lo vuoi!»
«Mi piacerebbe … mi piacerebbe, ecco»
«Che cosa, ti piacerebbe?» Remus apparve dalla porta della stanza di Teddy.
«Un figlio!» esclamò di nuovo Tonks.
Remus si lasciò cadere su una poltrona verde menta, senza riuscire a nascondere un sorriso. «Godric, Robert, sei cresciuto così in fretta» sospirò, coprendosi il viso con le mani.
«Non sto dicendo che avrò un figlio» tagliò immediatamente corto lui. «Sto dicendo che la guerra e il fatto che Hermione abbia deciso di frequentare l’ultimo anno mi hanno fatto pensare, e …»
«Secondo me il fatto che Hermione abbia deciso di fare l’ultimo anno ti ha fatto penare»
«Ninfadora, fallo finire»
«E ho dei progetti, abbiamo delle idee … e abbiamo anche tutta la serenità necessaria per fantasticare su una famiglia e cose del genere»
Tonks sembrò prenderlo sul serio per una manciata di secondi, ma dopo poco, scoppiò a ridere.
«Si può sapere cosa ti fa ridere, adesso?» sbuffò Robert, continuando a dondolarsi su quel cavallino di legno.
«Se tu avrai un figlio» disse lei, tra una risata e l’altra. «Sirius sarà nonno
Remus si sforzò per qualche secondo, di trattenere le risate. Prese di nuovo a coprirsi il viso con le mani, ma non riuscì ad evitare l’inevitabile. Mentre marito e moglie ridevano come bambini, Robert si trovò a guardarli, seduti nel loro salotto a ridere, con le fedi al dito ed il loro primogenito addormentato nella stanza accanto.
Stava pensando a quanto fosse stato allo stesso tempo difficile e semplice arrivare a quel punto, quando accadde qualcosa di impercettibile. Remus mosse appena il capo, e Tonks si sforzò di nuovo per tornare seria, questa volta, riuscendoci.
Lui rimase a guardarli, percependo che stessero per dirgli qualcosa.
Remus tese la mano verso quella della moglie, che l’afferrò immediatamente.
«Robbie …» comunciò lei, con tono commosso. «Devo dirti una cosa»
Lui si prese qualche altro secondo per scrutarli. «Non ho voglia di qualche brutta notizia, Dora» si lamentò. «Credo di avere fatto il pieno, in questi anni, di brutte notizie»
«Non è una brutta notizia» lo tranquillizzò Remus.
«No, è che …» Tonks fece un respiro profondo. «Aspettiamo un altro bambino»
Robert ci mise qualche secondo per assimilare l’informazione, e trasformare in fatti e idee le parole della cugina. Guardò prima lei e poi lui, e poi di nuovo lei e di nuovo lui, con la bocca spalancata e le lacrime agli occhi.
«Sei il primo a cui lo diciamo» continuò lei, con tono sempre più commosso. «Perché questa volta sono stata categorica: il padrino dovrai essere tu, perché … perché non ho avuto fratelli, ma ho avuto te, che sei stato anche meglio, di un fratello»
Robert, a fatica, si alzò dal cavallo a dondolo, e mentre anche Tonks si alzava per stringerlo in un abbraccio, Remus rimaneva a guardarli piangere di gioia, pensando che non ci fosse nulla di più bello che piangere di gioia dopo anni di tristezza.
«Non hai bisogno di me per arrivare al numero quattro» sussurrò lui, accarezzandole i capelli che stavano cambiando colore.
«Però ti prego, fai diventare Sirius nonno»
 
«Devo chiederti una cosa»
Robert era in piedi al centro della cucina super moderna di Villa Black, mentre l’alba, fuori dalle gigantesche finestre, abbracciava la periferia londinese.
«Quello che vuoi, fratello»
Harry mosse un paio di passi un cucina, Appellando una moka ed il caffè in polvere.
«Ma considera che è lunedì mattina e che Anastasia ha avuto un incubo, stanotte»
«Cosa ha sognato?»
«Non me lo ha saputo dire» ammise Robert, perdendosi a guardare fuori dalla finestra. «Ma sembrava una cosa davvero spaventosa» tornò a guardare Harry per qualche secondo. «Tu non ne avevi di incubi, da bambino?»
Harry si strinse nelle spalle. «Dipende dal tuo concetto di incubo» ammise. «Sognavo che qualcuno mi dicesse che i miei zii e mio cugino non erano la mia vera famiglia e che non dovevo viver con loro … ma per me era un bel sogno, non un incubo»
Robert sorrise e scosse la testa, lasciando annegare un biscotto nel tè, mentre Harry si versava il solito caffè.
«Beh, a un certo punto è successo» 
Harry sorrise entusiasta e si sedette davanti al fratello. «Devo chiederti una cosa» disse, tornando serio.
«Sì, lo hai già detto» gli disse il primogenito. «Sto aspettando che trovi le parole»
Harry si trovò ad ammettere che Robert aveva ragione: sapeva bene cosa volesse chiedergli, ma non sapeva quali parole andassero usate per esprimere un concetto del genere. rimase a guardarlo per qualche secondo, concedendosi di sentirsi stranito nel vederlo con la barba e la camicia buona, pronto per andare a lavorare al fianco di George e Ron. Così tanto cresciuto, così tanto diverso, in così poco tempo.
«Hai … paura?»
Robert sembrò stranito da quella domanda. «Della quiete?»
Il Prescelto annuì.
«In un certo senso sì» ammise l’altro, fissando la sua tazza. «Ma immagino sia solo perché la quiete è solo qualcosa a cui non siamo abituati, alla fine»  rifletté. «Se ci pensi, siamo cresciuti durante gli anni della tregua, ma non è stata una vera tregua: tu dai Dursley e io in mezzo alle donne Redfort e poi Kayla»
Entrambi, sorrisero.
«Ma voglio pensare che un giorno ci abitueremo, alla quiete» continuò. «Lo vedo tutti i giorni a Diagon Alley: sono passati poco più di sei mesi, ma la gente ha un disperato bisogno di guardarsi attorno e vedere quiete e non paura, di sorridere, di credere, di avere dei progetti, di camminare a testa alta ed essere certi di avere un futuro davanti a loro»
«Tu lo vedi, il tuo futuro?»
«A volte» rispose Robert. «E tu?»
Harry smise di guardare il fratello e abbassò notevolmente il tono di voce.
«Ogni tanto ho paura che non sarò mai niente, se non il Prescelto»
«Cambia angolazione» rispose istintivamente Robert.
«Come?»
«Non te lo ha mai detto, la nonna? Era il suo modo di risolvere i problemi»
Harry si mostrò vagamente divertito, e scosse la testa.
«Hai paura che non sarai mai niente, se non il Prescelto» ripeté Robert, trovando Harry che annuiva seduto davanti a lui. «Perché avrai la possibilità di essere tutto, senza più essere il Prescelto»
Harry sembrò pensarci su per qualche secondo, sistemandosi gli occhiali sul naso e passandosi una mano nei capelli, concludendo anche che, probabilmente, Marie non gli aveva mai detto niente del genere perché i quesiti che le aveva sottoposto erano così banali da avere una sola angolazione.
«Non l’ho ancora detto a nessuno, ma … Ho deciso che sarò un Aurur, come mamma e papà» gli disse poi, con fierezza.
«Intendi James e Lily o Martha e Sirius?»
«Entrambi»
«Ne saranno molto fieri»
«Intendi James e Lily o Martha e Sirius?»
«Entrambi»
I due fratelli si sorrisero con aria più che complice, e, in quello stesso istante, la piccola Anastasia apparve sulla soglia della cucina, con un pigiama blu appartenuto a Robert, la stessa espressione che aveva Martha appena sveglia e un peluche a forma di gufo nella mano.
«Oh, io devo andare al negozio» esclamò Robert appena la vide, alzandosi dal tavolo. «Stamattina è tutta tua!» gli passò accanto, tirandogli un coppino affettuoso, e si chinò per dare un bacio alla bambina e augurarle buona giornata.
Harry rimase a guardare Anastasia, che si stava avvicinando al tavolo per prendere posto sulla sua piccola sedia di legno con seduta rialzata. Con un colpo di bacchetta le fece apparire davanti agli occhi un biberon di latte caldo e una manciata di biscotti a forma di animale, che lei accolse con un sorrisetto malandrino.
«Ehi» esclamò poi lui. «Quel peluche è mio! Me lo ha regalato Kayla quando sono arrivato qui»
«Perché?» domandò la bambina, togliendo appositamente la bocca dal biberon. «Dove eri andato?»
Harry ci mise qualche secondo per capire la sua domanda, per poi, inevitabilmente, sorridere con dolcezza. «Da nessuna parte, tesoro» le disse. «Sono sempre stato qui»
 
Kayla entrò in casa con aria sfinita, ma in qualche modo, trovò l’energia per strillare.
«Che cosa Merlino ci fai in piedi
Fred, in piedi al centro del salotto, si voltò di scatto con espressione scioccata. «George dorme!» protestò, facendole segno di fare silenzio.
«E questa ti sembra una risposta alla mia domanda?» domandò lei, raggiungendolo a grandi passi.
«Tesoro, ti devi calmare» le disse Fred, appena lei lo raggiunse. «Non posso fare le maratone o salire su una scopa, me ne rendo conto, ma posso raggiungere la cucina se ho fame»
Lei lo guardò, lasciando andare la sua espressione dura per rivelare tutta la paura che ancora aveva dipinto in volto.
Lui le mise un dito sotto il mento, per alzarle dolcemente il viso e costringerla a guardarlo negli occhi.
«Lo so che hai avuto paura» le sussurrò. «Ma sono qui, adesso. Un po’ ammaccato, con qualche graffio e cicatrice, ma sono qui»
Kayla lo abbracciò, posando la testa sul suo petto e sentendosi terribilmente grata nel sentire il suo cuore battere. «Scusami» rispose lei, stringendolo più forte.
«E poi ammettilo, che le mie cicatrici sono molto sexy»
Kayla sorrise, e alzò il viso per baciarlo con dolcezza. «Non sforzarti troppo, però» 
Fred alzò gli occhi al cielo e le posò un altro bacio sulle labbra. «Stavo pensando una cosa, prima»
«Una sola?»
«Stavo pensando che dovremmo lasciare questa casa a George e Ron»
Kayla sciolse l’abbraccio per guardarlo con aria stranita. «Che pozioni ti ha dato Madama Chips?»
«Dovremmo lasciare questa casa a quei due scapoli d’oro e trovarci un posto tutto nostro»
Kayla rimase a guardarlo come se dovesse analizzare ogni lettera di quella frase, ogni suono, ogni possibile sfaccettatura di significato.
«Voglio dire, qui non c’è spazio per tutta la tua roba, e … credo proprio che dovremmo andare a vivere insieme, ecco»
Lei rimase immobile, sentendo la palese paura di rovinare quel momento così magico da non sembrare vero. «Mi stai chiedendo di venire a vivere con te?»
«E poi ti chiederò di sposarmi, appena sarò in grado di fare una proposta decente»
«Non hai bisogno di essere in grado di fare una proposta decente, Fred Weasley»
«Ma io voglio fare le cose in grande» protestò lui con un sorriso malandrino. «Voglio che sia qualcosa che nessuno dimenticherà mai, il nostro matrimonio»
Kayla lo guardò, beandosi dell’immagine del suo viso, come se volesse prenderlo e usarlo per riempire i ricordi di quei giorni infernali in cui aveva creduto che non lo avrebbe più potuto vedere, riempirli fino a che non ne sarebbero stati stracolmi, fino a che non sarebbe stato ridicolo pensare di aver una paura simile.
Poi, con la sua eleganza, scoppiò a ridere e abbracciò Fred di nuovo, baciandogli ogni centimetro del viso.
«Fred Weasley» sussurrò poi, a un centimetro dal suo naso. «Vuoi sposarmi?»
«Te lo dovevo chiedere io»
«E invece te lo chiedo io: vuoi sposarmi?»
Anche lui si prese qualche secondo, per tuffarsi in quegli occhi grigi che erano tutto, meno che freddi.
«Voglio sposarti, Kayla Lily Black»
«Ripetilo»
«Voglio sposarti»
«Più forte?»
«Voglio sposarti!»
In quell’istante, George apparve sulla soglia della sua piccola stanza con l’espressione di uno che in realtà sta ancora dormendo. «Si può sapere che cosa avete da strillare?»
«Vuole sposarmi!» esclamò Kayla, con l’espressione di una bambina al parco giochi.
«Sai che grane novità!» protestò George urlando nello stesso modo, strofinandosi gli occhi. «Queste cose si fanno di giorno, non quando la gente dorme» e strisciando i piedi, tornò verso la sua stanza, ma solo per nascondere una lacrima di commozione che gli stava accarezzando il viso.
 
«Quante camere da letto ci sono?»
«Tre»
«Tre?»
«Tre stanze e due bagni» riprese Martha. «Un bagno è della stanza matrimoniale»
«Non sapevo ci fossero tre stanze»
Martha accennò un sorriso. «James … James diceva che crescere da figlio unico era stato triste»
«Volevano avere più figli?» domandò quindi Harry.
«Almeno due» rispose Sirius, osservando la casa di Godric’s Hollow, con il cancello ancora aperto e la porta solo socchiusa. Si voltò verso Harry. «Vuoi entrare?»
Harry annuì.
«Vuoi andare da solo?»  domandò allora Martha.
«Voglio che veniate con me» rispose, deciso.
Dietro di lui, Robert, Kayla e Anastasia si guardarono perplessi. Anastasia strinse più forte la mano di Robert, capendo che quello sarebbe stato un momento davvero importante. E Kayla cercò lo sguardo del fratello, sforzandosi di non sembrare terrorizzata.
Anche Martha cercò lo sguardo del marito, non riuscendo a non pensare che l’ultima volta che lei, Sirius ed Harry erano stati lì dentro insieme, era stato durante quella notte di Halloween.
«Ovunque vorrai , fratello» gli disse Robert, con tono straordinariamente calmo.
Harry si voltò verso Robert, gli sorrise e poi mosse il primo passo nel giardino, con la nitida immagine di James e Lily sulla soglia che sorridevano ai loro ospiti.
 
Martha Redfort, seduta sulla sedia a dondolo che era appartenuta a sua madre e su cui aveva passato le ore ad allattare i suoi figli, osservava il tramonto accarezzare il suo giardino ed il suo orto di zucche. Suo marito in piedi sulla porta d’ingresso di Villa Black, la guardava come se fosse davanti al più bello dei quadri, con le mani in tasca ed il panciotto slacciato.
Lei si voltò a guardarlo, con un sorriso più innamorato che mai. «Il mio principe delle tenebre» sussurrò, facendogli segno di avvicinarsi.
Lui mosse qualche passo verso di lei con il suo solito portamento pieno di fascino.
«Hai un’espressione troppo pensierosa, per i miei gusti» gli disse di nuovo.
«Che succederà, adesso?» chiese lui, con un filo di voce.
Martha rimase a guardarlo qualche secondo, per poi decidere di alzarsi e posargli le mani sul viso e sorridergli. «Adesso, Sirius? Adesso ti siedi accanto a me qui in veranda e invecchiamo insieme, come ci siamo promessi una vita fa» gli baciò le labbra con tutto l’amore di cui era capace. «Non dobbiamo più avere paura che ai nostri figli venga negato il futuro o di non poterci svegliare l’uno accanto all’altra ogni mattina: possiamo essere felici ed addormentarci sereni, sapendo di aver fatto tutto quello che era in nostro potere, e forse anche di più, per garantire ai nostri ragazzi un futuro degno di loro»
Sirius posò la fronte contro quella della moglie. «Davvero è tutto finito?»
«La guerra è finita, Sirius: tutto il resto è solo all’inizio. Noi abbiamo tutto il tempo davanti, una figlia da crescere e gli altri tre a cui fare da guida. E poi, abbiamo attorno una famiglia meravigliosa che ci siamo costruiti giorno dopo giorno: non è finito niente, se non la paura»
«Abbiamo perso un bel po’ di gente, però» sussurrò lui.
Martha gli accarezzò il viso, senza nascondere negli occhi lo stesso velo di malinconia che aveva lui. «Sono qui con te» gli rispose, in un soffio. «Non mi va di rimpiangere tutte le persone che ho perso lungo il cammino, voglio solo godermi noi»
Sirius si lasciò andare in una delle sue famose risate. Afferrò Martha per i fianchi, e la baciò con passione. Lei lo strinse forte a sé e rise con lui.
«Abbiamo tutto il tempo davanti» ripeté lui, come se se ne dovesse convincere. «Sono felice, Martha» le disse all’orecchio. Poi, continuando a sorridere, sciolse l’abbraccio per inginocchiarsi davanti a lei.
«Ma che cosa stai facendo?»
«Martha Marie Redfort Black» disse lui, con tono solenne. «Vuoi invecchiare con me?»
Lei scoppiò a ridere di nuovo e fece cenno di sì con la testa. «Più di ieri e meno di domani»


 
Martha scoppiò a ridere come una bambina.
«Non c’è nulla da ridere» si difese Aaron, sulla soglia di Villa Black. «Me lo ha fatto Molly»
«Certo che te lo ha fatto Molly» rispose Martha, mentre Aaron si levava la sciarpa e questa fluttuava da sola verso l’appendiabiti. «Chi altri mai potrebbe averlo fatto?»
«Io trovo che sia un gran bel maglione» si difese di nuovo lui, levandosi la neve dalla lunga coda legata dietro la nuca. «Sei solo invidiosa»
«Credi che io non abbia una mezza dozzina di maglioni con la mia iniziale?» contestò Martha, raggiungendo il salotto per indicargli l’albero sotto il quale posare i regali.
«Allora dovresti indossarli!» replicò Aaron, sistemando una quantità imbarazzante di regali sotto all’albero addobbato in modo fin troppo sfarzoso, mentre Sirius, Remus e Damian, con i rispettivi figli minori caricati sulla schiena, passarono per il salotto mimando un trenino a vapore.
«Avanti, unitevi!» invitò Damian, ultimo della fila.
«Ma non ho un bambino a disposizione» tentò di protestare, mentre Tonks si caricava in spalla Gabriel e si univa con entusiasmo.
In una frazione di secondo, Martha saltò sulla schiena del fratello con un agile scatto, facendolo quasi cadere a terra; recuperò però velocemente l’equilibrio e si accodò a Tonks, mentre la radio babbana passava l’ultima versione di Jingle Bells.
Mentre i bambini ridevano di gusto e Aaron lamentava un certo mal di schiena, Robert ed Hermione fecero il loro ingresso a Villa Black senza mostrarsi stupiti di quella scena o di quel «Ciao, pulce!» che il capotreno Sirius strillò da una parte all’altra del salotto, proprio mentre la porta si spalancava di nuovo per fare spazio a Ronald, Ginny, Kayla e i gemelli. Questi ultimi, ovviamente, si unirono al trenino prima ancora di levarsi il cappotto, sotto lo sguardo di finto rimprovero di Kayla e Ginny («Fred, la gamba, attento alla gamba»).
La porta ancora spalancata lasciò spazio ad Harry, che salutò Ginny con un romantico bacio e si beccò una pernacchia dalla sorellina appena questa gli passò davanti.
Nel momento in cui Aaron annunciò di essere «decisamente troppo vecchio», lasciando Martha a terra, Robert diede il cambio al padre, ed Anastasia sembrò non essere mai stata così felice.
Sirius si avvicinò alla moglie,  passandole un braccio attorno alle spalle e baciandole una tempia con una dolcezza infinita. Martha lo strinse a sé ed entrambi si persero a guardare quel trenino più che bizzarro, mentre la neve fioccava fuori dalla finestra e Molly e Arthur, accompagnati da Bill, Fleur ed il suo pancione fiero, entravano in casa e scoppiavano a ridere.
Sirius salutò cordialmente i loro ospiti, indicando alla giovane coppia dove lasciare i cappotti ed i regali, e posando dolcemente una mano sulla pancia di Fleur. Tonks, con un paio di salti lo raggiunse per sussurrargli qualcosa all’orecchio. Lui, in tutta risposta, scoppiò a ridere e l’abbraccio come se nella vita, fossero sempre stati felici.
Martha rimase a guardarli, mentre Sirius dava a Remus delle pacche sulla spalla e ridevano come bambini, Fleur si perdeva a guardare le foto sparse per tutta la casa, mentre Bill l’abbracciava da dietro e le raccontava le loro avventure da bambini,  Aaron stava giocando a nascondino con Nicole, Robert, Harry ed Hermione giocavano a lanciarsi Anastasia che aveva il viso rosso da tanto stava ridendo, Kayla stava sistemando la camicia a Fred e Molly, accanto a loro, sistemava i capelli del marito.
Sorrise, davanti a quel Natale finalmente felice, leggero e spensierato, sentendo, nel profondo del cuore, che ne era valsa la pena, per tutto quanto.
Sirius le si avvicinò con sguardo perplesso.
«Stai bene, bimba?»
Lei annuì e gli fece l’occhiolino.
«Ti amo, Sirius Black»
Lui, in tutta risposta, le stampò un bacio sulle labbra e le fece fare una piroletta.
«Più di ieri e meno di domani» le sussurrò all’orecchio, mentre All I want for Christmas rendeva tutto decisamente fiabesco e romantico.
Era così, pensarono tutti, che sarebbe andata da adesso in poi. Sempre l’uno accanto all’altro, con un sorriso stampato in viso, qualche canzone romantica in sottofondo e la certezza che, comunque vada, il peggio è passato.
E forse, questo basta.


Ho bisogno di prendermi un paio di righe per dirvi delle cose.
Sapevamo tutti che questo giorno sarebbe arrivato; me lo chiedete da sempre, e io ho sempre risposto che non mi piacciono i finali, quindi a certe cose non mi piace pensare.
Ma, tant’è.
Chi mi conosce sa bene che non ho un buon rapporto con gli addii; vivo tra due città che contano più di mille chilometri di distanza tra loro, eppure a certe cose non mi ci abituerò mai.
Eppure, sono mesi che ci penso. Di nascosto, quasi vergognandomi, ma ci penso. E finalmente sono arrivata alla conclusione: un happy ending. Un finale felice.

Ho iniziato a scrivere questa storia quando avevo quattordici anni, ma l’ho iniziata a pensare quando andavo alle elementari e efp non esisteva ancora, o almeno non nella mia vita. Martha è la parte migliore di me, quella per cui riesco a guardarmi riflessa nello specchio ogni giorno, quella per cui cammino a testa alta e sorrido alla vita; lo è sempre stata e lo sarà sempre, e con lei anche tutto ciò che ne deriva, Rose, Marie, Robert, Kayla, Anastasia, Aaron, Nicole, e tutti quei personaggi che sento di aver fatto miei, Sirius, Harry, Remus, James, Lily … Devo loro più di quanto io riesca ad esprimere.
Ma qui ho messo tutto quello che potevo e dovevo.
Questo non è un addio, quindi.
Non lo so dire, io, addio.
Non è un addio perché non potrei mai voltare le spalle a questo piccolo mondo che abbiamo creato. Non è un addio perché penserò sempre a loro, e non lo nego, ne scriverò anche: forse pubblicherò, forse no. Non lo so.
Non so se sia davvero finita. Non so se un giorno apparirà qualche altro capitolo, qualche one-shot, o magari un’altra storia, tutta daccapo.
Quello che so, è che per adesso, è giusto così.
Quello che so è che non potrei mai voltare le spalle a qualcosa che mi ha dato così tanto.
Sarei ingrata, e pure un poco sciocca.
Però, mi fermo.
Non pensavo sarei arrivata più un là di un paio di capitoli, e invece, eccoci a contarne più di cento. Ne sono tremendamente fiera e profondamente orgogliosa, sento di aver cresciuto come dei figli e, soprattutto, sento di essere cresciuta con loro, mettendo nella persona che sono, tanti pezzi di loro, sia belli che brutti.
Mi fermo anche perché questo mi sembra un ottimo finale e un ottimo messaggio: andrà tutto bene, alla fine. Chiunque semini gioia, amore, e rispetto, ne riceverà altrettanto. E così come ci sono momenti in cui senti che vorresti solo morire, se riesci a tenere duro la vita ti regalerà momenti in cui sarai sinceramente grato di essere vivo e sentirti tale. Poi, mi sento di avere messo in questa storia alcuni  dei più grandi insegnamenti e colonne portanti della mia vita: casa non è per forza il posto in cui nasci, e la famiglia non è per forza quella di sangue, e che non sempre va tutto bene, ma se andasse sempre tutto bene, non sarebbe vita. E perché no, ci ho messo dentro anche un po’ di sano “siamo tutti uguali”, “da soli non si va da nessuna parte”, e che ci sono vari tipi di amore e sono tutti in grado di salvarti la vita in vari modi, quindi è inutile cercare in ogni angolo della vita una scia di amore romantico quando ci sono amori come quello amicale o fraterno che possono fare anche meglio, in certe situazioni.
Quindi, ringrazio di cuore tutti i personaggi di questa storia che sono sicura, resterà sempre nel mio cuore e perché no, anche nel vostro. Ringrazio chiunque sia passato di qui, anche solo per sbaglio, e ringrazio chiunque abbia deciso di fermarsi a leggere di Martha e Sirius e tutte le loro (dis)avventure, e magari portare a casa qualche cosa, che sia un sorriso o una lacrima. L’idea di avervi lasciato qualcosa, anche se per poco, è per me il regalo più grande.
Ringrazio le persone che non solo sono passate di qui, ma hanno anche preso un posto nella mia vita, magari anche solo per un po’ di tempo, ma lo hanno fatto, e chi, lo so, continuerà a sostenermi e a far parte di me.
Sto pensando di scrivere un libro.
Mi avete dato così tanta grinta, forza e spinta ad agire, migliorarmi e buttarmi, che sto permettendo al mio più grande sogno nel cassetto di prendere le forme di un vero progetto.
E se posso permettermi una tale ambizione, è solo grazie a voi.
Vi ringrazierei uno per uno, se potessi.
Per ora, vi regalo un finale con i fiocchi, illudendomi che basti.
Ho lasciato nella bio il mio profilo di instagram, nel caso in cui qualcuno avesse voglia di rimanere in contatto con me o capire che faccia ho o cosa faccio nella vita. Mi troverete sempre qui per rispondere ad ogni domanda o anche solo per fantasticare insieme sulla vita dei miei personaggi, che lo sappiamo, alla fine sono anche un po’ vostri.

Vi voglio bene, ma davvero.

per sempre vostra,
C

 
   
 
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