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Autore: meryl watase    31/10/2019    6 recensioni
Storia partecipante al Contest "This is Halloween" indetto da Mary London sul Forum di efp e alla Halloween Haunted Run - II Edizione indetta sul forum La Torre di Carta.
Dal testo: "Mi avvolsi ancor di più nelle lenzuola e nel piumone, girandomi su un fianco e coprendomi fino all'orecchio, era una notte decisamente fredda. Forse quel maledetto condizionatore si era rotto di nuovo."
Genere: Angst, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Trunks, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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"Non riesco a dormire."
Le parole di mia moglie mi giunsero all'orecchio mentre ero nel dormiveglia.
"Mmh" mugugniai, girandomi appena verso il suo lato del letto, ma senza aprire gli occhi. Ero stanco morto dopo aver passato la giornata a preparare i miei allievi per il torneo di arti marziali che sarebbe cominciato a breve. Dovevano essere tutti perfetti, soprattutto Trunks.
L' orgoglio mi scorreva nelle vene ogni volta che lo osservavo combattere. E vincere.
Ovviamente lui non ne era al corrente.
Il massimo della approvazione che esprimevo era un cenno col capo - un piccolo gesto-, per il resto rimanevo composto e freddo, mentre dentro di me ardeva ancora quel fuoco che per anni mi aveva spinto ad allenarmi fino allo sfinimento per battere Kakarot, il mio rivale di sempre, la mia nemesi.
Rivedevo quel mio stesso ardore nel sangue del mio sangue, ma senza quella rabbia bruciante che mi aveva sempre ustionato le viscere e fatto prendere decisioni sbagliate durante la gioventù. Mio figlio era migliore di me e ne ero fiero.
L'orologio a pendolo rintoccò: cinque distinti colpi segnalarono che erano solo le cinque del mattino, decisamente troppo presto per svegliarsi, l'ultima cosa che volevo era fare una chiacchierata notturna.
Mi avvolsi ancor di più nelle lenzuola e nel piumone, girandomi su un fianco e coprendomi fino all'orecchio, era una notte decisamente fredda. Forse quel maledetto condizionatore si era rotto di nuovo.
Serrai ancora più forte gli occhi e cominciai a respirare regolarmente, fingendo di essermi riaddormentato nella speranza che quella donna seccante avrebbe capito l'antifona.
"Guarda che lo so che sei sveglio anche tu".

Cazzo.

"Ho sonno, donna. Vedi di non scocciare e mettiti a dormire" risposi ostico. Perché non voleva tacere? Sentivo il corpo così pesante...
"Sei il solito buzzurro. Lo sapevo che avrei dovuto accettare la proposta di matrimonio che Goku mi fece anni fa e sposare lui. Di sicuro sarebbe stato un marito più premuroso!" si lamentò lei, sbuffando e gettandosi a peso morto sui cuscini.
In un lampo gettai di lato le coperte, le strinsi i polsi tra le mani, chiudendoli in una morsa in modo da non farla scappare, ma lei non oppose la minima resistenza nonostante la stessi schiacciando con tutto il mio peso e la mia ira.
" Non osare dirlo mai più! Tu sei la mia donna!" affermai imperioso.
" Sì, sono tua, ma solo perché l'ho scelto io".
Una risposta decisa. Secca.
Era sempre stato così con lei. Potevi avere la meglio sul piano fisico, ma mai su quello mentale. Mai.
"Fai scelte pericolose, donna".
"Così sembra".
Trattenni a fatica un ghigno di soddisfazione.
"Me la pagherai per avermi svegliato a quest'ora e avermi fatto incazzare, te ne rendi conto?" le domandai, allentando la presa e stendendomi su di lei.
Non mi rispose, ma dall'inarcarsi delle labbra che aveva posato sul mio collo, intuii che stava sorridendo.
Era una notte buia, vedevo appena la sua sagoma, ma sentivo la sua pelle fredda a contatto con la mia e il suono del suo respiro contro la gola.
Con impeto feci mie quelle labbra impudenti e le scaldai, avventurandomi con le mani sotto la camicia da notte fino ad appropriarmi di una delle sue cosce che allargai in modo che mi facesse posto.
"Conosco un ottimo rimedio per l'insonnia e il freddo. Ti stancherò per bene, allora sì che dormirai..."
Due risate complici riempirono la stanza, seguite da sospiri e gemiti.

~❄️~❄️~❄️~❄️~❄️~

Cinque rintocchi risuonarono per la stanza, fiocamente illuminata dal lampione della strada di fronte.

Cinque!?

Aprii gli occhi di scatto, allungando la mano verso l'abat-jour per illuminare la stanza.
Vidi il mio respiro uscire dalla mia bocca, condensandosi nell'aria fredda e fissai l'orologio a pendolo che era all'angolo della camera. Segnava di nuovo lo stesso orario, eppure vedevo il peso oscillare da destra a sinistra in modo regolare.

Strano. Si sarà rotto anche lui. Dannato aggeggio.

Bulma non era accanto a me, la sua parte del letto era intatta, come se non fosse stata toccata, anche se percepivo flebilmente il suo odore e sentivo impresse ancora sulla pelle le sue forme.

Non è ancora tornata?
Certo che se quello che è accaduto in questo letto l'ho sognato sono messo proprio male. Sono solo un paio di giorni che non ci vediamo - dannata fiera sullo sviluppo tecnologico dei veicoli volanti -, essere così frustrato da fare sogni erotici non è da me.

Un suono fastidioso e familiare mi scosse dai miei pensieri e allungai la mano fino alla cornetta del telefono in modo da far tacere quel dannato affare.
"Chi è?" risposi scocciato. Di certo uno che disturbava di buon mattino non si meritava cortesia.
"Papà!?" mi rispose l'interlocutore con una voce confusa, lontana.
"Trunks, sei tu? Come ti viene in mente di chiamarmi a quest'ora?"
"Papà, per favore ascoltami... La mamma ha avuto un incidente" affermò con voce spezzata.
"Un incidente" ripetei, fissando lo sguardo verso lo specchio montato sull'anta dell'armadio e osservandomi come se vedessi un estraneo.

Sono io quell'uomo così pallido?

"Hanno chiamato me perché sono il suo contatto di emergenza, il suo velivolo è precipitato, forse a causa del temporale o del gelo la visibilità era scarsa, o era troppo stanca o..."
Mio figlio continuò per un infiniti minuti a snocciolare ipotesi, come se il capire il perché dell'incidente fosse più importante dell'accaduto in sé. Non lo avevo mai sentito parlare tanto, almeno non con me, io lo intimidivo troppo.
E poi era Bulma la chiacchierona della coppia.
" Trunks" lo interruppi, "in quale ospedale l'hanno portata? Ti hanno detto come sta?"
Il fiume di parole si placò e calò il silenzio.
"Ti decidi o no a rispondermi!?" sbottai, stanco di attendere.
"La mamma è morta sul colpo. La mamma è morta."
Quelle parole viaggiarono attraverso l'orecchio fino ad incastrarsi nel mio cervello.

Morta. La mia Bulma è morta.

"Papà!?"
Posai la cornetta sul comodino e cominciai a stringere le coperte tra le dita fino a lacerarne i tessuti in un pallido eco di come mi sentivo lacerato dentro io.
Il mio respiro si addensava davanti alle labbra, colpa del freddo che regnava in quella stanza ed ora anche nel mio cuore.
Un urlo risuonò tra quelle mura. Forte. Sempre più forte. Finché le corde vocali bruciarono e non potei più udirmi perché era diventato un grido silenzioso, ma che ancora continuava imperterrito.
Mi voltai verso la finestra, che cominciava ad essere rischiarata dalla luce dell'alba che tentava di farsi strada tra la nebbia, e le vidi: infinite impronte di mani sul vetro ghiacciato.
Ed abitavo al quinto piano.
Smisi di urlare.
   
 
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