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Autore: SonLinaChan    31/07/2009    5 recensioni
Alla morte del sovrano di Elmekia, i due eredi al trono ingaggiano una lotta per la conquista del potere. Lina e Gourry si trovano loro malgrado sul terreno di battaglia, in missione per conto della città di Sailarg, ma decisi a rifuggire ogni coinvolgimento nella guerra. Ma basta poco perché una battaglia estranea si trasformi in una questione molto personale...
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non ci credete, eh? Beh, non ci credo quasi nemmeno io. XD Perciò GRAZIE a tutti quelli che mi hanno spronata ad andare avanti con questa storia nonostante l’epico calo di ispirazione (che tutt’ora non mi spiego. XD) e grazie a quelli che ancora hanno la pazienza di leggere dopo tutto il tempo che è passato dall’ultimo aggiornamento. ^^’ Il prossimo capitolo se tutto va bene sarà l’ultimo, e spero non debbano trascorrere altrettanti mesi nel frattempo. XD
Detto ciò, buona lettura. ^^
 


“Non reagite e non vi accadrà nulla.”
Il guerriero dalla lucida fronte pelata si fece avanti, brandendo la spada. I suoi compagni, lentamente, ci strinsero sui fianchi.
Eravamo circondati.
Sì, sì, lo so. Non è una grande novità.
“Lina…”
A sussurrare il mio nome, in tono implorante, fu Gourry. Doveva aver colto il rapido corrugarsi della mia fronte, un’espressione che non prometteva nulla di buono per i nostri aggressori.
Quelli attorno a noi mi apparivano come comuni cacciatori di taglie, o mercenari. Uomini che dovevano avere visto i nostri cartelli segnaletici in qualche città e avere, molto semplicemente, dato per scontato che fossimo dei criminali. Gourry sicuramente era giunto alla mia stessa conclusione su di loro, e capivo perché cercasse di frenarmi dal prenderli a Palle di Fuoco: non si poteva esattamente dire che avessero delle colpe, nell’aggredirci.
In quel momento, però, ero troppo frustrata per essere anche saggia.
Strinsi i pugni ai fianchi e feci un passo avanti, l’aria risoluta. “Se non reagissi, non vi accadrebbe nulla.” Replicai, in tono sfrontato. “Immagino che questo potrebbe essere considerato comunque un buon motivo per… oh, no, aspetta. Non lo è.”
Avevamo viaggiato per giorni senza quasi fermarci, e quella sera, al tramonto, eravamo giunti in vista del gelido panorama della vecchia Talit. Puntavamo sul fatto che Livia potesse trovarsi ancora laggiù nascosta da qualche parte, ma non ne avevamo la certezza, e l’ansia di scoprirlo, unita all’incertezza su cosa avrei fatto una volta che avessi avuto quella risposta, mi attanagliava lo stomaco. Il mio autocontrollo, in quel momento, era decisamente labile.
Un rivolo di sudore scese lungo la fronte già madida del mio interlocutore. A dispetto delle sue parole, non sembrava particolarmente sicuro di se stesso. Continuava a lanciare occhiate ai suoi uomini, con l’aria di non essere poi così convinto che il loro numero fosse sufficiente a disporre di noi. Sorrisi fra me, di fronte a quell’atteggiamento incerto. Il fatto che sembrasse conoscere la mia fama e temerla poteva quasi rendermi bendisposta nei suoi confronti.
Quasi.
“Perciò ho un piccolo suggerimento per voi.” Proseguii, senza mutare di tono. “Una persona saggia a questo punto ricorrerebbe a un modo per evitare la mia reazione… scappare con la coda fra le gambe, ad esempio. E considerando che mi avete già provocata, un buon momento per iniziare a farlo sarebbe ora.”
Anche Bastian continuava a lanciarmi occhiate nervose. Aveva portato mano alla spada, ma in effetti sembrava più preoccupato per le mie reazioni che per la nostra sicurezza.
Non c’è che dire, aveva imparato a conoscermi.
“D… dico sul serio.” Replicò l’uomo di fronte a me. “Non abbiamo l’ordine di aggredirvi. Siamo qui solo per riferirvi un messaggio.”
“Come no. Davvero, la prima conclusione a cui si giunge quando si viene circondati da dei tizi con le armi in pugno è che vogliano fare quattro amichevoli chiacchiere.”
Il pelato deglutì. Lentamente, con riluttanza, abbassò la spada. Rivolse un cenno ai suoi uomini e quelli lo imitarono. Diversi di loro indietreggiarono di qualche passo, prima di trovare il coraggio di farlo.
“Era… una misura precauzionale. La nostra Signora ci ha detto che eravate una donna pericolosa… che non ci conveniva abbassare la guardia finché non vi avessimo convinta delle nostre buone intenzioni.”
I miei occhi si strinsero. “La vostra Signora?”
“S… sì. La consorte reale, Erianna Darland.”
Mi ero quasi calmata, ma un nuovo moto di rabbia mi attraversò, a quelle parole. Chi credeva di prendere in giro???
“A… aspettate!” Mi implorò l’uomo, notando il mio mutamento di espressione. “Dovete credermi! Che ragione avrei di inventare una storia del genere?” Rinfoderò la spada, velocemente, e al suo posto estrasse un sigillo. Me lo mostrò, da lontano. Recava lo stemma della famiglia reale di Elmekia.
La mia fronte si aggrottò. “Non capisco.” Dichiarai, in tutta sincerità.
“Sono il comandante della guardia personale della Lady. Non porto insegne perché la mia Signora ci ha chiesto di muoverci in incognito. Come vi ho detto, dobbiamo riferirvi un messaggio.”
Mi morsi le labbra, ancora diffidente. “Non ha senso.” Replicai. “La vostra Signora mi crede responsabile della morte di suo figlio. L’unica cosa che desidera da me è la mia esecuzione, perché dovrebbe cercare di contattarmi?”
“E’ proprio questo il punto. La mia Signora dice che ha avuto le prove della vostra innocenza. Mi ha chiesto di riferirvi che, se accetterete di fare qualcosa per lei, si opererà per fare cadere ogni accusa nei vostri confronti.”
Scambiai un’occhiata con i miei compagni di viaggio. Apparivano increduli, tanto quanto me.
“Come e quando ha scoperto che io non c’entravo con l’uccisione dell’erede al trono?” Domandai, in tono interdetto. “E che cosa vuole da noi, esattamente?”
Il pelato scosse la testa. “Non mi sono stati riferiti i dettagli. Se accetterete di ascoltare ciò che la Lady ha da dirvi, vi condurremo da lei. Vi attende poco più avanti, lungo questo stesso sentiero, al riparo della foresta.”
A quelle parole, la mia fronte si corrugò nuovamente. L’ennesima conferma delle abilità strategiche e della prudenza di Erianna: aveva ben pensato di mandare avanti i suoi ambasciatori, invece che presentarsi di persona, nel caso avessi scelto di far saltare tutti in aria senza ascoltare ragioni. Avevo a che fare con una donna tutt’altro che stupida, avrei fatto bene a tenerlo presente.
Riflettei per qualche secondo sul da farsi. Non avevo intenzione di farmi deviare dalla ricerca di Livia. Anche se avessi dovuto rimanere braccata dai cacciatori di taglie a vita, dati i nostri tempi ristretti non avrei accettato di perseguire alcuna altra missione, in quel momento. D’altra parte, ormai la mia curiosità era stata risvegliata. E cercare di capire cosa ci fosse sotto, prima di rifiutare, non solo non mi costava nulla, ma avrebbe potuto persino venire a nostro vantaggio.
 “Inverse.” Sussurrò Bastian, alle mie spalle, in tono nervoso. “Non mi fido di loro.”
Levai un sopracciglio. “Ovviamente nemmeno io.” Cercai Gourry con lo sguardo e incontrai la sua espressione distesa, ma vagamente rassegnata. Dovetti concedermi un breve sorriso: come al solito, aveva già intuito perfettamente le mie intenzioni.
“D’accordo.” Mi volsi verso i soldati. “Portateci da lei.”
“Co…?” Sentii Bastian sussultare. “Sei impazzita?” Sibilò, nel tono irritato che tanto di consueto gli avevo sentito rivolgermi.
“Non ho detto che accetterò le sue richieste. Voglio solo sentire ciò che ha da propormi.” Sussurrai di rimando. Mi volsi verso di lui e risposi alla sua espressione contrariata con sguardo determinato. “Seriamente, credi che potremmo semplicemente ignorare una cosa del genere senza indagare?”
Il cavaliere strinse le labbra, con fare esasperato, ma non replicò. Non ci voleva un genio per intuire il motivo che lo tratteneva: sapeva che, se avesse cercato di convincermi che non era prudente, gli avrei semplicemente detto di andarsene, per evitare di correre quel pericolo.
E forse sarebbe comunque la cosa più saggia da fare.
Bastian dovette leggere le mie intenzioni nel mio sguardo, perché distolse gli occhi e si affrettò a precedermi, accodandosi ai soldati. Con un sospiro, scambiai uno sguardo con Gourry, ed entrambi annuimmo, prima di seguirlo.
Erianna ci attendeva all’inizio della salita che si inerpicava verso le rovine della città vecchia. La intravidi fra gli alberi, mentre ci avvicinavamo, immobile e rigida come una statua di marmo, il corpo avvolto in un abito e in un mantello scuri e il volto seminascosto dal cappuccio sollevato. Il sentiero e le cime degli alberi attorno a lei erano ricoperti di un sottile strato di neve e il loro chiarore creava un vistoso contrasto con il nero della sua figura imponente.
La donna avanzò verso di noi, con passo fermo e postura altera. Due armati la affiancavano, e fecero per accodarsi a lei, ma la duchessa li bloccò, con un semplice gesto. Si rivolse al capo dei soldati che ci avevano condotto in quel luogo, in tono autoritario.
“Desidero rimanere sola con queste persone.” Dichiarò. “Parleremo qui, e non sarà una discussione lunga, perciò semplicemente attendetemi a valle.”
Il soldato parve interdetto. “Mia Signora… ritenete prudente che…”
“Se non lo ritenessi prudente non ve lo avrei ordinato.” Lo interruppe Erianna, seccamente. “Andate, ora. Vi raggiungerò a breve.”
I soldati obbedirono. Attesi che fossero scomparsi dietro la curva del sentiero, prima di parlare.
“Sembrate avere fretta, Signora.”
“A palazzo nessuno sa che mi trovo qui.” Replicò Erianna, semplicemente. “Quando ho ricevuto il messaggio che mi riferiva che vi trovavate nei pressi di Talit, ho inventato un malessere per poter uscire al più presto e riuscire a intercettarvi senza dover restare troppo a lungo lontana dalle mie stanze. Non mi sarei fidata a consegnare il messaggio che devo riferirti nelle mani di nessuno dei miei uomini.” Occhieggiò Bastian e si accigliò brevemente. “A ragione, vedo. Anche le persone che appaiono più fidate possono riservare delle sorprese.”
Il cavaliere abbassò lo sguardo, senza cercare in alcun modo di discolparsi. Erianna aveva già perso interesse in lui, in ogni caso. Fissò il suo sguardo su di me, intensamente.
“Immagino che i miei uomini ti abbiano riferito la mia proposta.”
“Mi hanno solo detto che siete pronta a sostenere la mia innocenza. Non mi hanno detto in cambio di cosa sareste disposta a farlo, però.” I miei occhi si strinsero. “Né perché.”
“Per l’unico motivo che in questo momento mi impedisce di farti aggredire dall’intero corpo dei miei uomini, Lina Inverse. Perché ho avuto conferma che non sei effettivamente colpevole.”
“Mi chiedo in che modo.”
Lo sguardo di Erianna mi perforò, da sotto il cappuccio. La sua pelle già normalmente chiara appariva quasi innaturalmente pallida, nel riverbero della neve.
“Nel modo più diretto e incontestabile che esista. Con una confessione da parte del vero assassino.”
Stupita, volsi un breve sguardo a Gourry. Edward Gabriev e Lord Georg avevano confessato? Mi suonava molto, troppo strano.
“Sembri sorpresa, Lina Inverse.”
Attesi qualche istante, prima di replicare. Non ero certa di quanto fosse prudente rivelare.
“Diciamo che mi ero fatta un’idea di chi potesse essere il vero assassino.” Risposi alla fine, in tono cauto. “E non si tratta di qualcuno che avrei ritenuto propenso a una confessione.”
“Non so chi avessi in mente, ma dubito che la tua deduzione fosse corretta. Io di certo sono rimasta sorpresa nello scoprire la verità.” Aggrottò la fronte. “L’assassina è Livia.”
Sussultai, inconsciamente, a quella ennesima rivelazione riguardante la figlia di Samon. La testa mi girava per tutto ciò che avevo scoperto in quei pochi giorni, ma faticavo a credere a quell’ulteriore sviluppo. Eriol mi era risultato tanto antipatico che non mi riusciva difficile pensare che avesse scatenato gli istinti omicidi di qualcuno, ma… Livia? A dispetto delle parole dei draghi, quella ragazzina non mi pareva tipo da poter uccidere qualcuno a sangue freddo…
“Comprendo la tua incredulità, ma ho una lettera scritta di suo pugno in cui confessa tutto l’accaduto.” Erianna sospirò e si poggiò all’albero vicino a cui si trovava, come per sostenersi. Improvvisamente, mi parve infinitamente stanca. Per la prima volta, da quando mi aveva sorpreso insieme al cadavere, in biblioteca, ebbi l’impressione di scorgere sul suo viso un barlume del dolore di una madre che ha appena perso il proprio figlio. “Me la ha lasciata la notte in cui è scomparsa.” Proseguì la nobile. “In altre parole, la stessa notte in cui ti ha aiutata a scappare. Io la ho trovata solo qualche giorno dopo, in effetti… era sotto il mio cuscino, ma per numerose notti dopo la morte di mio figlio, il mio letto è rimasto intonso.” La sua voce si abbassò a un sibilo. “Mi ha scritto che era terrorizzata da ciò che aveva fatto e che sarebbe fuggita da Talit dopo averti messa in salvo, servendosi di un incantesimo di levitazione. Ma ha aggiunto che pensava che io avessi il diritto di conoscere le sue colpe e mi ha chiesto espressamente di non perseguitarti per un delitto di cui non eri responsabile.” Scosse la testa. “Ero l’unica realmente interessata a rintracciarti e ucciderti, in effetti. Mio fratello poteva solo essere grato all’assassino di Eriol.”
Riflettei sulle sue parole, imponendomi di non lasciarmi condizionare dall’accenno di compassione che il suo aspetto stremato aveva iniziato a ispirarmi. Non potevamo essere certi che ci stesse raccontando la verità. Potevo anche pensare di trovarmi semplicemente di fronte a un’ottima attrice.
“Hai qui con te la lettera?” Domandai, cauta.
Erianna fissò gli occhi sui miei e scosse la testa. “E’ in un luogo sicuro, al castello. Se e quando il contenuto di quella lettera diventerà di dominio pubblico, ne seguiranno gravi conseguenze. Non sono certo disposta a cederla tanto facilmente, Lina Inverse, e non sono così stupida da portarla con me durante l’incontro con una persona che avrebbe tutte le capacità per rubarla.”
Mi accigliai. Quella risposta rapida e schietta mi fece immediatamente propendere per l’ipotesi che Erianna fosse sincera. A una analisi superficiale dei fatti sarebbe potuto apparire il contrario, dato che ci stava sostanzialmente chiedendo di crederle senza addurre nessuna prova materiale. Tuttavia, se era nei suoi progetti mentirci fin dall’inizio, mi sembrava strano che non avesse prodotto una falsa lettera, in modo da apparire più convincente. Erianna era furba, non potevo credere che semplicemente non ci avesse pensato.  
Decisi di insistere nel mio botta e risposta. “Come è avvenuta l’uccisione?” Sapevo che non era una domanda particolarmente ricca di tatto, ma non era decisamente il momento di preoccuparmi di non ferire i sentimenti della mia interlocutrice.
Erianna strinse i denti, ma non obiettò al mio tono freddo e impersonale. “E’ stato un incidente.” Spiegò. “Mia nipote si chiudeva spesso in biblioteca, per leggere i testi e per provare non so quali tipi di incantesimi. Di solito quasi mai qualcuno si recava lassù, ma ovviamente quando voi siete arrivati a palazzo le cose sono cambiate. Livia è stata sorpresa da Eriol, per caso, e si è spaventata. Ha perso il controllo dell’incantesimo che stava provando, e quello ha investito in pieno mio figlio.” Il volto di Erianna si era fatto terreo, ma la sua voce non tradiva alcun sentimento. Per un momento, quell’autocontrollo così innaturale mi ricordò quello di Bastian. Mi chiesi se non facesse parte della cultura di Elmekia, celare a quel modo i propri sentimenti. Anche mio marito, in fondo, aveva ereditato qualcosa di quell’atteggiamento, con il suo frequente fare da finto ingenuo… e con la sua capacità di mantenere per anni l’assoluto silenzio su un passato che sulla maggior parte delle persone avrebbe esercitato costantemente il suo tormento.
“Non sembri particolarmente stupita dell’accaduto.” Mi trovai a commentare.
“Non lo sono.” Replicò semplicemente Erianna. “Sapere di dover incolpare Livia mi ha shockato, ovviamente, ma il fatto che mia nipote fosse interessata alla magia e il fatto che facesse esperimenti alle nostre spalle non erano certo una novità, per me. Conosco quella ragazzina da quando è nata, e la ho osservata molto attentamente nel corso della sua crescita. E’ sempre stata irrequieta, proprio come lo ero io alla sua età: cercava altro, oltre alla vita di palazzo. E nelle storie dei bardi i racconti di magia la esaltavano come niente altro. Non ho potuto fare a meno di notare l’ammirazione che provava nei tuoi confronti, Lina Inverse… quando ho deciso di fare in modo che tu giungessi a Talit, a malapena è riuscita a non mostrare la propria eccitazione.”
“Capisco.” Annuii.
Gli occhi smeraldo di Erianna mi studiarono, attenti. “Ora conosci l’accaduto, e sai che ho il potere di provare la tua innocenza. Perciò immagino tu sia pronta a conoscere la mia richiesta.”
“Immagino… di sì.”
Erianna annuì. “Ebbene, devi sapere che sospetto di conoscere il luogo in cui si è rifugiata mia nipote.” Il suo sguardo si levò alto, verso la cima della montagna e la città bruciata che da lassù dominava la valle. “Dubito che avrebbe avuto il coraggio di avventurarsi nel regno da sola per tornare a casa, con una guerra in corso… e mi viene in mente un unico posto in cui avrebbe potuto nascondersi, qui intorno.”
Seguii il suo sguardo, e compresi che i suoi sospetti collimavano perfettamente con quanto i draghi ci avevano riferito, e con le nostre aspettative. “Parli… della città vecchia.”
“Esattamente. Livia mi ha rivolto molte domande a riguardo, da quando siamo qui. Credo avesse trovato notizie su alcuni fatti avvenuti lassù secoli fa, in qualche vecchio tomo della biblioteca.” Si accigliò. “Onestamente… non potrei nemmeno giurare che non si fosse già recata laggiù, qualche volta, prima che il clima qui diventasse così rigido. Per qualcuno che conosce un modo per volare, non può volerci più di qualche ora, per andare e tornare.”
“Perché ce lo stai rivelando?” Domandai, cominciando a presagire quale sarebbe stata la risposta.
“Perché riguarda ciò che voglio chiederti di fare, Lina Inverse.” Erianna fece un passo avanti, fino a sovrastarmi. “La mia condizione per testimoniare sulla tua innocenza è che tu mi riporti indietro mia nipote.”
Rimasi in silenzio. Fissai il suo sguardo impenetrabile, cercando di trovarvi la risposta a una domanda a cui non osavo dare voce.
“Per farle cosa, però?” Fu Gourry a chiederlo, al posto mio. “Se scagionerete Lina, dovrete incolpare Livia al suo posto.”
Bastian, vicino a me, ebbe un breve sussulto. Anche lui era giunto alla stessa conclusione che avevamo tratto io e Gourry. Se Livia fosse stata condannata a morte per il suo gesto, i draghi avrebbero ottenuto ciò che desideravano senza che io dovessi sporcarmi le mani.
Ma non era vero. Non sarei stata comunque innocente. Livia aveva ucciso un uomo in un incidente, per questo meritava davvero la morte? Consegnarla al suo boia non sarebbe stato meschino tanto quanto ucciderla con le mie stesse mani?
“Non voglio ucciderla.” Erianna risolse immediatamente il mio dilemma, con la sua dichiarazione atona. “Non sto dicendo che non debba pagare. Chiederò che venga privata di tutti i suoi privilegi ed esiliata dal regno per il resto della sua vita. Ma lotterò perché non venga condannata a morte.” Abbassò lo sguardo. “Il punto è che io la capisco… più di quanto vorrei in questo momento. So cosa significa crescere come una donna in un regno come questo. Ho osservato quell’ottuso del mio gemello essere istruito e assurgere a cariche sempre più importanti, mentre io, con la mia intelligenza e con tutte le mie ambizioni, venivo tenuta chiusa in una campana di vetro ed educata ad essere una brava regina consorte.” Il suo volto era livido, ora. “Sai perché ero ansiosa di avere proprio te qui a Talit, Lina Inverse? Perché ti ammiravo e ti invidiavo, sin da quando avevo udito di te per la prima volta. Perché tu sembri vivere libera da qualsiasi tipo di costrizione e speravo davvero saresti stata una ispirazione, per me e per mia nipote Livia.” Scoppiò in una risata amara. “E lo sei stata, a quanto pare. Se mio figlio non ci avesse rimesso la vita, avrei detto che è stato un bene, per lei.”
Un silenzio lugubre cadde sul nostro piccolo gruppo. Sentivo gli sguardi dei miei compagni di viaggio puntati sulla mia schiena, in attesa, e sentivo la mia gola stretta in un groppo misto di ansia e assurdo senso di colpa.
La nobildonna, in ogni caso, ancora una volta non perse il controllo. Il suo volto era pallido, ma nulla altro nel suo atteggiamento svelava il suo turbamento. “Sarei andata io stessa a cercare Livia.” Proseguì. “Ma, in tutta sincerità, ho paura di farlo. Ormai sono settimane che Livia si trova là. Credo che sia terrorizzata e stremata… credo che sia al limite. Se vedendomi arrivare si sentisse braccata e perdesse nuovamente il controllo…” Represse un brivido. “Ma credo che tu possa difenderti e  al contempo farla ragionare, Lina Inverse. Si fida di te, e credo che tu possa comprenderla molto più di quanto non sarei in grado di fare io, in questo momento. Non so cosa tu fossi venuta a fare, qui, con i tuoi compagni… ma io ti offro il mezzo per fare cadere le accuse su di te e ti chiedo in cambio di convincerla e farla ritornare da me. Voglio che Eriol ottenga giustizia e… voglio sapere Livia lontano da qui. La affiderò a un tempio del regno di Sailune, magari, un qualsiasi luogo in cui debba imparare a provvedere a se stessa.”
Mi morsi il labbro, incerta. “Ho… un’ultima domanda, prima di decidere il da farsi.” Dichiarai. “Voglio sapere chi vi ha riferito che ci stavamo dirigendo quaggiù.”
Le ombre del cappuccio, unite al buio della sera incombente, nascondevano parzialmente il volto di Erianna, ma ebbi l’impressione di vedere i suoi lineamenti indurirsi, a quella domanda. Esitò qualche istante, prima di rispondere. “Questa informazione non dovrà essere diffusa al di fuori del circolo di persone radunato qui ora.” Ammonì. “Mi sono rivolta alla Gilda degli Assassini di Rolan.”
Mi accigliai. Capivo bene perché non volesse che la cosa si sapesse in giro. Non era propriamente lusinghiero, per una regina consorte, avere a che fare con gente del genere.
“Perché degli assassini? Perché non dei semplici mercenari?”
“Li avevo contattati quando ancora non sapevo della tua innocenza. Quando ho trovato la lettera di Livia, ho semplicemente modificato i miei ordini e ho chiesto loro di ricostruire i tuoi movimenti e riferirmi dove ti trovavi. Ti hanno rintracciata proprio mentre eri nelle vicinanze di Talit… ma se non fosse stato così, ammetto che probabilmente avrei chiesto loro di catturarti e di portarti da me.”
Ora mi era chiaro… la Gilda di Rolan teneva effettivamente d’occhio i miei movimenti, così come lo facevano i draghi, attraverso Amelia. La predizione di Sybil, in fondo, non era stata del tutto inesatta.
 Riflettei per qualche istante, prima di prendere una risoluzione. “D’accordo.” Conclusi alla fine. “Accetto di cercare Livia.” Sentii gli sguardi stupiti dei miei compagni su di me, ma mi limitai a fingere di non vederli. Avrei spiegato loro in seguito cosa avevo in mente.
Erianna mi penetrò nuovamente con i suoi occhi cerchiati. Non ero certa che si fidasse di me, ma d’altra parte non poteva avere cognizione di alcun motivo che mi impedisse di accettare la sua offerta. Lentamente, con diffidenza, levò la mano destra. Io allungai la mia, e la strinsi. Il patto era concluso.
“Attenderò tue notizie alla capitale, Lina Inverse.” Occhieggiò Bastian. “Fammi inviare il falco di quell’uomo, se Livia scenderà dalla montagna con te. Verrò con una scorta a prendervi quaggiù.”
Non replicai nulla. Osservai Erianna mentre ci superava, imboccando la strada che avevano preso i suoi soldati qualche tempo prima. Rimasi in silenzio, finché non fui certa che fosse fuori portata d’orecchie.
“Lina…” Esordì immediatamente mio marito, non appena ci fu possibile parlare senza essere uditi. “Che significa tutto questo? Se hai accettato la richiesta di quella donna allora vuole dire che…”
“No.” Lo interruppi immediatamente. “Non ho deciso di disattendere alla richiesta dei draghi. Ho solo detto a Erianna che avrei trovato Livia… ed è ciò che intendo fare, non è così? Hai sentito Erianna, è arrivata a rivolgersi agli assassini di Rolan per trovarci… ho immaginato che fosse meglio fingere accondiscendenza per evitare di avere complicazioni. Però non ho ancora deciso cosa farò dopo aver trovato la ragazzina… per ora so solo che voglio parlare con lei e capire quanto possono essere effettivamente pericolose le conoscenze che ha accumulato.”
Lo sguardo di Gourry non mascherò la sua preoccupazione. Bastian, invece, mi fissava contrariato. Gli avevo spiegato la situazione e anche lui, come Gourry, non sembrava decisamente a favore del piano che prevedeva l’uccisione di Livia.
Non mi importa. Non mi importa di cosa pensa lui, non mi importa di cosa pensa Gourry, non mi importa della mia coscienza e della mia umanità. Se dovrò scegliere fra lei e Gourry… l’alternativa sarà solo una.
‘Hai promesso di non agire unicamente di testa tua. Hai promesso di discutere con Gourry qualsiasi scelta pericolosa.’ Mi ricordò la voce labile della mia coscienza.
Feci del mio meglio per ignorarla.
“Forse è meglio se per ora cerchiamo un luogo per accamparci.” Propose Gourry, scrutandomi con aria apprensiva. “Non è il caso di arrampicarsi sul dorso della montagna con il buio.”
Trovammo una rientranza nella roccia che offriva un parziale riparo dal vento e dal gelo dell’esterno. Non era propriamente una grotta, e non sarebbe servita a molto nel caso fosse scoppiata una tormenta, ma fortunatamente il cielo era limpido e sgombro da nubi. La mia magia fu sufficiente per fare attecchire una fiamma sulla legna umida e tutti e tre ci stringemmo attorno al fuoco per consumare un pasto silenzioso.
Dopo la cena, mi avvolsi nella coperta che portavo nella mia borsa da viaggio e mi premetti contro la parete rocciosa, per il mio turno di guardia. Nessuno di noi parlò per deciderlo, ma sapevo che poi avrei svegliato Gourry, e che il turno successivo sarebbe toccato a Bastian. Il ritmo delle nostre notti si era semplicemente assestato a quel modo.
Ero abituata a quella sintonia nelle azioni e nei pensieri con Gourry, ma a pensarci la presenza di Bastian rendeva tutto davvero strano. Ogni tanto, nei momenti in cui riuscivo a distogliere il pensiero da ciò per cui con tanta determinazione stavo lavorando, concentravo la mia attenzione sul cavaliere, e mi rendevo conto di quanto fosse bizzarra la sua presenza con noi. Avrei voluto discuterne con Gourry, eppure non ci riuscivo. A volte avrei voluto dirgli di andarsene, ma non ero in grado di comprendere se quella fosse davvero la cosa giusta da fare.
Però, quando tutta quella faccenda fosse finita, cosa sarebbe successo? Ovviamente, Gourry ed io ce ne saremmo andati per la nostra strada, dopo che lui fosse guarito (non potevo nemmeno pensare che le cose andassero diversamente), ma Bastian?
Fissai il volto sulla sua schiena, osservandolo stringersi nel suo giaciglio, a qualche passo di distanza da me. Avvertivo contro il fianco il calore del corpo di Gourry, che dormiva accanto a me, ma l’immagine di Bastian steso al di là del fuoco mi trasmetteva un senso infinito di gelo e solitudine. Provai a immaginarmi al suo posto. Provai a immaginare di perdere tutto ciò a cui tenevo. L’angoscia mi strinse con tanta forza lo stomaco da immobilizzarmi. Fissai il volto di Gourry, che anche nel sonno sembrava emanare un’aura di serenità, e provai l’impulso di stringerlo a me e gridare, o piangere… dare sfogo in qualsiasi modo al senso di impotenza che mi attorcigliava le viscere.
E invece rimasi immobile, le mani strette a pugno e tremanti.
“Lo farò io.”
Sussultai, volgendomi verso la fonte di quella voce inopportuna. Bastian si era girato nel suo giaciglio e mi stava osservando, leggendo probabilmente nel mio volto tutta la frustrazione che vi avevo lasciato trapelare, credendo di non essere vista.
Mi posi immediatamente sulla difensiva. “Dormi, Bastian.” Sibilai. “Domani ci aspetta una lunga camminata.”
“Hai capito cosa ti ho detto?” Insistette il cavaliere, ignorando la mia intimazione. “Ho detto che lo farò io. Perciò smettila di tormentarti.”
Certo che avevo capito. Avevo capito perfettamente.
La rabbia prese improvvisamente il sopravvento su qualsiasi altro sentimento.
“Non so di cosa parli.”
“Invece hai capito benissimo.” Mi scrutò, intensamente. “Tu la convincerai ad avere fiducia in noi, e poi ci penserò io a finirla. A cosa servirà, salvare lui, se il prezzo sarà perdere te stessa? Io invece non ho più niente da perdere.”
La mia furia divenne così cieca da rischiare di accecarmi. Mi trovai con forza a stringere la tunica di Gourry, e fui sorpresa che non si svegliasse al mio tocco.
“Credi che non sappia combattere da sola le mie battaglie?” Domandai, controllando a stento i sentimenti nella mia voce.
Bastian si sollevò lievemente nel suo giaciglio. “Non intendo dire questo, ma…”
“Bastian.” Sibilai, fra i denti. “Credi davvero che farebbe qualche differenza, se non fossi io a compiere materialmente quel gesto? Credi che mi sentirei meno in colpa? Credi che non mi sentirei in colpa se coinvolgessi te in tutto questo?”
Il cavaliere tacque. Per qualche istante, semplicemente, ci fissammo. Il mio stomaco era tanto stretto per la tensione che avevo voglia di vomitare.
“Come fai…?” Sibilai, spezzando il silenzio. “Come fai a dire di non avere più nulla da perdere? Sei ancora vivo, e…” Strinsi i denti e abbassai gli occhi. “Non posso crederlo. Non posso credere che provi tutto questo disprezzo per te stesso. Cosa dovrei fare io, allora? Io che vivo costantemente in bilico fra l’oscurità e la luce…”
“Una luce che non voglio che tu perda.”
Tornai a fissarlo. Mi stava guardando con un tale disperato desiderio che faticai a sostenere il suo sguardo.
“Bastian…”
“Ho l’impressione di poter vivere nel suo riflesso, almeno per un po’.” Insisté lui. “So che non potrò farlo per sempre… ma non voglio che scompaia. Anche se lasciarti, lasciarti come sei ora, forse mi distruggerà definitivamente, voglio lo stesso salvarti, Lina, perché… ho imparato dal passato. Anche a costo della mia felicità, non voglio più avere rimpianti.”
Rimasi in silenzio.
“Lasciamelo fare.” Insistette il cavaliere.
“Non cambierebbe nulla.” Riuscii a replicare. “E anche se cambiasse qualcosa, non lo vorrei. È una cosa che non ha ragione di essere, Bastian. A maggior ragione perché non è reciproca.”
“Credi che non sappia che non lo è, Inverse?” Ora il tono di voce del cavaliere tradiva irritazione. “Ma, a maggior ragione, credo di avere ogni diritto di decidere da solo per me stesso!”
“Non riguarda solo te stesso! Non riguarda per niente te stesso! Riguarda me e Gourry!”
“Allora dimmi tu cosa posso fare, dannazione!”.
Andartene. Trovare la tua pace, lontano da me. E’ già tutto abbastanza complicato, anche senza aggiungerci questo.
“Dormi. E lasciami in pace.” Replicai, invece di dare voce a quel pensiero.
Bastian emise un grugnito irritato. Si rigirò nel proprio giaciglio, dandomi le spalle, ma sapevo perfettamente che era troppo in agitazione per addormentarsi, in quel momento.
Abbassai lo sguardo su Gourry e trovai i suoi occhi azzurri aperti e attenti, fissi su di me. Non disse una parola. Le sue dita cercarono le mie e io le strinsi di rimando.
Per diverse ore, restammo così, in silenzio, stretti nel reciproco calore.  

***

“Dove pensi che potremo trovarla?”
Il palazzo malmesso della antica Talit sorgeva alto sulla neve fronteggiandoci, per l’ennesima volta. Gourry mi pose quella domanda dal mio fianco, osservandolo con aria vagamente intimidita.
Faceva più freddo del solito, quella mattina. Il cielo era sempre limpido, ma nonostante fosse ormai mezzogiorno il gelo ci stringeva da ogni lato. Le costruzioni erano pressoché sommerse dalla neve, e dal tetto del palazzo pendevano irte sculture di ghiaccio, che osservate dal basso somigliavano a un bizzarro sistema di difesa, pronto a precipitare su chiunque si fosse avvicinato incautamente alla struttura.
“Non ne ho idea, in effetti.” Risposi, stringendomi nel mantello. “L’ultima volta che siamo venuti abbiamo cercato dappertutto, all’interno del palazzo, e non la abbiamo vista.” Mi volsi verso Bastian, che se ne stava in disparte alle nostre spalle, in un cupo silenzio. “E tu avevi ispezionato il territorio qui attorno, non è così?” Domandai, in un tono che cercava di essere il più neutrale possibile. Il cavaliere si limitò ad annuire.
“Forse il palazzo racchiude qualche altra stanza segreta simile a quel laboratorio…” Ipotizzò mio marito.
Io mi morsi il labbro, incerta. “Immagino che la cosa migliore sia farci trovare da lei, in ogni caso. Non sappiamo come reagirebbe, se qualcuno le piombasse addosso all’improvviso dopo che è rimasta qui per tutto questo tempo. Finché non avrò appurato cosa esattamente ha scoperto in quel laboratorio, non intendo correre rischi.”
“E allora cosa proponi di fare?”
Presi un respiro. “Una cosa molto semplice.”
Avanzai, arrancando nella neve, fino a giungere all’ingresso principale. Spinsi avanti i portali ed entrai nell’ampio atrio da cui si accedeva alla sala del diario e alle scale per il piano superiore, lo stesso da cui Dorak doveva essere fuggito, inseguito da Bastian, la notte in cui il drago lo aveva ferito a morte.  Mi portai al centro della sala e presi un nuovo, profondo respiro.
“Livia!” Gridai, con tutta la voce che possedevo. “Se sei qui, vieni fuori! Siamo tuoi amici! Tua nonna Erianna ha creduto alla tua lettera e mi ha scagionata da ogni accusa, ma è anche molto in pena per te. Ci ha mandati qui per aiutarti!”
Mi sentii un verme, nel pronunciare quelle parole. C’era del vero in esse, ma al contempo nascondevano anche la più profonda delle bugie. Non avevo ancora idea di cosa avrei fatto, con lei, dopo averle parlato. La stavo ammansendo per stanarla.
Rimasi in attesa, ferma dov’ero. Gourry era rimasto sulla porta, e così Bastian. Il cavaliere scalpitava come un animale selvatico, ma non avvertii segni di tensione da parte di mio marito. Una buona notizia, considerato il suo istinto quasi infallibile. Se Livia era lì, da qualche parte, era ragionevole pensare che non avesse intenzioni ostili nei nostri confronti.
“Livia, ti prego! Devi fidarti di me!”
“Lina…” Mi ammonì Gourry, affiancandosi a me. In quell’esatto istante, una figura esile e pallida fece la sua apparizione sulla cima delle scale. Si reggeva alla ringhiera dello scalone, come per evitare che le gambe le facessero difetto, e mi guardava con sguardo misto di determinazione, paura e senso di colpa.
Livia.
Sembrava lievemente dimagrita dall’ultima volta in cui l’avevo incontrata, ma tutto sommato era in condizioni migliori di quanto mi fossi aspettata. I capelli erano ancora neri come mogano (avevo avuto il timore di trovarli bianchi e avere così conferma immediata delle ipotesi dei draghi), stretti in una treccia disordinata sulla nuca, e la veste e il mantello bianchi che indossava erano consunti, ma puliti. Solo, era pallida, forse ancora più di Erianna. E pareva faticare a trovare la volontà di mettere un piede di fronte all’altro.
“Avete l’ordine… di uccidermi?” Domandò, con un sangue freddo che mi lasciò lievemente spiazzata. Anche lei era figlia della nobiltà di Elmekia, dopo tutto.
“No.” Mi affrettai a rispondere. Feci un passo avanti, fermandomi alla base delle scale. “Livia, tua nonna non ti odia per quello che è successo… vuole solo assicurarsi che tu stia bene e che tu torni a casa. Chiederà che tu venga allontanata da palazzo, per quello che hai fatto, ma è perfettamente consapevole che è stato un incidente.”
Livia si morse il labbro. “Mi… mi dispiace.” Dichiarò, in tono flebile. “Avrei voluto dirvi la verità… davvero, avrei voluto dirvela, quando vi ho liberata, ma ho avuto paura. Mi sono accorta che odiavate il Lord Gabriev, e quindi mi sono inventata quella storia, in modo da avere una scusa per il fatto che vi stavo aiutando. E dicendovi che il colpevole era Lord Georg ero certa che non avreste cercato di accusarlo formalmente, perché nessuno vi avrebbe dato credito, contro di lui…”
Salii lentamente le scale, avvicinandomi a lei. “E poi sei scappata qua.” Aggiunsi, in tono gentile.
Livia annuì. “All’inizio volevo chiedervi di portarmi con voi… a casa, da mio padre. Ma sapevo che sareste stata braccata, a maggior ragione perché dopo la mia fuga vi avrebbero probabilmente incolpata anche del mio rapimento… e io vi avrei rallentata, e avrei solo fatto sì che corressimo il rischio di essere catturate di nuovo entrambe. Allora sono venuta qua. Ho pensato che se avessi passato l’inverno nascosta qui, studiando i libri che avevo raccolto, una volta giunta la bella stagione forse avrei avuto le capacità per partire da sola… per tornare a casa, o per andarmene da qui, se mio padre avrà la peggio nella guerra. Io… non voglio sposare quel Derek, né rimanere sotto il controllo di Lord Georg per il resto della mia vita. Voglio andarmene di qui.”
La raggiunsi e, cautamente, le posi una mano sulla spalla. Le sue parole, il fatto che avesse dedicato il tempo trascorso lassù allo studio, mi ponevano inevitabilmente in allarme. Cosa aveva già imparato? I draghi avevano detto che non erano stati in grado di accedere al laboratorio, ma noi indubbiamente lo avevamo trovato aperto. Aveva a che fare con il potere di Lord of Nightmares? Livia era riuscita ad aprire il diario senza essere colpita dalla maledizione e ne aveva appreso qualche tecnica pericolosa? “E come sei sopravvissuta, qui, tutta sola?” Domandai, cercando di mantenere il mio tono di voce il più rassicurante possibile.
“Ero già venuta qui.” Spiegò Livia. “Prima ancora di essere portata via da casa, avevo imparato la Levitazione… uno degli incantesimi più semplici. Avevo letto storie strane sulla vecchia Talit e mio padre mi aveva parlato di un vecchio erede che qui conduceva esperimenti di magia…  ero curiosa. Perciò una notte sono fuggita dalla mia finestra e sono arrivata fin qua. È stato allora che ho trovato il laboratorio sottoterra… e lì dentro, il diario.” A quelle parole, Livia rivolse a Gourry un’occhiata colma di rimorso. “Dato che questa casa era così piena di libri interessanti, ho cominciato a venire qui ogni volta che a Talit mia nonna e Lord Georg allentavano il loro controllo su di me, lasciandomi sola in camera. Mettevo semplicemente a dormire con un incantesimo la cameriera incaricata di sorvegliarmi, e volavo fin qui portando candele, coperte, cibo, o qualsiasi altra cosa che riuscissi a rubare e che mi rendesse possibile sopravvivere quassù. Avevo già in mente di fuggire definitivamente a un certo punto, sapete.” Sospirò e abbassò lo sguardo. “Quello che è successo, però ha accelerato le cose.”
Il discorso filava. Una cosa non mi era chiara, però. Se il diario si era trovato dentro al laboratorio, allora Livia non poteva averlo usato per entrare la prima volta… se era così, però, allora come…?
“E… non hai avuto problemi a entrare nel laboratorio?” Chiesi, in tono neutro.
Livia mi scrutò curiosa. “No, con la levitazione no… il condotto è ricoperto di muschio, ma con la magia non è stato necessario che mi arrampicassi…”
Era così, dunque.
“Livia…” Mi appellai a lei, nuovamente, mentre una ipotesi prendeva velocemente forma nella mia mente. “Dove ti trovavi quando siamo venuti qui la volta scorsa? Perché tu ci hai visti, anche se noi non ci siamo accorti di te, non è così?”
La principessa arrossì lievemente. “Mi… mi spiace di non essermi fatta vedere, ma non sapevo se steste cercando me, e che intenzioni aveste. Ero nascosta proprio nel laboratorio. Durante la notte, quando voi siete caduta dal camino laggiù, io stavo semplicemente dormendo in uno degli angoli della sala… mi avreste sicuramente notata, se non foste corsa immediatamente di sopra al richiamo di vostro marito.” Fissò nuovamente Gourry, con evidente disagio. “Quando siete tornata la mattina successiva, insieme all’altra Signora, mi ero nascosta in una nicchia interna alla parete. Ce ne sono almeno quattro o cinque, vedete, delle specie di sgabuzzini in cui sono custoditi materiali da esperimento e alcuni volumi.” Scosse la testa, mortificata. “Se foste stata sola forse avrei trovato il coraggio di farmi avanti, ma la presenza di una sconosciuta mi ha innervosita, e alla fine sono rimasta dov’ero.”
Perciò, in entrambi i casi in cui noi eravamo stati in grado di entrare nel laboratorio, c’era già stata Livia, all’interno. Questo, in effetti, poteva spiegare molte cose.
Sapevo che esistevano degli incantesimi di sigillo a cui era possibile imporre delle limitazioni… ad esempio, versando un tributo di sangue si poteva fare in modo che l’accesso a un luogo fosse vietato a chiunque non condividesse legami di sangue con la persona che aveva imposto il sigillo stesso. Era possibile che il motivo per cui Livia era riuscita ad aprire il laboratorio e, a quanto pareva, a maneggiare il diario senza risentire della maledizione, fosse il fatto che era discendente dell’uomo che aveva imposto la magia su quel luogo. Forse, Amelia ed io eravamo riuscite ad entrare nel laboratorio solo perché in quel momento Livia era presente, e non aveva voluto fare nulla per impedircelo.
“Anche quando il Signore, Sir Gabriev, è venuto qui da solo io ero presente.” Livia occhieggiò nuovamente mio marito, gli occhi vitrei di senso di colpa. “Lo ho seguito nella sala, dove avevo abbandonato il diario quella mattina, e lo ho visto mentre si avvicinava e lo toccava… ma non avrei mai immaginato che avrebbe scatenato quella reazione, in lui. Ha iniziato ad agitarsi e gridare come se provasse un dolore insopportabile. Solo a posteriori ho capito che era stato proprio il diario a fargli questo. ‘Il sapere ha un prezzo’ è la frase incisa sulla prima pagina… non avevo mai capito cosa intendesse dire, prima di vedere quanto leggere quel diario potesse essere pericoloso…”
Sentii Gourry trattenere il respiro, alle mie spalle. “Quindi eri tu… eri tu la figura dorata che ho visto alle mie spalle.”
Livia si morse il labbro. “Ero lì, ma non so se abbiate visto me, o se piuttosto non siate stato vittima di una qualche allucinazione, Signore. Di certo stavate delirando. Avete indietreggiato fino alla finestra, come non accorgendovi del vuoto che si avvicinava, e il balcone pericolante vi è crollato sotto i piedi.” Livia sospirò. “Fortunatamente vi ho afferrato in tempo. Non sapevo come fare, perché voi avevate perso i sensi e io non potevo correre il rischio di riportarvi fino a Talit… perciò vi ho trasportato a valle e vi ho lasciato non molto lontano dalla città, sperando che vi trovassero. Non sembravate in pericolo di vita, in ogni caso, anche se avevate quell’orribile segno sulla mano…”
“E da allora non hai più avuto il coraggio di toccare il diario.” Intervenni io, in tono quieto.
Livia annuì, mestamente. “Lo ho abbandonato dov’era, nella sala vicino al camino, senza più avvicinarmi… ho smesso di leggere anche molti dei testi nel laboratorio, per la verità… era già la seconda volta che la magia aveva effetti che non mi ero aspettata.” Sospirò. “Ormai ho ben capito che non si tratta di qualcosa con cui scherzare.”
Mi accigliai, a quelle parole. Mi portavano direttamente alla domanda che più temevo di porle. “Ma cosa c’è in quei testi e in quel diario, Livia? Si tratta di qualcosa di effettivamente pericoloso?”
Livia mi fissò, con fare spaesato. “Io… non saprei dirvelo, mia Signora. Alcuni parlano di incantesimi semplici, incantesimi che anche io so fare… altri, però trattano di cose assolutamente incomprensibili. Quel diario, ad esempio… non fa che citare gerarchie di esseri superiori, che io non riesco a capire granché. Prima di venire qui sapevo dei Signori dei Demoni, ma credevo che gli incantesimi si appellassero principalmente alle forze della natura, e invece… i vostri poteri derivano da una fonte del tutto differente, non è così, Signora Lina?”
La fissai, a quella domanda, senza replicare nulla.
Ero un’idiota. Una perfetta, spettacolare idiota.
Come avevo potuto credere che Livia fosse in grado di maneggiare il potere di Lord of Nightmares? Io ero stata ancora più giovane di lei quando avevo imparato a gestirlo, certo… ma io avevo studiato i fondamenti della magia sin da quando ero stata una bambina in possesso dei primi rudimenti di lettura e scrittura.
Livia era stata cresciuta nella bambagia per tutta la sua infanzia… le uniche informazioni che aveva avuto sulla magia erano state le storie dei bardi, e probabilmente qualche manuale base di incantesimi di tipo sciamanico che era riuscita a procurarsi anche in un regno come Elmekia. Probabilmente non aveva idea precisa nemmeno di chi fosse Shabranigdu, come potevo pensare che da autodidatta, in poche settimane, potesse avere imparato a padroneggiare un potere come quello di Lord of Nightmares?
Ma soprattutto, realisticamente, come avevano potuto crederlo i draghi neri?
Fu allora che capii. E quella comprensione mi riempì di sollievo, per un istante… prima di colmarmi di una rabbia incontrollata.
“Lina?”
Mi chiamò Gourry, in tono preoccupato. Solo guardandomi in volto, doveva avere compreso che qualcosa era cambiato. Di certo ero sbiancata, perché mi pareva di non avere più un litro di sangue in corpo. E le mie mani tremavano senza controllo.
“Capisco.” Dichiarai, rivolta a Livia, cercando di mantenere neutro il tono della mia voce.
“Signora?” La ragazzina sembrava spaventata, ora. Il mio mutamento di espressione non doveva essere evidente solo per mio marito.
“Ti riporteremo a valle, da tua nonna.” Dichiarai, con tutto l’autocontrollo di cui fui capace. “Immediatamente. E’ necessario che ci muoviamo al più presto di qui.”
Volsi le spalle e feci per imboccare la porta, ma venni bloccata dalla presa di Bastian, stretta attorno al mio braccio. “Lina. Che diavolo significa? Tu non volevi…?”
“I piani sono cambiati.” Mi limitai a sibilare. “Ci limiteremo a portare Livia in salvo.”
“Ch… che succede?” Sentii Livia avanzare verso di me, dalle mie spalle. “Signora, non capisco…”
“Va tutto bene.” Intervenne Gourry. Mi volsi, e lo vidi avanzare e poggiare una mano sulla spalla di Livia. “Devi fidarti di noi.” Le sussurrò, nel suo tono più gentile e rassicurante. “Non puoi rimanere qui da sola fino alla fine dell’inverno, finirai per impazzire. Vedrai che tua nonna troverà il modo di metterti in salvo.” Livia tentennò per qualche istante, ma la pacatezza di mio marito parve infine convincerla. Abbassò lo sguardo, e annuì debolmente. Io lanciai un’occhiata di gratitudine a Gourry, che ancora una volta aveva compreso le mie mutate intenzioni senza che avessi bisogno di spiegargliele. Mio marito mi rispose con uno sguardo dubbioso e preoccupato. Sapevo che non comprendeva le mie motivazioni, ma non potevo spiegargliele, in quel momento. La mia mente era un ammasso confuso di ansia e terribili sospetti.
“Bastian, manda un messaggio a Erianna con il tuo falco, per favore.” Chiesi, liberandomi con un gesto meccanico dalla sua stretta. “Dovrà raggiungerci alla base della montagna, stasera stessa. Non abbiamo tempo di fermarci a Talit” Levai lo sguardo oltre la porta, occhieggiando gli edifici scuri, sepolti dalla neve candida. “Livia, tu vieni un momento con me.”
La principessa deglutì, ma si fece avanti verso di me. Io la superai e mi diressi verso l’interno del palazzo, lungo lo scalone e al piano superiore. Mentre Bastian usciva per richiamare il suo falco, la giovane e Gourry mi si accodarono. Mio marito continuava ad apparire perplesso e preoccupato.
Raggiunsi la camera da letto da cui si accedeva al laboratorio, e feci cenno a Livia di precedermi nel passaggio dentro il camino.
Gourry mi pose una mano sulla spalla, per bloccarmi. “Lina.” Mi chiamò, perplesso. “Che cosa hai in mente? Non vorrai metterti a consultare quei testi proprio ora…”
Scossi la testa. “Quei testi hanno già causato abbastanza problemi.” Mi rivolsi a Livia. “Livia, voglio che tu ora faccia una cosa per me. Io non credo di poter agire in alcun modo contro quel laboratorio, per via dell’incantesimo di protezione che lo copre. Ma tu probabilmente puoi. Voglio che tu lanci un incantesimo di fuoco all’interno della sala. Il più forte che conosci. Voglio che tu desideri intensamente che il contenuto di questa stanza vada in fumo.”
Gourry mi fissò, sorpreso. “Vuoi distruggerlo?”
“Così nessun antico potere potrà più svegliarsi a Talit. E così questo laboratorio non potrà più essere usato come uno strumento di accusa contro di me.”
Gourry tacque. Sembrava ancora preoccupato, ma pareva anche comprendere le mie motivazioni. Strinsi brevemente la sua mano, ancora contro la mia spalla, quindi mi liberai e seguii Livia lungo lo scivoloso passaggio.
La osservai mentre eseguiva i miei ordini, evitando di posare gli occhi sul laboratorio. Livia sembrava piuttosto sollevata dal compito che le avevo assegnato, in effetti. Come se bruciare il laboratorio significasse per lei liberarsi di parte del peso che incombeva sulle sue spalle.  
I miei sentimenti erano più contrastanti. Non potevo dire di non essere curiosa riguardo alla sapienza contenuta fra le pagine che avevo dato ordine di distruggere. A dispetto di tutto, a dispetto di ogni rischio che avevo corso in passato a causa del potere di Lord of Nightmares, l’ambizione, la sete di potere e di conoscenza erano lati di me che non si sarebbero mai sopiti.
Ma non ero più la ragazzina sconsiderata di tredici anni, che credendo di non avere nulla da perdere aveva elaborato un incantesimo pericoloso e difficile da controllare per qualsiasi essere umano. Dopo Fibrizo, dopo tutto quello che avevo passato da quando avevo incontrato Gourry, avevo ormai compreso di avere qualcosa da proteggere, qualcosa che valeva più di qualsiasi curiosità soddisfatta: la mia mente, la mia vita e la vita delle persone che mi erano care.  
Risalii il passaggio insieme a Livia, quando le fiamme attecchirono, per fuggire al caldo soffocante e al fumo. Attesi che il fuoco avesse compiuto il suo dovere, quindi dall’alto lo estinsi, con la magia, prima che potesse diffondersi.
Quando tutto fu finito, con un respiro mi volsi verso Gourry e contemplai il suo viso, in cerca di coraggio.
“E ora torniamo.” Dichiarai, ferma. “Alle steppe.”   
  
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