Accanto a me
Era stata svegliata da qualcosa.
Si girò nel letto, suo marito,
accanto a lei, respirava pesantemente, il raffreddore doveva essere peggiorato
durante la notte.
Tese l’orecchio ad eventuali rumori,
era stato forse il cane dei vicini a svegliarla? Oppure un camion passato
rumorosamente nella strada sotto le loro finestre?
Cercò di ricordare cosa avesse
turbato il suo sonno, ma il ricordo era… impreciso, avvolto nella nebbia,
ricordava solo una vaga inquietudine, qualcosa che le aveva fatto spalancare
gli occhi nel buio e battere per alcuni secondi il cuore troppo velocemente.
Forse era stato solo un sogno.
Si alzò, infilò le pantofole rosa che
le aveva regalato a San Valentino suo marito, per scherzare, prima di
consegnarle una confezione con le iniziali della gioielleria, e si diresse in
bagno. Il respiro di lui ora conteneva un sibilo preoccupante. L’indomani
avrebbe dovuto insistere per farlo andare dal medico.
Accese la luce e si osservò allo
specchio, o almeno osservò il suo contorno sfumato, non aveva indossato gli
occhiali ed era, come amava prenderla in giro suo marito, una talpa senza di
essi. Un’adorabile talpa, aggiungeva sempre, baciandole il naso.
Fece pipì, poi prese un bicchiere e
bevve un po’ d’acqua. Malgrado la notte fosse silenziosa e calma, non riusciva
a scacciare quel senso di apprensione che l’aveva svegliata.
Tornò nel letto e pensò di svegliare
suo marito, forse era sciocco quello che provava, ma lui non l’avrebbe presa in
giro, lui l’avrebbe stretta e lei si sarebbe addormentata con le sue forti
braccia attorno e nel naso il suo odore.
Sbatté le palpebre, quel pensiero, in
qualche modo, si era attaccato alla sua inquietudine creando un sussulto dentro
di lei.
Allungò la mano verso la forma
addormentata, si era girato mentre lei era nel bagno, il suo respiro era un
poco migliorato, anche se persisteva un sibilo… strano.
Allungò la mano e si fermò a metà
movimento.
“Va tutto bene?” La sua voce roca
spezzò il silenzio e lei sobbalzò, mentre veniva avvolta da un senso di
sollievo.
“Ti ho svegliato? Scusami.”
La figura si voltò verso di lei, nel
buio e senza occhiali, riusciva a vedere ben poco, ma era la sua voce, era lui.
“Un incubo?” Chiese, come si chiede
ai bambini e lei sorrise, sentendosi sciocca.
“Non lo so.” Ammise. “Ma ora va
meglio.”
“Bene.” Affermò lui.
“Vuoi che ti metto un po’ di crema?
Mi sembra che il tuo respiro sia peggiorato.”
“No, magari domani.”
“Sarebbe meglio…” Tentò di insistere
lei.
“Vieni qua.” Chiese però lui e lei si
ritrovò a sorridere di nuovo, mentre le sue braccia l’avvolgevano. Rabbrividì, quelle
braccia erano fredde, doveva essersi scoperto. Ecco perché il suo raffreddore
era peggiorato.
“Va tutto bene?” Chiese di nuovo e a
lei sembrò… ripetitivo, vuoto… si stava addormentando di nuovo, era solo
quello. Chiuse gli occhi.
“Sì.” Mentì. Perché l’ansia era
tornata, questa volta decisamente più forte.
Cosa le stava succedendo? Doveva
smetterla.
“Bene.” Di nuovo un’onda di panico.
Le sue braccia la stringevano eppure erano così fredde… “Dormi.” Chiese lui e
lei chiuse gli occhi, era stato così perentorio, non era riuscita ad impedirsi
di obbedire.
Il panico la riscosse con violenza e
lei si sottrasse alla sua presa. Rise di sé, è mio marito, è mio marito,
ripeteva la sua mente, mentre lei usciva dal letto.
“Va tutto bene?” Chiese la voce ed
era sempre meno come la sua, sempre più fredda, sempre più roca.
Afferrò gli occhiali e accese la
luce.
Non era suo marito.
Quello fu l’ultimo pensiero che ebbe
la sua mente sana. Poi ci fu solo follia.