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Un desiderio sulla pelle
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Passo il kleenex
disinfettante sulla pelle del divano, poi
spiego il fazzoletto di stoffa e lo appoggio prima di sedermi sopra.
Ho diciotto
anni, soffro di mania compulsiva ossessiva e sto
aspettando il mio turno nell’anticamera della psicologa della
scuola. Oggi è in
ritardo, così tiro fuori il tablet e leggo.
Odio i germi, i
batteri e tutto ciò che può provocare
un’infezione. Questa mania è comparsa quattro anni
fa, quando è morto mio padre,
e ora, secondo mia madre, è diventata ingestibile. Ho
cominciato a venire dalla
dottoressa quando ho iniziato a toccare tutto con i guanti di lattice.
Mentre aspetto,
la porta si apre ed entra un ragazzo. Alzo lo
sguardo e noto che il corridoio è pieno di gente: qualcuno
guarda dentro la
stanza e io mi irrigidisco quando vedo un dito indicarmi e sento una
risatina. “La
Craton si fa curare!”
Sospiro.
Per tutti sono
pazza o strana. Di solito tutte e due. Tutti
mi evitano ma non m’interessa. Ne ho parlato con la
dottoressa quando hanno
iniziato a deridermi chiedendomi se fossi ancora vergine o se avessi
mai
baciato un ragazzo.
È
stato lì che lei ha detto quella frase: “L’unica carne che conosco è
quella che mi
sento addosso”. Io ho annuito, sentendomi meno in
difetto. Detto così sembra
nobile invece di essere strano. In fin dei conti non sono fatti
di nessuno se sono vergine o non ho mai baciato nessuno; solo miei.
“Ciao”
mi saluta il ragazzo che è appena entrato, sedendosi
sul divano opposto al mio. Lo ricambio e torno a leggere, ma sento il
suo
sguardo addosso e non riesco a concentrarmi. Quando torno a guardarlo
lui ha
ancora gli occhi su di me.
“Leggi?”
mi chiede.
Annuisco, un
po’ infastidita, mostrando il display: non è
come avere un libro cartaceo, dove il titolo fa bella mostra di
sé in copertina
ma dove si ammucchiano microbi e batteri. Il mio display è
anonimo ma si può
pulire con un kleenex. Così rispondo:
“Dracula”, sperando che mi lasci in pace.
Ma lui sorride e
viene a sedersi vicino a me, sul divano. M’irrigidisco:
di solito nessuno si avvicina a me.
Mi racconta di
averlo letto e i suoi occhi si illuminano: ora
sembra strano lui. Mi chiedo perché sia qui.
“Scusami:
io sono José. Tu sei Jenny, giusto?” dice.
Annuisco mentre
osservo la sua mano tesa verso di me: posso
toccarla tranquillamente, indosso i miei guanti di lattice. A lui non
pare
strano e io gliela stringo mentre mi confida che facciamo chimica
insieme. Oh.
Io non me ne sono accorta: quasi mi vergogno.
Parliamo mentre
aspettiamo e scopro che è simpatico e che
abbiamo cose in comune. Perdo il senso del tempo e non mi chiedo cosa
avrà
toccato prima di entrare o cose così, semplicemente
chiacchieriamo.
Mi accorgo che
ha un ciglio sulla guancia e cerco di prenderlo:
papà diceva che ognuno di essi nasconde un desiderio e non
va sprecato. Con il
guanto, però, non ci riesco: così, senza
accorgermene, lo sfilo e prendo il
ciglio sulla punta dell’indice, mostrandoglielo.
Quando me ne
rendo conto, arrossisco: ho toccato un ragazzo!
Senza i guanti!
Josè
deve accorgersi del mio imbarazzo perché mi sorride:
è
il sorriso più sincero che abbia mai visto.
“Esprimi
un desiderio” dico e lui soffia.
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***Eccomi per un'altra Challenge!!! Anche questa volta è stato un parto 😅