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Autore: EleWar    03/11/2019    11 recensioni
Ed eccoci ad Halloween, la notte più horror dell'anno, ma anche quella in cui si possono fare strani incontri.
Genere: Commedia, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Un po’ in ritardo sul calendario, eccomi con questa mia nuova fic, ambientata nella notte di Halloween. In realtà l’ho scritta proprio quel giorno, ma per ovvi motivi, non sono riuscita a caricarla prima di oggi. Spero che vi piaccia ^_^
Colgo l’occasione per ringraziare la mia “spalla” e cioè la fantastica Briz65 che è la mia lettrice beta, nonché “revisora dei testi” :-D E visto che fa sempre così tanto poco per me, mi ha anche omaggiato della bellissima fan art che vedrete alla fine.
Detto questo, bando alle ciance e…buona lettura, questa ve la dedico, con affetto <3
Eleonora




E SE UNA NOTTE AD HALLOWEEN…
 
 
“Kaori, che muso lungo che hai! Cos’altro ha combinato quell’idiota di Saeba?” chiese Miki alla sua migliore amica che, già da un po’, continuava a mescolare il suo caffè ormai freddo. A quella domanda la ragazza si riscosse:
“Eh? Dici Ryo? No, stavolta non ha fatto niente…” e concluse con un filo di voce “… come al solito”.
La bella barista non diede peso a quella risposta distratta.
Vedeva che la sweeper era di pessimo umore, ma per una volta non se la sentì di tartassarla di domande per sapere cosa l’impensierisse così tanto; se avesse forzato la mano, la ragazza si sarebbe chiusa a riccio o avrebbe dissimulato alla sua maniera, in preda all’imbarazzo. Per tirarla su di morale, quindi, proruppe con:
“Senti, fra due giorni è la festa di Halloween: che ne dici di organizzare un party qui al Cat’s eye?” e nel dirlo batté le mani entusiasta. Tutto quel brio richiamò l’attenzione di Kaori che, più preoccupata che interessata, rispose:
“Ma no dai, che c’entra una festa occidentale qui da noi? E poi con tutti quei mostri, quei fantasmi che girano per le strade… lo sai che queste cose mi spaventano a morte”.
“Che stai dicendo? Quelli sono solo travestimenti, ti pare che veramente i morti ritornano sulla terra a spaventare i vivi?” e scoppiò a ridere divertita.
“Sarà, ma a me questa festa non piace… è così macabra!”
“E dai! Ti prego ti prego ti prego! Sei la mia migliore amica, nonché la mia testimone di nozze…” e inconsapevolmente toccò un tasto dolente: il suo matrimonio.
Quel giorno, dopo la sparatoria, l’attacco dell’armata del generale Kreutz, il rapimento e, soprattutto, la confessione di Ryo nella radura, Kaori era convinta che le cose fra lei e il suo amato socio, si fossero finalmente chiarite, e che potessero iniziare una nuova vita insieme, vivere come una vera coppia a tutti gli effetti. Ma non era andata propriamente così.
Una volta tornati a casa, dopo lo scampato pericolo, si erano come congelati; avevano ripreso le solite abitudini: il lavoro, le martellate ad un Ryo perennemente in fregola per ogni bella donna incontrata, le litigate.
E non avevano più affrontato il discorso dei loro sentimenti né, tantomeno, avevano fatto passi avanti in quel senso. Erano ancora fermi ai blocchi di partenza e, al posto delle effusioni amorose, fra di loro scorrevano a fiumi l’imbarazzo e la ritrosia. Insomma un vero e proprio disastro.
 
Kaori sospirò rumorosamente.
Quel giorno era particolarmente demoralizzata: il lavoro scarseggiava già da un po’, e la noia e il tedio non facevano che acuire quel senso di scontento e frustrazione che la ragazza provava, ogni volta che si fermava a pensare al suo rapporto con Ryo.
Non aveva voglia di festeggiare, meno che meno una festa horror come quella, lei che era terrorizzata da tutto ciò che fosse soprannaturale o presunto tale.
Ma sapeva anche che la sua amica ex-mercenaria era di una testardaggine unica, e che prima o poi riusciva sempre ad ottenere ciò che voleva: prova ne era il fatto che fosse riuscita a farsi sposare dal suo Umibozu.
Sospirò ancora.
Era in trappola.
Inoltre pensò che Ryo non si sarebbe fatto sfuggire la possibilità di fare il maniaco ancora una volta, insidiando le sue amiche, Miki compresa, e non voleva passare la serata a farsi rodere dalla gelosia scagliandogli martelli portentosi.
Figurarsi poi, se avesse detto al suo socio che non voleva andare, o che avrebbe preferito passare la serata da sola con lui, se lui avrebbe rifiutato l’invito di Miki e accettato il suo!
Ultimamente sembrava voler fuggire da lei ancora di più.
Alzò lo sguardo, e vide una Miki raggiante al solo pensiero di organizzare la festa; era sempre così da un mese a questa parte, da dopo il matrimonio; la vita matrimoniale l’aveva cambiata, stava vivendo la sua personale favola. E considerando che proprio il giorno delle nozze le avevano sparato rischiando così di essere uccisa, Kaori non se la sentì di fare la guastafeste e seppur a malincuore accettò.
Miki fece un salto e l’abbracciò fortissimo, fino a stritolarla, e alla fine Kaori scoppiò a ridere di cuore: il primo sorriso della giornata.
 
 
 
Venne il 31 ottobre, e già dal mattino Ryo non stava più nella pelle: non faceva che ripetere che con il suo costume sarebbe stato irresistibile, ed ogni donna sarebbe caduta ai suoi piedi. Quella era la serata ideale per un mokkori-party, e già pregustava la sfilata di donne in costumi sexy: sexy vampire, sexy zombie, sexy streghe. Tutte sexy! E non faceva che sbavare.
Kaori al contrario, pur essendosi adeguata al clima della festa ed aver cucinato tutto il giorno per preparare il buffet, covava dentro di sé una strana tristezza, una malinconia, che cercava di nascondere come meglio poteva. Uno stato d’animo che però non era sfuggito a Ryo, sempre molto attento alle variazioni d’umore della sua amata socia, e se ne era impensierito; nonostante quel suo esagerato teatrino, era preoccupato per lei, vedeva che quella loro situazione la stava facendo soffrire, ma non sapeva come porvi rimedio.
Ancora una volta sperò che il tempo avrebbe sistemato tutto, e che le cose si sarebbero risolte da sé.
 
Quel giorno il clima era uggioso e nebbioso, la tipica giornata autunnale, ma questo non aveva scoraggiato i festaioli che si erano già riversati in strada con i costumi più strani, e anzi dava quel tocco in più, alla festa horror per antonomasia.
Ryo era già sceso in salotto con il suo elegantissimo costume da conte Dracula. Quel lungo mantello nero foderato di rosso e quel nerissimo frac, esaltavano la sua naturale prestanza fisica, e un leggero strato di cerone, che si era applicato sul viso per darsi un’aria emaciata, e quei finti canini, non rovinavano l’immagine che dava di sé. Impaziente girava per la stanza, aspettando Kaori che si era chiusa in bagno ore fa, come diceva lui, e che non si decideva a scendere.
Spazientito la chiamò:
“Ehi Kaori, sbrigati! O ci perderemo tutta la festa!”
“Non scocciarmi! Mentre io finivo di cucinare, tu hai avuto tutto il tempo di prepararti. Ora tocca a te aspettare, e comunque non inizieranno la festa senza le pietanze che ho cucinato!”
Il socio avrebbe voluto ribattere che il suo cibo avrebbe rovinato la festa, giusto per sfotterla un po’ come d’abitudine – anche se lui, al contrario, amava la sua cucina, ma questo non lo avrebbe ammesso mai – però non lo fece. Non rinunciò tuttavia a lanciarle la sua solita frecciatina e cioè:
“Su avanti, non starti tanto a truccare, tanto sei da spavento tutto l’anno, oggi avresti potuto venire così come sei!”
Sentì uno schianto, segno che la ragazza aveva chiuso a forza l’anta dell’armadio; Ryo sorrise fra sé: almeno questo l’aveva spronata a fare presto.
Ma quando si voltò a guardare in cima alle scale, da dove si aspettava di vedere arrivare la sua furia preferita, rimase senza parole.
Davanti a lui, mani sui fianchi, c’era la versione più sexy che avesse mai visto di una vampiressa. Una gonna di seta nera, cortissima, su calze a rete dello stesso colore, contenevano a stento quelle gambe chilometriche che finivano in un paio di décolleté di pelle lucida, sempre nere, dal tacco vertiginoso. Ryo risalì con lo sguardo e s’incantò a fissare il bustino nero di Kaori che le strizzava il seno esaltandolo; sopra il bustino un giubbetto nero di pelle, con tanto di borchie, con il collo rialzato, completavano la mise.
Deglutì a fatica.
Infine si concentrò sul viso della socia: era comprensibilmente furiosa, e nonostante avesse usato anche lei il cerone per sbiancarsi la carnagione, il rossore che aveva acceso le sue gote, s’intravedeva lo stesso. Il rossetto rosso scintillava, su quella bocca stretta dallo sdegno, e calamitava il suo sguardo accendendone il desiderio; mentre i capelli, pettinati tutti sparati e modellati con il gel, effetto bagnato, sembravano rosseggiare più del solito.
Nonostante in quel momento avrebbe potuto ricevere la martellata più potente del secolo, non gli importava minimamente, perché a quello spettacolo che gli si presentava davanti, non avrebbe rinunciato per tutto l’oro del mondo. Anzi, non si sarebbe spostato nemmeno se l’avesse investito un treno in corsa.
 
La ragazza stava per partire in quarta, già aveva alzato un braccio e magicamente fatto materializzare un martello, anch’esso tutto nero laccato con la scritta “100 t per una zucca vuota”, quando rinunciò di colpo ai suoi propositi di vendetta: l’amato socio era visibilmente turbato dalla sua apparizione, e questa volta non faceva niente per nasconderlo.
I suoi occhi scintillavano di desiderio, e qualcos’altro che non riusciva a decifrare, e, pur temendo l’ennesima presa in giro, si decise ad avanzare verso di lui disarmata. Scese lentamente le scale, più per fare ordine nei suoi pensieri, che per una mossa studiata di seduzione, ma lui non le staccava gli occhi di dosso, non si perdeva il pur minimo movimento, e poco prima che raggiungesse l’ultimo scalino, le si fece incontro e le porse la mano, in modo galante, per aiutarla a scendere.
Kaori aveva il cuore in tempesta e, evaporata la rabbia, si ritrovò titubante e in preda ad una forte emozione.
Una parte di lei cercava di metterla in guardia da possibili derisioni o colpi bassi da parte del socio, ma un’altra la spingeva a fidarsi, a sfoggiare una sicurezza che non provava e, soprattutto, a non voler nascondere la sua femminilità e tutto il suo potere di seduzione che, stranamente, vedeva dare i suoi primi effetti.
Lui era indubbiamente soggiogato da quella donna magnifica, che in quel momento rappresentava la tentazione fatta persona; dentro di sé pensò che, pur amando la Kaori acqua e sapone, non disdegnava di certo questa versione super sexy di colei di cui era profondamente innamorato.
Lei non smetteva mai di sorprenderlo piacevolmente, e si sentì fortunato ad averla al suo fianco.
Per un attimo un pensiero guizzò nella sua testa in subbuglio: alla festa tutti l’avrebbero guardata e desiderata… ma lei era sua, e non avrebbe permesso a nessuno di toccarla.
Scacciò quel pensiero molesto e si concentrò sul presente.
Notò che la mano della socia era fredda e tremante; la strinse appena un po’ di più, per darle calore e sicurezza, e poi le disse:
“Direi che il tuo costume è azzeccatissimo. Accanto al conte Dracula, una bellissima vampiressa” e le regalò uno sguardo da seduttore, come mai le aveva indirizzato.
Kaori si sentì percorsa da un brivido caldo inatteso, e arrossì, stavolta di piacere.
Lui, che se ne avvide, ne fu felice, e la ragazza rispose:
“Anche tu non sei male, direi” e lo guardò con occhi innamorati.
Quando sollevò la mano libera a sistemargli il papillon del frac, gli sfiorò il mento con un tocco gentile: a lui parve di sognare e si sentì rimescolare dentro. Non lo aveva nemmeno toccato e già le sue difese erano crollate miseramente.
Erano ancora mano nella mano, in silenzio, uno davanti all’altra, che si mangiavano con gli occhi, quando l’orologio alla parete batté discretamente l’ora; si riscossero, leggermente imbarazzati, si sciolsero e fecero un passo indietro.
Ryo prese a grattarsi la testa ridacchiando mentre Kaori, distogliendo lo sguardo, esordì con:
“Presto, che finiremo per fare tardi” poi sollevando gli occhi, con aria di sfida “e non ti azzardare a dire che è colpa mia”.
Lui alzò le mani, agitandole in segno di resa e disse:
“Oh no, no, no, e chi ha detto niente?”
“Sarà meglio” concluse con aria di trionfo la ragazza; poi, facendosi improvvisamente più dolce, aggiunse:
“Ryo, saresti così gentile da darmi una mano a portare i vassoi con le tartine di sotto in macchina?”
Non c’era affettazione nella sua richiesta, e il giovane la guardò sorpreso: quanto era adorabile Kaori quando si rivolgeva a lui così! Si sentì invaso da una gioia senza nome, e sorridendole rispose:
“Ai suoi ordini, Dama delle Tenebre” e le fece un mezzo inchino.
Scoppiarono entrambi a ridere divertiti.
 
In macchina si godettero il tragitto in silenzio: Ryo guidava rilassato e sicuro e Kaori sorrideva felice; forse quella festa non sarebbe stata una delusione come invece aveva pensato.
Quando arrivarono al locale, Ryo fu abbastanza servizievole da aiutare Kaori nel trasbordo della roba, ma appena libero dalle incombenze si gettò a pesce su Miki che, per l’occasione, si era vestita da strega, con tanto di vestito lungo, cappellone dalle larghe falde e nasone bitorzoluto, che non nascondevano affatto la sua fresca bellezza.
Al solito, fu fermato in volo da un Umibozu vestito da Hulk, che lo intercettò con un vassoio di alluminio e, con un potente rovescio, lo scaraventò sul muro, fra ragni finti, ragnatele filanti e teschietti sghignazzanti.
Kaori, a cui non era sfuggita l’abituale pantomima, d’improvviso fu presa dallo sconforto; prima, a casa, si era illusa che finalmente il suo socio avrebbe cambiato atteggiamento con lei e con le altre, e invece era e rimaneva lo stesso stupido mandrillo allupato di sempre.
Stavolta però, lo scoramento cedette velocemente il posto ad un senso di ribellione: bene, era ad una festa a cui aveva lavorato per la buona riuscita, e si sarebbe divertita, con o senza Ryo!
Si guardò intorno. A parte la loro banda, c’erano altri personaggi pittoreschi del quartiere: travestiti, informatori, donnine più o meno allegre e così via.
L’alcol già scorreva a fiumi, e nel locale, dalle luci abbassate e rischiarato da candele o zucche ghignanti illuminate a mo’ di lanterne, c’era una bella atmosfera dark. La musica era trascinante e faceva venir voglia di ballare. Basta pensare a Ryo!
Si buttò nella mischia e il suo corpo prese a muoversi armoniosamente a suon di musica.
D’un tratto si sentì afferrare per i fianchi, e già era pronta a scagliarsi contro il malcapitato che aveva osato tanto, quando, voltandosi, incontrò due occhi azzurri maliziosi che la stavano squadrando.
Era Mick. Anche lui indossava un bellissimo costume da conte Dracula, identico a quello di Ryo, anche se con la sua cascata di capelli biondi, seppur pettinati rigorosamente all’indietro, sembrava più un Dracula nordico.
Prima ancora che Kaori potesse aprir bocca, la trascinò via con sé, stringendola, e guardandola con intensità le sussurrò:
“Kaori stasera, vestita così, stai attentando alla mia vita… potrei morire d’infarto, lo sai? Sei una bomba sexy, e davvero faresti resuscitare i morti!”
E poi ridacchiò, suo malgrado, per quelle battute involontarie, ma decisamente a tema.
La ragazza a quel complimento che sapeva di avance, sgranò tanto di occhi, ma li sgranò ancora di più quanto sentì le mani dell’americano atterrare sul suo sedere. Non ebbe tempo di cedere all’imbarazzo per quell’apprezzamento, che reagì alla tastata dandogli uno spintone e lanciandolo lontano da lei. Non aveva impugnato il martello, ma rabbiosamente gli disse:
“Siete uguali voi due! Stesso vestito, stessa perversione!”
 
Infastidita, si andò a sedere in un tavolino di fronte alla vetrata del locale. Pensò ai partecipanti a quell’assurda festa, e dovette ammettere che aveva proprio ragione Ryo, riguardo alle donne; ogni rappresentante del sesso femminile in quel dannato locale, tranne la bella Miki, aveva indossato un costume sexy e succinto: Kazue, con un guizzo di originalità, si era vestita da crocerossina; Kasumi indossava un costume tigrato e aveva due cornetti in testa, alla maniera della Principessa degli Oni; Saeko era una sfavillante Wonder Woman e Reika, manco a dirlo, una diavolessa in tuta di lurex rossa, con tanto di corna, coda e forcone, pronta con ogni mezzo a far capitolare il bel Ryo.
Sospirò pesantemente.
Tutta quella confusione, Ryo che sfarfallava da una donna all’altra, quella festa horror che proprio non riusciva a farsi piacere… d’improvviso si sentì fuori luogo e ridicola, in quel costume troppo provocante per i suoi gusti.
Si vide riflessa nel porta tovaglioli di metallo: quel suo pallore esageratamente finto, quel rossetto quasi volgare… prese una salvietta e si deterse il viso, con rabbia e tristezza insieme.
Poi all’improvviso, in mezzo a quel caos, si sentì osservata; ma quello sguardo che calamitava la sua attenzione, non era dentro il locale. Era fuori.
Guardò in direzione del marciapiede, ma la nebbia formava un banco impenetrabile e aveva ridotto di molto la visibilità.
Si avvicinò ancora di più al vetro e vi appoggiò una mano, poi, in mezzo a quella foschia, le sembrò di scorgere due occhi benevoli e tristi, incorniciati da un paio di occhiali enormi.
Possibile?
Si alzò di scatto in piedi.
Si era sicuramente ingannata! Come poteva essere… lui?
Eppure non riusciva a staccare gli occhi da quel banco di nebbia, e di nuovo le parve di vedere il viso sorridente di…
Si diresse quasi correndo alla porta e uscì nella notte.
 
Ryo, che a forza di prendere schiaffi a destra e a manca aveva perso tutto il suo trucco da vampiro, stava importunando per l’ennesima volta Saeko, cercando di infilare le mani nel suo procace décolleté, quando in mezzo al rumore sentì distintamente il campanellino della porta suonare.
Si voltò giusto in tempo per vedere la sua socia uscire di corsa dal bar, e solo allora si accorse che, da che erano arrivati, lei non lo aveva preso a martellate nemmeno una volta.
Si bloccò di colpo e ritornò serio all’istante.
Saeko, che si era stupita non poco del repentino cambiamento del suo amico allupato, seguì lo sguardo dello sweeper, e anche lei notò che Kaori non era più seduta al tavolino.
Senza dire una parola Ryo si precipitò fuori, ma quella dannata nebbia gli impediva di vedere ad un palmo dal naso; pensò che fosse anche insolita tutta quella foschia nel loro quartiere, ma ora aveva altro a cui pensare: Kaori.
Tese al massimo le orecchie, per udire rumori o suoni familiari: i suoi inconfondibili passi, la sua voce dolce e flautata, la sua risata inimitabile, il suo pianto… No, quello non avrebbe voluto sentirlo; però, per come si era comportato tutta la sera, Kaori avrebbe anche potuto scappare piangendo.
Si diede dell’idiota…
Giusto qualche ora prima, quando erano da soli a casa, avevano vissuto un momento di pura magia, lui era rimasto stregato dalla sua bellezza, dalla sua aura così carismatica e avvolgente… se fossero rimasti ancora lì così, a guardarsi e tenersi per mano, forse, forse sarebbe successo qualcosa.
Ricordava il brivido provato quando lei gli aveva sfiorato il mento.
Si diede un pugno in testa, perché appena arrivati alla festa si era messo subito a fare lo stupido con tutte, un po’ per abitudine, e un po’ per non cedere al fascino della socia, e dimostrarle quanto in realtà la desiderasse e fosse preso da lei.
Un copione che si stava ripetendo fin troppo spesso ormai, e a cui non credeva più nessuno.
Fu preso dalla disperazione e dalla rabbia.
Non riusciva a sentire Kaori, e se era fuggita era tutta colpa sua.
Chiuse gli occhi e si concentrò al massimo: riuscì a isolare il brusio e la musica che provenivano dal Cat’s eye, il rumore della strada principale ad un passo da lui, le risate e il vocio delle persone che entravano ed uscivano dai vari locali decisi a divertirsi… ed infine la sentì.
In quella nebbia fitta e umida, sempre ad occhi chiusi, prese a camminare a passi lenti, seguendo il suono flebile di quella voce tanto amata.
 
Giunse ad un piccolo parco a poca distanza da lì: la nebbia si diradò giusto un attimo per potergli permettere di vedere Kaori seduta su di una panchina, voltata verso qualcuno che sedeva accanto a lei.
Ryo cercò di avvicinarsi il più possibile, ma non vedeva niente e non sapeva dove stesse andando, inoltre temeva che se il banco di nebbia si fosse smosso all’improvviso, Kaori lo avrebbe scoperto a spiarla, e quel dannatissimo mantello nero, poi, non era l’ideale per non dare nell’occhio.
E mentre ragionava così, sbucarono inaspettatamente dalla nebbia una coppia d’innamorati, vestiti entrambi da mummia: lei rideva forte stringendosi al suo fidanzato e quasi si scontrarono tutti e tre.
In quel momento Kaori, attirata dalla risata della ragazza, si voltò in quella direzione, e per poco Ryo rischiò di essere visto. Imprecò sottovoce.
Infine trovò riparo dietro una siepe.
Sentì Kaori dire:
“Oh, Ryo è stato gentile con me, quello sì: mi ha preso a vivere con lui, mi ha accolto nella sua casa… anche se forse gli ho imposto un po’ la mia presenza, ma non è come credi… noi, noi, siamo solo colleghi di lavoro” concluse in imbarazzo, a cui fece eco una risatina che… dove l’aveva sentita, Ryo, una risatina di quel genere?
“Avrai già capito che è un uomo buono, e che recita la parte del buffone…” disse una voce maschile, fresca, con un’intonazione allegra e malinconica insieme.
Ryo rimase paralizzato.
Quella voce, quella voce… lui sapeva a chi apparteneva! Erano anni che non la sentiva più, ma era quella!
 
“Non fare quella faccia! Perché credi che gli abbia chiesto di prendersi cura di te? Ragazzina, io già da allora avevo capito che ti eri presa una bella cotta per lui, non negarlo”
“Oh Hide, ma che stai dicendo? Io innamorata di un tipo come lui?”
 
Ryo si sentì morire, possibile che fosse… che fosse…?
Aveva forse bevuto così tanto, che ora era convinto di assistere al colloquio fra i fratelli Makimura?
Non gli sembrava di aver bevuto più del solito, anzi!
Allora stava dormendo e sognando?
Si diede un pizzicotto e, caspita, era sveglio, ed era tutto vero.
I due a volte bisbigliavano, e lo sweeper non riusciva a capire tutto quello che si dicevano, ma ciò che aveva appena udito era bastato a suscitare un’ondata di nostalgia e dolore.
Sentì le lacrime pungergli gli occhi, e per una volta pensò che non sarebbe stato poi così male lasciarle andare, tanto con quella nebbia non se ne sarebbe accorto nessuno.
 
 I due continuarono.
“Maki mi manchi così tanto! Mi sento sola!”
Ryo, udendo la sua Kaori parlare in quel modo, provò una stretta al cuore: sapeva quanto la sua socia soffrisse per la perdita del suo amato fratello, ma che si sentisse sola, nonostante avesse lui accanto, gli fece male. Allora lui non valeva nulla per lei, era meno di niente?
 
“Sciocchina, ma tu non sei sola, hai tante persone accanto che ti vogliono bene; so che hai ritrovato Sayuri, la tua vera sorella; e i ragazzi della banda sono persone eccezionali; Saeko poi… si comporta bene con te? E soprattutto… hai Ryo”
“Ryo?” e le sfuggì una risata secca, senza allegria, proseguì “Ryo dici? Lui è così complicato, così chiuso in sé stesso, non si sa mai cosa pensi veramente, cosa pensi di me, cosa pensi di noi. A volte è capace di grandi cose e dimostra di tenere a me, ma poi, un minuto dopo, con il suo comportamento, mi ferisce, e mi fa credere di essere una nullità. Ryo non è mio e mai lo sarà. È troppo preso a correre dietro a tutte le donne. Tutte, tranne me!”
 
Lo sweeper, che ascoltava impotente, avvertì come una lacerazione nel cuore. Se da un lato desiderava ardentemente rivedere il suo migliore amico, dall’altro si chiedeva con che faccia avrebbe potuto presentarsi da lui, dopo che aveva promesso di prendersi cura della sua amata sorellina, proprio mentre lei gli stava dicendo che, invece, la faceva solo soffrire.
Un velo di nebbia si squarciò e Ryo poté vedere un braccio, stretto in una manica d’impermeabile dalla grossa fibbia, alzarsi verso Kaori, e la mano che vi sbucava depositare una tenerissima carezza sul viso della ragazza.
 
“Amata sorella, è tempo per me di andare… Oh, su, ti prego, non piangere! Si dice che questa notte le anime dei morti possano tornare a far visita ai propri cari, ed io sono riuscito a venire fino a te, ma sappi che sempre ti penso, e ti proteggo e veglio su di te… su di te, e sul quel testone che ti è toccato come partner” e fece una breve risatina che non rassicurò Kaori, che piangendo calde lacrime disse:
“Oh Maki, perché te ne devi già andare? Ti prego, resta ancora un po’ con me…”
“Sorellina, lo sai che a certe regole non si può derogare… siamo stati fortunati a poterci rivedere seppure per poco, non a tutti è data questa possibilità. Sono molto fiero di te, della donna che sei diventata, forte e generosa; mantieni sempre puro il tuo cuore e continua così, vedrai che andrà tutto bene. Ci rivedremo ancora, ma non prestissimo, perché tu, e quell’altro zuccone che ci sta spiando, vivrete ancora a lungo, molto a lungo”.
  
A quelle parole, e sentendosi scoperto, Ryo trasalì. Infine si decise ad avanzare verso i due fratelli Makimura, ma gli sembrava come di camminare in un sogno.
Un’altra folata di vento gli permise di vedere Kaori alzarsi in piedi, ma un cespuglio e quella dannatissima fitta foschia, gli impedivano ancora di scorgere il suo amico.
Il viso della ragazza era solcato di lacrime, e nonostante Ryo fosse preda di sentimenti contrastanti, non riusciva a pensare ad altro che andare da lei e prenderla fra le braccia per consolarla.
 
Maki parlò ancora, stavolta verso Ryo:
“Amico, è tempo di andare per me; oggi non ti dirò addio, ma arrivederci, perché so che ci rivedremo ancora, seppur non su questa terra”
“Maki aspetta, sto arrivando, non ti muovere!”
 
C’era come un senso di urgenza intorno a loro, come se si stesse per compiere qualcosa di non più rimandabile, ma Ryo non riusciva ad avanzare verso i due, e sembrava che una forza invisibile lo stesse trattenendo.
Kaori si slanciò verso il fratello, singhiozzando.
Hide le disse:
“Su, su non fare così, altrimenti me ne andrò con il cuore in pezzi. Vengo sulla terra per te, e tu non fai che piangere?” la stuzzicò per farla reagire.
“Hai ragione, fratellone” e si asciugò le lacrime tirando su con il naso.
Ryo, che provava un gran senso di frustrazione, per essere ad un passo da loro, e non riuscire a raggiungerli, sentì Maki dire:
“Bene Kao-chan, stavolta la raccomandazione la faccio a te: prenditi cura di Ryo” e strizzandole l’occhio, la baciò sulla fronte.
La ragazza ammutolì, e mentre cercava di capacitarsi di quelle parole, e di tutta quella strana situazione che stava vivendo, suo fratello si era già staccato da lei e si allontanava dandole le spalle.
Solo allora Ryo riuscì a raggiungere Kaori, e le circondò le spalle con il braccio; Maki si voltò a salutarli sorridendo e sparì nella nebbia.
 
Rimasero qualche istante in silenzio, continuando a fissare il punto in cui era sparito Hideyuki, come a convincersi che sarebbe potuto apparire di nuovo.
Erano entrambi preda di un forte struggimento, misto a malinconia, che lentamente si stava stemperando in una gioia consolatoria: seppure per poco, avevano avuto la fortuna di trascorrere del tempo con il loro amato Maki, e questo li riempiva di speranza.
Ryo strinse più forte il braccio intorno alle spalle della sua Kaori, e solo allora si rese conto che stava tremando. Si riscosse e la avvolse nel suo mantello, con fare protettivo; lei appoggiò la testa sulla sua spalla e sospirò. Lui allora le disse:
“E comunque, Sugar, tu non sei sola. Ci sono io con te”
“Hai sentito tutto?”
“Qualcosa… ma è stato abbastanza per capire”
Lei tacque. Si sentiva bene in quel caldo abbraccio, e voleva godersi quel momento. Le parole, forse, sarebbero state superflue. Però, inaspettatamente, fu Ryo a parlare:
“Ed ora? Ora che facciamo?”
“Vuoi ritornare alla festa?”
“No, intendevo… io e te”
“Ah” riuscì solamente a rispondere la giovane.
Poi, lentamente, si mosse fino a trovarsi davanti al suo amato compagno, mentre lui continuava a tenerla stretta fra le sue braccia, al riparo nel mantello. Lei lo guardò negli occhi: era così bello, così forte, ma anche così indifeso di fronte a lei. Si sentì invadere dal folle amore che provava per quell’idiota patentato, che riusciva sempre a farla sentire al settimo cielo, o nell’inferno più nero. Ma per una volta, lì davanti a lei, sembrava aver deposto le armi, essersi arreso all’evidenza dei suoi sentimenti per lei.
Gli sorrise con tenerezza e anche lui, nonostante si aspettasse una risposta, ricambiò il sorriso.
Kaori raccolse i pensieri e rispose:
“Dipende da te: hai ancora intenzione di scappare… di scappare da me?”
Lui scosse la testa, sorridendo, e si chinò a baciarla.
Fu un bacio lungo, sentito, un’esperienza che li lasciò turbati e vibranti d’emozione.
La giovane, sorridendo e sfiorandogli ancora quelle labbra irresistibili con le sue, gli sussurrò:
“Ci voleva tanto?” poi ridacchiò piano.
Lui, all’inizio ne rimase sorpreso e quasi offeso, poi il suo viso s’illuminò in un largo sorriso e, prima di riprendere possesso di quella sua bocca così invitante, rispose: “Dovevo essere sicuro”.
E stringendola ancora di più a sé, approfondì il bacio della resa definitiva.
 
Poco dopo, però, furono interrotti dalla voce di Miki che, seguita dal suo gigantesco consorte, era venuta a cercarli:
“Ehi, voi due? Ma che fine avevate fat… ops! Beccati!” e si coprì la bocca per impedirsi di farsi sentir ridere.
E così finalmente si erano decisi! Bene, bene, era ora.
I due piccioncini, colti in flagrante, si voltarono con aria colpevole, poi scoppiarono in una risata liberatoria.
Miki e Falcon erano pur sempre i loro migliori amici, e chi più di quei due aveva seguito le travagliate vicende sentimentali del duo City Hunter, fin dall’inizio?
Sempre ridendo guardarono meglio gli sposi: Umi passava dal verde Hulk al rosso fuoco con la rapidità di un semaforo nell’ora di punta; Miki, commossa e divertita, li covava con occhi pieni di affetto.
Allora Ryo esordì con una finta risata diabolica, esclamando:
“Io, il Conte Dracula, Principe delle Tenebre, ho catturato la mia preda, e la porterò via con me. Di questa bellissima donzella ne farò la mia sposa per l’eternità!”
E, sollevando il mantello con un gesto teatrale, nascose alla vista dei due la sua Kaori, e insieme sparirono nella notte nebbiosa, lasciandosi dietro uno strascico di risate.
 
 
Ci sono anime che vagano sulla terra, anime di vivi e anime di morti, e nel girotondo del mondo, non sempre s’incontrano. Ma quella notte magica avvenne un prodigio e tre anime si ritrovarono, richiamate dall’amore.

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