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Autore: ElizabethBennett    05/11/2019    5 recensioni
Ogni 15 anni in Cina si svolgono le Olimpiadi delle arti marziali, Ranma è stato scelto per partecipare, ma sebbene sia un grande onore per lui, partecipare vuol anche dire allontanarsi dal Giappone forse per anni. Allontanarsi anche da Akane. Quello che però all'inizio sembra essere solo un torneo, si trasformerà in qualcosa di più grande, una guerra atta a conquistare il potere assoluto del Ki di tutti i più grandi artisti di arti marziali del mondo asiatico. Riuscirà Ranma a debellare questa nuova minaccia?
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, ranma/akane
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PRESENTE 
 
Il sole stava per tramontare, e un altro giorno di fine estate giungeva al termine. 
Akane, seduta alla sua scrivania, chiuse il libro di matematica. Per la prima volta si ritrovava a dover finire ancora i compiti estivi. All’inizio del nuovo anno scolastico mancava poco più di una settimana. Sbuffò e si allontanò dalla scrivania spingendosi con le mani. Come ogni giorno pensò a lui. Le mancava terribilmente. Alle volte la nostalgia era così forte da sentire una dolorosa fitta alla bocca dello stomaco. La prima volta non si rese nemmeno conto di cosa fosse, il dolore era così forte da farle lacrimare gli occhi. Kasumi si spaventò molto, tanto da voler chiamare il dottor Tofu, che ovviamente fu sul posto in breve tempo. Nabiki si assicurò di allontanare la sorella maggiore prima del suo arrivo, non volendo causare ancora più dolore alla sua sorellina. Il dottore visitò Akane, e informò poi la famiglia che non era nulla di grave, ma solo un attacco di panico causato dallo stress. Gli episodi furono diversi, tuttavia dopo il primo, sapendo di cosa si trattava, Akane
fece attenzione a non farsi vedere o sentire dai familiari. Non voleva certo causare loro sofferenze inutili. Era una stupida, farsi venire attacchi di panico perché lui non c’era. Immaginava che se lui l’avesse saputo, avrebbe di certo riso di lei, ne era sicura. Uscì dalla stanza e si avviò verso il bagno. Quello che le serviva era proprio immergersi nell’acqua calda e rilassarsi. 
Mentre attraversava il corridoio, Kasumi la vide dal fondo delle scale. 
“Akane, fra poco sarà pronta la cena!”
Akane sospirò “Si Kasumi, faccio prima un bagno veloce!”, senza aspettare risposta dalla sorella si infilò nell’anticamera del locale e cominciò a spogliarsi. Ripose con cura gli indumenti nel cesto dei panni sporchi. Avanzò verso il lavello e, si guardò allo specchio mentre scioglieva i capelli dalla piccola coda. Li stava facendo crescere, di nuovo, il perché non lo sapeva. Però le piaceva poterseli legare. Adesso le arrivavano qualche centimetro sotto alle spalle. Sorrise alla sua figura nello specchio, pensando che lui sarebbe tornato fra poco. 
Entrò nella vasca e cominciò a far scorrere l’acqua calda per riempirla. Si appoggiò alla finestra.
I colori del cielo stavano cambiando, passando dai caldi arancio e rosso, ai più freddi viola e blu. Era uno spettacolo il cielo al tramonto. 
Akane inspirò a fondo il profumo di quella sera d’estate e si lasciò cadere a mollo nell’acqua calda che ormai riempiva la vasca. L’unico pensiero era che finalmente l’avrebbe potuto rivedere.
 
 
5 MESI PRIMA
 
“Ma caro, così perderà gli ultimi mesi di scuola!” “Nodoka! Mi sorprendo di te, questo allenamento è di fondamentale importanza per il nostro ragazzo. Il maestro più famoso della Cina, conosciuto in tutto il mondo per il suo abile utilizzo del Ki, gli dà la possibilità di allenarsi con lui. È un’offerta che non possiamo assolutamente rifiutare. Ne va della virilità di nostro figlio!” 
Le parole di Genma colpirono il punto giusto della donna con la katana, se si trattava della virilità del suo ragazzo, lei non avrebbe di certo obiettato. Certo le dispiaceva molto doversi nuovamente dividere da lui per così tanto tempo, e soffriva per il fatto che sarebbe stato lontano dalla scuola, dalle sue amicizie e dalla sua fidanzata. Pensò alla povera Akane, chissà come avrebbe reagito lei alla notizia. Chissà come avrebbe reagito Ranma, che era ancora ignaro di tutto.
 
La campanella suonò segnando la fine delle lezioni. Ranma si mise in spalla la cartella e si avviò verso Akane. Entrambi salutarono i compagni di classe e si incamminarono verso casa. Appena raggiunsero il canale, Ranma saltò con facilità sulla ringhiera e proseguì il suo tragitto da la sopra, rimanendo sempre qualche passo indietro rispetto alla sua fidanzata. Akane si era chiesta più volte del perché lo facesse, preferiva quando le camminava a fianco, ma non avrebbe mai dato voce ai sui desideri. 
“Stai facendo crescere i capelli?” La sua voce la strappò ai suoi pensieri. 
“Come…?”
“Sembrano un po’ più lunghi.” Disse il ragazzo. Akane annui lievemente ma non disse nulla. Poi riprese dicendo “Non è che per caso ti interessa di nuovo il Dottor Tofu?” 
Akane si fermò all’improvviso, causando l’arresto automatico anche del ragazzo alle sue spalle. Si girò e guardò negli occhi blu di lui. Come gli era venuta in mente una cosa simile? Dopo tutto il tempo passato insieme, dopo tutte le cose vissute insieme, come poteva pensare che a lei piacesse ancora il Dottor Tofu?! Eppure, era così dannatamente chiaro come fosse gelosa di lui, come le desse fastidio ogni volta che una delle sue mille fidanzate o pretendenti gli giravano attorno. Vide il viso di Ranma arrossire e contorcersi in una smorfia. Fece per dire qualcos’altro ma lo sguardo della sua ragazza era così serio che le parole gli morirono in bocca. 
“Sbrighiamoci a tornare a casa, sono stanca.” Così dicendo Akane si voltò e riprese a camminare verso casa a passo svelto, lasciando il poveretto imbambolato sulla ringhiera. 
 
“Sono tornata!” Annunciò Akane sulla porta, togliendosi le scarpe.
“Oh cara!” Nodoka le corse incontro e l’abbracciò forte, lasciando la ragazza di sasso. Pochi secondi dopo Ranma fu sull’uscio e ricevette esattamente lo stesso benvenuto da parte di sua madre. 
“Mamma, è successo qualcosa?” Chiese un po’ stranito dal comportamento della donna.
Nodoka scosse la testa e invitò entrambi ad andare a sedersi nel salotto.
Quando arrivarono trovarono tutti intorno al tavolino. Kasumi era intenta a versare il tè nelle tazze e al centro del tavolo aveva ordinatamente posizionato un piatto con dei dolcetti e dei tovaglioli. Nabiki prese uno dei biscotti e cominciò a sgranocchiarselo, il viso annoiato da quella imminente riunione di famiglia, che non dubitava sarebbe stata l’ennesima stupidaggine. Soun Tendo sedeva composto, la pipa in bocca e le braccia incrociate sul petto, teneva gli occhi chiusi, non si capiva se stesse meditando o se si fosse semplicemente addormentato. Nodoka andò a sedersi di fianco a suo marito, il Sig. Genma era stranamente nella sua forma umana, e il suo sguardo severo si era posato su suo figlio nel momento stesso in cui aveva varcato la soglia del salotto. Anche il vecchio Happosai era presente alla riunione, sedeva su tre cuscini, nel lato del tavolo dove normalmente prendevano posto i due ragazzi. 
“Ranma, siediti!” Ordinò Genma al ragazzo.
“Anche tu Akane.” Aggiunse in tono morbido suo padre Soun. Sedettero ai lati opposti del vecchietto. 
“Che diavolo sta succedendo!?” Sbottò Ranma innervosito dalla insolita situazione. Suo padre lo fulminò con uno sguardo. 
Happosai tirò dalla pipa, rilasciò una nuvola di fumo e si schiarì la voce prima d’iniziare a parlare. “In Cina, ogni 15 anni si svolgono delle importanti olimpiadi delle arti marziali asiatiche. Lo scopo di tali olimpiadi non è la vincita di una medaglia, ma la possibilità di allenarsi con i più grandi maestri dei nostri tempi. Il mio vecchio e caro amico Shi Long, nonché artista marziale di altissimo livello, mi ha contattato recentemente per informarmi che è stato scelto fra i maestri che…” 
“Che cos’ha che fare con noi tutto questo?” Sbottò Ranma annoiato mordendo un biscotto. Seguirono pochi secondi di silenzio, poi Nodoka prese la parola. 
“Ranma caro, interrompere una persona più anziana e saggia di te non è assolutamente un comportamento da uomo virile.”Accarezzò con la mano destra l’impugnatura della katana “devi portare rispetto!” 
“Si si si! Scusa mamma! Eh… io…”
Akane spostò lo sguardo da un Ranma paonazzo alla sua tazza di tè. La portò alle labbra e bevve un sorso. Avvertì una strana sensazione, e per un momento desiderò non essere tornata a casa così presto. Happosai riprese il discorso, e informò il ragazzo con il codino che essendo un grande amico del maestro Shi Long, era riuscito ad ottenere da lui l’autorizzazione a presentare un suo discepolo al grande torneo che si sarebbe tenuto in poco più di una settimana. Ranma era rimasto senza parole, quando suo padre e sua madre lo pressarono per dire qualcosa, riuscì solo ad alzarsi e annunciare che avrebbe dovuto pensarci. Se si fosse fatto notare a queste olimpiadi e avesse ottenuto la vittoria, avrebbe potuto allenarsi con grandi maestri, ma la durata dell’allenamento non sarebbe stata breve. Happosai aveva parlato di anni, senza specificare quanti effettivamente ne avrebbe trascorsi in Cina lontano dal Giappone. 
Man mano tutti lasciarono il proprio posto a tavola. Happosai si ricordò di un importante impegno, probabilmente la solita caccia ai completini intimi del vicinato, Soun e Genma si allontanarono con la scusa di una partita a shoji in giardino, Nabiki doveva vedere Kuno a cena, per vendergli qualche nuova foto della sorellina minore e della ragazza col codino, e Kasumi si avviò in cucina per preparare la cena. Sedute al tavolo rimasero solamente Akane e Nodoka. Akane fissava la tazza di tè che teneva in mano, ancora mezza piena. Nodoka capì subito che la ragazza era turbata dalla notizia. Avrebbe voluto consolarla, ma quando fu sul punto di aprire bocca, Akane parlò velocemente interrompendola sul nascere. 
“E’ un’occasione imperdibile per Ranma, diventerà ancora più virile, e mentre sarà in Cina, chissà, magari riuscirà a trovare un modo per tornare ragazzo per sempre. Sono molto co-…” La voce le morì in gola. 
“Oh Akane...”, la madre di Ranma strinse forte a sé la katana, “Anche io sono contenta per lui.” Disse infine. 
Akane salutò la donna con un cortese inchino e poi si congedò. 
Nodoka sospirò, si chiese se fosse la cosa giusta da fare, provò una stretta al cuore. Poi disse a sé stessa che qualunque cosa Ranma avesse deciso di fare, lei lo avrebbe appoggiato.
 
 
Il sole era tramontato. Ranma era rimasto sdraiato sul tetto del dojo, per qualche tempo. Minuti, ore, non avrebbe saputo dirlo, non era cosciente del cambiamento di colore del cielo, le stelle cominciavano a brillare, ma pur con lo sguardo fisso in alto era come se fosse cieco. La sua mente era presa da un vortice di pensieri. La Cina, la possibilità di migliorarsi nelle arti marziali, le sorgenti di Jusenkyo… Erano tutti ottimi motivi per essere l’uomo più felice al mondo. La possibilità, non solo di diventare ancora più forte, ma anche quella di tornare a essere normale. L’opportunità di non temere mai più l’acqua fredda. Quanto sarebbe durato il torneo? Sicuramente fra un allenamento e l’altro, una volta conquistato il titolo, perché lo avrebbe certamente fatto, sarebbe riuscito a trovare il tempo di risolvere il suo problema. Qualche mese, forse un anno. Un anno. Dodici mesi. Cinquantadue settimane. Trecentosessantacinque giorni. Ottomila settecento sessanta ore. Lontano dal Giappone, da Nerima, dal dojo… Da lei. Il viso di Akane comparve nei suoi pensieri. Chissà cosa pensava lei di questa storia. Era triste, oppure indifferente? Avrebbe voluto parlarle ma non osava. Già, ma poi per dirle cosa? ‘Akane, chiedimi di non andare e resterò’ formulò la sua mente. Ranma scacciò subito quel pensiero imbarazzante. Ma che andava pensando?! Figuriamoci se quel maschiaccio privo di sex-appeal gli avrebbe mai detto una cosa simile. Sicuro alla fine si sarebbero ritrovati a litigare, per un motivo o per un altro. Si tirò su a sedere, e appoggiò il viso sulle braccia incrociate sulle ginocchia flesse. Ma perché così poco preavviso? Perché Happosai non lo aveva informato prima? Per avere il tempo di abituarsi all’idea di un imminente viaggio. La rabbia gli bollì dentro, col cavolo che sarebbe andato in Cina. Non aveva certo bisogno di partecipare a quella stupida olimpiade delle arti marziali per provare al mondo che era il più forte artista di arti marziali indiscriminate. Sarebbe rimasto a casa, e se fosse servito avrebbe anche raddoppiato, anzi triplicato gli allenamenti. Preso dai suoi mille pensieri non si rese conto della presenza alle sue spalle, fin quando quest’ultima emise un respiro profondo. Ranma si girò di scatto, vide Akane, seduta sul tetto, qualche passo dietro a lui. Si era tolta la divisa, e ora indossava una maglietta nera a maniche corte, ed un pantaloncino giallo. Il viso appoggiato ai palmi delle mani. 
“…ah sei tu.” Furono le parole migliori che uscirono di bocca al codinato. 
Akane assottigliò gli occhi, ‘ecco che ci risiamo adesso cominceremo a litigare’ pensò lui. Lo sguardo di Akane però, tornò rilassato dopo pochi secondi, lasciando Ranma incredulo. Tornò a guardare davanti a lui, dandole di nuovo le spalle. Rimasero in silenzio per qualche minuto.
“Sono contenta per te Ranma. Questa è una grande opportunità. Sono sicura che…” 
“Certo che lo è! Chiunque accetterebbe di andarsene in Cina per chissà quanto tempo pur di allontanarsi da un maschiaccio come te!” La interruppe brusco lui. Ma nell’esatto momento in cui quelle parole uscirono dalle sue labbra si maledisse. Come gli fosse venuto in mente di dire una cosa del genere non se lo spiegava. Era l’esatto opposto di quello che voleva. Istintivamente si portò le braccia a coprirsi il viso, perché sapeva che stava per essere colpito dalla ragazza. Ma aspettò inutilmente, Akane non si mosse dal suo posto. Aveva lo sguardo basso, nessuna aura minacciosa la circondava. Ranma abbassò lievemente la guardia e provò a rimediare, ma senza riuscire nell’impresa: “A-Akane… io non, non...”, Akane alzò il viso e i suoi occhi andarono a incontrare quelli blu del ragazzo con il codino. Ranma rimase incantato dallo sguardo della ragazza, non vi era ombra di ostilità, anzi gli parve di vedere un velo di tristezza, ma nello stesso momento in cui quel pensiero lo trovò, le labbra di Akane si curvarono in un sorriso, semplice e caldo. 
“In bocca al lupo per il torneo… Anche se già so che vincerai tu.”.
Fu dopo queste poche parole che si alzò e lasciò il codinato di nuovo da solo con i suoi pensieri. Che cos’era quella fitta al petto? Si era comportato da perfetto idiota, aveva ferito per l’ennesima volta Akane, e lei di rimando invece aveva perfettamente capito che la situazione richiedeva da entrambe le parti una maggiore maturità. Se è vero che sarebbe partito per la Cina, chissà per quanto tempo non si sarebbero rivisti. 
Quella notte Ranma non avrebbe chiuso occhio, così come quelle a seguire.
 
 
LA PARTENZA
 
Happosai e Ranma avrebbero lasciato il Giappone quella notte. Sarebbero salpati dal porto di Tokyo a bordo di una vecchia nave cinese costruita in legno, con tre grandi vele rosse che facevano pensare ad ali di drago. La nave aveva raggiunto le coste del Giappone già dal mattino, ma non sarebbe salpata fino alle prime luci dell’alba del giorno dopo. 
Quella settimana era volata, senza che Ranma riuscisse a trovare un’occasione per parlare con Akane una sola volta. Lui era stato molto preso dai preparativi della partenza, mentre lei aveva continuato a seguire le lezioni, rientrando a casa solo la sera giusto in tempo per la cena, e subito dopo si era sempre ritirata in camera sua. 
Ranma ogni sera era andato fin davanti alla camera della ragazza, ma la sua mano, chiusa a pugno, si era sempre fermata ad un paio di centimetri dalla targhetta a forma di paperella sulla porta della fidanzata. E quel giorno sembrava impossibile anche solo incrociarla. 
Casa Tendo era piena di gente venuta a salutare il ragazzo e ad augurargli buona fortuna, bé non proprio tutti. Shan-pu, Ukyo e Kodachi si erano subito buttate in cucina ai fornelli, pronte a preparare un’ultima cena al loro amore. Obaba era seduta in giardino a fumare una pipa insieme al suo vecchio amore Happy. C’erano anche Mousse e Kuno, felici di poter assistere alla partenza del codinato. Erano pure venuti i suoi compagni di scuola, Hiroshi, Daisuke e Gosongugi, persino il preside era presente, e anche in quell’occasione aveva provato più volte nell’impossibile impresa di tagliargli il codino, con il pretesto che in Cina fosse di moda la testa rasata. Persino lui aveva ‘marinato’ la scuola quel giorno per salutare, seppur a suo modo, il ragazzo. Mentre Akane non c’era. Con la scusa di una verifica importante che non poteva saltare, e col fatto che sarebbero partiti tardi nella notte, non c’era, a suo avviso, alcun bisogno che rimanesse a casa da scuola.
 
Ranma salì in camera sua, si inginocchiò per terra di fronte al suo grande zaino da viaggio, e cominciò a riempirlo con indumenti ed attrezzi vari che aveva deciso di portare con sé. Silenziosamente alle sue spalle arrivò Shan-pu - “Lanma caro!” disse gettandogli le mani al collo e abbracciandolo con ardore. “Vorrei tanto partire con te, ma la bisnonna dice che è un torneo troppo importante, e che la mia presenza potrebbe distrarti” nel dire questo si strusciò a lui in modo suadente. 
Ranma cercò di scansarla, “Shan-pu così mi strozzi. Spostati, non vedi che sto cercando di finire di preparare la mia valigia?” 
“Oh Lanma, ma non potremo vederci per chissà quanto tempo… Se vuoi puoi avermi ora così avrai un bel ricordo e vorrai tornare da me il prima possibile.” Questa volta gli si gettò praticamente in braccio, e mostrò con disinvoltura la generosa scollatura sul suo prosperoso seno. Ranma alla vista divenne fucsia e cominciò a balbettare parole sconnesse, tuttavia tenne salda la presa con le mani sulle spalle della cinesina cercando di spingerla via da lui.  
“EH NO MIA CARA!” La spatola gigante di Ukyio per poco non gli sfiorò il viso mentre calava come un fulmine fra di loro, Shan-pu si scostò con agilità dal futuro marito e si mise in posizione da combattimento di fronte alla spatolona. Inutile dire che di lì a poco si aggiunse anche quella pazza di Kodachi. In pochi minuti lo scontro a tre si spostò dalla camera del ragazzo al giardino del dojo, lasciando Ranma in una stanza mezza distrutta e cosparsa di cento petali neri. 
Riprese a fare la valigia, si alzò da terra per andare alla cassettiera, tirò fuori degli indumenti e li lanciò verso lo zaino. Fu così che mentre spostava casualmente la roba all’interno di un cassetto, ritrovò la foto di Akane, quella costudita all’interno del portadocumenti di Ryoga, quello che durante la loro avventura in Cina aveva custodito tanto gelosamente, dopo che si era ritrovato la metà con quella ritraente la sua fidanzata fra le mani. Era sporco e rovinato, ma non lo aveva buttato. Quanto successo in Cina quella volta, gli aveva fatto provare la paura più grande. Quella di perdere Akane. Ciò nonostante, anche se aveva davvero avuto paura di perderla, non era comunque riuscito a trovare il coraggio di dichiararsi a lei. Era un codardo. Non c’era altra spiegazione. Depose con cura la foto di Akane in una tasca interna dello zaino, poi terminò di infilare le altre cose e lo chiuse. 
Erano le 19 passate, fra poco la cena sarebbe stata pronta, e Akane sarebbe tornata a casa. L’avrebbe vista un’ultima volta prima di partire. Poi avrebbe avuto solo più la sua foto, per chissà quanto tempo. 
 
“È permesso?” Una voce familiare lo riportò alla realtà. Ryoga era in piedi appoggiato allo stipite della porta. Ranma emise un ghigno soddisfatto. 
“Non avrei mai creduto che saresti arrivato in tempo per salutarmi p-chan” 
“Prendimi pure in giro, in tanto sarò io qui a consolare Akane quando tu sarai via.” Disse spavaldo il ragazzo con la bandana. 
“Te ne sarei grato.” Ryoga rimase qualche momento a bocca aperta, incredulo delle parole uscite da quella del suo avversario. “Sei l’unico di cui mi possa fidare… Per favore Ryoga, prenditi cura di Akane, della sua e della mia famiglia mentre sarò via.”
Ryoga arrossì, non era abituato a sentirsi fare discorsi del genere da Ranma. 
“Ma c-cosa stai…” 
Ranma lo interruppe, con un gesto della mano. 
“Tornerò Ryoga, e mi riprenderò tutto.” Così dicendo sferrò un pugno in direzione dell’amico, che schivò in tempo. Era ovviamente un colpo lento atto solo a smorzare la situazione. “Sarà meglio scendere, la cena sarà quasi pronta… ti conviene seguirmi se non vuoi rischiare di perderti.” 
Così dicendo Ranma si avviò verso le scale e, Ryoga sorridendo sotto i baffi lo seguì.
 
Quando Akane arrivò al dojo, già dalle mura esterne poté sentire il baccano che proveniva dall’interno. Sembrava che migliaia di persone stessero festeggiando, si sentivano risate, musica e tanta allegria. Le lacrime le salirono agli occhi in pochi attimi. Come potevano essere tutti così allegri? Cosa avevano esattamente da festeggiare? 
Varcò il portone che dava sul cortile, una volta in casa si tolse le scarpe e corse silenziosamente su per le scale fino a raggiungere la porta della sua camera, entrò e se la chiuse alle spalle, cercando di non emettere alcun suono. Rimase al buio. Voleva esser certa che nessuno si accorgesse della sua presenza. Le lacrime ormai le rigavano il viso copiosamente. Non voleva essere vista così. Aveva cercato di essere forte tutta la settimana passata. Si era obbligata ad andare a scuola, lottando contro l’impulso di stare a casa quanto più tempo vicino a Ranma. Ma sarebbe stata d’impiccio, lui era stato molto chiaro qualche sera prima sul tetto del dojo. Non vedeva l’ora di partire proprio per evitare di doverla vedere ancora, è così che aveva detto. Si lasciò cadere per terra, la schiena sempre appoggiata alla porta. Con le braccia si strinse quanto più possibile in un abbraccio, cercando di contenere il tremore del suo corpo causato dal pianto. Al piano di sotto i festeggiamenti continuarono. Nessuno venne a cercarla quella sera, nessuno venne a cercarla quella notte. O almeno così credette il mattino dopo quando si svegliò sdraiata sul suo letto, con il viso ancora rigato dalle sue lacrime e gli occhi rossi di chi sembra aver pianto una vita. Si alzò dal letto e scostò la tenda della finestra. La luce del sole entrava prepotentemente nella stanza accecandola. 
Una nuova mattina era sorta su Nerima. Akane aprì la finestra e respirò a fondo l’aria fresca che entrò nella stanza, fino a quando un dolore la colpì forte al petto, bloccandole il respiro improvvisamente. 
La realtà. 
Era mattina, Ranma era partito e lei non lo aveva salutato. 
Era mattina, Ranma era partito e lei lo aveva evitato tutta la settimana. 
Era mattina, Ranma era partito e lei non lo avrebbe rivisto o sentito per chissà quanto tempo. 
Era mattina, Ranma era partito e lei non poteva tornare indietro. 
Era mattina, era già quella dannatissima mattina.   

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Fine primo capitolo. Chiunque l'abbia letto, spero possa lasciarmi una recensione/critica costruttiva. O anche solo due parole per farmi sapere se vi è piaciuto o meno questo primo capitolo. Grazie mille a tutti. Lizzy.

[29/12/2019] Aggiornato capitolo per risolvere errori vari :)
 
   
 
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