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Autore: ElementalSide    08/11/2019    0 recensioni
Un piccolo stralcio di vita quotidiana, una serata di sfascio prima dell’inizio dell’ultimo anno di scuola. Perdonatemi per un dipinto di due importanti personaggi che ancor prima di essere maghi e figli di personalità illustri, sono adolescenti.
Da tali si comportano nel mio scritto.
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-Buonasera- Una voce biascicante parve sollevarsi dal nulla.
Un ragazzo dalla pelle pallida stava salendo in tutta fretta quella stessa rampa di scale e si fermò ansimante a pochi passi dal biondo.
Pareva essersi vestito in fretta, con vestiti larghi e alcuni ciuffi di capelli erano attaccati alla fronte bagnata.
-Guarda, Potter ti avevo detto di ficcarti la scopa in culo se fosse stato necessario. Sei di nuovo in ritardo.-
Genere: Comico, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Severus Potter, Lily Luna Potter, Scorpius Malfoy
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
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Prefazione a mo’ di scusa.

Mi scuso per tutti quelli che, aprendo la storia abbiano pensato in qualcosa di più serio e consistente. Mi scuso anche per chi, avendo letto “The Cursed Child” troverà questi personaggi molto diversi dagli originali. Non avendolo letto, ma conoscendo bene la Rowling, azzarderei col dire che i miei sono molto OOC. Un piccolo stralcio di vita quotidiana, una serata di sfascio prima dell’inizio dell’ultimo anno di scuola. Perdonatemi per un dipinto di due importanti personaggi che ancor prima di essere maghi e figli di personalità illustri, sono adolescenti.
Da tali si comportano nel mio scritto. 
Enjoy. 

 

Ad Alessandra e le nostre prime ultime volte

 

Londra, Embankment - 

31 Agosto 2022

  

Nella Londra ben lontana dalle voci confuse del centro città e dal traffico intenso in piena Piccadilly, sulla sponda destra del fiume Tamigi, quella sera un ragazzo si aggirava per i marciapiedi con passo indeciso.

Volteggiava sulle sue orme bagnate tra la luce di un lampione e l'altro in maniera quasi fluttuante, tra i residui di un pomeriggio particolarmente piovoso e raffiche di vento messaggere di una stagione rigida.

Tra il buio delle undici e la giacca scura che indossava, i capelli platino giocavano con il vento.

Scorpius sbuffò al cielo e buttando la testa all'ingiù desideroso di poter saltare avanti nel tempo o di poter colmare i minuti di attesa con la bottiglia squadrata che teneva ben salda in mano.

La fermata della metropolitana soffiava ventate di aria torrida a intervalli regolari che danzavano in piccoli turbini di carte ai lati degli scalini che portavano ai binari.

Emanava una luce soffusa.

-Buonasera- una voce biascicante parve sollevarsi dal nulla.

Un ragazzo dalla pelle pallida stava salendo in tutta fretta quella stessa rampa di scale e si fermò ansimante a pochi passi dal biondo.

Pareva essersi vestito in fretta, con vestiti larghi e alcuni ciuffi di capelli erano attaccati alla fronte bagnata.

-Guarda, Potter ti avevo detto di ficcarti la scopa in culo se fosse stato necessario. Sei di nuovo in ritardo.-

Albus allargò le braccia e si girò nella direzione della stazione con aria interrogativa.

-Non so tu, ma io non vedo scope nei paraggi. Ho dovuto prendere la metro.-

Gli occhi grigi di Scorpius fissarono il moro con aria ancora più severa per poi levarsi al cielo.

Scorpius si abbandonò in un labile sorriso per poi afferrare la spalla dell'altro ragazzo e scuoterlo energicamente.

-Lo so deficiente, non ti preoccupare per il ritardo. Preoccupati piuttosto per i danni che mi devi pagare.-

Albus strabuzzò gli occhi e balbettando cominciò a parlare.

-Se sei ancora arrabbiato per la bacchetta non so che dirti, mi spiace di esserci caduto sopra.-

-Oh, ma figurati. Mio padre mi ha solo minacciato di farmela pagare cara.- soffiò il biondo, avvicinandosi al moro e puntandogli il dito conto.

-Giuro su Merlino che se la prossima estate mi trova un lavoro ai Tiri Vispi, invece di  mandarmi in viaggio in Marocco, tu resti qua con me.-

Il moro sbuffò - Comunque funzionava anche da rotta, con lo scotch si aggiusta tutto.-

-Sai cosa non si aggiustano con lo scotch? Le ossa. Te le spezzo una ad una se tocchi la nuova bacchetta.- Rispose con durezza, poi proseguì.

-Mio padre me l'ha ordinata da un’emporio di New Orleans e non puoi davvero capire quanto costi oggi farsi spedire un gufo da lì.-

-Ok serpe, la tua bacchetta è più bella e lunga della mia, andiamo avanti.- rispose Albus sfregandosi le mani, in un vano tentativo di riscaldarsi.

-Cosa hai portato di interessante oggi?- continuò il ragazzo alludendo alla bottiglia.

Scorpius sollevò il bottino e lo agitò trionfante d'innanzi agli occhi chiari e brillanti di Albus.

-Questa intendi? L'ho presa dal laboratorio di mio padre. Quando non ti è concesso di fare magie per tre mesi ci si deve accontentare.-

-E accontentiamoci, passa qua.- Rispose esaltato il moro.

Il liquido che ondeggiava viscoso e luminoso nel contenitore di vetro, brillava di una strana luminescenza ambrata e spargeva piccole stringhe di luce sul viso del mago che , stringendo gli occhi, tentò di decifrare l'etichetta.

-Tuo padre è fuori di testa, che diavolo sta scritto?-

Il biondo sfilò dalle mani del ragazzo la bottiglia e tolse il tappo di sughero.

Entrambi i ragazzi rimasero perplessi dall'odore e si guardarono titubanti per un secondo, poi Scorpius continuò.

-E' un alchimista ed un alcolista, scrive in ermetico per non farsi scoprire, è wiskey incendiario.-

Senza troppi sforzi si porto la canna della bottiglia alle labbra e ne bevve un sorso.

Fu come imparare a respirare per la prima volta, i polmoni gli si infiammarono d'aria, e gli occhi gli si inumidirono.

Parlò con voce roca.

-Non è male, sa quasi di gomme bolle bollenti.-

-Sa di merda- fù la constatazione monotona di Albus.

-Sì sa di merda, ora bevi.- passò il whiskey al ragazzo e lui lo bevve con esitazione.

Albus ricordò il sapore di qualcosa di simile, trangugiata qualche anno prima.

-E’ Ogden.- Affermò sicuro con una smorfia. -Mi sento uno del ministero in pensione quando lo bevo.-

-E non ti senti anche un po’ idiota quando spari certe stronzate?- Rispose il biondo incamminandosi lungo il muretto del fiume. Entrambi risero.

-Ti ricordi quando lo bevemmo con Teddy?- chiese Scorpius.

Albus annuì con enfasi, i capelli scuri gli ricaddero sparsi sulla fronte.

-Il giorno dopo i suoi M.A.G.O., certo, offrì un cicchetto a Rose.- Ricordò quel bel momento come se fosse avvenuto due giorni prima.

-E poi prese le sembianze della McGranitt e fece finta di interrogarci.- 

Una raffica li colpì entrambi, cercarono di combatterlo camminando contro vento.

Combattevano anche i segni del tempo che iniziavano a corrompere alcuni giovani ricordi condivisi, segno di un’amicizia forte e duratura.

Le imbarcazioni attraccate lungo il fiume mormoravano suoni metallici mente le onde masticavano tutto ciò contro cui si imbattevano.

Scorpius ruppe il cigolare lugubre di quel quartiere. -Perchè non è venuta? - Lily intendo.-

Albus lo affiancò, sentendo un po’ di rimorso, poi parlò. 

-Non l’ho fatta venire, ho ritardato a causa sua, non voglio faccia tutto quello che facciamo noi.-

-Guarda che l’alcool non ci ha mai creato troppi problemi, alla sua età facevamo di peggio.- sottolineò il biondo.

-Sì, infatti. il problema è tutto il resto. Non voglio che si complichi la vita e faccia bravate solo per imitazione.- si fermò per un secondo. - Diavolo se vuole creare problemi a papà deve essere originale.-

Scorpius continuò a sorseggiare il whiskey mentre ascoltava perplesso le parole del ragazzo.

Si aggiustò la giacca e la camicia, entrambe nere e appoggiandosi alla ringhiera che costeggiava gli argini del Tamigi osservò le nuvole ingurgitare la London Eye e le luci azzurre delle cabine perdersi nella notte.

Albus si sedette sul marciapiede inumidendosi noncurante le mani e i pantaloni, prese un secondo sorso incerto dalla bottiglia.

L’aria si riempì ancora dell’odore dolciastro della bevanda.

-Ok, Albus, Rose troverà un modo carino per far incazzare Potter Senior.- Scherzò. 

-Senza il nostro aiuto.-

Il figlio del bambino sopravvissuto, per un attimo, pensò che il liquido stesse facendo effetto, poi credette di esserselo immaginato.

-Senti Malfoy, ma ti sei vestito tutto di nero per un funerale?-

Il serpeverde afferrò saldo la ringhiera a cui era appoggiato, sentì un brivido percorrere il corpo e guardò il ragazzo seduto al marciapiede. Rispose sottile.

-Il tuo se non tieni la lingua a freno.- Allungò una mano al collo come in cerca di qualcosa e dalla camicia prese a giocare con una collana d’argento.

Quasi in un pietoso tentativo di provare che sua madre fosse ancora con lui.

La catena era di ottima manifattura, splendente più del comune metallo.

su di essa era incisa una runa che Scorpius aveva interpretato come un sigillo di protezione, e una lettera “A” in un corsivo elegante e sinuoso.

-Lo sai che intendo.- 

-Lo so che intendi.- ripetè il biondo.

-Comunque da quando non c’è più mi rendo conto di quanto sia grande Malfoy House. Fredda e vuota, puzza di umido.-

Albus impietrì all’istante e quasi con la voce rotta al ricordo della gentile Astoria Greengrass, riprese in mano la conversazione sdrammatizzando.

-Ecco cos’è quell’odore di vecchio che ti porti addosso.-

-Quello è l’Ogden.- Rispose Scorpius annoiato.

-No, quello è tuo padre.- Sibilò il ragazzo ghignando.

-Vaffanculo Potter.- Fù la risposta secca del ragazzo vestito in nero.

-Draco ti crucia se scopre che gli hai fatto sparire qualcosa.-

Scoprius lasciò ricadere la collana lungo il suo petto e rivolse nuovamente l’attenzione al moro.

-Se se ne dovesse accorgere, in quel momento sarò già ad Hogwarts e poi ,che io sia maledetto, ti assicuro che mio padre non farebbe più male ad una mosca.- 

Le ultime parole gli uscirono con rabbia. -Sono stanco delle occhiatacce di tutti, sono un Malfoy e mi va alla grande, mi piace.- Affermò deciso. -Mi piace la mia famiglia.-

Erano anni che il ragazzo combatteva contro le malelingue.

Ora che i soldati della battaglia di Hogwarts avevano avuto dei figli, i loro eredi si erano trovati a combattere i più testardi pregiudizi di chi la guerra l’aveva vissuta dall’esterno e ascoltata dai racconti di altri maghi e streghe.

Albus poggiò la bottiglia smezzata sulla strada, era confuso ma nulla di simile a come si era sentito altre volte.

-Senti amico, io non sarò come te, non mi vesto di nero costantemente e non mi tingo.-

Scorpius abbandonò la testa all’indietro ridendo di gusto. -Non mi tingo, quante volte te lo devo dire.-

Il moro gesticolò facendo segno di tacere e si dilungò in un monologo.

-Io ho le mie convinzioni, puoi dirmelo quante volte vuoi.- 

Albus si spense per un attimo, poi riprese il discorso. 

-Dicevo, io al contrario tuo non mi tingo e non ho nomi di stelle e fottute costellazioni come i tuoi cari.- Sospirò. -Ma sono qui per te.-

-Io sono il figlio del Bambino Sopravvissuto. Ha combattuto il Lord Oscuro, e io non riesco neanche a tener testa ad una bottiglia di whiskey.-

Detto ciò Albus si sentì la testa leggera come se fosse stracolma di attivi pixy e poi pesante come un uovo di Ungaro Spinato.

Si sporse in avanti ma venne repentinamente afferrato per il bordo della felpa da Scorpius.

Entrambi risero sonoramente e il biondo gli carezzò le spalle in maniera confortante. Sussurrò reggendogli la testa.

-Non voglio finire a reggerti i capelli come alla scorsa riunione del Lumaclub, quindi ora ti riporto a casa e poi ti smollo agli elfi domestici.-

Albus parve non curarsi delle parole di Scorpius.

-Domani sarò in hangover nel treno.-

-Oh si, domani sarai in hangover treno ma ti porterò uno dei nostri intrugli alchemici e starai meglio.-

Il ragazzo cercò le chiavi della villa dei Potter nelle tasche della felpa che erano state incantate con l’Adduco Maxima probabilmente mesi addietro, infatti , straboccavano di cianfrusaglie.

Nel caos di oggetti magici e non, Scorpius si trovò tra le mani una piccola foto ricordo, scattata in estate che ritraeva lui, James e Albus Potter intenti ad accarezzare uno Zouwu in un coloratissimo circo a Pechino.

lo sfondo era una Pasqua di tonalità dal rosso, all’arancione fino ad arrivare al ciano e l’aria pareva pulire di una sfavillante polvere dorata. 

I due salutavano felici in fotocamera mentre il primogenito dei Potter era intento nello scompigliare i capelli del fratello minore.

Ripose con cura il ricordo nelle tasche prima di scovare ciò che stava cercando.

I due sembravano barcollare da una parte all’altra della via, spinti in parte dal vento e in parte dall’alcool.

-Scorpius quando saremo ad Hogwarts, ricordati il Fidelius.-

Il biondo si sorprese alla menzione dell’incanto, e preso alla sprovvista serrò la mascella.

-Non dirò nulla.- Rispose aspro, continuando a trascinare l’amico per la città. -E tu ricordati che questo è l’anno buono che diventiamo animagi.-

Il moro rimembrò le sessioni di allenamento in riva al Lago Nero, sullo sfondo di una Hogwarts meno pressante e più lasciva, passati gli anni in cui il confine della scuola era praticamente trincea.

Ricordò una nottata in particolare, illuminata da sfolgorii azzurri e brillii bianchi, nient’altro che luce e risate.

Fu la sera in cui il loro gruppo si esercitò nel perfezionare l’Incanto Patronus, alcuni, con davvero scarsi risultati.

 

Arrivati a Lupus street, Hope’s Place pareva una macchia lattiginosa nel bel mezzo del fumo pressante di Londra e delle altre abitazioni amorfe. 

Una bella villetta a schiera costruita sulla speranza di una città non più dilaniata dalle guerre di razza, casa dei Potter. 

Scorpius abbandonò gentilmente il braccio dell’amico e gli infilò il cappuccio appuntito sulla testa.

-Ce la fai ad aprire senza usare un’incanto d’apertura?-

-Ho avuto serate peggiori.- Rispose il moretto. 

Armeggiò qualche secondo con la lucente serratura decorata in runico, segno che per aprire quella porta l’Alohmora non sarebbe bastato, poi con un cigolio si aprì di uno spicchio.

Si girò entusiasta verso l’amico per fargli notare l’incredibile riuscita dell’impresa.

L’altro ghignò sollevando gli occhi al cielo.

Scorpius salì gli scalini marmorei per arrivare fino ad Albus, gli strinse prima la mano e poi lo abbracciò d’istinto.

Albus ricambiò la forte stretta. 

Quando si staccarono il biondo soffiò. -Ci vediamo domani, fratello, per l’ultima volta al binario.- Poi sottolineò. -Puntuale.-

 tetro salone si levasse una gentile voce.

-Albus sei tu?- Il tono pareva calmo, come se già fosse a conoscenza della risposta.

-Cazzo.- Sospirò il ragazzo, ancora appoggiato allo stipite della porta.

Questa volta alzò un po’ il tono e parlò nello spiraglio da dove proveniva il suono.

-Sì, Lily, arrivo.-

Poi rivolse gli occhi verdi e pieni di sonno verso l’amico e scuro in viso pronunciò l’ultima frase, prima di allungarsi dentro la casa.

-Spero quest’ultimo anno sia il migliore.-

La porta si chiuse con dolcezza, in modo da non causare troppo scompiglio.

“Speranza”, pensò Scorpius, scendendo i gradini con passo stanco. Lanciò uno sguardo alla targa della casa che fieramente, si distingueva nel buio. 

Tra la nebbia densa che si erigeva dall’acqua e invadeva le viuzze della periferia, il ragazzo alzò lo sguardo.

Sperò di vedere qualcuno o qualcosa di simile a delle fievoli luci, ma in quella notte troppo fredda per essere di fine estate, le nuvole si erano distese sulla volta.

Il bluastro dell’abito notturno aveva dato spazio ad un grigio cupo, un cielo Agostano insolito.

Allora anche lui si aggrappò avido alla speranza. 

Almeno nei campi che circondavano Hogwarts e che di notte si tinteggiavano di nero e si popolavano di lucciole, gareggiando con il firmamento, avrebbe avuto un’opportunità in più di vedere il cielo con tutti i suoi più brillanti gioielli.

Una speranza quasi sciocca per quanto inutile possa essere trovare conforto nella volta quando si è bloccati in terra.

Eppure la voce di Lily gli ricordò per un attimo quella soffice di sua madre e lui ci si stese sopra come con un cuscino.

Sentì per la prima volta dopo tanto tempo, il desiderio di innamorarsi perdutamente, come si innamorava, della Luna e delle stelle, ogni notte da quando Asteria era via.

Sorpassò qualche pozzanghera prima di inoltrarsi ancora nell’umido della mezzanotte londinese.

Aveva nelle iridi ghiacciate un disco chiaro che si appoggiava stanco sul Tamigi e rimpianse di non potersi smaterializzare al chiuso di Malfoy House , che se pur fredda, era sempre casa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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