Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: RedeNetele    08/11/2019    1 recensioni
A quasi ventinove anni, Anna si trova di fronte a una scelta: lasciare la sua vecchia vita per ottenere un lavoro oppure rimanere disoccupata. Anche se a malincuore, Anna lascia Lorenzo, il suo ragazzo, e si trasferisce a più di duecento chilometri di distanza, nella città che l'ha vista crescere, dove l'aspetta un posto come impiegata nell'ospedale cittadino.
La vita da single è più difficile del previsto, soprattutto se a complicare le cose ci si mettono un vicino di casa ostile, irritante e con due occhi di ghiaccio e il suo cane-killer costantemente a caccia dei gatti di Anna. Ma chissà che non sia proprio Yaroslav, levriero apparentemente bipolare, ad alleviare la solitudine di Anna e a farle vedere sotto una nuova luce anche lo scostante Oleksander?
Ma l'imprevisto è sempre dietro l'angolo e, quando Lorenzo si dimostrerà più tenace del previsto, Anna dovrà fare i conti con l'amore, un sentimento che non ha mai compreso fino in fondo.
Una storia di umani, cani e mostri da sconfiggere.
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

E niente, io sono fatta così. Se mi viene l'idea per una storia, la devo scrivere, anche se magari ne ho in cantiere altre cinquanta. Ogni tanto ci piazzerò qualche nota a piè di pagina, spero che la cosa non disturbi eccessivamente la lettura.

♥♥♥

Anna strinse tra le dita il bicchiere mezzo vuoto, mentre il brusio del piccolo bar di quartiere sfumava, perdendosi nel rombo quieto che aveva improvvisamente riempito le sue orecchie.

Seduto di fronte a lei, quasi rattrappito sulla sedia metallica troppo piccola per il suo metro e ottantacinque di altezza, Lorenzo, il suo ragazzo, la guardò come se non fosse in grado di capacitarsi di quello che stava dicendo. «A Lanzate (1)» scandì lentamente, ripetendo ciò che Anna aveva detto pochi istanti prima.

«» confermò lei, puntando gli occhi in quelli del giovane per studiarne la reazione. Lo stava ferendo, lo sapeva, ma aveva il disperato bisogno che lui capisse le sue esigenze o che, per lo meno, provasse a farlo.

«Ma è a più di duecento chilometri da qui» sbottò lui, aggrottando le sopracciglia scure e dall'arco elegante. Dal tremolio quasi impercettibile della sua voce, dalla lieve inflessione tagliente nel suo tono, Anna capì che lo spaesamento e la rabbia stavano per avere la meglio sul suo autocontrollo.

Stavano insieme da più di otto anni, lei e Lorenzo, e ormai aveva imparato a conoscerlo e a prevedere ogni sua reazione. Fa sempre così, pensò nervosamente la ragazza, abbassando lo sguardo sulla superficie metallica del tavolino che la divideva dal giovane. Quando sente che la situazione sta per sfuggirgli di mano, diventa passivo-aggressivo. Ma lei aveva ormai capito come ricondurlo a più miti consigli: il trucco stava nel non arretrare nemmeno di un centimetro e di tenergli testa senza dar segni di cedimento.

«Certo, ma non capisco perché ti mostri così sorpreso» ribatté, puntando gli occhi quasi neri in quelli appena più chiari del ragazzo. «Sono mesi che parlo di questo concorso. Sono mesi che discutiamo della possibilità di trasferirci a Lanzate. Qual è il problema?»

Lorenzo allargò le braccia, come se il suo discorso lo lasciasse senza parole. «Secondo te, qual è il problema?» la provocò, senza celare l'amarezza che trapelava dalle sue parole. «Non saprei, forse il fatto che io lavoro qui? E che, sempre qui, ho la mia famiglia e tutti i miei amici?»

Anna sentì la frustrazione bruciarle lo stomaco. «Ma ne abbiamo già parlato!» gemette, facendo del proprio meglio per non urlare e per non attirare l'attenzione degli altri avventori del bar. «Non ne abbiamo per caso già parlato? Quante volte abbiamo discusso del fatto che, se avessi superato il concorso e avessi ottenuto il posto in ospedale, sarei dovuta tornare a Lanzate? Non dirmi che hai rimosso tutto!»

Lorenzo abbassò lo sguardo e deglutì un paio di volte, un chiaro segnale del fatto che si sentiva preso in contropiede. «Sì, ma non pensavo che avremmo dovuto decidere così presto.»

Anna aggrottò la fronte, confusa da quell'ammissione. Quando comprese ciò che il ragazzo voleva veramente dire, anche se in maniera un po' velata, si sentì avvampare dalla rabbia. «Non pensavi che avrei superato il concorso, vorrai dire» sibilò, mentre un retrogusto amaro le riempiva la bocca. «Mi fa piacere sapere che hai così tanta fiducia nelle mie capacità!» Si interruppe brevemente, poi riprese: «O forse addirittura speravi che non lo superassi, quel concorso.»

«Questo non è vero!» ribatté Lorenzo, cercando lo sguardo di lei. «So che sei brava e intelligente e che hai tutte le possibilità per fare bene, però...»

«Però?» lo incalzò Anna.

«Se devo essere sincero, credo che tu non avresti nemmeno dovuto farlo, quel concorso» concluse lui, abbassando però gli occhi come se non riuscisse più a sostenere il peso di quelli della ragazza.

La giovane rimase spiazzata e, per diversi secondi, non riuscì a dar voce ai pensieri che le vorticavano in testa. «Ma... ma se sono disoccupata da due anni» balbettò, prima di riprendere, con più vigore: «Non ce l'ho nemmeno mai avuto, un lavoro vero! Da quando mi sono laureata, ho fatto... cosa ho fatto? La cameriera in un ristorante, e un paio di volte la commessa sotto Natale.»

«Lo so» sbuffò Lorenzo. «Però sei giovane, avresti avuto tutto il tempo di trovarti un lavoro qui vicino. Non c'era nessun bisogno di andare a cercarlo così lontano.»

«Non sono poi così giovane» mormorò Anna di rimando, mentre un brivido d'ansia le serpeggiava nello stomaco. «Tra pochi mesi compirò ventinove anni e i trenta sono dietro l'angolo: chi diavolo l'assumerebbe una trentenne senza esperienza?»

Lorenzo esitò, poi si strinse nelle spalle. «Sono sicuro che un lavoretto l'avresti comunque trovato» mugugnò, evitando però di scendere nei dettagli.

«Un lavoretto, eh?» ringhiò Anna. «E come ci campo, con un lavoretto?»

Quella domanda parve pungere Lorenzo sul vivo. «Come se corressi il rischio di morire di fame!» ribatté, con voce improvvisamente più dura. «Ci sono i tuoi che ti mantengono e, soprattutto, ci sono io, che un lavoro ce l'ho: ed è anche un buon lavoro, che avrebbe potuto mantenere entrambi in maniera dignitosa.»

Anna lo osservò per qualche istante, chiedendosi se avesse sentito bene. «Lore... non ho preso due lauree per fare la casalinga: questo lo sai, vero?» fece, riuscendo a stento a trattenere l'incredulità nella voce.

Il ragazzo chiuse forte gli occhi, come nel tentativo di riordinare le idee. «Ma certo, lo so. Non ho mai detto che dovresti fare la casalinga, ovviamente. Sto solo dicendo che avresti potuto trovare una soluzione diversa.»

«... che avremmo potuto trovare una soluzione diversa» puntualizzò la giovane. «La decisione di partecipare al concorso in ospedale l'ho presa dopo essermi confrontata con te.»

«Ah, sì?» fece Lorenzo, ironico.

Anna incrociò le braccia davanti al petto, senza più curarsi di nascondere l'irritazione che ormai doveva essere perfettamente evidente anche agli occhi degli altri clienti del bar. «Ovvio. Te ne ho parlato, abbiamo valutato i pro e i contro e tu non mi hai mai detto di non andare.»

«Non volevo offenderti!» ribatté il ragazzo. «Non volevo che pensassi che volessi dirti quello che dovevi fare della tua vita! Però ho cercato di farti capire che questa non era la soluzione migliore per il nostro futuro, per noi: tu, però, non mi hai mai voluto ascoltare.»

Anna fece per negare, per dire che non era vero, ma le parole le morirono in gola. Lei lo sapeva, che Lorenzo non era felice del fatto che lei se ne andasse tanto lontano alla ricerca di un lavoro. Lo sapeva interpretare bene, quello sguardo da cucciolo sofferente, quella tensione di fondo nella sua voce, quel suo tentativo di svicolare ogni volta che lei sollevava l'argomento. Però non le aveva mai detto che non voleva che lei partisse, questo no. Ma temo che in questo caso non valga la regola del silenzio-assenso, riconobbe con una smorfia.

Sentendosi improvvisamente sfinita, Anna si massaggiò gli occhi con i polpastrelli per scacciare la tensione che sentiva crescere all'interno della testa, preludio di un'imminente cefalea. «Be', ormai è tardi per cambiare idea. Avresti dovuto parlare più chiaramente: siamo due persone adulte, non puoi pretendere che io interpreti quello che pensi, ma che non hai il coraggio di dire.»

«Quindi adesso sarei uno che non ha il coraggio di dire le cose come stanno?» sbottò Lorenzo, rivolgendole uno sguardo tradito.

«... a volte, forse» ammise la ragazza. Non appena ebbe pronunciato quelle parole, provò una fitta dolorosa all'altezza del petto, ma non si rimangiò le parole. Perché sono vere, riconobbe, vedendo improvvisamente Lorenzo sotto una nuova luce.

Lui rimase immobile per qualche secondo, boccheggiando come se non riuscisse a trovare una risposta adeguata per ciò che la giovane gli aveva appena detto. «È questo quello che pensi, eh?» fece, poi, con una strana voce tesa. «E allora adesso te lo dico chiaro e tondo, quello che penso.»

Anna si sentì improvvisamente messa all'angolo e un brivido di preoccupazione le serpeggiò nello stomaco. Nonostante ciò, sostenne in silenzio lo sguardo del proprio fidanzato, invitandolo a continuare.

«La verità è che tu non mi ami» dichiarò Lorenzo.

Davanti a quella battuta così scontata, Anna non riuscì a trattenere una risata incredula e si coprì la bocca con una mano, cercando di capire se il ragazzo fosse serio o se avesse semplicemente voluto fare un'uscita a effetto. «Come, scusa?» chiese, quando vide che il giovane non mutava espressione.

«Mi hai sentito benissimo e non credo che ci sia nulla da ridere» ribadì Lorenzo, funereo. «Stiamo insieme da otto anni e il nostro rapporto, anziché evolversi, si è come accartocciato su se stesso. Abbiamo quasi trent'anni e ancora non abbiamo fatto nessuno progresso.»

Per qualche motivo, il cuore della ragazza prese a battere più forte, ma Anna scosse testardamente il capo. «Non è vero» protestò. «Stavamo parlando di andare a vivere insieme!»

«Stavamo, appunto!» sbottò Lorenzo. «Prima che saltasse fuori questa storia del lavoro in ospedale e prima che tu decidessi di trasferirti in un'altra regione!»

Anna strinse nervosamente i pugni, cercando di dominare le proprie emozioni. «Lo dici come se lo avessi fatto apposta: da come la metti, sembrerebbe che io sia andata a cercarmi un lavoro lontano per non dovere stare con te.»

«Magari non hai fatto apposta», replicò Lorenzo, dopo un silenzio di qualche istante, «però non ci hai pensato nemmeno un secondo, prima di accettare di trasferirti a Lanzate.»

«Non ci ho pensato più di tanto perché so che questa è un'occasione più unica che rara» sbuffò la ragazza di rimando. «Ho aspettato un sacco di tempo di trovare un lavoro qui da queste parti. Ci ho sperato, ma non è saltato fuori niente. Non posso più permettermi di aspettare.»

«Perché il tuo lavoro è più importante di me, giusto?» la incalzò il giovane.

Anna incrociò risolutamente le braccia davanti al petto. «È altrettanto importante» sbuffò. «E, in ogni caso, le due cose non sono in contrasto.»

Lorenzo non trattenne un sorriso sarcastico. «Dimmi che non stai per propormi una relazione a distanza.»

«No, sto per proporti di iniziare a cercarti un lavoro vicino a Lanzate» ribatté lei. «Tu sei un maschio e sei ingegnere meccanico: se mandi un po' di curriculum, verrai praticamente sommerso dalle richieste di lavoro.»

Il ragazzo sgranò gli occhi. «Ma non se ne parla proprio!» sbottò. «Io un lavoro ce l'ho, e mi piace pure. Perché dovrei lasciarlo per trasferirmi dove dici tu?»

«E perché io dovrei rinunciare a un lavoro che magari mi piacerà per restare dove dici tu?» ribatté lei. «Che, tra l'altro, Lanzate è il posto in cui sono cresciuta: ci sono pure affezionata.»

«Per me, invece, non significa nulla» fece Lorenzo, con il tono di chi intende chiudere una discussione.

«E allora come la mettiamo?» fece Anna, giocherellando nervosamente con l'ultimo rimasuglio di birra. Lorenzo distolse lo sguardo, irrigidendo la mascella e affondando i denti nella labbro inferiore. Sta per fare una sparata, realizzò la ragazza, con un pessimo presentimento. Lorenzo non era del tutto nuovo al fatto di porle degli aut-aut, ma la giovane intuì che quella volta sarebbe stato diverso.

«O rinunci a partire, oppure ho bisogno di un po' di tempo per ripensare alla nostra storia» disse infatti il giovane, senza trovare il coraggio di guardarla negli occhi.

Per qualche istante, Anna ebbe l'impressione che la gola le si stringesse a tal punto da non riuscire a respirare. Dopo il primo brevissimo istante di panico e di confusione, la ragazza sentì montare in sé la rabbia: come osava porla di fronte a una scelta del genere? Pensava davvero che un ricatto avrebbe risolto la situazione?

Reclinandosi lentamente sullo schienale, la giovane fece scorrere lo sguardo su Lorenzo. Bello era bello, c'era poco da dire. Si ricordava ancora quando, nove anni prima, l'aveva visto per la prima volta, mentre giocava a basket insieme al ragazzo di quella che al tempo era la sua migliore amica. Era alto, agile come un gatto e con le spalle larghe malgrado i suoi diciott'anni scarsi. Dalla sua posizione sugli spalti, Anna l'aveva studiato, cercando di convincersi che era solo un ragazzino: del resto, aveva un anno in meno di lei. Però l'aveva seguito per tutta la partita, scoprendosi incantata dal gioco dei muscoli delle sue braccia e dal gesto con cui si scostava dagli occhi i capelli scuri e un po' lunghi. Poi, quando la partita era finita, il ragazzo della sua amica si era avvicinato a loro e, per qualche motivo, Lorenzo l'aveva seguito. Era stato così che si erano conosciuti ed era stato da allora che avevano preso a frequentarsi, anche se, prima di scambiarsi un bacio, avevano aspettato un anno.

Adesso era cresciuto – com'era cresciuta lei – ed era diventato un uomo, si era lasciato crescere una barba corta e curata e il lavoro al computer gli aveva regalato un paio di occhiali dalla montatura nera che non faceva altro che accrescere il suo fascino: ogni volta che lo guardava, Anna si stupiva di quanto fosse bello.

Ma la bellezza non è tutto, pensò, sentendosi stranamente distaccata dal proprio corpo. Dopo essersi versata in bocca l'ultimo sorso di birra ormai calda, Anna posò il bicchiere sul tavolo, avendo cura di piazzarlo al centro esatto del sottobicchiere di cartone. Poi spinse indietro la sedia e si alzò, guardando il volto di Lorenzo senza però vederlo veramente.

«Ti avevo già avvertito: se c'è una cosa che proprio mi fa incazzare, sono i ricatti» disse, con una voce controllata che stupì lei per prima. «Tu pensaci pure, se vuoi. Io una decisione l'ho già presa: parto.» Così dicendo, la ragazza si alzò in piedi e si sistemò in spalla la borsetta di pelle chiara. «Ah, un'ultima cosa. Quando ci avrai pensato, non prenderti il disturbo di farmi avere la risposta: non mi interessa.»

Sul volto di Lorenzo passò un'espressione allarmata, come se il giovane si fosse reso conto solo in quell'istante di essersi spinto troppo in là. «No, Anna! Aspetta un attimo» balbettò, facendo come per alzarsi a sua volta.

«Vai al diavolo» mormorò lei, riuscendo finalmente a infilare un po' di sdegno nella voce. Senza dedicargli un'altra occhiata, Anna girò sui tacchi e si avviò a passi veloci verso l'uscita del bar nel quale aveva trascorso innumerevoli serate, ignorando le occhiate curiose e un po' imbarazzate degli altri avventori.

Quando si trovò fuori, sotto ai pallidi raggi della luna di settembre, la giovane si accorse di essersene andata senza avere pagato il conto. Eh, pazienza, si disse, stringendosi nelle spalle. Che la paghi Lorenzo.

Cinque minuti più tardi, seduta al volante della sua Fiat Panda giallo canarino, Anna si immobilizzò nell'atto di infilare le chiavi nel quadro: aveva appena lasciato il ragazzo con cui si frequentava da sette anni, comprese, e non aveva praticamente provato nulla.

(1) – Il paese di Lanzate non esiste. Nella mia testa è una cittadina di medie dimensioni, un paesotto senza infamia e senza lode che offre ai suoi abitanti una vita tranquilla e un po' noiosa. Ho scelto di ambientare la storia in un luogo immaginario così che ognuno sia libero di darle la collocazione geografica che meglio crede, nei limiti di quello che andrò a descrivere.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: RedeNetele