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Autore: evil 65    09/11/2019    14 recensioni
Due anni sono passati dalla guerra contro Thanos.
Peter Parker e Carol Danvers sono ormai diventati buoni amici, alternando la loro vita da supereroi a rari momenti di vita quotidiana in cui si limitano ad apprezzare l’uno la compagnia dell’altra, come farebbero con qualsiasi altro membro degli Avengers.
Tuttavia, Peter vuole di più…anche se sa che non dovrebbe.
A peggiorare le cose, un misterioso serial killer dotato di poteri fugge da un carcere di massima sicurezza, cominciando a seminare morte e distruzione in tutta New York…
( Sequel della one-shot " You Got Something For Me, Peter Parker ? " )
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carol Danvers/Captain Marvel, Peter Parker/Spider-Man
Note: AU, Lemon, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Avengers Assemble'
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NOTE IMPORTANTI : Bene, signore e signori, ecco l’ultimo capitolo di questa storia! È stata una bella cavalcata, spero che ve la siate goduta come me la sono goduta io, quindi non esitate a farmelo sapere nei commenti.
Ho realizzato una copertina per la storia, che potete trovare nel primo capitolo.
Inoltre, questo epilogo conterrà una “scena post-credit” preceduta da un video dedicato a Carol e Peter, da me personalmente realizzato.
A fine capitolo troverete altre note che vi consiglio di leggere, ma per ora mi limiterò ad augurarvi una buone lettura!

 

 
Epilogue

Peter Parker si sveglio di soprassalto, rendendosi conto all’istante di trovarsi in un luogo piuttosto familiare : l’infermeria dei Vendicatori.
Gemendo, ricadde sul letto con un tonfo e passò brevemente lo sguardo sulla finestra semi-aperta della stanza.
La pioggia scendeva veloce, forte, costante e c’era qualcosa di azzurro nella luce che filtrava debolmente tra le nubi purpuree. Sembrava di essere intrappolati in un mondo segreto al di sotto di una cupola d’acqua, un luogo autunnale in cui tempo e spazio non esistevano.
 Il sibilo tra i rami di pino sembrava un disturbo elettrostatico, rumore bianco.
Il ragazzo se ne stette lì a respirare il profumo dolce degli alberi e dell’acqua che batteva sulle aiuole, cercando di capire come diavolo fosse finito su quel letto.
Poi, i ricordi della notte precedente gli arrivarono tutti in una volta, costringendolo a portarsi una mano alla testa per frenare la conseguente emicrania. Fu allora che si rese conto del gesso che gli ricopriva il braccio sinistro, collegato alla spalla con alcune bende.
“ Devo essermeli rotti combattendo con Carnage” pensò sconsolato.
Il suono della porta che si apriva attirò la sua attenzione.
Carol Danvers, vestita con la sua tuta da Capitan Marvel, entrò nella stanza con passo esitante e prese a scrutare l’adolescente.
Peter la fissò a sua volta, dando il via ad una gara di sguardi che durò per quasi un minuto buono.
<< …Dovremmo davvero smetterla di incontrarci così >> disse con un sorriso impertinente, utilizzando le stesse esatte parole che lei gli aveva rivolto dopo la loro battaglia con Electro, quasi un anno prima.
La donna arricciò il volto in un cipiglio scontento.
“ Come può continuare a scherzare anche in una situazione del genere?” pensò stizzita.
Prendendo un respiro profondo, si avvicinò al letto del ragazzo e si sedette accanto a lui.
 << Come ti senti? >> chiese con tono visibilmente preoccupato.
Peter rilasciò un sospiro stanco.
<< Come se fossi stato investito da una nave Chitauri >> ammise, per poi incontrare i caldi occhi castani delle bionda. << E tu? >>
<< Penso che avrò gli incubi per un paio di settimane >> borbottò la donna, rabbrividendo a causa di tutto quello che aveva visto quando era sotto il controllo di Carnage.
Affianco a lei, il vigilante la scrutò a disagio. Dio, non voleva neanche pensare a come potesse essere stato entrare nella mente di un pazzo come Cletus Kasady.
Posò una mano su quella di Carol, nel tentativo di confortarla, ma l’espressione dell’Avenger non cambiò di una virgola.
Rimasero in silenzio per un altro po’, accompagnati solo dal rumore basso e ritmato dell’unico orologio attaccato al muro della clinica.
<< Sto per lasciare la Terra >> disse Carol all’improvviso.
Il cuore di Peter mancò un battito.
Inconsciamente, strinse la presa sulla mano della donna, cosa che non passò certo inosservata a quest’ultima.
Il vigilante abbassò lo sguardo, incerto su come rispondere a quella dichiarazione inaspettata.
 << È…è a causa mia? >> chiese, dopo qualche attimo di esitazione.
Carol gli sorrise tristemente.
 << No, non è colpa tua >> disse, dandogli una pacca confortante sulla spalla buona. << È solo che sono stata lontana dallo spazio per diversi mesi. E come sai, la Terra non è l’unico pianeta che ha bisogno di aiuto costante >>
Sospirò, volgendo lo sguardo in direzione della finestra e osservando il panorama che si stagliava oltre quella sottile lastra di vetro.
<< Inoltre…mi darà tempo per pensare. L’incontro con Kasady ha riportato a galla ricordi che speravo di aver sepolto per sempre >> continuò con riluttanza.
Peter la fissò tristemente, ma non proferì parola.
Nella stanza tornò a regnare il silenzio. Nessuno dei due sembrava intenzionato o disposto a riprendere il discorso, e la cosa cominciò a mettere Carol a disagio.
<< Pepper lo sa >> sputò tutto d’un fiato.
Gli occhi di Peter si dilatarono come piatti.
 << …Oh >> fu tutto quello che riuscì a dire.
Suo malgrado, la donna si ritrovò a ridacchiare.
 << Sì, con tutto quello che è successo mi ero quasi dimenticata di dirtelo >> borbottò con un lieve rossore.
Affianco a lei, Il vigilante rilasciò un sospiro quasi rassegnato.
 << Qulcun’altro? >> chiese stancamente.
<< Bucky >> rispose Carol, sorridendo ironica.
Peter annuì a se stesso. << Non mi sorprende, è sempre stato percettivo. Come l’hanno presa?>>
La donna si strinse nelle spalle. << Bucky l’ha presa piuttosto bene. C’era d’aspettarselo, considerando tutto quello che lui e Steve hanno passato >>
Il ragazzo sorrise sollevato.
 << Mi fa piacere sentirlo. E Pepper ?>> chiese con esitazione.
L’altra cominciò a grattarsi la testa, il volto adornato da un’espressione perplessa.
<< Siamo arrivati ad una…comprensione, credo >> rispose dopo un attimo di silenzio.
Peter la fissò seccamente. << …Le parlerò >>
<< Sì, penso che dovresti >> disse rapidamente la donna. Dopotutto, l’ultima cosa che voleva era ritrovarsi un’intera Iron Legion alle calcagna, una volta tornata sulla Terra.
“ Ma…voglio davvero tornare?” fu il pensiero traditore che attraversò la mente dell’eroina, facendola sussultare.
Peter se ne accorse, e la guardò preoccupato. E fu così che la bionda si ritrovò ancora una volta a specchiarsi negli occhi dell’adolescente, così simili ai suoi…eppure così diversi al tempo stesso. Così pieni di vita.
<< Scusa >> sbottò all’improvviso, afferrando saldamente la mano del ragazzo.
Inizialmente sorpreso dal piccolo sfogo, l’adolescente le inviò sorriso gentile. << Non devi chiedermi scusa >>
<< Invece sì. Sì che devo >> ribattè Carol, prima di prendere un respiro profondo. << Per quello che ho fatto…e che ho detto. Per tutto >>
Poi, lentamente, quasi con esitazione, alzò l’altra mano e la posò sulla guancia del vigilante.
 << Specialmente…per quello che devo fare ora >> sussurrò a bassa voce.
Il sorriso di Peter rimase immutato. << Va bene >>
<< Non va bene >> sospirò la donna. Tuttavia, l’espressione sul volto del ragazzo rimase la stessa.
 << Sì che va bene >> disse con una scrollata della spalla buona.
Carol chiuse gli occhi, sentendo una stretta sgradevole attanagliarle il cuore.
 << Peter, io… sto cercando di lasciarti >>
<< Lo so >>
<< ?! >>
Il tempo parve fermarsi.
La donna aprì gli occhi, incontrando quelli dell’adolescente. Questi continuò a sorridere e le posò la mano destra sulla guancia.
 << Va tutto bene >> disse con maggiore enfasi.
Carol spalancò la bocca.
<< Come può andare bene? >>  domandò incredula.
Peter scrollò la spalla una seconda volta. << Perché io posso aspettare >>
Il cuore della bionda mancò un battito.
Prese un respiro profondo e fissò intensamente l’arrampica-muri.
<< Non posso chiederti di aspettarmi, non lo voglio fare >>
<< Non ce n’è bisogno >> ribattè Peter, mantenendo un tono di voce completamente calmo. << Noi alla fine staremo insieme >>
Questa volta,  nonostante i suoi migliori tentativi per evitarlo, la donna scoppiò in una risata strozzata. Il tutto sotto lo sguardo cordiale dell’aracnide.
Dopo essersi calmata, prese la mano del ragazzo, la scostò delicatamente dal volto e disse : << Io non credo nel destino >>
<< E fino a dieci anni fa io non credevo agli alieni >> rispose Peter, continuando a sorridere.
Poi, si porse in avanti e, prima che Carol potesse reagire, posò le proprie labbra sulle sue.
Fu un bacio dolce, privo di malizia o risentimento. Un semplice gesto d’affetto, un saluto e una promessa fusi assieme, qualcosa che solo lei sarebbe stata capace di interpretare.
Inizialmente, la donna fu tentata di ritrarsi. Sapeva che, se avessero continuato, la loro separazione sarebbe stata ancora più difficile. Ma non si staccò. Rimase immobile, lasciando che il ragazzo approfondisse il contatto. Gli doveva almeno questo.
Quando lui si staccò, riuscì a mala pena a sostenere l’espressione luminosa che andò a formarsi sul volto dell’adolescente.
<< Voglio essere tante cose per te, Carol Danvers. Quello che non voglio essere…è il tipo di uomo che ti tiene a terra >> disse con tono di fatto.
Mentalmente, la donna rilasciò un sospiro rassegnato.
“ Dio, perché deve essere così maledettamente romantico?” pensò con un sorriso ironico.
Si alzò dal letto con un rossore prominente e posò un rapido bacio sulla fronte del ragazzo.
<< Prenditi cura di te, Peter. Dico sul serio >> ordinò con voce ferma.
In tutta risposta, l’arrampica-muri le inviò un ghigno impertinente.
<< Farò del mio meglio >> disse con voce civettuola.
La donna roteò gli occhi e procedette ad uscire dalla stanza. Non prima, però, di aver lanciato un’ultima occhiata alla figura del vigilante.
Quando chiuse la porta, Peter si accasciò ancora una volta sul materasso del letto.
<< Sì, posso decisamente aspettare >> borbottò a se stesso.
Aveva così tante domande che ancora gli frullavano per la testa. Come aveva fatto Celtus ad ottenere i suoi poteri? Come faceva a sapere così tante cose su di lui? Cosa…cosa diavolo stava succedendo in questa città?
Sì, tante domane e nessuna risposta. Ma anche loro potevano aspettare.
Volse il proprio sguardo in direzione del soffitto.
Era tutto tranquillo. Si sentiva completamente in pace.
Non sapeva cosa sarebbe successo il giorno dopo, e sinceramente non gli importava. Aveva lottato anche fin troppo.
Chiuse gli occhi, preparandosi a dormire. Perché…in fondo sì : domani sarebbe stato un'altro giorno.
Ebbe appena il tempo di elaborare quel pensiero. Appena un secondo dopo, una May Parker visibilmente adirata spalancò la porta dell’infermeria ed entrò nella stanza come una furia.
<< Hai molte spiegazioni da darmi, signorino >> disse freddamente.
Peter deglutì per la paura.
<< Maledizione… >>
 
                                                                                                                                                      * * * 


Credit Song : https://www.youtube.com/watch?v=jgJdzSI4aFg&t=49s

Scena Post-Credit :
 
Quando moriva qualcuno di interessante, Kyle Aldler, guardia di sicurezza al New York General Hospital da quasi cinque anni, lo fotografava sempre.
Recentemente c’era stata una giornalista dei notiziari locali, una bella donna di trentadue anni con i capelli neri e gli occhi verdi chiaro, che era stata trapassata da parte a parte con un oggetto affilato.
Kyle era andato all’obitorio all’una di notte, l’aveva tirata fuori dal cassetto e l’aveva messa a sedere. Le aveva passato un braccio intorno e, mentre tirava fuori il cellulare per scattarle una foto, si era chinato per simulare un bacio.
Poi, appena due giorni prima, era stato il turno del giudice Vernon Claridge.
Kyle lo aveva tirato fuori dal cassetto, gli aveva messo una parrucca con i boccoli in testa, gli aveva piegato le dita a forma di corona, poi le aveva fatte anche lui e aveva scattato una foto di loro due assieme.
Avrebbe tanto voluto ottenere anche una foto del sindaco James Erbert, ma il suo cadavere si era rivelato praticamente irriconoscibile a causa delle ustioni.
Era stata la sua ragazza, Amanda, a dirgli che all’obitorio sarebbe presto arrivato il corpo di Cletus Kasady, alias Carnage, colui che nel giro di una settimana era diventato il serial killer  più prolifico nella storia degli Stati Uniti d’America.
Da due giorni, ormai, i notiziari non facevano altro che parlare di lui. Di come il mostro che aveva terrorizzato New York nel lontano 2011 era emerso come una furia vendicativa dal buco in cui era stato imprigionato, armato di superpoteri e pronto a scatenare la sua follia omicida sui poveri e inermi cittadini di New York. Di come Spiderman e Capitan Marvel erano riusciti a fermarlo, prima che potesse trasformare l’intera città in un cimitero.
Una storia sicuramente avvincente,  degna di una pellicola hollywoodiana, tanto che in poche ore aveva già fatto il giro del mondo. La stampa ci era andata a nozze.
Fatto sta che Amanda gli aveva chiesto di procurarle una foto di Kasady.
Lei faceva l’infermiera due piani più sopra, nel reparto per anziani, ed era sempre stata una fan di quelle sue foto con i morti famosi. Proprio per questo motivo, era sempre la prima a cui le spediva.
La ragazza trovava Kyle divertente, e spesso gli diceva che sarebbe dovuto andare in televisione. Anche lui le era molto affezionato. Dopotutto, lei era una delle poche persone dell’ospedale ad avere la chiave dell’armadietto dei medicinali, e il sabato sera rubacchiava sempre qualcosa di buono per entrambi.
Inizialmente, Kyle si era sentito piuttosto a disagio con l’idea di ritrovarsi da solo in una stanza con il corpo di un mostro come Kasady, benché fosse morto.
Quando aveva chiesto ad Amanda per quale diavolo di motivo volesse una foto del killer, lei aveva risposto : “ I serial killer mi eccitano. Mi viene in mente tutto quello che sarei disposta a fare pur di non essere uccisa. Vai a scattargli una foto e mandamela via e-mail. Poi dimmi cosa mi farai se non mi spoglio per te”.
Kyle non vedeva motivo di contraddire la sua logica.
In ogni caso, doveva ancora fare il suoi giro. E poi, Cletus Kasady era diventato una vera e propria celebrità, valeva sicuramente la pena di fargli una foto da aggiungere alla collezione.
Kyle ne aveva già di bizzarre, ma gli sembrava giusto aggiungerne una con un serial killer, per mostrare il proprio lato più oscuro e serio. Soprattutto se quel serial killer aveva i fottuti superpoteri!
Si reco nella parte bassa dell’edificio quella sera stessa, dove ai pazienti non era permesso entrare.
Kyle pensava che Kasady fosse in obitorio, invece scoprì che uno dei dottori aveva già cominciato a lavorarci nella sala autopsie. Tuttavia, l’aveva abbandonato per riprendere il giorno dopo.
La guardia notturna accese le luci sopra i tavoli, lasciando al buio il resto della stanza.
Chiunque stesse lavorando sul killer aveva coperto il cadavere con il lenzuolo prima di andarsene. Era l’unica salma nella sala, quella sera.
L’uomo prese un respiro profondo e abbassò il telo bianco fino alle caviglie, per dargli una buona occhiata. Il torace era stato aperto, poi ricucito con un grezzo filo nero. L’incisione a Y scendeva fino all’osso  pelvico.
Il morto aveva i denti superiori leggermente seghettati e malcurati. Gli occhi erano chiusi. Sulla fronte aveva una strana cicatrice.
Kyle fece una smorfia, distolse lo sguardo e cominciò ad armeggiare con la telecamera del cellulare.
Non che i morti gli facessero impressione. Non aveva neppure paura del buio. Semmai di sua madre, oppure  quando Amanda si arrabbiava con lui, o, come accadeva in certi suoi incubi, di trasformarsi in polvere come era successo a suo padre circa sette anni fa, durante lo Schiocco.
Mentre rimuginava su questo, il suo sguardo si posò ancora una volta sul volto del serial killer…e lì vi rimase bloccato.
Per un attimo, Kyle credette di avere le allucinazioni. Perché quel cadavere…ora aveva gli occhi aperti.
Il cuore della guardia mancò un battito.
Di morti ne aveva visti un bel po’, ma avevano tutti gli occhi chiusi. E, quando erano aperti, avevano un che di latigginoso, come se qualcosa gli si fosse cagliato dentro. Ma questi occhi sembravano luminosi e svegli.
Erano occhi da vivo, non da morto. Con un’avida curiosità da gatto.
Si chiusero dopo circa un paio di secondi. E poi, il torace del cadavere comincio ad alzarsi ed abbassarsi, seguito da un sibilo basso e ritmato.
Fu allora che Kyle Aldler arrivò ad un’inevitabile conclusione.  Cletus Kasady…non era affatto morto.
 
The End
 

Bene, e anche questa è fatta. Piaciuta la sorpresa finale?
Vi ricordo che questa storia fa parte di un universo letterario in costruzione, che per ora comprende anche la one-shot prequel “ You Got Something For Me Peter Perker ” e la long “ Avengers : The King Of Terror ”, ambientata tre anni dopo So Wrong.
La prossima storia, invece, sarà ambientata proprio tra So Wrong e Avengers : King Of Terror, e oltre a costituire un sequel di questa fan fiction - che approfondirà la relazione tra Peter e Carol ( nonché il passato di quest’ultima ) – sarà un crossover con IT in maniera molto simile a come Avengers : The King Of Terror lo è stato per Godzilla, inserendo l’antagonista della suddetta opera all’interno dell’MCU e adattandolo di conseguenza.
Questo perché Pennywise/IT sarà il villain principale del maxi evento crossover che unirà tutte le storie da me scritte ambientate in questo universo letterario, e la prossima fan fiction narrerà proprio gli eventi che hanno portato al primo incontro tra Carol, Peter e l’entità multidimensionale con un debole per la carne umana.
La storia verrà probabilmente pubblicata a Dicembre, perché nei prossimi mesi sarò molto impegnato con l’Università. Spero che sarete pazienti fino ad allora!
Grazie davvero a tutti coloro che sono riusciti a lasciarmi una recensione e quelli che hanno inserito questa storia tra le ricordate/seguite/preferite, è merito del vostro sostegno se sono riuscito a completarla!
  
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