Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: pampa98    09/11/2019    9 recensioni
[Jaime/Brienne]
Soulmate!AU. Una rivisitazione degli eventi della serie in chiave Soulmate, da quando Jaime e Brienne si incontrano per la prima volta all'accampamento degli Stark, fino al loro addio ad Approdo del Re.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brienne di Tarth, Jaime Lannister, Sansa Stark, Tyrion Lannister
Note: AU, Soulmate!AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The song of the Knight and his Maiden Fair'
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BRIENNE III


 
Dopo che Jaime era uscito dalla stanza, Brienne si era avvicinata alla feritoia sul lato opposto. Non si poteva definire una finestra, ma le permetteva di vedere all’esterno, anche se solo in minima parte. Scoprì con dispiacere che la vista dava sul cortile interno della fortezza, mentre lei avrebbe voluto vedere quello in cui erano stati condotti quando erano giunti ad Harrenhal. Jaime sarebbe partito da lì.

Una parte di lei voleva che restasse, ma sapeva che era impossibile. E ingiusto. Jaime era ancora debole, aveva bisogno di riposo e delle dovute cure.

Ha bisogno di sua sorella.

Restò ferma lì per alcuni minuti, finchè non sentì il nitrito dei cavalli e captò il rumore di zoccoli che battevano sul terreno. Erano partiti. Jaime se n’era andato e lei era rimasta sola.

Inspirò profondamente, prima di sdraiarsi sul suo giaciglio. Doveva essere forte. Non poteva lasciare che Locke e i suoi uomini le facessero del male, fisico o verbale che fosse. Era certa che Bolton sarebbe tornato presto e con lui Robb Stark.

E anche Lady Catelyn.

Sarebbe stata al sicuro con loro, qualunque sarebbe stata la decisione del Re del Nord. Brienne era certa che non l’avrebbe messa a morte, ma probabilmente l’avrebbe sollevata dall’incarico di guardia di sua madre. E come biasimarlo? Si era mostrata un totale fallimento. Alla fine sarebbe stato Jaime a riportare Arya e Sansa dalla loro famiglia. Brienne, tuttavia, ne era felice. Sapeva che non correva buon sangue tra lui e gli Stark a causa di un fraintendimento passato.

Anche se, più che fraintendimento, è stata l’assoluta convinzione di Lord Stark della colpevolezza di Jaime a denigrarlo ai loro occhi.

A ogni modo, Jaime avrebbe potuto mostrare di essere un vero cavaliere e un uomo d’onore, e lei ne era orgogliosa.

La porta si aprì all’improvviso. Brienne scattò sull’attenti.

«Il tuo fidanzatino se n’è andato» disse Locke.

«Cosa vuoi?» Li avevano chiamati “gli amanti” dal primo giorno di prigionia, quindi Brienne non si stupì per come aveva definito Jaime.

«Ma come siamo scontrose!» esclamò Locke, sogghignando. «Volevo solo sapere se la mia signora stava bene.»

Starei meglio libera e lontana da te, ma tutti dobbiamo accontentarci, no?

«So che Lord Bolton ha fatto scrivere a mio padre per il riscatto» rispose, invece. Era certa che suo padre avrebbe pagato, così come sapeva che sarebbe dovuta tornare a casa una volta avvenuto lo scambio. Era partita con sogni di cavaliere e sarebbe tornata come la fanciulla che aveva avuto bisogno dell’aiuto di suo padre per cavarsela.

Una parte di lei quasi sperava che Robb Stark giungesse prima di Lord Selwyn.

«Gli ha scritto, aye. Tuo padre è disposto a pagare una bella somma in oro.»

Brienne annuì.

«Ma a me non basta» continuò Locke, «Ti ho lasciata in pace per degli zaffiri e pretendo quelli.»

Merda.

«Vedo che te la passi bene, comunque. Più tardi ti manderò il pranzo, mia signora.»

Locke si diresse verso la porta e Brienne pensò che, per una volta, aveva avuto un comportamento abbastanza decente.

«Ci divertiremo molto insieme» le rivolse una smorfia che forse voleva essere uno sguardo malizioso, ma riuscì solo a farle provare disgusto.

Non appena fu uscito, Brienne si sedette, prendendosi la testa tra le mani.

«Jaime…»

Quella bugia che l’aveva salvata alla fine le si era ritorta contro. E Locke non avrebbe mantenuto la parola data, nemmeno se si trattava di un ordine di Bolton in persona. A lui non importava che le venisse fatto del male e presto Locke avrebbe scoperto la verità sugli zaffiri. Brienne cominciò seriamente a dubitare di riuscire a cavarsela quella volta.

«Jaime…»
 


Credeva di aver dormito per pochi minuti, ma quando si svegliò la stanza era scura. Si mise a sedere e notò uno spiraglio di luce bianca entrare dalla feritoia. Era troppo intensa per essere la luna, così Brienne si alzò per vedere che cosa fosse. Il castello era in movimento, troppo per un’ora tarda. Inoltre, anche se coperto dalle nuvole, c’era il Sole in cielo. Era giorno, eppure i colori erano molto cupi, scuri e spenti.

Tuttavia non erano nuovi per Brienne.

E questo che significa?

Il vestito era diventato grigio scuro e le coperte, prima marroni, erano diventate tendenti al nero. Era tornato tutto come un tempo. Come prima di conoscere Jaime.

«Grazie, Dei!» esclamò, irritata. «Tanto ho poche preoccupazioni al momento, aggiungetene pure altre.»

Brienne aveva accettato che fosse Jaime la sua anima gemella, perciò sapeva che quel cambiamento improvviso era legato a lui. Ma in che modo? Era perché se ne era andato?
Oppure gli era successo qualcosa? Bolton aveva mentito e aveva giustiziato Jaime?

No. Bolton era un uomo saggio, non avrebbe rischiato di scatenare la furia di Tywin Lannister. Jaime era vivo, anche se lontano.

Dei colpi alla porta la allontanarono momentaneamente dalle sue preoccupazioni. Restò al centro della stanza, petto in fuori e testa alta.

Non mi farò spaventare. Combatterò se necessario, ma non darò loro vita facile.

Ma a entrare fu solo Peck, con un vassoio in mano.

«M-Mia signora, ti ho p-portato il pranzo.»

Brienne annuì. Peck era un bravo ragazzo, timido e balbuziente. Lo ringraziò mentre prendeva la ciotola con il porridge e il bicchiere d’acqua.

«Ho-Ho il dovere di r-restare finchè non hai f-finito.»

Brienne non ne capì il motivo, ma non si lamentò. Peck era l’unica persona con cui si sentisse al sicuro in quel luogo. Non aveva fame, ma si costrinse a mangiare, temendo che se la sarebbero presa con lui se il piatto fosse tornato pieno. Quando ebbe finito, riconsegnò le stoviglie al ragazzo, il quale la fissò come se volesse dirle qualcosa.

«Va tutto bene?» gli chiese Brienne.

Lui arrossì e le rivolse un inchino impacciato, prima di uscire in tutta fretta.
 


Il resto della giornata trascorse piuttosto tranquillamente, nonostante Locke fosse andato a farle visita per quattro volte. Non aveva mai cercato di farle niente, ma le sue intenzioni nei suoi confronti erano lampanti. Brienne, però, non si scompose mai. Se si fosse mostrata debole o spaventata lui ne avrebbe approfittato, o almeno così pensava. Ma aveva bisogno di aggrapparsi a qualcosa e, per il momento, l’idea che se fosse stata abbastanza forte se la sarebbe cavata le bastava.

Fu nuovamente Peck a portarle la cena. Di nuovo porridge e acqua, ma poteva andarle peggio. Brienne mangiò in silenzio, ma sentiva gli occhi del ragazzo puntati addosso con insistenza e la cosa cominciava a darle fastidio.

«Che c’è?» sbottò infine.

Il ragazzo sussultò, ma le rispose: «Vo-Volevo solo sapere co-come stavi, mia s-signora.»

«Come vuoi che stia?»

Peck abbassò lo sguardo e Brienne capì di aver esagerato. Ora capiva come doveva essersi sentito Jaime quando era nervoso e voleva solo qualcuno su cui sfogarsi.

«Perdonami, Peck» gli disse, più dolcemente. «Sono stanca e anche un po’ preoccupata, a dirla tutta. Ma non è un motivo per prendermela con te. Sei stato gentile e la tua compagnia mi fa piacere.»

Un sorriso timido comparve sul volto del giovane. Era una visione rassicurante in quel luogo.

«P-Puoi stare tranquilla, mia s-signora. Ci penso io a proteggerti.»

Brienne si lasciò sfuggire una risatina. Era molto tenero, ma di certo non avrebbe potuto fare affidamento su di lui. Né l’avrebbe voluto, poiché quello avrebbe rischiato di metterlo in pericolo.

«Sei molto gentile» rispose, fingendo di stare al gioco.

Peck annuì. «L’ho p-promesso a Ser J-Jaime.»

Quelle parole incuriosirono Brienne.

«Che intendi dire?-

«Gli ho p-promesso di tenerti al s-sicuro fino al suo ri-ritorno.»

Brienne scosse la testa. Probabilmente Peck stava solo cercando di tirarla su di morale.

Perché dovrebbe tornare qui? Sta andando a casa, dalla donna che ama. Perché dovrebbe pensare a me?

Non lo disse a Peck, limitandosi a ringraziarlo e dicendogli che si sentiva più tranquilla sapendo che c’era lui con lei. Non era nemmeno una grossa bugia, in fondo.

Una volta rimasta sola, Brienne si sdraiò sul suo giaciglio. Era stanca, ma dubitava che sarebbe riuscita a dormire.

“Gli ho promesso di tenerti al sicuro fino al suo ritorno.”

Forse Jaime gli aveva davvero chiesto di starle vicino fino a quando fosse stata insieme a Locke, ma di certo non sarebbe tornato. Brienne non ci aveva ancora pensato davvero, ma era probabile che non lo avrebbe più rivisto. Dopotutto, lui non aveva motivo di lasciare di nuovo la capitale – e Cersei – né lei aveva motivo per andarci a questo punto. Il loro era stato un addio definitivo.

Sentì una morsa allo stomaco e la vista le si appannò. Si asciugò velocemente gli occhi, non volendo rischiare che qualcuno entrasse e la vedesse piangere. Non c’era niente di strano in fondo: si era innamorata, ma Jaime non avrebbe potuto ricambiarla. Tuttavia doveva ritenersi fortunata, poiché sia lui sia Renly erano stati gentili con lei e avevano imparato a rispettarla come cavaliere, anche se Brienne non era più certa di meritare quel titolo.

Renly l’aveva accolta nella sua Guardia Reale ed era morto, proprio mentre erano insieme. Quando ne aveva parlato a Lady Catelyn, la donna si era mostrata molto comprensiva e le aveva detto che nessuno avrebbe potuto proteggerlo da una maledizione. Forse era vero o forse, se ci fossero stati un Jaime Lannister o un Loras Tyrell, le cose sarebbero andate diversamente. Dopo la morte di Renly lei era fuggita senza voltarsi indietro, sicuramente alimentando quelle orribili dicerie che incolpavano lei per l’omicidio del re. Come se avrebbe mai potuto fare del male all’uomo che amava.

Tuttavia, pensandoci adesso, dopo aver conosciuto Jaime, non era più sicura che quello che provava per Renly fosse vero amore. Lui era stato il primo uomo, al di fuori della sua famiglia, a mostrarle rispetto e a trattarla come una donna. Aveva danzato con lei quando nessun altro sarebbe stato disposto a farlo, senza deriderla né oltraggiarla. Ricordava che le aveva anche fatto i complimenti per il suo abito e il modo in cui danzava. Allora Brienne era una ragazzina e aveva scambiato quella gentilezza per affetto nei suoi confronti, ma anche quando aveva scoperto la verità, ai suoi occhi Renly era rimasto un uomo buono e dolce per cui avrebbe dato la sua vita senza pensarci due volte. Ma si era trattato solo di una cotta, non di amore.

Era Jaime l’uomo di cui era innamorata. Lo aveva capito da quando si era aperto con lei o forse anche da prima, e, nonostante sapesse che era anch’esso un amore impossibile, Brienne ne era felice. Jaime la rispettava e, forse, la considerava anche un’amica. Sapeva che non sarebbe mai potuta essere più di questo per un uomo, ma le sarebbe bastato. Però le sarebbe piaciuto incontrarlo di nuovo, almeno un’ultima volta.
 


Alla fine Brienne dormì quella notte. Sognò Jaime che la nominava cavaliere e poi la poneva sotto la sua protezione, posandole il mantello rosso e oro dei Lannister sulle spalle. In quel mondo i colori erano vividi e intensi. Suo padre era al suo fianco insieme a Galladon, Renly e Lady Catelyn e tutti le stavano sorridendo affettuosamente.

Si svegliò prima che Jaime potesse sugellare la sua promessa con un bacio e forse fu meglio così. Rifugiarsi nei sogni era stupido e Brienne sapeva che niente di ciò che aveva visto si sarebbe mai potuto avverare.

Si alzò e si lavò la faccia e le mani. Era l’alba. Si chiese come stesse Jaime e a che punto fosse. Immaginava che avrebbero tenuto un ritmo serrato per arrivare alla capitale il prima possibile. Anche in gruppo non era sicuro viaggiare nei boschi in quel periodo.

Sentì bussare alla porta e si preparò a ricevere Peck. La colazione era, di nuovo, porridge e acqua.

«Buongiorno, Peck» lo salutò.

«B-Buongiorno, mia s-signora. D-Dormito bene?»

Lei annuì e ripeté la domanda anche a lui. Peck arrossì fino alla punta dei capelli.

«S-Sì, mia si-signora. G-Grazie, mia signora.»

«Puoi chiamarmi Brienne.»

Il ragazzo le sorrise e annuì.

«Posso chiederti come mai ti trovi qui?» gli disse. Brienne non era il tipo di persona che aveva bisogno di conversare con chiunque, ma era curiosa di conoscere meglio Peck.

Ed è l’unico con cui abbia interesse a parlare in questo luogo.

«Ero al se-servizio di Lord T-Tywin. Mi ha l-lasciato qui prima di to-tornare ad A-Approdo del Re.»

Brienne per poco non soffocò con il porridge.

«Tywin? Tywin Lannister era qui?!»

Peck annuì. «Se n’è a-andato quando S-Stannis Baratheon ha a-attaccato la ca-capitale. Un pa-paio di settimane p-prima del vostro a-arrivo.»

La rabbia che provò sentendo il nome di Stannis le impedì di mettersi a ridere. Il potente Tywin Lannister, il padre di Jaime, era stato lì poco prima di loro. Se Stannis non avesse attaccato Approdo del Re probabilmente sarebbero stati accolti da lui al loro arrivo a Harrenhal. Tywin avrebbe fatto giustiziare Locke e i suoi uomini per l’affronto subito dal figlio e Jaime lo avrebbe convinto a non fare del male a lei.

E forse lui sarebbe ancora con me.

Destino crudele. Negli ultimi tempi, si stava divertendo a farsi beffe di lei.

«Che ne è stato di Stannis?»

Il ragazzo scosse le spalle. «Non lo s-so. Lord T-Tywin ha vinto, ma…»

«Buongiorno!»

Locke entrò nella stanza, seguito da altri quattro uomini. Non era un buon segno.

Peck sta solo facendo il suo dovere. Lui lo lasceranno in pace.

«Buongiorno» rispose Brienne a denti stretti.

«Ti trovo splendida come sempre, mia signora» I suoi uomini risero alla battuta.

«Che cosa vuoi?» Non si sarebbe mostrata sottomessa, ma non era nemmeno il caso di inimicarseli del tutto.

«Uh, come siamo scontrose stamani. Dormito male, dolcezza?»

Locke le si avvicinò mentre gli altri la circondavano, restando però a distanza.

«Se ti manca il calore dello Sterminatori di Re, possiamo pensarci noi.»

Merda.

Non avevano nemmeno aspettato che fosse passato un giorno intero dalla partenza di Bolton per cercare di aggredirla nuovamente.

«M-Mio signore…»

«Vattene, ragazzino» lo allontanò bruscamente Locke. «Sei ancora piccolo per queste cose. Tra un annetto, magari…»

No. Peck questo non lo farebbe nemmeno tra vent’anni, lurido verme. Troverebbe una brava ragazza e sarebbe gentile con lei.

«M-Ma Brienne non s-sembra…»

«Peck» disse lei. «Sei un suo servitore adesso, gli devi obbedire. Vattene.»

«Hai sentito? Sciò, ragazzino. La tua amica ha voglia di cazzo.»

Brienne strinse i pugni.

«Hai fatto una promessa a Lord Bolton…»

«Non mi risulta.»

Bastardo.

Prima che Brienne potesse ribattere, due degli altri uomini la presero per le spalle, tirandola sul letto. Sentendo le loro mani così vicine alla sua pelle, Brienne si rese conto di quanti pochi indumenti ci fossero a separarla da quegli animali. Se avesse avuto la sua armatura, o anche solo dei pantaloni, si sarebbe sentita più al sicuro.

Devo colpirli solo con pugni. Se muovo le gambe, sono spacciata.

«Fermi! Lasciatela s-stare!»

Perché è ancora qui? 

«Sei fastidioso, ragazzino. Ti vuoi levare dalle palle?!»

«N-No. Q-Questo è sbagliato!»

«Va via, Peck!» gli intimò Brienne.

«L’hai sentita? Anche lei lo vuole.»

«N-Non è vero!»

È più insistente di quanto credessi.

«Giuro, se dici un’altra parola ti ammazzo, chiaro?»

«Ma...»

Anche ‘ma’ è una parola. Con un movimento repentino del braccio, Locke squarciò la gola di Peck da un orecchio all’altro.

«NOOO!»

Il ragazzo cercò di tamponare la ferita, inutilmente. I suoi occhi erano sbarrati per il terrore, mentre si accasciava a terra.

Brienne lo vide spegnersi di fronte ai suoi occhi. Quel povero ragazzo…

Jaime aveva perso una mano per salvarla da uno stupro e adesso Peck aveva perso la vita.

Non sono un cavaliere. Se lo fossi, non lascerei che gli altri soffrissero per me.

«Come hai potuto?!» gridò. «Era solo un ragazzo!»

«Ehi, io l’avevo avvisato» cercò di giustificarsi Locke. «Non mi ha voluto ascoltare. Ma la colpa è tua, puttana. Ha pensato che non ti stessi divertendo e ha voluto fare l’eroe.»

Brienne si sentì invadere da una furia cieca. L’avrebbe pagata. L’avrebbero pagata tutti per quello che avevano fatto.

«E ora sta lì buona, che mi hai già dato abbastanza problemi per oggi.»

Si avvicinò a lei, cominciando a sbottonarsi le brache, ma Brienne non lo lasciò avvicinare. Unendo le gambe, si lanciò in avanti con tutta la sua forza e riuscì a colpire Locke allo stomaco. Aveva mirato più in basso, ma l’attacco funzionò ugualmente. Grazie al movimento inaspettato, riuscì a liberarsi dalla presa dei due uomini che la tenevano ferma. Sentì il suono di stoffa strappata e capì che il suo abito si era rotto in qualche punto, ma a lei non importava.

Locke aveva usato un pugnale per uccidere Peck. Se fosse riuscita a sottrarglielo, avrebbe avuto una possibilità.

«Non ce la fai proprio a non causare problemi, vero?» esclamò Locke.

Cercò di darle un pugno, ma Brienne scartò di lato, colpendo nel frattempo un altro dei suoi scagnozzi. Egli perse l’equilibrio e Brienne riuscì a trattenerlo in tempo per impedirgli di cadere sul corpo di Peck.

Non è giusto. Non doveva andare così.

Quel momento di debolezza, però, diede a Locke la possibilità di saltarle addosso, facendola cadere a terra.

«Aiutatemi a tenerla ferma! Cazzo, quanto mi fai penare.»

Puoi anche lasciar perdere, non ti obbliga nessuno a stuprarmi.

Mentre i suoi uomini si avvicinavano, Locke era rimato sdraiato su di lei per trattenerla. Per Brienne lui aveva smesso di essere un uomo, perciò era convinta che non meritasse di essere sconfitto in modo cavalleresco.

«Argh! Ma che cazzo…»

Si allontanò da lei, tenendo una mano sul volto nel tentativo di fermare l’emorragia. Brienne sputò un pezzo del suo orecchio, schifata dal sapore amaro del sangue.

«Ti ha staccato un orecchio?» esclamò quello che si chiamava Jace. Brienne ricordò che l’uomo non spiccava per intelligenza.

«Maledetta stronza!»

Brienne si alzò in piedi, ma fu subito afferrata per le spalle da altri due uomini. Non poteva muoversi senza che uno di loro riuscisse a raggiungerla.

«Dovresti medicarti, milord» gli disse Jace. «Te la prepariamo noi nel frattempo?»

Locke provò a scuotere la testa, ma si dovette fermare.

«No. No, quella puttana mi ha rotto i coglioni a sufficienza per oggi!» Poi Brienne vide un lampo guizzare nei suoi occhi e temette che avesse in mente un destino ancora più crudele per lei.

Le si avvicinò e Brienne dovette trattenere un mezzo sorriso nel notare che, per sembrare minaccioso con lei, Locke doveva mettersi sulle punte dei piedi.

«Ti piace tanto comportarti come un animale, vedo.»

Solo se ho a che fare con altri animali.

Brienne fu felice di avere un ottimo autocontrollo. Se ci fosse stato Jaime al suo posto, avrebbe già detto almeno tre o quattro volte la cosa sbagliata.

«Conosco il posto adatto a te. Morden, Ras, portatela alla Fossa dell’Orso.»


 
L’avevano fatta scendere attraverso uno stretto cunicolo che sbucava in una grande arena piena di sabbia. Una volta al centro di essa l’avevano buttata a terra e si erano allontanati, chiudendo la grata del passaggio. Brienne non aveva nemmeno provato a seguirli, sapendo che sarebbe stato inutile. Si guardò intorno. L’arena era circondata da mura alte almeno sei metri, sulla cima delle quali erano situate delle sedie da cui potersi godere lo spettacolo. C’erano solo due ingressi: quello da cui era arrivata lei e un altro, sul lato opposto. Brienne aveva sentito parlare di simili fosse da combattimento, ma credeva che si trovassero tutte a Essos. E che vi prendessero parte solo esseri umani.

La Fossa dell’Orso. Quando era finita a terra aveva visto delle ossa e dei teschi umani, ma cercò di non pensarci. Si chiese se ci fosse veramente un orso lì e se l’avrebbero costretta a combatterlo. Forse Locke voleva solo spaventarla, costringendola ad ammettere che preferiva diventare il suo giocattolo personale piuttosto che rischiare di venire sbranata.

Evidentemente, non la conosceva ancora molto bene.

Si sedette con la schiena appoggiata al muro. Aveva ancora la bocca sporca di sangue e il lato sinistro del vestito era stato strappato, scoprendole la spalla. Alla fine, se l’era cavata con poco.

Peck…

Sentì le lacrime pungerle gli occhi ripensando a quel povero ragazzo, la cui unica colpa era stata quella di aver cercato di aiutarla. “Proteggi gli innocenti, difendi i deboli”. Se fosse stata un vero cavaliere, Peck sarebbe ancora vivo.

Appoggiò la testa sulle ginocchia, sospirando. Era solo il primo giorno e non credeva di riuscire a sopportarne molti altri della stessa risma. Forse, però, essere finita in quella fossa era un bene. Magari si sarebbero dimenticati di lei, lasciandola lì dentro a morire di fame; oppure esisteva davvero un orso e lei sarebbe diventata il suo cibo. In quel momento, le sembravano entrambe delle possibilità accettabili.
 


Il Sole era ancora alto nel cielo quando Brienne sentì dei rumori provenire da fuori la fossa. Alzò lo sguardo e vide gli spalti pieni. Le sedie situate sopra di lei erano ancora vuote, ma Brienne vide la folla attorno a esse diradarsi mentre si avvicinava qualcuno.

Locke sedette al centro e le rivolse un sorriso di sfida. Quell’espressione stonava con la benda che gli copriva la metà destra della faccia.

«Datele un’arma!»

Qualcosa cadde all’interno della fossa e Brienne si avvicinò cautamente a essa. Era una spada di legno, come quelle che si usavano per addestrare i bambini. Non sarebbe servita a niente, ma era comunque rassicurante non dover combattere a mani nude.

«Vedi di farmi divertire almeno in questo!» le gridò Locke, prima di ordinare che ‘l’altra bestia fosse liberata.’

Una delle porte si aprì e a Brienne si accapponò la pelle quando sentì il ruggito provenire da lì. Dopotutto, un orso c’era davvero. Non ne aveva mai visto uno, ma ricordava che qualcuno una volta lo aveva paragonato a lei. Chi l’aveva fatto evidentemente non ne aveva mai visto uno se non in un libro: quell’orso era decisamente più grosso di lei.

«Cerca di non farti ammazzare subito!»

Brienne tenne la spada di fronte al corpo, più per abitudine che per una vera utilità. L’orso non la stava ancora considerando. Si muoveva per l’arena e, per un momento, Brienne pensò che, se fosse stata abbastanza ferma, lui non l’avrebbe nemmeno vista.

L’orso alzò il muso verso di lei e rugliò. Le si avvicinò abbastanza lentamente e quando le fu vicino alzò una zampa, ma Brienne gli diede un colpo con la spada prima che potesse calare su di lei. Quel gesto mandò in confusione la bestia in un primo momento e poi la fece infuriare. Le corse incontro, ma lei riuscì a scartare di lato. Mentre lo faceva, ebbe l’impressione che la pelliccia dell’orso fosse marrone. Sbattè le palpebre, cercando di concentrarsi.

Ora devo pensare solo a difendermi.

L’orso era arrivato fino alla fine della fossa, prima di voltarsi e tornare nuovamente a fronteggiarla. Anche la sabbia stava assumendo un colore più definito, tendente anch’essa al marrone.

Spinta dalla curiosità e convinta che l’orso fosse ancora abbastanza lontano, Brienne osservò il suo abito. Era rosa.

Ma che cavolo…

Si sentì buttare a terra e la spalla sinistra le sembrò andare a fuoco. Riuscì a rimettersi in piedi in tempo per evitare che l’orso la schiacciasse sotto il suo peso. Quel momento di distrazione aveva permesso al suo avversario di colpirla.

«Oh, insomma, la smetti di fuggire?! Combatti, forza!»

Brienne avrebbe voluto dirgli che poteva venire a combatterlo lui il suo stupido orso, ma aveva imparato che abbassare la guardia, anche solo per un attimo, poteva risultarle fatale.
L’orso tornò subito all’attacco e, questa volta, Brienne decise di non limitarsi a scappare. Scartò di lato, molto più agile di lui, e lo colpì alla schiena con tutta la sua forza. Ovviamente, non servì a niente.

Più lo colpisco, più lui si infuria. Cosa posso fare?

L’orso la fronteggiò, ergendosi in tutta la sua stazza. Brienne provò un affondo alla gola, sperando che colpendo in un punto sensibile sarebbe riuscita a indebolirlo, ma lui intercettò il suo attacco e, con un’unica zampata, ruppe la spada e scaraventò nuovamente Brienne a terra.

È finita.

Sentì un tonfo dietro di sé, come se qualcosa fosse caduto sulla sabbia. Brienne sperò che uno di quegli uomini fosse stato abbastanza misericordioso da lanciarle un’altra arma, magari più letale della precedente.

Quando si voltò, però, non vide un oggetto, bensì una persona.

Jaime!

«Sta’ dietro di me.»

Brienne, ancora sorpresa per vederlo lì, riuscì a prendere ciò che restava della spada mentre si alzava.

«Scordatelo. Tu sta’ indietro, sono io ad avere la spada.»

Non lascerò che qualcun altro rischi la vita per me.

Jaime sbuffò.

«Di legno e un po’ rotta, mi pare» la afferrò per il braccio sano e si mise di fronte a lei. «Fai poche storie, donzella, e stai dietro di me.»

«Qual è il piano?»

Jaime si chinò a terra, raccogliendo una manciata di sabbia nella mano.

«Uscire da qui vivi, ovvio.»

Sì, ovvio.

Jaime lanciò la sabbia sul muso dell’orso, il quale indietreggiò, accecato.

«Corri!»

Corsero da dove era arrivato Jaime e Brienne si rese conto con orrore che non c’erano scale o funi con cui poteva essersi calato giù.

È saltato? Quest’idiota si è lanciato dentro una fossa profonda sei metri in cui c’era pure un orso?!

«Sali, presto!»

Brienne decise che lo avrebbe rimproverato in un secondo momento. Jaime la aiutò ad arrampicarsi e alcuni uomini la aiutarono a raggiungere la cima delle mura. Una volta su, Brienne si sporse verso Jaime, allungandosi il più possibile per cercare di raggiungerlo.

Più di così non riesco ad andare. Riuscirà ad arrampicarsi da solo per il primo pezzo?

«Ser Jaime, sbrigati!»

Jaime cercò di aggrapparsi a uno dei pilastri in legno che sorreggevano la struttura, ma con una mano sola non riuscì a tenere salda la presa e cadde di nuovo dentro la fossa. Atterrò in piedi senza difficoltà, ma fu ciò che vide alle sue spalle che fece perdere un battito al cuore di Brienne.

No. No, vi prego, lui no!

Il diversivo usato da Jaime era stato efficace, ma non poteva durare per sempre. L’orso aveva recuperato la vista e si stava dirigendo verso di lui. Jaime era bloccato contro il muro, perciò non avrebbe avuto scampo.

«Jaime!»

Un dardo si conficcò nella schiena dell’orso, facendolo indietreggiare e dando a Jaime il tempo di provare a risalire. Questa volta riuscì a restare aggrappato a uno dei pilastri e riuscì ad allungarsi abbastanza per afferrare le mani di Brienne.

Fu solo quando furono entrambi fuori da quella maledetta fossa che Brienne si concesse di tirare un sospiro di sollievo.

«Stai bene?» gli chiese.

Jaime si mise a sedere, ansimando.

«Sì, sì. Tu… Sei ferita.»

Brienne osservò per la prima volta le sue condizioni. Dal collo alla spalla sinistra era piena di sangue e notò la fine di tre tagli che probabilmente partivano dal collo. Se l’orso avesse inclinato gli artigli in un altro modo o fosse andato più in profondità, probabilmente sarebbe morta.

«Non è grave» mentì.

Jaime inarcò un sopracciglio, ma non ebbe tempo di ribattere.

«La puttana resta qui.»

Locke si era avvicinato a loro e sembrava parecchio infastidito.

Jaime si alzò, offrendo una mano anche a lei.

«Lady Brienne viene con me» Il suo tono era fermo e non ammetteva repliche.

«Lei è mia. Lord Bolton l’ha data a me.»

Non perché tu mi violentassi o mi facessi diventare la cena del tuo animaletto.

«Cosa credi che sia più importante per Lord Bolton?» rispose Jaime. «Che un verme abbia il suo giocattolo, o sapere che Tywin Lannister ha riavuto indietro suo figlio?»

Locke digrignò i denti, ma, per una volta, ebbe il buonsenso di tacere.

«Ah, e va bene, andatevene! Sono stufo di tutti e due!»

Brienne quasi non riusciva a credere che avrebbe sul serio lasciato quel luogo viva e illibata. E con Jaime.

«Bene. Mia signora.»

Jaime le fece cenno di precederlo, ma mentre si allontanavano, dovette rivolgersi a Locke un’ultima volta.

«Peccato per gli zaffiri.»

Brienne gli rivolse un’occhiataccia e Jaime si limitò a scrollare le spalle, sorridendole.
 


Qyburn le aveva medicato la ferita come meglio poteva, ma disse che le avrebbe dedicato più tempo una volta che fossero stati lontani da Harrenhal. Non c’era da fidarsi, Locke avrebbe anche potuto cambiare idea e decidere di farli restare. Montarono velocemente in sella e, per non perdere tempo a cercare un’altra cavalcatura, Brienne andò con Jaime.

Quando le mura della fortezza non furono che dei puntini all’orizzonte rallentarono la marcia e cominciarono a pianificare un rifugio per la notte.

«Tutto bene?» le chiese Jaime.

Lei annuì. Si sentiva spossata e temeva che presto le sarebbe anche venuta la febbre. Qyburn l’aveva avvertita del rischio di infezione.

«Ho notato che hai fatto un bel lavoretto a Locke, ottima mossa.»

Brienne non disse niente. In realtà, non riusciva ad essere felice per ciò che aveva fatto, perché la rabbia che l’aveva animata era stata causata dalla morte di Peck.

«So di Peck» le disse Jaime. «Almeno, penso che Locke si riferisse a lui quando ha parlato dello… del giovane servitore.»

Brienne era certa che non avesse usato quelle parole per riferirsi al ragazzo, ma fu grata a Jaime per il suo tatto.

«Mi dispiace. Temo di essere stato io a…»

«No» lo interruppe Brienne. «No, non è stata colpa tua. Peck era un ragazzo buono e coraggioso. Avrebbe cercato di fermarli in ogni caso. Sono io che avrei dovuto allontanarlo con più decisione, avrei dovuto…»

«No, Brienne, tu non dovevi fare niente.»

La strinse di più a sé e Brienne appoggiò la testa sulla sua spalla. Era caldo e le dava un senso di sicurezza e di familiarità.

Restarono in silenzio per alcuni minuti, poi Brienne disse:

«Sei saltato dentro quella fossa, vero?»

«Sì.»

Brienne alzò lo sguardo, incontrando i suoi occhi. Le era mancato quel verde profondo.

«Sei veramente un idiota.»

Il sorriso di Jaime fu l’ultima cosa che vide, prima di chiudere gli occhi e addormentarsi.
 
   
 
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