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Autore: SherlokidAddicted    10/11/2019    4 recensioni
|| AU Destiel ||
Nell'anno 2258 l'aria sulla Terra è ormai irrespirabile, nessuno vive più come decenni fa. La casa del genere umano è un grande bunker sotterraneo, dove i sopravvissuti a una bomba nucleare tossica cercano di andare avanti dopo il disastro che li ha confinati dove la luce del sole non è in grado di raggiungerli.
Castiel e Gabriel Novak sono due fratelli e due elementi di lustro dell'esercito americano, due dei pochi che hanno ancora il permesso di uscire in superficie per le loro missioni.
Un giorno rilevano un'esplosione in un vecchio edificio all'esterno del bunker, a qualche ora di distanza. Lì, sotto le macerie, ci trovano Dean Winchester, ferito, con un'amnesia provocata da un trauma cranico e soprattutto l'unico umano sulla faccia del pianeta senza un tatuaggio identificativo.
Secondo i registri, Dean Winchester non è mai esistito.
Genere: Azione, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro Personaggio, Castiel, Dean Winchester, Gabriel
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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La partita di poker

- Castiel! Perché diavolo questa porta è chiusa? - La voce di Gabriel arrivò forte e chiara alle orecchie del minore dei Novak. Castiel prese Dean per le spalle e lo costrinse ad alzarsi dal letto, poi lo spinse letteralmente verso il bagno. Dean dapprima protestò, poi sbuffò e si lasciò trascinare.

- Apri il getto dell’acqua. - Gli disse Castiel, poi chiuse la porta del bagno e, dopo essersi dato una sistemata alla maglietta, si recò verso la porta d’ingresso. Mentre poggiava la mano sulla maniglia sentì lo scroscio dell’acqua battere sul piatto della doccia. Lo fece per due motivi in particolare: Il primo era che Gabriel aveva una mente maliziosa, trovarlo lì insieme a Dean, con la porta chiusa a chiave avrebbe destato in lui chissà quale assurdo sospetto. Il secondo invece riguardava il fatto che Dean era abbastanza turbato, dai suoi occhi confusi si poteva notare quanto quello che era appena successo lo avesse scombussolato ancora di più. Poi era preoccupato per quel dannato tatuaggio, e sapeva che a un possibile interrogatorio di Gabe probabilmente non avrebbe saputo rispondere in modo adeguato.
Quando aprì la porta, Gabriel si palesò davanti ai suoi occhi. Il suo volto era stranito, ma poi si limitò a scuotere la testa e a entrare nella stanza, lasciandosi ricadere sul letto a peso morto, come se fosse terribilmente esausto.

- Già, a proposito di questo… - Cominciò Castiel. Gabriel sollevò la testa dal cuscino e corrugò la fronte.

- È il rumore della doccia quello che sento? - Chiese confuso. Castiel non rispose, ma a Gabriel non serviva una risposta, era capace di leggerla negli occhi di suo fratello come se fosse un libro aperto e scritto anche a caratteri cubitali. - Winchester è qui? - Un’altra domanda, ma stavolta il suo tono era sorpreso. - Che cazzo ci fa qui? - Castiel sospirò, si sedette proprio sull’altro letto e si passò le mani fra i capelli, come a cercare di riordinare le idee, perché doveva decidere bene da dove doveva iniziare con quel racconto, evitando ovviamente il discorso del tatuaggio sconosciuto. Gabriel nel frattempo si tirò su, reggendo il suo peso con i gomiti.

- Ho paura che dovrai dormire in un’altra stanza. - Gabe accennò una risata nervosa, dapprima rumorosa, poi pian piano sempre più affievolita, soprattutto perché si rese conto che Castiel non stava ridendo insieme a lui e che quindi non stava affatto scherzando come sperava.

- Oh, quindi sei serio! - Castiel si leccò nervosamente le labbra e sospirò. - Cassie, noi due dormiamo nella stessa stanza da quando eri in fasce. E poi… il belloccio qui non dovrebbe essere ricoverato? -

- Non è una mia decisione. La dottoressa Masters ha detto che sarebbe pericoloso per lui tenerlo lì. Le voci si sono sparse, la gente già sa. È diverso da noi e può correre rischi, soprattutto se Lucifer è in giro. - Gabriel sospirò, poi si passò una mano fra i capelli per scompigliarli e si tirò del tutto su a sedere. - Zoppicava, ricordi? Ho dovuto sistemargli la spalla quando eravamo in superficie e… - Allungò un braccio e recuperò la busta contenente le lastre che Dean aveva fatto, poi le passò al fratello. Lui dapprima guardò la busta senza capire, ma dopo un incitamento di Castiel si decise a tirare fuori il contenuto, osservando le lastre controluce per capire meglio di cosa il suo fratellino si stesse preoccupando.

- Sono le sue? - Gli chiese stupito. - Queste non sono le ossa di uno che è rimasto vittima di un’esplosione. -

- Capisci perché è meglio che resti qui? - Gabe controllò di nuovo le lastre, poi sospirò pesantemente e le rimise a posto all’interno della loro busta di carta. Non disse nulla però, e questo di certo non tranquillizzò il povero Castiel che voleva soltanto che Gabriel lo tranquillizzasse, o che semplicemente gli dicesse qualcosa per fargli capire cosa ne pensava. - Tu… non credi sia una minaccia, vero? - A quel punto il maggiore sollevò lo sguardo verso di lui e fece una smorfia pensierosa.

- Certo che no! - Rispose lui, e sembrava completamente convinto della cosa, ma allo stesso tempo un’altra preoccupazione lo rendeva più titubante. - Ma visto quello che è Dean… potresti finire anche tu nelle grinfie di Lucifer solo perché lo difendi. -

- So gestire Lucifer. -

- E come, facendoti sparare alla testa? - Castiel deglutì. Sapeva fin troppo bene che quel gesto aveva spaventato quasi a morte suo fratello, tanto che per un attimo sentì il senso di colpa divorarlo, e dovette deglutire per mandarlo giù e farlo sparire almeno in parte. Gabe scosse la testa e si alzò dal letto. - Non voglio parlarne, lascia stare. - Gli disse, portando entrambe le mani sui fianchi mentre ancora lo scrosciare dell’acqua della doccia riempiva la stanza. - Vedrò se Raphael può trovarmi una sistemazione momentanea. - Castiel smise di trattenere il fiato, fu come un sospiro di sollievo mentre annuiva alle parole di Gabriel.

- Hai scoperto qualcosa… del braccialetto? - Cambiò completamente discorso, forse per alleggerire quella lieve tensione.

- No, ma lo stanno analizzando. Cercano impronte, corrispondenze con la calligrafia, legami con quel nome. - Castiel annuì nuovamente, distogliendo per un momento lo sguardo dal fratello maggiore. - Non faccio che pensare al fatto che domani dovrò includere Lucifer nella squadra per la missione. - Per poco Castiel si era quasi dimenticato quel particolare. Shurley gli aveva ordinato esplicitamente di portarlo in superficie, forse per tenerlo a bada per quanto possibile. Il sogno di colui che lo aveva minacciato di sparargli in testa si stava avverando.

- Quindi… lo farai? Lo porterai di sopra? - Gabe corrugò la fronte e incrociò le braccia al petto.

- Non vorrei ma è un ordine di Shurley. Solo che dovrò trattenermi dal prenderlo a schiaffi. - Castiel sollevò di poco l’angolo delle labbra. Nel frattempo il rumore dell’acqua della doccia si arrestò. Entrambi i Novak si voltarono d’istinto a osservare la porta del bagno, poi attesero qualche secondo prima di continuare con quel discorso. - Ma so già quale sarà il suo compito. Starsene buono buono in auto mentre noi facciamo il lavoro. - Concluse, poi Gabriel guardò le sue cose sparse per la stanza e sbuffò. - Verrò a prendere la mia roba più tardi, o domani… o quando mi andrà di farlo. - Il maggiore si avvicinò al fratello, gli scompigliò i capelli, poi gli fece un occhiolino prima di dirigersi verso la porta.

- Aspetta, dove stai andando? -

- Devo organizzare la squadra per domani e… c’è la partita di poker oggi. - Castiel sollevò un sopracciglio. L’ultima partita era stata solo due settimane prima, di solito ci si organizzava per una volta al mese, sotto lo sguardo attento del generale che si limitava a controllare gli esiti. Non era una semplice partita di poker, era “la” partita di poker. Il premio era tra i più agognati fra i membri dell’esercito. Castiel e Gabriel non ci giocavano da un sacco di tempo ormai, perché quel premio che tutti speravano di ottenere era uno dei privilegi della loro posizione. Si limitavano quindi a scommettere su chi avrebbe vinto quel giorno, a incitare i loro favoriti o a guardare semplicemente.

- È oggi? Non è un po’ presto? - Chiese Castiel.

- Beh, dopo la rissa che Lucy ha scatenato per aver perso, Shurley ha deciso di organizzarne un’altra. Dovrei passare nel suo ufficio per avvertirlo. - Castiel si alzò dal proprio letto portando entrambe le mani sui fianchi. Guardava il fratello che si allontanava verso la porta, e proprio nell’esatto momento in cui la aprì non si curò di trattenere qual commento.

- Shurley lo sa già, perché dovresti avvertirlo? - Gabriel si fermò, rimase immobile sull’uscio di quella stanza dando le spalle a Castiel, poi però sospirò e lanciò una lunga occhiata al fratello, prima di sbuffare.

- Fatti i cazzi tuoi. - Castiel ridacchiò mentre la porta si chiudeva alle spalle di Gabriel. Nella sua testa si chiese quanto ancora doveva passare prima che Gabriel si rendesse conto che Castiel lo conosceva fin troppo bene. Se suo fratello cercava di attirare l’attenzione di Chuck non era di certo per motivi di lavoro.
La porta del bagno si aprì di un leggero spiraglio, da esse fece capolino la testa di Dean, che si guardò attorno prima di rivolgere l’attenzione a Castiel. I suoi capelli erano bagnati e gocciolavano sul pavimento. Alla fine quella doccia l’aveva fatta davvero.

- È andato via? - Chiese Dean a bassa voce, poi Castiel annuì e l’altro aprì la porta del tutto. Indossava solo i pantaloni, un paio di pantaloni di Castiel che Dean aveva sicuramente trovato in uno dei cassetti in bagno. In effetti i suoi vestiti non si potevano definire in ottime condizioni. Erano logori, sporchi, quindi in ogni caso Castiel stesso si sarebbe premurato di dargli un cambio. E fu quello che fece infatti, tirando fuori una delle proprie magliette dal suo armadio per permettere a Dean di coprirsi del tutto. Lui lo ringraziò con un mezzo sorriso, poi la indossò. - Di che partita di poker stavate parlando? -

- Stavi origliando? - Dean fece spallucce.

- Pareti sottili. - Castiel accennò un leggero sorriso. - Che cosa si vince? -

- Un paio di ore nel Giardino. - Dean corrugò la fronte, confuso. - Abbiamo un giardino all’ultimo piano del bunker. È l’unico posto dove è possibile vedere il cielo, dove si può avere un assaggio della superficie, nonostante il vetro spesso che ci impedisce di morire soffocati. - L’altro annuì pensieroso. - Non tutti possono andarci, devi avere un’autorizzazione speciale o avere qualche grado più alto. I sergenti hanno deciso di organizzare queste partite per poterne avere il privilegio ogni tanto. -

- Immagino tu abbia vinto molte volte. -

- In realtà no… non so giocare a poker. - Dean incrociò le braccia al petto. Era come se non si aspettasse quella risposta. - Ottenuto il mio grado da tenente mi sono stati concessi i privilegi. A volte mi capitano alcuni turni di guardia nel Giardino. - Il biondo annuì, poi si guardò intorno, osservando le foto appese alle pareti, forse per vedere se in qualcuna di quelle immagini ci fosse quel famoso Giardino. Ma il più delle foto appese alle pareti erano in compagnia di altri soldati all’interno del bunker, oppure fuori, in superficie durante le missioni. - Hai fame? -

- Da morire. - Castiel annuì, poi prese la sua giacca e incitò Dean a seguirlo fuori dalla propria stanza.
I soldati avevano una loro mensa su quello stesso piano. Era lì che si riunivano tutti per assaporare i piatti di Ellen, serviti dalla figlia Jo. Erano due donne che Gabe definiva “con le palle”, e in effetti non aveva alcun torto. Riuscivano perfino a calmare le acque se qualcuno, tipo Lucifer, si azzardava ad alzare la voce con un collega o era sul punto di cominciare una rissa. Ellen e Jo erano così determinate e autoritarie che ogni volta lì regnava solo il rispetto reciproco e la pace più assoluta. Era fuori da quel posto che iniziavano i problemi.
Quando Castiel e Dean entrarono in quella grande mensa, Dean la scoprì vuota. Non c’era nessuno, a parte una ragazza bionda che si premurava di mettere via i vassoi dal bancone. Castiel fece in tempo a fermarla per poter far mangiare sia lui che Dean. Aveva preferito aspettare che gli altri soldati avessero già finito di mangiare prima di portarci Dean. Voleva che per il momento le acque si calmassero, che nessuno guardasse il nuovo arrivato come uno scarto. In un certo senso, Dean riuscì a intuire quella sua premura senza nemmeno farglielo presente.
Mangiarono in silenzio per un po’. Non avevano molti argomenti… o meglio, era Dean a non averne. Non poteva raccontargli nulla di lui visto la sua condizione, ma poteva chiedergli informazioni su quel posto, e quindi fu quello che fece. Castiel gli parlò dei tatuaggi, delle prove, del Consiglio e di Shurley che ne era un membro ufficiale, così che Dean potesse avere le idee più chiare di come funzionassero le cose.
Solo dopo, quando finirono di mangiare, la porta della mensa si spalancò, palesando la presenza di Gabriel. In mano aveva un berretto militare, e dietro di lui gli altri soldati lo seguivano, o quasi tutti, ma Dean distolse lo sguardo quando si rese conto che tra di loro c’era anche Lucifer, che di certo non gli stava riservando un’occhiata amichevole. Shurley entrò per ultimo, col solito portamento autoritario e le mani dietro alla schiena. Dean trovò buffo il fatto che fosse così basso rispetto agli altri.
Gabriel attese che gli altri accerchiassero uno dei tavolini, mentre solo in pochi restarono in piedi a guardare da una certa distanza, poi iniziò a girare tra quelli in piedi allungando il berretto verso di loro, i quali al suo interno mettevano qualche banconota sgualcita.

- Che sta facendo? - Chiese Dean, curioso. Castiel nel frattempo aveva iniziato a mettere in un unico vassoio i resti del loro pasto, stava mettendo in ordine.

- Piazza scommesse sul vincitore. - Rispose lui con naturalezza, mentre riponeva l’ultimo tovagliolo accartocciato sul vassoio. - Non può giocare visto che ha i privilegi, quindi preferisce gestire la parte… economica del gioco. - Castiel si alzò in piedi, il vassoio ben stretto fra entrambe le mani. Dean osservò la situazione, deducendo che tutti quelli in piedi e in disparte fossero i soldati che avevano l’accesso garantito al Giardino. - Aspetta qui, devo fare rapporto a Shurley. - Dean non ebbe il tempo di rispondere. Castiel si era già allontanato, aveva posato il vassoio e si era diretto a passo spedito verso il Generale. Quando li vide parlare, Dean deglutì. Sapeva perfettamente che il “rapporto” riguardasse lui, il suo tatuaggio, le sue ossa miracolosamente guarite. Cosa avrebbe detto Shurley riguardo alla cosa?

- Sembri terrorizzato, amico. - Quella voce lo fece sussultare. Quando Dean si voltò alla sua destra, accanto a lui dove poco prima c’era Castiel, adesso c’era Balthazar. Da quanto tempo stesse lì e perché, non ne aveva minimamente idea. - Se ti preoccupi di Lucifer, sta tranquillo. La partita è il suo unico pensiero al momento. - In mano Balthazar reggeva un contenitore di cartone pieno di patatine fritte ancora calde. Sicuramente Dean avrebbe di buon grado accettato di mangiarle quando Balthazar fece per offrirgliele, ma aveva lo stomaco pieno.

- Sei uno dei pochi che ha già i privilegi? - Gli chiese Dean, cercando con quella conversazione di non pensare a quello di cui Castiel e Shurley stavano parlando. Gli sembrava un buon pretesto. Balthazar lo guardò in silenzio per un momento.

- No, purtroppo no. -

- Allora perché non stai giocando? -

- Ho vinto il mese scorso per la prima volta. Devo lasciare spazio agli altri. - Gli rispose semplicemente mentre masticava senza vergogna una manciata di patatine. - Lucifer si è incazzato come una belva. - A quel pensiero il soldato emise una risata divertita, scuotendo la testa. - Ha vinto solo un paio di volte ma non è mai contento. -

- Si comporta così con tutti, allora. - Balthazar osservò il diretto interessato. Lucifer teneva fra le mani le carte appena distribuite dal mazziere. Le guardò alla ricerca di una strategia di gioco, poi tirò fuori la sua migliore “faccia da poker” mentre il gioco iniziava e gli altri soldati cominciavano a puntare.

- Non lo so, l’ho conosciuto quando è entrato nell’esercito. Ma ho saputo… girano voci… - Il tono di Balthazar si fece più basso mentre si avvicinava di più a Dean per mantenere la segretezza della loro conversazione, seppure da quella distanza non avrebbero potuto sentire. - Si dice abbia avuto una relazione con una donna, che lei sia rimasta incinta e che il figlio sia morto appena nato. - Dean non ebbe una reazione che ci si aspettava da uno a cui quella situazione dispiaceva. Certo, era sicuramente un duro colpo da mandare giù, ma perché sfogare rabbia e frustrazioni addosso agli altri? Il viso di Dean era completamente indifferente.

- Bene, dolcezze, quanto puntate? - Il soldato accanto a Dean si ritrovò la visuale coperta proprio da Gabriel, che porgeva loro il cappello già ricolmo di banconote come se fosse un vassoio di dolci. Lo vide svuotarsi le tasche e mettere a disposizione per la scommessa più di qualche banconota e qualche monetina.

- Per Anna. - Gli disse, più sicuro che mai sulla sua decisione. Gabriel sollevò un sopracciglio.

- Nessuno ha puntato per lei. -

- Lo so. - Rispose Balthazar. - Ma le ho dato qualche dritta in queste settimane. Lei vincerà. - Gabriel lo guardò come se stesse dicendo un’assurdità. Forse pensava che non era possibile che solo con qualche dritta qualcuno sarebbe riuscito a vincere, però non disse altro, si limitò a fare spallucce e ad allontanarsi, pronto a seguire quella partita, anche se Dean non aveva proprio voglia di vedere come sarebbe andata a finire, soprattutto perché sentiva ancora lo sguardo di Lucifer addosso.

- Dean! - Da lontano, Castiel lo stava chiamando, distraendolo da quel peso che sentiva addosso. Shurley era sparito, constatò mentre il soldato gli faceva cenno di alzarsi e seguirlo. Il biondo obbedì senza fiatare, non si risparmiò nemmeno di salutare Balthazar, anche perché sembrava piuttosto concentrato sulla partita che su di lui. Mentre attraversava la stanza, Dean non si risparmiò di prestare una leggera attenzione ad Anna. I suoi capelli rossi risplendevano e spiccavano in mezzo a tutte quelle divise monocromatiche, erano rilegate in una coda bassa, ricadevano sulla spalla sinistra, vi poggiavano delicatamente come morbida seta. Un sorriso sicuro era dipinto sulle sue labbra. Forse anche lei era convinta di farcela.
Castiel camminava davanti a lui, e solo quando lo vide raggiungere il corridoio e anche Dean fu fuori dal campo visivo degli altri soldati, si decise a chiedergli ciò che più lo premeva.

- Hai fatto rapporto su di me? -

- Sì. - Gli rispose l’altro con tono tranquillo e pacato. Dean si aspettò che continuasse la frase, ma quando non lo sentì parlare si affrettò a incitarlo.

- E quindi? - Castiel voltò lo sguardo verso di lui, poi tornò a guardare davanti a sé.

- Mi ha solo detto “ottimo lavoro”, e che si sarebbe occupato lui di fare delle ricerche sul tuo tatuaggio. - Dean sollevò le sopracciglia stupito.

- Davvero? - Castiel ridacchiò, per un momento fu come camminare accanto a uno sconosciuto. Non lo aveva mai sentito ridere.

- Cosa ti aspettavi? Che ti gettasse nei sotterranei? - Nel frattempo Castiel tirò fuori la chiave elettronica della “loro” stanza e se la rigirò fra le mani più volte, come se la stesse toccando per la prima volta.

- Beh… sì, come minimo. -

- Siamo già nei sotterranei. - Si fermarono davanti alla porta. Castiel lo guardò con un sorriso divertito. Dean ci mise un po’ a rielaborare quella battuta, e un sorriso riaffiorò sulle sue labbra quando si rese conto che Castiel di riferiva proprio al bunker, che era appunto sotterraneo. Solo dopo aver ricevuto in cambio quella reazione, Castiel aprì la porta con la tessera e la consegnò nelle mani di Dean, che lo guardò confuso. - Prima o poi dovrò farne una copia per te. - Disse il moro. - Scegli uno dei letti, rilassati e cerca di dormire. Non fare entrare nessuno, solo Gabriel e me. Se ti viene un languorino o un po’ di sete c’è un mini frigo nell’armadio. Ci sono anche dei libri che potresti leggere, insomma… cerca di ambientarti. Domani la sveglia obbligatoria è alle sei, quindi ti conviene addormentarti presto. - Dean si era quasi perso in mezzo a tutte quelle spiegazioni, lo guardò come se fosse un alieno che cercava di interloquire con lui ma con una lingua extraterrestre che non conosceva.

- Aspetta… tu dove vai? Non dormi qui? -

- Certo, ma… devo fare un’ultima cosa e non so quanto ci impiegherò. - Dean non osò chiedere, non voleva nemmeno sapere se quest’ultima cosa riguardasse lui, voleva solo chiudere gli occhi e riposarsi. Probabilmente era solo qualche dovere da soldato, qualche ordine da eseguire, non voleva trattenerlo. - Buonanotte, Dean. - Un altro sorriso raro per cui il biondo rimase incantato per un momento, poi anche lui rispose con un sorriso titubante.

- Buonanotte, Cas. - Non gli diede il tempo di aggiungere altro, Castiel chiuse la porta e si diresse a passo deciso verso gli ascensori.
Quando raggiunse il piano dell’infermeria e del pronto soccorso, la prima persona che vide in corridoio fu proprio la dottoressa Meg Masters, e nessun altro. Il corridoio sembrava deserto. C’era anche un silenzio inquietante.

- Buonasera, Clarence. - Disse la donna a gran voce, con un sorriso sgargiante. Lui fece fatica a ricambiarlo, era troppo preso dalla voglia di sapere i risultati di quel dannato test del sangue. - Non immagini che cosa ho scoperto, dolcezza. - E Castiel deglutì.


Note autrice
Vi lascio il capitolo oggi, gente. Fino a mezz'ora fa stavo ancora finendo un progetto al pc per l'accademia e ne ho approfittato, visto che non so quanto tempo mi prenderà il prossimo. Fatemi tornare al primo anno...
Ciancio alle bande, che ne pensate di questo capitolo? Lo so che come al solito lascio il capitolo con un cliffhanger ma... che gusto c'è se no?
Comunque ho letto le vostre teorie su chi sia Dean in realtà. Qualcuno ci si è avvicinato di molto, altri sono andati completamente fuori strada. Ma non dirò chi, perchè it's a secret.
Ci vediamo molto preso, gente!

  
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