Anime & Manga > Card Captor Sakura
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Autore: steffirah    10/11/2019    2 recensioni
A causa del lavoro del padre Sakura verrà ospitata a casa di una sua cugina, in una cittadina dal nome mai sentito prima, nell'estremo nord del Paese. Qui farà nuovi incontri, alcuni dei quali andranno oltre la sua stessa comprensione, mettendo a dura prova le sue più grandi paure. Le affronterà con coraggio o le lascerà vincere?
Una storia d'amore e di sangue, di destino e legami, avvolta nel gelo di un cielo plumbeo, cinta dalle braccia di una foresta, cullata dalla voce di un lupo.
Genere: Angst, Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eriol Hiiragizawa, Sakura, Sakura Kinomoto, Syaoran Li, Tomoyo Daidouji | Coppie: Shaoran/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Cercando la felicità


 
Dopo che ci fummo entrambe riprese continuai a chiacchierare a lungo con Meiling-chan, conoscendo vari aspetti di lei poco alla volta. La nostra conversazione fu accompagnata da una dolce musica suonata al pianoforte, candida e pacificante, e inizialmente diedi per scontato che Yelan-san stesse ascoltando qualche cd, quando poi ricordai il pianoforte in sala.
«Che cos’è?» domandai, chiudendo gli occhi, lasciandomi cullare da quella melodia calmante. A tratti suonava un po’ come una ninnananna.
«Un preludio di Bach.»
Purtroppo non me ne intendevo molto di musica classica, conoscevo soltanto i componimenti più famosi, e questo non mi sembrava di averlo mai udito.
Dopo neppure un minuto decadde in qualche nota più malinconica, al che la guardai, domandando: «È Syaoran-kun che suona?»
Annuì e si alzò in piedi, proponendo con complicità: «Andiamo a spiarlo, ti va?»
Approvai subito, sollevandomi a mia volta, col batticuore.
Uscimmo e scendemmo le scale facendo il minor rumore possibile, cosa affatto difficile per Meiling-chan, cui invece dovetti prestare maggiore attenzione io. Quando socchiudemmo appena la tenda al piano terra, per sbirciare, lo trovai esattamente come a scuola, ad occhi chiusi e con un’espressione placida. Sul divanetto di fronte a lui Yelan-san sorseggiava in una tazza da tè quello che presumevo essere, più verosimilmente, sangue. Spostai di nuovo gli occhi sul figlio, che sembrava aver appena finito con l’esecuzione di quel brano per cominciarne un altro. L’aria si riempì di note morbide e soavi, ricche di gratitudine, in cui tuttavia sembravano essere intrecciate mestizia e afflizione.
Non avevo idea di come sentirmi, se sorriderne o meno, soprattutto quando Meling-chan bisbigliò direttamente nel mio orecchio: «Questa l’ha scritta lui.»
Mi morsi un labbro e lo ascoltai, portandomi una mano sul cuore, capendo. Quelli erano i suoi sentimenti. Quello era il vero lui. Quindi, non mi ero sbagliata a scuola. Era pieno, strapieno di emozioni, e forse ne aveva provate anche troppe. Anzi, forse lui le aveva provate tutte.
Ad un certo punto smise di suonare, voltandosi immediatamente a guardarci. Di riflesso chiudemmo la tenda, entrambe trattenendo il fiato colte in flagrante, ma poi ridacchiammo uscendo allo scoperto.
Allora Yelan-san posò la tazzina su un lato e si alzò, avvicinandomisi.
«Hai fame, Sakura? È quasi ora di pranzo.»
«La ringrazio per la premura, ma Meiling-chan già mi ha dato dei biscotti.»
Sorrisi dinanzi alla sua gentilezza, tuttavia a quelle parole la vidi assottigliare gli occhi, dicendo alla nipote qualcosa di incomprensibile alle mie orecchie. Era come un insieme di more e toni totalmente sconosciuti e, soprattutto quando Meiling-chan le rispose, con aria birichina, sembrava quasi una cantilena.
Le guardai spaesata, finché Syaoran-kun non ci affiancò, traducendo per me: «Mamma la sta rimproverando perché ruba sempre troppi biscotti dalla cucina e ne mangia in quantità eccessiva.»
La cugina gli fece il verso, mentre io mi illuminai.
«Avete anche una cucina?»
«Te la mostro» mi disse Yelan-san avviandosi verso l’altra tenda, quella rosata, da cui aveva fatto la sua comparsa. «Purtroppo non c’è molto che possiamo offrirti, ma ti andrebbe del tè?»
«Ehm…» temporeggiai, salendo altre scale, ragionando. Dipendeva tutto da cosa si intendesse per “tè”. Però non me la sentivo di rifiutare, soprattutto perché sembrava che la signora morisse dalla voglia di sentirsi ricevere un assenso.
Al mio fianco Meiling-chan non riuscì a sopprimere una risata, elencando: «Allora Sakura, puoi scegliere tra cinghiale, alce, coniglio…»
Sgranai gli occhi, arrestandomi nei miei passi, e madre e figlio si voltarono al contempo per fulminarla, redarguendola: «Meiling!»
Lei continuò a ridere, mentre Syaoran-kun mi guardò dispiaciuto, scusandosi da parte sua. «Non ascoltarla, è -»
«Divertente» completai per lui, concedendomi un risolino. L’avevo detto io stessa che per me non c’erano differenze tra di noi, quindi anche in quel campo dovevo cercare di vedere le cose dal loro punto di vista, accettandole e apprezzandole.
Lui mi guardò come se fossi pazza, lei mi diede una lieve pacca sulla spalla, sghignazzando radiosa.
«Aha, vedi? Non solo è buona, ha una mente aperta e un cuore d’oro, ma ha anche senso dell’umorismo! Non potevi proprio sceglierti ragazza migliore.»
Gli fece un occhiolino e Syaoran-kun la guardò boccheggiante, replicando imbarazzato: «I-io non… non mi sono…»
Spostai il viso dall’uno all’altra, cercando di capire di cosa stessero parlando, finché non mi accorsi che Yelan-san era già andata oltre.
Li sorpassai lasciandoli dietro di me a battibeccare per raggiungerla, seguendola dietro una tenda color sabbia, restando di nuovo senza parole. Sembrava una cucina vera e propria, attrezzata di mobiletti e credenze, con una tavola circolare al centro circondata da una decina di sedie ricurve, il tutto rigorosamente in legno. Anche qui sulle pareti erano dipinti pruni fioriti, seguiti da iscrizioni eseguite in una calligrafia elegante. A quel punto cominciai a supporre si trattasse di poesie.
Accanto alla finestra c’erano due vasi con due piantine spoglie, una mi sembrava un basso arbusto, l’altra un alberello. Così, guardando soltanto il tronco e i rami, non riuscivo a capire di che tipologia di piante si trattasse.
«Che piante sono?» mi incuriosii, indicandole.
«Pruni e peonie» mi rispose la padrona di casa. Chissà perché le prediligevano così. Poi ricordai che il kanji con cui si scriveva Li, “sumomo”, era lo stesso dei pruni. Ma allora le peonie? «I fiori che ci rappresentano e i nostri preferiti» soggiunse, quasi avesse anche lei la capacità di leggermi nella mente. Ma forse, molto più semplicemente, i pensieri mi si leggevano in faccia, proprio come mi avevano detto Eriol-kun e Tomoyo-chan.
Mi fece cenno di accomodarmi su una sedia e allo stesso tempo Syaoran-kun e Meiling-chan si unirono a noi, proprio mentre ella disponeva la teiera e quattro tazzine su un vassoio di bambù, con un doppio fondo cavo. I due mi spiegarono che sin da bambini nella loro stirpe si imparavano diverse arti tradizionali, che si dividevano tra quelle maschili e femminili; tra queste ultime rientrava l’esecuzione della cerimonia del tè e, avendoci dedicato molto tempo della sua vita, Yelan-san era sempre lieta di poterlo fare per qualcuno che potesse non solo apprezzarne l’arte, ma anche beneficiarne.
Pertanto, mentre l’acqua si scaldava nel bollitore restammo tutti e tre in tacita contemplazione. Io in particolare la guardavo imbambolata, totalmente incantata dai suoi movimenti tanto delicati e leggiadri.
Una volta raggiunti i gradi necessari riempì la teiera, facendola lievemente traboccare, versando l’acqua nelle tazzine; usò poi delle pinze in legno per svuotarle riempiendo quelle accanto. Non avevo idea del senso di tutto ciò, né come giovasse bagnare fino a quel punto il vassoio, ma ero certa che avesse il suo significato, per cui misi a tacere la mia perplessità e continuai a seguire attentamente ogni suo gesto.
Utilizzando un cucchiaio di bambù prelevò le foglie di tè ponendole nella teiera, versandovi nuovamente l’acqua. La vidi prendere cinque respiri profondi prima di tenersi nuovamente la lunga manica, per svuotare di nuovo la teiera nelle tazzine con un unico movimento fluido, partendo dalla prima all’ultima e viceversa. La riempì per la terza volta, chiudendo gli occhi, in attesa. Nessuno di noi fiatò, io probabilmente neppure respiravo, tremendamente affascinata. Era come se stesse eseguendo un rito magico.
Trascorsero probabilmente i soliti quattro minuti e non appena riaprì le palpebre ripeté il precedente movimento, riempiendole. Fece tutti questi passaggi per ben sei volte, prima di guardarmi soddisfatta e porgermi finalmente una tazzina.
La ringraziai, prendendola dalle sue mani, assaggiandolo: era dolcissimo e aveva una consistenza quasi setosa.
«È di tuo gradimento?»
Feci “sì” col capo, finendolo in pochi sorsi.
Notai solo allora che anche Syaoran-kun e Meiling-chan lo avevano assaggiato, ma entrambi storsero il naso, rifiutandolo categoricamente. Yelan-san sospirò intristita, per cui cercai di farla riprendere chiedendole entusiasta: «Che tipologia di tè è?»
«Si chiama “Mao jian”, è un tipo di tè verde.»
Vidi i suoi tratti distendersi e mi rilassai a mia volta.
«Dovrò consigliarlo a mio padre» meditai ad alta voce, appuntandomelo sul cellulare. Quella sera stessa gli avrei scritto di quella nuova esperienza vissuta.
Naturalmente, ci scrivevamo in maniera abbastanza frequente, ma ero ben attenta a distinguere ciò che potevo dire o meno. Anche con onii-chan continuavo a sentirmi, e proprio ieri sera gli posi il quesito che tanto mi pesava sul cuore: se lui riusciva a vedere la mamma. Mi rivelò che sì, talvolta accadeva, soprattutto quando io prendevo la febbre, come se il suo spirito vegliasse su di me. Lo avevo rimproverato a lungo per non avermelo mai rivelato.
Posai nuovamente il cellulare in tasca, alzando lo sguardo, incontrando quello della signora attento su di me.
«Tuo padre non è qui con te?» chiese con tatto.
Scossi il capo, spiegandole dove si trovasse in quel momento, il che inevitabilmente mi portò a parlare del suo lavoro. Sia lei che suo figlio mi ascoltarono affascinati.
«Avete molti reperti archeologici a casa?» si interessò quest’ultimo, con occhi brillanti.
Annuii, rivolgendogli un sorriso enorme.
«Provengono dagli scavi che ha già effettuato. Per questo ho sempre pensato che adorerebbe casa di Tomoyo-chan. Amerebbe anche la vostra, di certo» ragionai in quel momento, chiedendomi se quella era una cosa di cui potessi parlargli. Non c’era nulla di male, no? Purché evitassi di dirgli che fossero vampiri.
«E tua madre?» domandò Yelan-san, con delicatezza.
Vidi Syaoran-kun irrigidirsi al mio fianco, mentre io le risposi tranquilla.
«È morta quando avevo solo un anno, non ho alcun ricordo di lei.»
A quel punto, tuttavia, vedendo una scia di dolore attraversarle il viso, mi sentii come se il mondo mi fosse crollato addosso. Sapevo che fosse meglio pensare a quel che mi aveva detto mio fratello, ossia al fatto che lei fosse sempre stata al mio fianco. Ma non riuscivo neppure ad ignorare i miei sogni.
«Sentirai la sua mancanza…» sussurrò, il che mi fece sentire ancora più afflitta e amareggiata.
«Si può sentire la mancanza di qualcuno che non si è mai realmente conosciuto?» mi domandai, e solo quando notai il suo sguardo partecipe mi diedi della deficiente. Che stavo combinando, proprio davanti a loro?!
«Ah ma, non mi è pesato!» mi affrettai a riparare. Sapevo dal modo compulsivo con cui mi attorcigliavo i capelli più lunghi in una mano che mi stavo agitando, però pure volendo non riuscivo a frenarmi. «Ho sempre avuto con me papà, mio fratello e il suo migliore amico, Yukito-san. Siamo sempre stati una famiglia molto unita, non mi hanno mai fatta sentire sola, e anche se adesso loro si trovano in Inghilterra e mio padre in Egitto continuo a sentirli vicini. Poi ho conosciuto Tomoyo-chan e Sonomi-san, che pure fanno parte della mia famiglia, e c’era anche il nonno, o meglio il mio bisnonno, a Tomoeda e -»
Forse era perché stavo blaterando, forse perché mi stava morendo la voce, forse perché neppure lui stesso riusciva più a sopportarlo, fatto sta che Syaoran-kun mi interruppe alzandosi di botto, porgendomi una mano con un sorriso che fingeva calma. Ma io, ormai, riuscivo a vedere tutto ciò che celava al di sotto di quella maschera.
«Vuoi vedere la terrazza?»
Posai senza perdere tempo la mano sulla sua, appigliandomi ad essa come a una roccia, col corpo e col cuore. Mi scusai con la signora e Meiling-chan, ma loro ci lasciarono andare senza fare commenti.
Tornati in corridoio mi accorsi di star tremando, sentendo il mio spirito e il mio coraggio vacillare. Quasi non fossero altro che un castello di carte appena cozzato da qualcuno per sbaglio, facendolo oscillare, portandolo inevitabilmente al crollo.
Syaoran-kun accelerò, passando oltre una tenda verde, e senza fermarsi uscì per le portefinestre, il che non mi permise di vedere molto del locale, se non che dominavano colori neutri, naturali.
Una volta fuori mi diede il benvenuto una fresca arietta, la quale mi pungeva le guance con il suo alito glaciale. Prontamente Syaoran-kun si allontanò e quando tornò dopo pochi secondi mi invitò ad indossare nuovamente il cappotto, dopo che me lo ero tolta all’ingresso, mentre lui mi metteva il cappello e la sciarpa, coprendomi fino al naso.
Finii di chiudermi i bottoni e seguendo la sua volontà infilai i guanti, giudicandolo fin troppo altruista e buono con me. E iperprotettivo – a tratti sembrava Touya.
Alzai lo sguardo, vedendo che anche il terrazzo era in parquet ed era coperto diagonalmente dal tetto. Ci avvicinammo alla balaustra e, sporgendomi, scoprii con mia grande meraviglia che affacciava proprio sulle sorgenti e il fiumiciattolo.
«Che visione stupenda…» sussurrai, restando senza parole di fronte a quell’incontro di bianco e celeste.
«Come ti senti?» domandò accorto.
Mi voltai a guardarlo restando appoggiata alla balaustrata, capendo tutto dal suo sguardo preoccupato. Probabilmente aveva recepito il mio stato d’animo e temeva che stessi per piangere, per cui, ancora una volta, aveva cercato di tranquillizzarmi e rasserenarmi.
«Bene, grazie» risposi sincera.
«“Grazie” di cosa?»
«Della gentilezza che mi riservi.»
Parve che lo ebbi colto sul vivo perché sviò lo sguardo, affacciandosi a sua volta, bofonchiando: «Non devi ringraziarmi.»
Ridacchiai, grata anche di quella timidezza che sembrava mostrare soltanto a me, ma dopo un po’ tornai seria, sentendomi colpevole per la mia mancanza di riguardi.
«Tu, invece?»
«Io sto bene» mi rassicurò, guardandomi dritto negli occhi. Capii che stesse dicendo la verità.
«Sto imparando a comprenderti» dichiarai compiaciuta.
Lui alzò un sopracciglio, poco convinto.
«Ah sì?»
«Anche se forse ci riuscivo anche prima» ragionai. «Perché già ti dissi che eri pieno di emozioni.»
Si strinse nelle spalle e io mi voltai di schiena verso il parapetto, giocherellando con un lembo della sciarpa.
«Stavolta nella tua musica c’eri» aggiunsi sottovoce, rincuorata da ciò.
«Lieto di averti soddisfatta.»
Mi sembrava che la sua voce fosse tirata, per cui lo guardai perplessa.
«Non dovevi soddisfarmi. Era te che dovevi accettare.»
Si voltò di scatto, con gli occhi e la bocca spalancati.
«Cosa vorresti dire?»
«Mi sbaglio, forse?»
Piegai la testa su un lato e lui sbuffò, incrociando le braccia.
«Smettila di scavarmi dentro, Sakura. Non farai altro che trovarne dolore e rifiuto.»
«Smettila tu di dire queste cose su di te. Non è come io ti vedo, e credimi, sono certa di vederti» ribattei prontamente. Perché era così duro con se stesso?
«Sai pochissimo di me.»
«Quel che so basta.» Feci un passo verso di lui, reggendo il suo sguardo. «Non tentare di convincermi che tu sia qualcosa che non sei. Non dirmi che sei malvagio, che sei vuoto o spento o triste o apatico o egoista. Perché non è vero niente. Sei soltanto impaurito, ma lo sono anche io. E non guardarmi speranzoso» mi scaldai, puntandogli un dito contro. «Non ho paura di te, bensì di ciò che mi riserva il futuro. Però tutti me lo state dicendo, no? Che devo avere fiducia, rimanere me stessa, così tutto si risolverà per il meglio.»
Ripresi fiato, mentre lui mi guardava come se cercasse di capire dove volevo andare a parare con quel discorso.
«Insomma, tu stai cercando la mia felicità, giusto?» Attesi un suo cenno di conferma prima di domandargli: «E credi di averla trovata?»
«Spero di sì…» mormorò in tono tenue.
«Allora ti assicuro io di sì, perché quando sono al tuo fianco mi sento sempre felice» ammisi, sebbene la cosa un po’ mi imbarazzasse.
Mi parve di vederlo trattenere il fiato, per cui feci un passo in avanti, verso di lui, avvicinandomi per quanto mi fosse possibile, concludendo: «Permetti anche a me di cercare la tua felicità.»










 
Angolino autrice:
Buona domenica!
Ecco finalmente la terza parte di questa giornata. Tecnicamente finisce qui, anche se nel prossimo ci saranno altre piccole informazioni, ma nel complesso il capitolo successivo sarà dedicato maggiormente ad una festività prossima: ossia, il Natale! Spero ciononostante di riuscire ad aggiornare prima di dicembre.
Quindi a presto! E grazie a chi ancora legge! 
  
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