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Autore: lady lina 77    10/11/2019    2 recensioni
Poldark, Season 5 Episodio 8: Cosa sarebbe successo se nell'episodio finale le cose fossero andate diversamente e Demelza si fosse imbarcata davvero coi suoi figli per la Jamaica, lasciando Ross al suo presunto tradimento con Tess? Cosa la attende ai Caraibi? Cosa le succederà? Che donna potrebbe diventare in quelle terre selvagge popolate da pirati? E i suoi figli?
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Nuovo personaggio, Ross Poldark
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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La fede era sparita, così come la speranza che ci fosse sempre una soluzione ai grandi drammi della vita. Tutto sparito, tutto dissolto…

Nella grande dimora di Dwight e Caroline, Killawarren, seduta su una comoda poltrona davanti a un camino scoppiettante, Demelza aveva gli occhi lucidi e l’unica cosa di cui era grata era il fatto che Prudie avesse portato fuori i bambini in modo che non la vedessero piangere.

Dwight era stato gentile, aveva cercato di usare le giuste parole per indorare la pillola dopo che era tornato da Nampara, ma dietro ai suoi modi attenti Demelza aveva comunque capito la verità: non c’era speranza, era tutto finito e Ross lo aveva confermato a Dwight senza mezze misure.

Non la amo più”…

Così aveva detto Ross e anche se Dwight l'aveva consolata dicendo che a volte le parole nascondono altre verità e che non sempre vogliono dire qualcosa, lui le aveva dette...

Non la amava più e d'altronde che si aspettava? L'aveva fermata quando aveva preso la porta coi bambini? Le era corso dietro? Aveva fatto promesse solenni per trattenerla? No, nulla, lui non aveva fatto nulla, era rimasto semplicemente impassibile a guardarla mentre lei se ne andava via lontano, portando con se tutto ciò che rimaneva della bellissima famiglia che avevano creato insieme.

Se mai avesse avuto la speranza di aver frainteso, di aver capito male, di aver visto malati parti della sua fantasia, quelle parole avevano cancellato ogni dubbio. Ross aveva amato Elizabeth e poi lei. Ed ora amava Tess, in qualche assurdo modo si era innamorato di una persona così diversa, così sporca, così poco limpida… Ross, il suo Ross di una volta, non avrebbe mai corrotto se stesso e la sua anima con una donna come Tess, non le avrebbe mai fatto del male, non le avrebbe mai mentito a quel modo. Era vero, ci erano già passati ma a quell'epoca, con Elizabeth, era stato diverso, c'erano sentimenti profondi ed irrisolti alle spalle e soprattutto, una concausa di eventi che avevano portato al disastro. Ma si erano rialzati,sia da quella storia che da quella di Hugh, si erano riscelti se mai ce ne fosse stato bisogno, avevano capito i propri errori e qual'era il loro posto, dov'era il loro cuore e dove la loro anima trovava pace e amore. Mai, MAI avrebbe creduto questo, non dopo quanto vissuto, non dopo la felicità ritrovata, la tenerezza, la dolcezza e le cose che si erano detti...

Tutto si era frantumato dopo la morte di Ned, come se quell'evento avesse ucciso anche il vecchio Ross, quello dal cuore limpido e impavido che si batteva contro le ingiustizie anche a costo di rimetterci, quello che ci credeva, quello che a volte faceva il gradasso e non pensava alle conseguenze delle sue azioni ma che agiva sempre col cuore e con generosità. Il Ross di cui si era innamorata e che amava ancora nonostante tutto. Ma ora quel Ross non esisteva più e al suo posto c'era un uomo freddo, calcolatore, distaccato e che nello sguardo non aveva più alcuna traccia delle dolcezza e della tenerezza che solo a lei aveva dato l'onore di vedere.

Sperava che Dwight, tornando, le dicesse che era stato un malinteso, che Ross la aspettava a braccia aperte, che era disperato. Ma il viso terreo del medico, al suo rientro, diceva tutt'altro. Era finita e con dolcezza l'aveva intimata ad accettarlo anche se la voce dell'uomo tradiva una rabbia e una delusione a stento trattenute. Anche per Dwight era difficile, quasi quanto per lei, accettare di aver perso il suo più caro amico.

"Sta gettando via la sua vita, Demelza... E quando lo capirà sprofonderà e forse, forse capirà. Sta a te, a noi tutti, decidere se varrà la pena tendergli la mano quando arriverà quel momento".

Demelza non aveva risposto nulla, non ne aveva avuto la forza e la tempra e aveva solo chiesto di rimanere un pò da sola a pensare. Che importava cosa sarebbe stato, cosa riservava il futuro? Che importava se Ross avesse cambiato idea? La sua fede in lui e nel suo matrimonio ormai era distrutta per sempre e lei non sarebbe mai più stata la stessa.

Gli avrebbe teso quella mano? Non lo sapeva, non sapeva darsi una risposta in quel momento perché erano altre le immagini che le danzavano nella mente... I silenzi, le bugie, la freddezza di quei mesi, la miniera, i cunicoli, la voce di Ross e di Tess nascosti nell'oscurità e in cerca di un attimo di intimità solo loro, le dolci frasi che si scambiavano, l'ammissione di desiderarasi...

Le si strinse lo stomaco a quei ricordi e si massaggiò il ventre mentre, da sola, pensava e ripensava a cosa avrebbe fatto e cosa non sarebbe più riuscita a fare. Aveva la forza di lottare? Aveva la forza di cercare di chiarire? Aveva la forza di tornare a Nampara ad affrontarlo? Aveva la forza di rimanere?

Si massaggiò ancora il ventre dove stava crescendo suo figlio. Il figlio suo e di Ross, concepito in quei mesi di silenzi e bugie, nell'unica notte dove Ross aveva ceduto al desiderio e l'aveva amata come aveva sempre fatto, con passione e tenerezza. E lei glielo aveva permesso dopo una giornata triste e solitaria passata a pensare a cosa ci fosse che non andava, a cosa stesse succedendo, al perché Ross fosse cambiato tanto...

Aveva pianto, da sola, dopo cena nella sua camera. E anche se poi aveva cercato di asciugarsi gli occhi, loro erano rimasti rossi e Ross, al suo ritorno, se n'era accorto. Non aveva detto nulla, non aveva chiesto, non si era preoccupato di scoprire cosa avesse, come se lo sapesse già... Si era solo avvicinato, l'aveva abbracciata, baciata, e poi con delicatezza portata a letto, fra le sue braccia, come un principe porta a letto una principessa. Ma Ross non era più il suo principe e lei non era mai stata una principessa e la loro non era una favola.

Era stato solo un attimo, intenso, dolce, gentile e appassionato. Ed era un comportamento così strano nel Ross di quegli ultimi mesi, ripensandoci. Un uomo che non ama più sua moglie non si comporta così e se allora lei aveva solo un dubbio, ora aveva la certezza che Ross avesse già una storia con Tess. Eppure quella notte l'aveva amata, l'aveva tenuta stretta a se quasi capendo quanto lei ne avesse bisogno e come se lui stesso non desiderasse altro.

Non si erano parlati, non si erano detti nulla. Solo dopo aver fatto l'amore, nel silenzio della stanza, lui aveva aperto la bocca, pronunciando una strana ed incomprensibile frase, sibillina, di cui non aveva avuto la forza di chiedere spiegazioni.

"Tutto passa, Demelza... Tutto finisce, le cose belle e i momenti brutti...".

Cosa voleva dire? Che era la fine del loro matrimonio? Che quel momento difficile, come tanti altri vissuti, sarebbe passato? Cosa? COSA???

Frustrata, Demelza picchiò il pugno della mano contro il muro. Si sentiva esausta, infinitamente stanca e senza più desiderio o voglia di vivere. Ross era la sua vita e ora... ora...

Ora sarebbe stata sola e non aveva nemmeno il diritto di lasciarsi andare. C'erano Jeremy e Clowance che avevano solo dieci e sette anni e poi lui... o lei, il testimone vivente di un grande amore e delle sue ceneri.

Prendendo un profondo respiro capì che non poteva continuare a rimanere lì, che non ce l'avrebbe fatta né a far finta di nulla tornando con Ross, né a vivere in zona col rischio di incontrarlo felice ed innamorato insieme a Tess. Non poteva sopportarlo e non avrebbero potuto nemmeno i bambini. Ma doveva parlargli, almeno un'ultima volta... Doveva tentare, almeno per i suoi figli, per quelli che c'erano e per quello che sarebbe arrivato. Forse, forse... In realtà non sapeva nemmeno cosa sperasse e SE sperasse in qualcosa. Ma sapeva che doveva parlargli, per quanto doloroso potesse essere.

Con passo stanco si avviò alla camera dei suoi figli per controllare che dormissero. Li trovò profondamente addormentati nella spaziosa stanza che Caroline e Dwight avevano predisposto per loro, nel lettone, tranquilli e apparentemente sereni. Li coprì, li baciò e si mise la mantella in spalla. Anche se era tardi, doveva andare. Tanto meglio se era notte, il buio avrebbe coperto i suoi passi, la delusione cocente e forse le sue lacrime. Niente e nessuno avrebbe visto, niente e nessuno avrebbe saputo...

Osservò Prudie che sonnecchiava sul divano, ci avrebbe pensato lei ai bambini, tanto che era era assente. Tutto era tranquillo e pacifico in quella stanza e lei non chiedeva che questo, che loro stessero bene! Lei sarebbe sopravvissuta in qualche modo, come sempre.

Chiuse la porta dietro di se e Garrick tentò di seguirla ma gentilmente lo rimandò indietro, sul letto coi bambini. Poi scese al piano di sotto, aprì la porta e scomparve nell'oscurità, diretta a Nampara.


...


Seduto davanti al camino scoppiettante, in una casa immersa in un silenzio tombale a cui non era più abituato, Ross si massaggiò la gamba. Da alcuni giorni la vecchia ferita di guerra che pareva guarita tanti anni prima, aveva ripreso a fargli male con la stessa intensità di quando nella sua vita non era ancora comparsa Demelza. Lei in un certo senso lo aveva guarito, da quella ferita e da tante altre meno visibili ma ben più profonde, pian piano, lentamente, con dolcezza e senza forse che lui se ne rendesse conto all'inizio.

Ma ora no, ora conosceva il valore di quella donna sposata inizialmente quasi senza pensarci e spinto dalla voglia di sfidare le convenzioni sociali e soprattutto sapeva quanto la amasse e quanto la sua vita senza di lei e i loro figli fosse inutile e vuota.

Erano stati sei mesi terribili per lui, quelli. Già provato dall'ingiusta morte di Ned, scoprire che i francesi stavano preparando proprio in quelle terre, di nascosto, l'invasione dell'Inghilterra e uscirne vivo dopo aver ottenuto la loro fiducia, era già di per se un miracolo, oltre che un trauma. Se l'invasione fosse andata a buon fine quelle terre, le sue terre che amava e le persone che vi vivevano, sarebbero state nel bel mezzo di una guerra che non avrebbe risparmiato nessuno. Nemmeno la sua famiglia, sua moglie, i suoi bambini e la sua casa...

E si era trasformato in quello che Wickham aveva sempre voluto, pur agendo di testa sua e di nascosto da tutti, anche dal governo britannico. Si era finto amico dei francesi, aveva lavorato con loro per nascondere armi fra le scogliere, aveva dato vaghe informazioni su luoghi e abitudini del posto, aveva fatto in modo che quegli invasori avessero fiducia in lui, aveva sbandierato ideologie che non facevano parte del suo essere e aveva imparato ad essere convincente, agendo apparentemente contro il suo paese per aiutarne un'altro, invasore. Il tutto per ottenere informazioni da portare a Londra a tempo debito e battere i francesi prima che potessero anche solo recidere un fiore.

Era stato nauseato nel constatare che alcuni dei suoi vicini aiutavano gli invasori, gente ignorante come Jacka che non capivano il rischio che correvano in caso di accusa di tradimento alla nazione. E poi anche Tess...

Tess non gli era mai piaciuta e anche se si era fidato del sesto senso di Demelza di darle una possibilità e farla lavorare per loro, alla fine aveva dovuto arrendersi anche lei che nelle persone vedeva sempre il bello, alla natura maligna di quella ragazza.

Che collaborasse coi francesi, non lo aveva stupito così tanto. Chissà cosa le avevano promesso, chissà cosa si aspettava, chissà con quanta stupidità aveva accettato... Rischiava il cappio e si comportava con la leggerezza di una bambina innocente...

Era odiosa, sporca, maligna e piena di menzogne. Ma era stato costretto a fingere anche con lei per essere creduto, per non essere sospettato di essere una spia... Aveva finto interesse per quella ragazza che invece lo ripugnava, ci aveva flirtato sotto gli occhi divertiti dei francesi e anche se aveva sempre mantenuto fede alle sue promesse matrimoniali adducendo scuse su scuse con Tess che non faceva altro che chiedere intimità con lui, ogni giorno quella sua menzogna diventava sempre più difficile da tenere in piedi. Tess era diventata aggressiva ed esigente e anche se i loro incontri avvenivano tutti in cunicoli sotto terra e mai da soli, la voce di una sua storia con lei doveva aver oltrepassato grotte e rocce ed essere diventata di dominio pubblico.

La conversazione avuta con Dwight nel pomeriggio lo aveva lasciato con un terribile amaro in bocca. Aveva dovuto mentire anche con lui, col suo migliore amico, per proteggerlo da quella situazione pericolosa. Aveva dovuto fingere di essere un uomo cambiato e diverso, un uomo senza più scrupoli che senza remore aveva voltato le spalle a sua moglie e ai suoi bambini.

E questa era stata la cosa più difficile di tutti. Mentire a Demelza, allontanarsi da lei poco alla volta per fare in modo che se ne andasse in un posto più sicuro, era stata una tortura per lui. Vedere la sofferenza sul volto di quella donna che amava più della sua vita senza poterla al momento consolare, era stata una lenta agonia. Ma era per il suo bene perché se avesse saputo, se le avesse raccontato la verità e della missione in cui si era imbarcato, lei non avrebbe retto alla tensione e... E lui era sorvegliato, non sapeva da chi e da quanto, ma aveva avvertito presenze continue attorno a Nampara, nel cortile e nella stalla. Doveva essere amico dei francesi, sia nelle grotte che a casa, ad ogni ora del giorno e senza mai tradirsi.

Era stato costretto ad allontanare Demelza, a rendersi odioso ai suoi occhi perché coi bambini se ne andasse al sicuro da Dwight e poi, quanto tutto fosse finito, sarebbe andato a riprenderli raccontando loro tutto quanto. Ma se fosse andato male qualcosa, solo lui avrebbe dovuto pagare con la vita. Non loro, MAI loro! E se il prezzo da pagare per la loro sicurezza era perderli, anche solo momentaneamente, lo avrebbe pagato senza tentennamenti.

Anche se, sentire da Dwight che Demelza sapeva della sua presunta tresca con Tess...

Si mise le mani nei capelli, non voleva quello, NON quello! Santo cielo, aveva già inflitto – e stavolta per davvero – un dolore simile a sua moglie, un dolore che l'aveva quasi annientata e che aveva portato il loro matrimonio a un passo dalla distruzione. E ora pensarla mentre lo immaginava con Tess, a tradirla e a sussurrarle parole d'amore che mai avrebbe rivolto a un'altra donna che non era lei, lo atterriva. Aveva tentennato quando Dwight gli aveva detto che Demelza conosceva la verità, aveva provato l'impulso di correre a Killawarren e urlarle quanto l'amava e cosa stesse succedendo davvero. Non voleva infliggerle un dolore del genere, non poteva permetterselo eppure non poteva permettersi neppure di metterla in pericolo andando da lei e far scoprire la sua copertura. Perché se anche lui fosse sfuggito alle conseguenze delle sue azioni, i bersagli sarebbero diventati probabilmente Demelza e i loro figli... E così era rimasto immobile, davanti a Dwight, dicendo la più grande delle bugie...

"No, non la amo più...".

Dwight ci aveva creduto? Non sapeva dirlo, il suo amico lo aveva guardato con sguardo indecifrabile e poi, senza dire nulla, se n'era andato...

Lo aveva detto a Demelza? Le aveva inferto anche questo dolore?

Si torse le mani, nervosamente. Era in un vicolo cieco e non sapeva come uscirne, era in trappola e non sapeva quando sarebbe potuto uscire allo scoperto. I francesi dovevano fare in fretta a concordare la data dell'invasione e lui a quel punto avrebbe avvertito il Governo di Londra, si sarebbe messo in moto l'esercito e avrebbe potuto riprendersi la sua famiglia, sano e salvo.

Non vedeva l'ora, rivoleva i suoi bambini e la sua donna, sua moglie. Nulla aveva senso senza di lei, tutta la casa era diventata cupa e malinconica e il suo cuore era ridotto anche peggio. Voleva lei, la sua voce, i suoi bellissimi capelli rossi, il suo sorriso, il suo canto alla spinetta rivolto solo a lui. La grandezza del suo animo che l'aveva sorretta anche quando, col sorriso sulle labbra, si era trovata ad accogliere per una sera Valentine in casa, facendolo giocare coi suoi bambini.

Ross sapeva che lei sapeva... O quanto meno che immaginasse. Forse più di lui che non voleva ammettere quella realtà perché guardare in faccia al risultato dei suoi errori faceva male ed era più comodo fuggire. Ma Demelza no, lei non era mai fuggita e aveva accettato senza recriminazioni quanto successo sapendo di non poterlo cambiare, comprense le inevitabili conseguenze.

E solo una grandissima donna con un cuore altrettanto grande, poteva accogliere con la dolcezza di una mamma il bambino che il suo uomo, in un momento di follia, probabilmente aveva concepito con un altra.

"Perdonami e aspettami, presto sarà tutto finito, amore mio..." - sussurrò nell'oscurità, ripensando all'unica notte in quei mesi in cui aveva ceduto al suo amore per lei, vedendola con gli occhi arrossati e l'espressione triste. Quel suo caldo sorriso mancava da troppo tempo e lui ne aveva bisogno, non voleva che lei lo perdesse...

L'aveva presa fra le braccia per portarla a letto, aveva fatto l'amore con lei dopo che per molto si era imposto di non toccarla, aveva cercato di infonderle forza e calore anche attraverso i suoi silenzi. Erano anime perse in quel momento, bisognose l'una dell'altro, e non era riuscito a fingere indifferenza. La amava troppo per far finta di nulla, vedendola tanto prostrata. Lei era la sua più grande forza e insieme, la sua più grande debolezza.

Nel silenzio della sera, improvvisamente sentì l'uscio tintinnare e si mise in allerta. Non c'era vento quella sera e qualcuno doveva averlo mosso. O essercisi appoggiato.

Si alzò in piedi con aria circospetta e quando vide di non essere più solo, spalancò gli occhi. Cosa diavolo...? Lei era lì, con lo sguardo stanco ma di ghiaccio "Demelza!".

Entrò subito in allarme, che ci faceva lì a quell'ora tarda? Cosa era venuta a fare? Cosa diavolo le aveva detto Dwight? "Che ci fai quì?" - chiese, freddamente, terrorizzato dall'idea che le spie che erano appostate spesso fuori casa potessero averla vista.

"Dovevo parlare con te" – disse lei, in tono neutro.

Lui tentò di andare verso di lei e la gamba lanciò una fitta terribile che lo costrinse ad appoggiarsi al sofà. "Non avevamo già parlato?".

Demelza, a dispetto di tutto, parve preoccuparsi. "Cos'hai?".

"Solo una vecchia ferita di guerra alla gamba che ogni tanto mi tormenta".

"Erano anni che non ti faceva male" – notò lei.

Lui alzò lo sguardo, guardandola con occhi foschi e torvi. "Sei venuta fin quì a quest'ora di notte per parlare della mia gamba?".

"No" – rispose sua moglie, tornando gelida.

"Vorrei ben vedere, è da irresponsabili uscire a quest'ora senza un ottimo motivo".

"E non ne ho di ottimi motivi, Ross?".

"E allora? Parla!".

"Voglio sentire dalla tua voce la verità! La stessa verità che hai detto a Dwight".

Lui scosse la testa, non poteva e non voleva e avevano già affrontato quell'argomento. "Come ti ho già detto, esistono cose che io non ti ho mai chiesto e di cui non ti ho mai costretto a rendermi conto. Non l'ho fatto per te, per noi e perché non voglio sentire le risposte che potresti darmi. Ti consiglio lo stesso atteggiamento saggio, ci faremo meno male entrambi". Sapeva di essere un codardo, sapeva che nominare, anche se velatamente, Hugh Armitage era cattiveria pura perché la feriva profondamente ed entrambi avevano sbagliato nel loro matrimonio ma era altrettanto vero che poi erano stati capaci di ricostruire il loro rapporto e di riscegliersi, ognuno con le proprie imperfezioni ed errori, sapendo che al mondo non esisteva altro posto per loro che uno accanto all'altra. Ma in quel momento non poteva fare altro, doveva chiudere la discussione e agire malignamente l'avrebbe fatta andar via più in fretta, lontano e al sicuro, a Killawarren.

Demelza impallidì. "Eppure, io devo sapere la verità... Ora soprattutto".

"Perché?".

Lei prese un profondo respiro. "Perché aspetto tuo figlio".

Santo cielo... Ross sentì le gambe traballargli in maniera preoccupante e dovette aggrapparsi ancora più forte al sofà per non cadere, dopo aver sentito quella notizia che, fra tutte, era l'ultima che poteva aspettarsi e che poteva scombinare tutte le carte in quel gioco pericoloso. "Cosa?". Santo cielo, no, NO!!! Non ora, non adesso che non poteva prendersi cura di lei ed era costretto ad allontanarla! Non era più successo dopo Clowance, in sette anni d'amore, pur intervallati da una crisi profonda, Demelza non era più rimasta incinta ed adesso per una volta, una sola volta... Non se lo aspettava e tutti i suoi proponimenti parvero svanire per un attimo. Voleva abbracciarla, baciarla, stringerla a se assieme al loro bambino e dirgli che era felice – perché dannazione, lo era eccome – ma non poteva. Non ancora, non ora! SOPRATTUTTO ora! Adesso che lei era più vulnerabile, adesso che aveva bisogno di cure e tranquillità, adesso che portava in grembo un nuovo bimbo da proteggere, non poteva permettersi alcuna debolezza. Era per il suo bene e sperava che Demelza, una volta scoperta la verità, lo avrebbe capito. "E' per questo che sei andata da Dwight? E' una buona scelta, è un medico e ti seguirà al meglio".

Demelza chiuse gli occhi lentamente, ricacciando indietro le lacrime. "No" – disse, delusa. "Non è per questo".

Ross si risedette sul sofà, fingendo indifferenza. "Beh, ma la sostanza non cambia. Da Dwight sarai curata e seguita e io potrò stare tranquillo".

Lei si morse il labbro. "Stare tranquillo? E' solo a questo che aspiri?".

"Sì, a conti fatti, sì!".

Demelza fece un sorriso amaro e anche se il suo viso pareva trasfigurato dal dolore, mantenne uno strano contegno che a Ross fece paura. La rabbia e le urla le avrebbe potute capire e affrontare ma quella freddezza, quel suo sguardo vuoto e perso, lo annichilivano.

"Lontana da quì, lontana dai tuoi occhi, potrai viverti le tue nuove passioni, giusto?" - gli chiese, sibillina.

Lui non rispose e si mise a fissare le fiamme nel camino. "E' tardi e dovresti tornare da dove sei venuta. Vorrei che ti riguardassi e che ti affidassi a Dwight".

Demelza si massaggiò il ventre. "Affidarmi a Dwight? Sì Ross, è esattamente quello che ho in mente di fare".

E senza aggiungere altro, gli voltò le spalle e se ne andò senza che Ross capisse il senso delle sue ultime parole.

Fu Dwight a capirle, la mattina successiva, quando la trovò seduta all'alba, come se non fosse mai andata a dormire, nel salotto della sua dimora.

Pallida, con un'espressione che non pareva nemmeno più la sua, Demelza lo guardò in viso. "Dwight, sei un medico, giusto?"

Preoccupato, lui le si avvicinò e le tastò la fronte per accertarsi che non avesse la febbre. "Così dicono... Tanto che mi sono svegliato quasi prima di te per andare a Truro a curare l'ascesso della signora Tirtle".

"Hai fatto nascere Jeremy" – disse lei, assorta.

"Vero".

"E ora, ora... aspetto un altro bambino".

Dwight spalancò gli occhi ed impallidì proprio come Ross poche ore prima. Il suo sguardo si riempì d'orrore. "Cosa?".

Demelza lo fermò, prima che potesse commiserarla e considerarla una povera vittima della situazione. "Non dire nulla... Non voglio sentire niente! Ho solo un favore da chiederti".

"Quale?".

"Tu sai far nascere i bambini ma se ti chiedessi il contrario?".

Dwight divenne ancora più pallido, capendo a cosa alludesse. "Demelza...".

Lei strinse i lembi della sua gonna, parlando con una freddezza che faceva a pugni con la sua consueta solarità e dolcezza. E con la figura di madre dolce e meravigliosa che era sempre stata. "Non dire niente. Non voglio prediche, non voglio giudizi, non voglio sermoni. Non posso avere questo figlio, non posso per rispetto di Jeremy e Clowance che hanno solo me e non abbiamo più niente. Non posso e non voglio".

"Demelza, non essere affrettata!" - cercò di farla ragionare Dwight.

Ma lei lo fissò, con occhi spenti e opachi. "Se non lo farai tu, troverò qualcun altro che potrà aiutarmi".

E questo mise Dwight con le spalle al muro.

  
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