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Autore: Salem Balcoin    10/11/2019    2 recensioni
Quando Katherine ha otto anni e incontra per la prima volta Charles Vane non sa che l'incontro con lui le cambierà la vita una volta per sempre.
Da deperita bambina di otto anni che vive per le strade di Port Royal a bellissima giovane donna con in tasca le informazioni per piegare Nassau, la vita ha riservato molte sorprese a Kat. Però ora che la Walrus e la Ranger hanno finalmente fatto porto, e progettano di sfidarsi in un'impresa titanica e pericolosa, la vita sembra mettere Kat davanti all'ennesima sfida: la sua lealtà sarà messa al servizio di Charles, l'uomo che l'ha sempre protetta, oppure sarà piegata dall'avanzata di un sentimento più forte e complesso per uno degli uomini della Walrus?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anne Bonny, Billy Bones, Charles Vane, Jack Rackham, Nuovo personaggio
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Capitolo I

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

Port Royal, 1704

- Fermatela. Fermate quella marmocchia! –

Sgusciò via dalla presa di una delle donne presenti al mercato, che aveva maldestramente provato ad afferrarla, e s’infilò in uno dei vicoli stretti sulla destra. Se avesse continuato a correre senza fermarsi forse sarebbe riuscita a mettersi in salvo prima che gli uomini della marina venissero allertati e riuscissero ad acciuffarla. Teneva stretta a sé la pagnotta di pane che aveva sottratto al fornaio, lasciando saettare gli occhi in ogni angolo alla ricerca della strada migliore. Era talmente concentrata che quasi sobbalzò quando vide comparire un uomo davanti a lei. Era alto e asciutto, aveva lunghi capelli castani, che gli ricadevano in modo scomposto sulle spalle, e il volto segnato dalle troppe ore passate sotto al sole cocente. Si fermò appena prima di travolgerlo, sgranando gli occhi e stringendosi ancora di più il pane contro il petto scarno. Non aveva affatto l’aria di un ufficiale, ma questo non significava che non avrebbe potuto consegnarla alle autorità nella speranza di ottenere una ricompensa.

Lo sconosciuto la osservò, aggrottando la fronte.

- Sei tu che hai causato tutto quello scompiglio al mercato? –

Rimase saldamente in silenzio, osservandolo meglio. Ora che aveva modo di guardarlo con più calma doveva ammettere di essersi sbagliata a una prima occhiata; era indubbiamente un uomo, ma più giovane di quanto avesse inizialmente supposto. Doveva avere all’incirca vent’anni, considerò, circa una dozzina più di lei. Non c’era giudizio nella sua voce, ma le iridi verde pallido tradivano un pizzico di divertita curiosità.

- Puoi parlare o ti hanno mozzato la lingua, ragazzina? –

Katherine spostò nervosamente il piede prima su un piede e poi sull’altro, gettando un’occhiata alle sue spalle. Rischiava davvero di lasciarsi catturare se si fosse fermata lì ancora per molto, ma il ragazzo non sembrava intenzionato a lasciarla andare via senza avergli fornito prima una risposta.

- Avevo fame. –

Il cipiglio si fece ancora più marcato.

- E i tuoi genitori mandano te a rubare per mettere il cibo in tavola? –

Scosse la zazzera di onde scure con vigore.

- No, signore. Non ho genitori. –

Era orfana da quando aveva ricordo, cresciuta prima dalla parrocchia di Port Royal e poi affidata alle cure di una coppia.

Anche se “cure” sarebbe stata una parola a dir poco azzardata. La signora Cotton la trattava alla stessa stregua di una schiava, costringendola ad ore di interminabile lavoro e dandole gli avanzi della tavola e un piccolo e freddo giaciglio nel sottoscala; il signor Cotton non le aveva mai fatto nulla di male, principalmente perché lei aveva sempre fatto in modo di non rimanere nella stessa stanza da sola con lui, ma la guardava in un modo che le dava i brividi. Così era fuggita ed era finita con il vivere alla giornata tra le strade di Port Royal. Non era il massimo della vita, specialmente per una bambina di otto anni senza alcuna protezione, ma la tua taglia minuta e l’agilità di cui era provvista le permettevano di nascondersi in posti difficili da raggiungere e di sgattaiolare via alle prime avvisaglie di problemi.

- Non hai i genitori, ma anche gli orfani hanno un nome. –

- Katherine, ma i bambini di strada mi chiamano Kat. –

Lo straniero la osservò dalla testa ai piedi.

Aveva l’aria sveglia, sicuramente molto più di qualsiasi altra bambina che avesse mai incontrato prima, e c’era un luccichio furbo in quelle iridi smeraldine e dal taglio affusolato come quelle di un gatto. Era piccola, svelta e agile. Non c’era alcun dubbio sul perché ai suoi coetanei piacesse chiamarla in quel modo. Quella Katherine era proprio una gattina selvatica. E gli fece simpatia. Una simpatia istantanea, sorprendente e a tratti quasi sconvolgente, che raramente le persone avevano mai suscitato in lui.

Così si ritrovò a tenderle la mano, un abbozzo di sorriso sulle labbra sottili.

- Piacere di conoscerti Kat, io sono Charles. –

 

 

 

 

 

Nassau, 1715

 

 

Quando Katherine uscì di casa quella mattina tutta l’isola era in fermento per il ritorno di due delle ciurme più conosciute e temute: la Walrus e la Ranger avevano finalmente fatto porto dopo settimane di mare. Allungò il passo prendendo il sentiero che l’avrebbe condotta alla spiaggia, rallentando solo quando giunse in procinto della zona in cui avevano allestito il campo gli uomini della Walrus.

Cercò tra di loro facce amiche, finendo con l’incontrare i profondi occhi scuri del quartiermastro.

- Kat -, l’accolse con un sorriso affettuoso, - in giro di buon’ora per i tuoi affari? –

Conosceva Hal Gates da undici anni ormai, precisamente dal giorno in cui Charles l’aveva fatta sbarcare a Nassau mettendo ben in chiaro che la bambina fosse sotto la sua protezione e che chiunque l’avesse infastidita ne avrebbe risposto a lui. Gates era un uomo buono, una persona leale e della quale ci si poteva fidare, ed era sempre stato molto paterno nei suoi confronti sebbene non facesse parte della ciurma. Anche adesso, che la bambina spaurita e dall’aria selvatica aveva lasciato il posto a una giovane donna sicura di sé e molto attraente, continuava ad avere un occhio di riguardo nei suoi confronti. Kat non ne era sicura, ma sospettava che se nessuno degli uomini della Walrus l’aveva mai importunata il motivo era in grande parte Gates; certo, le occhiate non le venivano risparmiate e probabilmente quando erano lontano da orecchie indiscrete commentavano eccome il suo aspetto, ma nessuno aveva mai osato passare il segno o tentare di abbordarla in modo esplicito.

- Hal -, replicò con un sorriso, - in realtà sono passata a salutare. Per oggi gli affari possono aspettare. –

Del resto dubitava seriamente che ci fosse qualcun altro in città, a parte forse Eleanor Guthrie, che l’avrebbe pressata per ottenere informazioni. Non quando le due ciurme al completo sarebbero di certo andate a rifocillarsi alla locanda, e al bordello per placare gli altri appetiti, e in un modo o nell’altro avrebbero finito con il farsi sfuggire qualche informazione. Erano proprio questi infatti i suoi affari, come li chiamava Gates; Katherine aveva cominciato a commerciare in informazioni poco dopo il suo arrivo sull’isola, quando si era resa conto che la sua giovane età le permetteva di ascoltare discorsi senza attirare l’attenzione della gente, e nel corso degli anni aveva perfezionato la sua abilità tanto da essere a conoscenza di ogni minimo movimento sull’isola.

- Gli affari che vengono messi da parte? Devono essere proprio persone importanti quelle che volevi salutare – la prese bonariamente in giro.

Se non fosse stata certa di essere ormai abile nel non lasciar trapelare alcuna informazione involontaria dal suo volto, Kat avrebbe detto che Gates si stesse riferendo nello specifico ad almeno una persona.

- Ovviamente. Ci tenevo a salutare te e Randall prima di raggiungere la Ranger. –

- Me e Randall? Non ti viene in mente nessun altro da salutare? –

Adesso che Hal le sorrideva in modo furbo ebbe la conferma che il quartiermastro sapeva, o almeno era convinto di sapere, cosa le passava per la testa.

O per meglio dire chi.

E di sicuro non era lo strambo ex nostromo che di recente aveva assunto il ruolo di cuoco sulla Walrus. Certo, voleva bene a Randall e lei piaceva all’anziano pirata, ma se si era fermata nei pressi della loro nave era stato per un’altra persona.

La stessa che avanzava verso di loro sollevando sabbia con i pesanti stivali, svettando sul resto della ciurma dall’alto del suo metro e novantasei.  

- Gates, gli uomini domandano se … -, s’interruppe soffermandosi su di lei prima di aprirsi in un sorriso smagliante, - Ciao Kat, non mi aspettavo di vederti questa mattina. –

Billy Bones era sbarcato a Nassau otto anni prima, quando lei ne aveva undici e lui tredici, e da quel momento aveva attirato la sua attenzione. Non aveva mai pensato che un ragazzino poco più grande di lei potesse diventare un pirata, ma Billy le aveva dimostrato di esserne in grado. Era cresciuto rapidamente fino a divenire l’aitante giovane uomo che aveva davanti, ma gli occhioni azzurri e quel sorriso sincero e contagioso lo rendevano ancora una sorta di bellissimo cucciolo troppo cresciuto. Era diverso da qualsiasi altro pirata avesse mai incontrato … e le piaceva.

Credeva di essere stata brava nel mascherare le emozioni che l’assalivano quando si trovava vicino a Billy, ma sembrava che almeno Gates ci avesse visto lungo.

- Ciao Billy, è stata una visita fuori programma ma sono felice di vederti. –

- E io sono felice che ci sia stato questo fuori programma -, ammise lui allegro, - ma siamo un po’ indaffarati con il nuovo cuoco. –

- Il nuovo cuoco? Randall è … -

Non terminò la frase, perché Billy scosse in fretta la testa.

- No, non preoccuparti, lui e la gatta stanno bene. Abbiamo un nuovo membro della ciurma, un cuoco vero, e lo abbiamo inserito in cucina con lui. –

- Bene -, sospirò sollevata, - allora ti lascio al lavoro. Salutami Randall. –

- Lo farò – assicurò, facendo per voltarle le spalle e tornare dalla ciurma.

Kat fece altrettanto, decisa a raggiungere la Ranger, ma pochi istanti dopo la voce del ragazzo la richiamò.

- Kat? –

- Sì? –

Billy trascinò uno stivale contro la sabbia fine, vagamente imbarazzato, prima di domandarle: - Ci vediamo alla locanda più tardi? –

Si sforzò di tenere a bada la sensazione del cuore che sembrava galopparle nel petto, imponendosi di mantenere un tono calmo.

- Certo, come sempre. –

- Bene -, parve improvvisamente più sollevato, - a più tardi allora. –

- A più tardi – mormorò, tornando a incamminarsi verso la “sua” ciurma.

 

 

 

*

 

 

 

Charles sentì un sorriso dipingersi rapidamente sul suo volto quando posò lo sguardo sulla sagoma che arrancava sulla sabbia per raggiungere l’accampamento. Accanto a lui la voce di Jack diede voce ai suoi pensieri.

- Ecco la nostra piccola, Charles, perciò immagino che tu possa finalmente cominciare a rilassarti un po’. –

Doveva riconoscere di essere stato intrattabile da quando avevano raggiunto la spiaggia, troppo preoccupato nel non trovare Kat ad attenderli, e per un attimo era stato tentato di mollare tutto e andare a cercarla. L’idea che potesse esserle successo qualcosa era un pensiero intollerabile. Nessuna persona, nemmeno Eleanor, era mai stata in grado di toccarlo tanto profondamente con la sua semplice assenza.

Eppure ormai era lì e, prima ancora che ebbe modo di domandarle il perché del ritardo, Kat gli volò tra le braccia.

Le cinse la vita, stringendola a sé mentre la ragazza faceva altrettanto gettandogli le braccia al collo e scoccandogli un bacio sulla guancia, resa ruvida dal sottile strato di barba in ricrescita.

- Sei stato via una vita Charles -, si lamentò dopo averlo lasciato andare, - e girano voci sulla presenza della Scarborough a poche miglia da qui. Ero preoccupata. –

Jack si fece avanti allargando le braccia e inarcando un sopracciglio, un sorriso ironico dipinto sulle labbra.

- Per me non ci sono né abbracci né preoccupazione, gattina? –

- Forse solo un pizzico di preoccupazione … e magari un abbraccio posso rimediarlo anche per te, Jackie – gli resse lo scherzo, prima di stringerlo a sé.

Cercò Anne con lo sguardo.

Rimasero a fissarsi in una sorta di conversazione silenziosa.

Anne era come una sorella maggiore per lei, un modello di forza da cui prendere esempio, ma era poco incline al contatto fisico e alle sdolcinatezze. Così si limitavano a fissarsi negli occhi, sorridendosi a vicenda, in quello che era diventato il loro modo silenzioso di dire: “sono felice di vederti, mi sei mancata.”

Charles interruppe quello scambio di convenevoli per prenderla per un braccio e farla allontanare dal campo mentre anche il resto della ciurma finiva con il sistemarsi.

Fu un gesto che non le sfuggì e la fece corrucciare.

- C’è qualcosa che non va? –

- Nulla di cui preoccuparsi. –

- Charles … -

- Abbiamo passato molto tempo in mare. –

Ovvero la ciurma era agitata, desiderosa di abbandonarsi ad alcol e donne, e difficile da tenere a freno. In quei momenti anche il migliore dei Capitani poteva essere messo in discussione quanto bastava da violare un suo ordine.

- È un modo per dirmi che è meglio che non mi faccia vedere al campo se non ci sei tu nei paraggi? –

Allungò una mano a scompigliarle le ciocche corvine.

- Sei sempre così intelligente. Forse Jack ha ragione, mi preoccupo troppo per te. –

- Jack ha quasi sempre ragione -, convenne, - e tu non hai motivo di preoccuparti. Ho altri amici a Nassau oltre te ormai, c’è sempre qualcuno che mi tiene d’occhio anche quando la Ranger è lontana. –

- Ma davvero? Quindi ormai sei importante, ecco perché eri in ritardo? – la provocò scherzosamente.

Si era ripromesso di non chiederle spiegazioni, ma la curiosità era qualcosa che non aveva mai gestito con facilità.

- Sono importante -, confermò, - perché nessuno recupera informazioni meglio di me qui sull’isola. Hornigold ed Eleanor ci tengono molto alla mia incolumità, e nessuno si sogna di sfidarli. Però ho tardato per un altro motivo – ammise infine.

- Ovvero? –

Era una sua impressione oppure Katherine era a disagio?

La conosceva abbastanza bene da leggerne le reazioni e i movimenti, anche se lei credeva di essere completamente imperscrutabile ai suoi occhi.

- Qualche corteggiatore molesto? – chiese poi.

Corteggiatori un po’ più sfrontati di altri ce ne erano, Jacob Garrett su tutti, ma nessuno che la impensierisse sul serio.

- Riesco a tenere a bada i corteggiatori –, rise, - perciò non c’è bisogno che tu mi faccia da balia. –

- Dunque qualche corteggiatore insistente c’è … forse quell’idiota della Intrepid? Com’è che si chiama? –

- Jacob è sotto controllo -, intervenne prima che la situazione degenerasse, - ma ero in ritardo perché mi sono fermata a parlare con una persona e ho perso la cognizione del tempo. –

Quest’ammissione sì che lo colpì. Katherine non era mai arrivata in ritardo a un suo sbarco, l’aveva sempre trovata ad attenderlo sulla spiaggia al suo arrivo indipendentemente da che ora fosse.

- Bene. Allora se dici che non è nulla di grave non indagherò oltre. –

Non che ci fosse poi molto da indagare.

Non stava parlando di una questione di lavoro o gliel’avrebbe fatto presente da subito, perciò doveva trattarsi di una sola possibile ragione: stava parlando con il membro di una qualche ciurma.

Non c’era motivo di aversene a male, ma per qualche motivo il fatto che avesse anteposto questo suo misterioso innamorato a lui gli aveva fatto stringere lo stomaco in modo oltremodo fastidioso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Buonasera!

Questa è la prima long che scrivo, ma dovevo assolutamente cimentarmi nel fandom di Black Sails perché sto guardando la serie (attualmente sono alla 3x01 per cui niente SPOILER mi raccomando) e sono stata completamente conquistata dai meravigliosi personaggi di cui è composta. Così eccomi qui a cimentarmi con questa prova, nella speranza di rendere IC i vari personaggi.

Spero vogliate farmi sapere che ne pensate.

A presto con il prossimo aggiornamento,

Salem

 

   
 
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