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Autore: inzaghina    12/11/2019    15 recensioni
È l'alba di un nuovo giorno; la Seconda Guerra Magica si è appena conclusa e Draco Malfoy si ritroverà a lavorare fianco a fianco di una ragazza mai considerata prima di questo momento - una ragazza che gli insegnerà che tutti commettono errori e che l'importante è imparare da essi, una donna che saprà stare al suo fianco e costruire con lui il futuro per cui streghe e maghi hanno lottato strenuamente.
Forse la vita gli aveva davvero donato una seconda possibilità.
[Storia partecipante al contest “Due è meglio di uno” indetto da Iamamorgenstern sul forum efp.]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy | Coppie: Draco/Astoria
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Storia partecipante al contest “Due è meglio di uno” indetto da Iamamorgenstern sul forum efp.



 
Gli errori dei padri 
 
 
“Un uomo non dovrebbe mai vergognarsi
di ammettere che ha sbagliato,
che non è altro che dire …
che oggi è più saggio di quanto non fosse ieri.”
Alexander Pope
 
 
 
Dopo che l’Expelliarmus di Harry Potter fu riecheggiato tra le pareti della Sala Grande e il corpo di Voldemort fu ricaduto sul pavimento come una marionetta spezzata, il silenzio che aveva accompagnato l’ultimo combattimento esplose in un fragore di esclamazioni di giubilo e di abbracci, di sorrisi esausti e di lacrime per gli amici perduti. Draco era stato finalmente rintracciato dai suoi genitori e Narcissa non aveva esitato oltre a stringere l’amato figlio tra le braccia, mentre Lucius fissava il Bambino Sopravvissuto attorniato da una folla sempre più numerosa. Il primo pensiero che colpì Draco fu la sensazione di libertà — un’emozione che gli era ormai estranea fin dall’estate precedente al suo sesto anno, quando era stato marchiato dal Signore Oscuro in persona.
Era finita. Avrebbe potuto tornare alla sua vita. Ma quale vita?
“Dovremmo andarcene da qui,” mormorò Lucius, guardandosi intorno nervosamente.
“Dubito che qualcuno verrà ad arrestarti seduta stante, padre,” rispose lo studente, lasciandosi cadere su una panca e assistendo alle numerose riunioni di famiglia che stavano avvenendo a pochi passi da loro.
“In ogni caso non credo sia prudente rimanere…” insistette l’uomo, mentre anche Narcissa prendeva posto.
“Fai quello che credi, io mi fermerò per aiutare. Sono stanco di far decidere agli altri ciò che devo fare, se sbaglierò sarà per una 
mia scelta .”
Lucius puntò le iridi chiare in quelle plumbee del figlio, che sostenne lo sguardo stancamente, facendogli segno di sedersi accanto a lui e a Narcissa.
 
Fu così che Lucius si ritrovò reclutato dalla squadra improvvisata da Vitious per iniziare a rimettere in sesto le pareti secolari della scuola. “Se l’è sempre cavata bene in Incantesimi, Malfoy,” squittì il vecchio insegnante, incamminandosi con il resto del gruppo senza nemmeno accertarsi che Lucius lo stesse seguendo.
Draco e Narcissa invece, per via delle loro capacità in Pozioni, si ritrovarono ad aiutare Madama Chips e un gran numero di altri volontari con i feriti più lievi — quelli gravi erano stati immediatamente trasferiti al San Mungo.
Non appena giunti nell’Infermeria, sorprendentemente risparmiata dalle distruzioni, Narcissa era stata incaricata di smistare i pazienti insieme a una giovane specializzanda in Medimagia, dividendo quelli che erano stati vittima di incantesimi da quelli invece feriti da qualche tipo di arma. Draco e altri studenti invece, avevano ricevuto ordine di occuparsi dei pazienti già nei letti, fornendogli le medicine prescritte da chi di dovere e annotando i sintomi che segnalavano per riferirli ai Medimaghi fuori servizio sopraggiunti per dare una mano — chi al San Mungo e chi nella scuola scozzese.
Draco aveva appena recuperato una buona dose di dittamo per Demelza Robins, che la stava spalmando con cura su di una cicatrice appena rimarginata che le risaliva tutta la gamba destra.
“Posso fare da sola. Grazie, Malfoy,” gli aveva assicurato la ragazza, pronunciando il suo nome in un sussurro e senza alcun accenno del disgusto che credeva che i Grifondoro provassero nei suoi confronti.
“Sei proprio sicura?” insistette, cercando di rendersi utile.
“Certo, c’è chi sta peggio di me… magari puoi aiutare loro,” rispose la moretta, indicando con un vago cenno del capo il letto accanto a sé e dando al Serpeverde l’occasione di notare chi ci fosse distesa. L’ex Cacciatrice di Grifondoro Katie Bell era mortalmente pallida e, oltre al suo fidanzato Oliver Baston, al suo capezzale c’era Astoria Greengrass, intenta a somministrarle quella che sembrava una dose consistente di Pozione Rimpolpasangue. Il primo dettaglio che Draco notò fu la dimensione delle delicate mani di Astoria, decisamente minuscole se paragonate alle proprie, oltre al suo incarnato pallido ed etereo, totalmente privo del sottotono spento e malaticcio che caratterizzava quello di Draco stesso.
“Vuoi una mano?” si decise a chiederle, dopo averla osservata imbambolato per un po’.
“Credo che ci voglia altra pozione,” gli rispose, senza nemmeno sollevare gli occhi su di lui. “Puoi andare a chiedere conferma al Medimago Goldstein laggiù?”
Draco si sorprese a pensare di non aver mai sentito suono più dolce della voce della più piccola delle sorelle Greengrass: era gentile, ma al tempo stesso ferma ed era bassa, ma sapeva farsi ascoltare.

Lavorarono fianco a fianco per tutto il giorno, senza mai fermarsi, e quando il sole calò sulla giornata che aveva segnato la fine del secondo regno di terrore di Voldemort, Draco appoggiò i gomiti sul davanzale di una finestra che s’apriva su una magnifica vista del tramonto sulle acque del Lago Nero. Il cielo crepuscolare era un tripudio di sfumature magenta e ambra, indaco e porpora, le prime stelle cominciavano ad affacciarsi nel cielo scozzese e Draco si fermò a contemplare la semplice bellezza di qualcosa che aveva sempre dato per scontato.
“Riesce sempre a togliermi il fiato,” sussurrò una voce al suo fianco.
Il giovane si voltò verso la compagna che non aveva nemmeno sentito arrivare e annuì — non voleva rovinare un momento simile con le parole e non pensava nemmeno di poter dire qualcosa di lontanamente sensato.
“Dici che ci sarà bisogno di noi anche domani?” domandò Astoria, con gli occhi fissi sull’infinità del cielo.
“Immagino di sì… comunque ce lo faranno sapere,” le rispose, osservando di sottecchi il suo profilo che si stagliava contro al cielo che si faceva sempre più buio davanti a loro.
“Potrei prendere in considerazione la Medimagia,” aggiunse dopo un po’, quando era ormai diventato difficile tracciare i contorni dei giardini della scuola e del lago nell’oscurità che li avvolgeva. “Tu hai già deciso cosa farai?”
Draco scosse la testa. “Sinceramente ho avuto altro a cui pensare,” borbottò poi, facendo del suo meglio per non pensare alla traccia indelebile con cui avrebbe avuto a che fare per il resto dei suoi giorni.
Le iridi color sottobosco di Astoria si sollevarono in quelle fosche di Draco, inchiodandolo sul posto. “Se potessi scegliere ora, su due piedi, che cosa ti piacerebbe fare?”
Il giovane batté le palpebre un paio di volte, pensando febbrilmente — anche se non stava facendo un esame e non c’era una risposta sbagliata, non aveva alcuna intenzione di deludere quello sguardo così speranzoso. “Credo che mi piacerebbe la ricerca in ambito Medimagico o Pozionistico…”
Astoria annuì, sorridendogli. “Daphne ha sempre detto che eri molto portato per Pozioni…”
“Se sei qui significa che vale lo stesso per te,” ribattè, quasi senza riflettere, Draco.
“Vero. Comunque ho ancora tempo per scegliere quello che voglio fare in futuro… nemmeno ero così convinta di averlo, prima di oggi,” dichiarò Astoria con spontaneità.
Questa volta fu il turno di Draco di annuire, sorprendendosi per la sua schiettezza.
“Avevi paura di morire?”
“Tu no?” replicò lei.
Draco deglutì vanamente, cercando la cosa giusta da dire e rendendosi conto che non esisteva. “Ho avuto paura ogni singolo giorno dal momento in cui mi è stato fatto questo,” ammise, dopo una pausa che sembrò protrarsi per ore ma che era durata solamente pochi istanti, mostrando il tatuaggio sul suo avambraccio.
Astoria non si ritrasse, come Draco aveva temuto che potesse fare, limitandosi invece a sfiorare i contorni neri del disegno con la punta dell’indice. “Non penso che questo debba definire la tua intera esistenza. Chiunque di noi può compiere degli errori, quello che conta è imparare da essi e non ripeterli.”
Diretta. Senza fronzoli. E Draco passò il resto della serata, e della notte, a confidarsi con lei e ad ascoltare i sogni che la giovane Greengrass aveva per il suo futuro.

Forse la vita gli aveva davvero donato una seconda possibilità.
 
*
 
Il processo di Lucius Malfoy era programmato per lunedì 20 luglio: il padre di Draco era stato portato ad Azkaban con gli altri Mangiamorte superstiti, con la sola eccezione di Draco, che era stato lasciato libero grazie alla testimonianza di Harry Potter. Il Salvatore del mondo magico aveva dichiarato che Draco e Narcissa gli avevano entrambi salvato la vita in momenti diversi della guerra e che non avrebbe mai potuto sconfiggere Voldemort senza il loro aiuto.
Alla vigilia del processo, senza nemmeno rendersene conto, Draco si ritrovò nel giardino antistante Villa Greengrass, dove andava quasi ogni giorno: aveva assoluto bisogno di parlare con Astoria, di sfogarsi con lei e, più semplicemente, di vederla.
Stava per suonare il campanello e annunciare la sua presenza, quando la porta venne spalancata e Draco ritrovò il volto sorridente di Astoria davanti a sé, intenta a fissarlo in attesa. “Ti ho visto arrivare dalla finestra,” spiegò la ragazza, raggiungendolo sotto al portico. “Che ne dici di una passeggiata?”
Draco annuì, meravigliandosi del fatto che avesse capito ancor prima di lui quello di cui aveva bisogno in quel momento.
Lucinda Montague in Greengrass amava i fiori e suo marito Kenneth non aveva esitato a donarle il giardino ricolmo di fiori che la donna desiderava, come dono di nozze. Entrambe le sorelle avevano ereditato la passione per i fiori dalla madre e spesso passavano il tempo insieme prendendosi cura dei fiori che adornavano il giardino.
Astoria condusse Draco senza alcuna esitazione verso la sua ala preferita del parco, ansiosa di mostrargli il tripudio di colori che erano le dalie e le gerbere in fiore che adornavano quella zona del giardino. Draco l’ascoltò raccontare di come prendersi cura del giardino insieme a Daphne e alla loro madre fosse stata la migliore terapia nei giorni subito successivi alla Battaglia, riuscendo per la prima volta a immaginarsi un futuro di passeggiate in un giardino verdeggiante di cui Astoria stessa si sarebbe presa cura. Non si era nemmeno reso conto di quando avesse iniziato a nascere quel sentimento, sapeva solo che passare il suo tempo con lei lo faceva stare bene, che era naturale come respirare e che non si era mai riuscito ad aprire veramente con nessun altro prima che di farlo con lei nella notte tra il due e il tre maggio.
“Domani rivedrò anche Potter,” le confessò, quando ebbero raggiunto la fontana in marmo davanti a cui Kenneth Greengrass aveva fatto posizionare una panchina in ferro battuto perché l’adorata moglie potesse godersi il giardino.
“Pensi di dirgli qualcosa?”
“Non so…” Draco scosse la testa, tormentato dai dubbi. “Probabilmente dovrei, ma… non so cosa dirgli.”
“Credo che un semplice grazie potrebbe essere un buon punto di partenza,” gli fece notare lei.
Schietta, come sempre. Astoria non aveva alcuna paura di dire ciò che pensava ed era questo uno dei motivi che spingeva Draco a desiderare di passare sempre più ore con lei.
“Due anni fa avrei pensato che ti stessi facendo beffe di me se mi avessi fatto una simile proposta…” sussurrò Draco, incrociando le iridi di giada della ragazza e trovando in esse la forza di proseguire. “Oggi invece credo che seguirò il tuo consiglio…”
“Se due anni fa mi avessero detto che Draco Malfoy accettava consigli non avrei esitato a credere che chiunque lo dicesse fosse un folle,” ribattè Astoria, sorridendogli impudente.
“Touché,” rispose lui, ricambiando quel sorriso spontaneo che stava entrando a far parte della sua quotidianità.
 
*
 
Dopo tre settimane e mezzo il processo era ufficialmente finito e Draco aveva accolto la sentenza con un mix di amarezza e rassegnazione. Non poteva certo dire di non essersi aspettato che il padre venisse condannato; non si sentiva nemmeno triste all’idea di saperlo rinchiuso per anni nella, pur riformata, prigione di Azkaban. Ancora una volta doveva dire a grazie a Potter, che con le sue parole aveva fatto notare che Malfoy Senior non aveva compiuto efferati omicidi — a differenza di altri fedeli servitori del Signore Oscuro. La riconoscenza era un sentimento di ostica comprensione per l’erede della famiglia Malfoy: qualcosa che aveva ogni intenzione di capire a fondo per evitare di commettere gli stessi errori del padre.
Incontrò Harry e i suoi più cari amici nel corridoio antistante le aule del Wizengamot e si decise ad avvicinarsi per dire le parole che desiderava pronunciare sin dall’inizio del processo.
“Non ti ho ancora detto grazie, Potter,” mormorò quando gli fu abbastanza vicino.
Gli occhi smeraldini del ragazzo si posarono su di lui, riservandogli uno sguardo perplesso. “Non sei tenuto a farlo, Malfoy.”
“Proprio come tu non eri tenuto a dire che ti avevo salvato la vita…”
“Ho detto solo la verità,” ribattè il Grifondoro, stringendosi nelle spalle.
“Voglio ringraziarti comunque,” aggiunse quindi Draco, prendendo un profondo respiro. “Farò tesoro di quanto è successo e non commetterò gli stessi errori di mio padre e di mio nonno prima di lui.”
“Lo spero per te,” gli augurò Harry, mentre al suo fianco Hermione annuiva e Ron lo osservava con un’espressione indecifrabile.
Silenzioso come li aveva raggiunti se ne andò, ansioso di raggiungere l’unica persona che bramava di vedere al termine di quella giornata infinita.

Si presentò a Casa Greengrass stringendo un mazzo di dalie variopinte e, quando Lucinda lo fece entrare riservandogli un sorriso incoraggiante, intravide Daphne correre al piano superiore e urlare. “Spicciati, sorellina! È arrivato Draco…”
Astoria lo raggiunse velocemente, indossava un abito verde che metteva in risalto il colore dei suoi occhi ed era a piedi nudi.
“Sono per te” Draco le porse il mazzo non appena la vide, sorridendo alla vista dello stupore sul suo volto e delle guance che si colorivano di gioia.
“Adoro le dalie,” gli mormorò deliziata.
“Me lo ricordavo,” rispose lui. “E poi ho scoperto che significano gratitudine e non potrò mai ringraziarti abbastanza per la tua vicinanza in questi mesi, dopo la guerra, il processo e tutto il resto…”
“Da come lo dici sembra quasi che ora che il processo è finito non ci vedremo più,” l’incalzò lei, inchiodandolo con quegli occhi cristallini.
“Non era affatto mia intenzione,” s’affrettò a chiarire Draco. “Anzi, vorrei cogliere l’occasione per invitarti a uscire un giorno di questi. Se ti va, ovviamente…”
“Credevo che non l’avresti mai chiesto,” lo rimbeccò con un sorriso.
“È un sì?”
“Certo che lo è,” s’intromise Daphne, afferrando le dalie dalle mani della sorella per metterle in un vaso.
 
*
 
S’era scervellato a lungo e alla fine aveva deciso di portarla in un luogo che non avrebbe mai pensato di visitare nella sua vita; un luogo che era sicuro che lei avrebbe apprezzato.
Fu così che l’erede di casa Malfoy si ritrovò in coda per entrare ai Royal Botanic Gardens di Londra accanto ad una estasiata Astoria Greengrass.
“Avevo sempre desiderato di venirci,” gli disse, per la centesima volta, riservandogli quel sorriso raggiante che riusciva sempre ad accelerare i battiti del suo cuore.
“Speravo che non ci fossi mai venuta prima e sono stato fortunato…” le rispose, seguendola tra i sentieri che si snodavano tra un’infinità di fiori dai mille colori che li inebriavano con il loro profumo.
“Credo che questo possa essere considerato il miglior primo appuntamento nella storia dei primi appuntamenti,” ridacchiò lei.
“Mi sembra un po’ esagerato…”
“Forse, ma chi avrebbe mai scommesso che Draco Malfoy sarebbe venuto qui?” chiese lei, prima di abbassare la voce e concludere, “tra i babbani?”
“Hai pienamente ragione,” le rispose, riflettendo sul fatto che suo padre non avrebbe mai osato farsi vedere in un simile posto.
“Hai davvero preso sul serio quella promessa fatta a Potter,” aggiunse Astoria, conducendolo verso le orchidee.
Draco non ebbe necessità di chiedere a quale promessa stesse alludendo. “Non ho alcuna intenzione di ripetere gli errori che hanno commesso gli uomini della mia famiglia,” dichiarò con solennità, prendendo le mani della ragazza tra le proprie e scrutandola con dolcezza. “Se serve ci metterò anche tutta la vita, ma dimostrerò di essere diverso da loro.”
“Per quanto riguarda lo hai già dimostrato,” lo rassicurò lei. “E non lo hai fatto a parole, ma con i fatti. A partire dal giorno della Battaglia ti sei dato da fare per aiutare i feriti, abbiamo fatto volontariato al San Mungo insieme, sei stato vicino a tua madre e non hai perso un singolo giorno del processo di tuo padre... se serve ti ripeterò per tutta la vita che ciò che conta è imparare dai propri errori e non ripeterli.”
L’unica risposta plausibile fu posare le proprie labbra su quelle di lei, assaporandole in un bacio a lungo desiderato, che non sarebbe potuto avvenire in un luogo più perfetto di quello — di fronte a un tripudio di orchidee in fiore, simbolo dei colori che Astoria era riuscita a portare nella vita di Draco.
 
*
 
Il figlio di Astoria e Draco venne al mondo in una notte d’estate, a una settimana esatta dal compleanno del suo orgogliosissimo padre. E la donna non ebbe alcun bisogno di ricordare le promesse che Draco aveva fatto durate i nove mesi di gravidanza, era sicurissima che il marito non avrebbe mai mancato di far sentire Scorpius amato — a differenza di quanto accaduto con Lucius e lui.
Quello che Astoria temeva, piuttosto, era che il bambino sarebbe cresciuto viziato e troppo coccolato; avrebbe fatto del suo meglio per tenere il marito sulla retta via pensò, osservando Draco guardare Scorpius come se fosse il più grande tesoro del mondo.
“Hai deciso di andare a trovare tuo padre?” gli chiese, quando Draco prese posto al suo fianco.
L’uomo accarezzò la testa coperta da una sottile peluria bionda del bambino, inspirando il profumo caratteristico dei neonati, sollevando poi lo sguardo sulla moglie. “Credo che dovrei...”
“Non sei obbligato,” gli ricordò Astoria.
“Lo so...” ribatté Draco, intrecciando le dita con quelle di lei. “Però penso di volerlo fare, ci tengo a fargli sapere che è diventato nonno.”
“Sono sicura che la tua visita gli farà piacere.”
“Soprattutto voglio ricordargli che, se vorrà, la nostra famiglia sarà pronta ad accoglierlo, una volta che sarà stato rilasciato, ma che potrà far parte della vita di suo nipote solo se anche lui avrà dimostrato di aver imparato dai suoi errori…” il tono di Draco era pacato, ma Astoria non dubitò delle sue parole per un solo istante.
“Spero che imparerà da suo figlio,” gli disse quindi, accarezzandogli la guancia resa ispida da un lieve accenno di barba.
Draco si chinò per sfiorarle la fronte con un bacio. “Grazie di avermi rivolto la parola quella fatidica notte,” le disse, per l’ennesima volta.
“Grazie a te di avermi ascoltata,” rispose, come sempre, lei.
“Grazie di avermi donato un presente degno di essere vissuto, farò del mio meglio per regalarti il futuro che tu e nostro figlio meritate,” le sussurrò a fior di labbra, sugellando la promessa con un bacio tanto simile al primo che si erano scambiati in quell’afoso pomeriggio estivo di tanti anni prima.

 
 
Nota dell’autrice:
Era da tanto tempo che desideravo scrivere di Draco e Astoria e finalmente ho avuto l’occasione di farlo con questo contest, quindi ringrazio
Iamamorgenstern per averlo indetto e avermi dato l’occasione di mettere nero su bianco idee che mi frullavano nella testa da un po’.
Ho sempre pensato che dopo la Battaglia finale Draco sia cambiato, scegliendo di non commettere gli stessi errori di suo padre, e del nonno prima di lui, e sono più che convinta che Astoria sia stata una parte integrante di questo suo cambiamento.
Ci tenevo a raffigurare Astoria come una figura positiva, ma con una sua identità: è ben più che una perfetta moglie Purosangue, è una ragazza con i suoi interessi, che non ha paura di dire ciò che pensa e che spinge l’uomo che ama a essere la miglior versione di sé possibile.
Spero che la storia vi sia piaciuta e attendo, come sempre, pareri, critiche e semplici commenti.
   
 
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