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Autore: Mary Rosemary    12/11/2019    3 recensioni
“Cosa ci facevi qui? Cos'erano tutte quelle ombre? E quella che ha cercato di ucciderti?” non riuscì a contenersi, nonostante la sua voce si fosse ridotta ad un sussurro.
Icy si arrestò per un attimo, non degnandola di uno sguardo. La mano che reggeva la sigaretta tremava in modo incontrollabile a causa dell'apporto di potere usato.
“Non ti deve interessare, fatina. Non avresti nemmeno dovuto vedere tutto questo: e ritieniti fortunata che io non possa sprecare la mia magia per metter fine alla tua inutile vita.” sibilò in risposta.
“Cosa stai cercando di fare questa volta?” cercò di alzare la voce per sembrare più aggressiva, ma la sua posizione indifesa la tradiva. La strega le rivolse un veloce sguardo, piegando leggermente all'insù l'angolo della bocca all'altra visibile: al sorrisetto che vide, tuttavia, mancava la solita malizia.
“Lo saprai molto presto."
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bloom, Icy, Trix, Winx
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Victory's Contagious'
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I


Glory and Gore

But in all chaos there's calculation
Dropping glasses just to hear them break







Magix non si poteva dire esattamente una città morta: anzi, per i gusti di alcuni, c'era anche fin troppa vita. I locali più frequentati chiudevano sul tardi e, più si camminava sul lungo mare ben illuminato, facendosi vicini alla spiaggia, più si sarebbero scorte persone uscire alle sei del mattino per far ritorno alle proprie dimore, o alle proprie camere d'albergo.
I neon lampeggianti delle insegne erano visibili anche a grande distanza e contribuivano a delineare un profilo variopinto di una città che sembrava non dormire mai: anche proseguendo per una via che si faceva più buia ad ogni passo, fino ad un grande palazzone in mattoni alto almeno venti piani, non si era in grado di lasciarsi alle spalle tutte quelle luci; ed illuminavano la finestra del sesto piano, l'unica spalancata alla fredda aria invernale, sulla quale Icy stava seduta.
Le piaceva godersi quell'attimo in cui, durante la notte, la temperatura scendeva sotto lo zero, e, nel mentre, osservare i palazzi più lontani, alcuni illuminati ed alcuni privi di luce; seppure non apprezzasse la capitale per i troppi turisti e la troppa gente disgustosamente esuberante a tutte le ore del giorno, non avrebbe detto di odiarla.
L'alcool che servivano non era affatto male, ed era comoda, in quanto poteva trovare tutto ciò di cui aveva bisogno; inoltre, quando iniziava la sera, la città aveva anche il suo fascino.
Ma quella non doveva essere la sera giusta per gustarselo con una sigaretta tra le labbra: il suo cellulare squillò, lasciandola interdetta per qualche secondo.
Una chiamata alle due di notte?
Sicuramente guai.
Tornò in casa abbastanza velocemente, chinandosi a leggere il nome del mittente sullo schermo. Oh, dovevano essere guai grossi.
“Ascolta, immagino quanto tu abbia dovuto sotterrare l'orgoglio per chiamarmi. Facciamola breve e dimmi di cosa hai bisogno.” rispose immediatamente, senza aspettare un fiato dall'altro capo della linea: era rimasta calma e controllata, ma doveva ammettere almeno a sé stessa di esser stata colta di sorpresa da una chiamata simile.
Da quanto tempo aveva perso i contatti? Un anno?
Sì, doveva essere passato così tanto dal loro ultimo litigio: Darcy si era resa impossibile da rintracciare ed Icy aveva lasciato andare un po' il controllo, fidandosi delle capacità di sopravvivenza dell'altra. Migliori delle sue, ma era chiaro che non l'avrebbe mai ammesso.
“Non credo tu mi stia chiamando per invitarmi al tuo matrimonio. Quindi devi aver bisogno del mio aiuto.”
Sfilò con le labbra una sigaretta dal pacchetto, afferrando a tentoni l'accendino. Inspirò profondamente il fumo, chiudendo gli occhi per un attimo e cercando di buttar fuori dal suo corpo il leggero senso di preoccupazione che si stava accumulando. Cosa diavolo era successo che Darcy non era in grado di gestire?
Non c'era nulla che non fosse stata capace di risolvere da quando ne aveva memoria: sperava non fosse qualcosa di troppo grande per entrambe; eppure mantenne un tono piatto e non lasciò trasparire nessuno dei suoi pensieri.
“Ma certamente. Sei mia sorella dopotutto.” e continuò ad ascoltarla, fumando sempre più velocemente.
Non doveva essere che colpa di quella stupida.
Un giorno si sarebbe decisa a crescere e a smettere di combinare disastri sempre più grandi.
Si avvicinò alla finestra per appoggiare i gomiti al davanzale e distrarsi un attimo, spegnendo la prima sigaretta di una serie, visto dove stessero andando a parare i fatti.
“Visto che lo ritieni grave avresti dovuto chiamarmi prima, sorella.”
Il sospiro scocciato dall'altro capo le fece nascere un leggero sorrisetto: evidentemente la sorella non si faceva riprendere da un po' ed aveva perso l'abitudine.
“Di qualsiasi somma si tratti, non sarà troppo. Me ne occupo io, passa a prenderli domani all'ora che ti va: tanto hai ancora le chiavi ed io abito nello stesso posto di prima. Io non ci sarò, ho da fare e molto probabilmente non entrerò in casa fino a sera inoltrata.
Vedi di tenerla d'occhio: se continua così finirà per farsi ammazzare un giorno, dovrebbe essersene resa conto ora. E fatti sentire.”
Sentì Darcy esitare: forse l'avrebbe ringraziata. Peccato che non l'avrebbe mai saputo, in quanto aveva già attaccato.
Spense la seconda sigaretta e subito ne prese un'altra. In fondo si stava preoccupando per niente, non era successo qualcosa di tanto grave da rimandare ciò che aveva pianificato per il giorno seguente: le bastava infilare i soldi in una busta e lasciarli sul tavolo.
E Darcy non avrebbe notato niente di troppo strano, neanche setacciando il suo appartamento. Aveva comunque intenzione di lasciare tutto alle sue sorelle: fosse andata in modo impossibilmente splendido avrebbe potuto richiederne una parte indietro per rientrare nelle finanze.
Prenderne degli altri non era mai stato un grande problema: quindi, in ogni caso, avrebbe avuto le spalle coperte; o dall'appartamento in cui viveva, o dal fondo di una bara.


Non aveva aspettato l'alba per uscire: aveva percorso le vie della città che sapeva essere meno affollate e si era vestita in modo molto più discreto del solito per non dare dell'occhio.
Avrebbe voluto tanto cambiare il proprio aspetto con la magia, ma non era nella condizione di sprecare incantesimi inutilmente: altrimenti non sarebbe riuscita a portare a termine il suo obiettivo.
Di certo sarebbe stato più semplice che girare con dei cargo ed una giacca di pelle allacciata – non aveva un gran feeling con le giacche che arrivavano sotto la vita, non erano né corte né lunghe ed Icy odiava le vie di mezzo – ma non avendo alternative ingoiò il senso di fastidio ed affondò le mani nelle tasche, nell'avviarsi a grandi passi verso i boschi che in lontananza circondavano Magix.
Nonostante il suo scarso senso dell'orientamento, sapeva benissimo come si sarebbe dovuta muovere una volta uscita dalla città. Ripercorrere con la mente il tragitto che aveva fatto almeno dieci anni prima, tirandosi dietro a forza le sorelle, era forse la cosa più facile – ma dolorosa – che fosse in grado di fare: non avrebbe mai dimenticato quei momenti, né ciò che li aveva preceduti.
Soprattutto ciò che li aveva preceduti.
Il sangue che sgorgava copioso dal collo della sua vittima, macchiandole la piccola bocca da bambina, era ancora ben presente davanti ai suoi occhi nonostante appartenesse ad un passato lontano; il sapore ferroso quando la lingua aveva assaggiato il liquido scarlatto; la sua camicia da notte bianca dal colletto in pizzo, irrigidito dal rossore che si era fatto solido e, aggrappandosi al tessuto, resisteva alle mani che lo sfregavano con forza nel disperato tentativo di cancellarne le tracce.
Ed il profondo terrore, nel momento in cui aveva estratto il coltello dalle carni della madre un ultima volta; la paura che si era lasciata alle spalle, che non aveva mai affrontato.
Ora non le era rimasta altra scelta che farlo.
Afferrò il pacchetto di sigarette e ne estrasse una stringendo il filtro con le labbra, accendendosela velocemente: si stava facendo nervosa e nel nome della sua amata mania del controllo, doveva tornare gelida ed apatica nel minor tempo possibile.
Inspirò profondamente, ripetendosi il da farsi per distrarre la sua testa da litri di sangue versato anni prima e da un paio di brutti presentimenti.
Forse avrebbe dovuto comprarne un altro in caso si mettesse a fumare più in fretta del solito; non era facile ciò che stava per fare e per quanto si ritenesse pronta a rischiare tutto ciò che le era rimasto, non si poteva definire esattamente calma.
Carica di adrenalina, nervosa e forse un po', ma molto poco, spaventata – sì, doveva ammetterlo almeno a sé stessa. Decise che anche se un altro pacchetto non sarebbe servito avrebbe preferito farsi seppellire con del tabacco piuttosto che con dei soldi.
In ogni caso comprandolo ai pannelli elettronici non avrebbe attirato l'attenzione su di lei più del dovuto: ed in due minuti avrebbe risolto la questione.
Ficcandosi il pacchetto nuovo in tasca, uscì dalla città. L'atmosfera era già completamente diversa a due passi fuori da Magix: più l'inquinamento luminoso si allontanava, più le stelle si facevano visibili illuminando fievolmente il suo cammino.
La traccia del sentiero era appena visibile tra il giallastro dell'erba e la brina che ne copriva le estremità; si snodava su un'altura dominata da un fitto bosco di aghifoglie, verso le montagne all'estremo nord del pianeta. Per quanto minaccioso potesse sembrare, e per quanto pericoloso potesse essere il suo intento, la strega si sentiva più sicura in un luogo isolato come quello.
E sotto l'intera volta celeste, a testa bassa, Icy imboccò la foresta: restò concentrata sul suo percorso cercando di fare il meno rumore possibile. Aveva un estremo bisogno di fare mente locale, quando era partita si era sentita più distratta del solito, quasi da non riconoscersi.
Ed era stata abbastanza distratta da non notare che qualcuno, senza neanche troppo impegno, la stava seguendo da quando aveva lasciato la città; o, forse, da ancor prima.
Non le servì guardarsi alle spalle.
Una volta riacquistata completa lucidità non era stato difficile capire chi fosse: quella massa di capelli rossi non si nascondevano granché bene e, come se non bastasse, quel potere avrebbe saputo riconoscerlo ovunque.
Roteò gli occhi, in quanto Bloom sarebbe potuta essere una bella seccatura; di certo se le fosse stata d'intralcio non avrebbe esitato ad attaccarla.
Tuttavia, per ora si stava comportando bene, e nel seguirla le stava risparmiando il tempo e la fatica di andarla a cercare.
Per come si stava mettendo la serata, non sarebbe potuta andar meglio di così.
Le bastava sperare che fosse abbastanza testarda da seguirla fino alla sua destinazione.
Bloom non aveva mai brillato per intelligenza, Icy lo sapeva bene: molte delle volte in cui aveva quasi assaporato la vittoria erano state merito della sua superiorità di ragionamento. Ma il difetto dell'una compensava l'arroganza e le manie di grandezza dell'altra, che era solita festeggiare troppo presto ed abbassare la guardia.
Con il senno di poi, quindi, avrebbe potuto anche scommetterci.
Ad accoglierla alla sua destinazione fu un penetrante odore di muschio, che preannunciò il modesto cottage di legno in una radura di un paio di ettari.
La strega si fermò a distanza, accendendosi un'ultima sigaretta: non l'ultima della sua vita, così sperava. Se la gustò ad occhi chiusi, respirando lentamente e rilassando appena le spalle.
Concentrandosi sulla fata che la stava pedinando, non si era preparata abbastanza; aveva evitato l'argomento per talmente tanto tempo che l'impatto con la realtà, ancora fresca nella sua memoria, fece salire un brivido gelido lungo la sua schiena.
Era convinta che il corpo privo di vita fosse ancora lì, sull'elegante poltrona in velluto indaco su cui lei l'aveva lasciata; con la stessa espressione divorata dai vermi e dal passare delle ore.
Deglutì il fumo a forza, ricacciando nella mente le immagini dei frequenti incubi che scuotevano il suo sonno.
Era arrivato il momento di risolvere tutte le questioni rimaste in sospeso prima di andarsene; o almeno prima di provarci.
Reclinò la testa all'indietro, sbuffando una nuvola di fumo sopra alla propria testa. La sigaretta, ridotta a mozzicone, pendeva dalle sue dita affusolate, in procinto di cadere; ma all'ultimo tiro la gettò verso la casa, irrigidendo nuovamente il busto.
Non le interessava sapere se fosse veramente pronta per ciò che stava per fare: doveva farlo e basta.


Era successo per caso, o forse per colpa del destino, avrebbero detto in molti.
Bloom era al locale, in cui andava abitualmente, con le amiche a festeggiare – cosa per l'esattezza non lo sapeva – per l'ennesima sera, e quella volta doveva ammettere di essersi fatta trascinare: non era nei suoi piani uscire, il suo umore non era stato dei migliori nell'arco della giornata, e non aveva nessuna intenzione di risollevarsi.
Quindi era rimasta seduta al tavolo, sorseggiando il suo drink e rifiutando di continuo gli inviti di un'Aisha abbastanza brilla ad unirsi a lei in un ballo o nell'altro; e così facendo, alzando lo sguardo sulla vetrata di tanto in tanto, l'aveva vista.
Era almeno un anno che non aveva sue notizie, ma non poteva essersi sbagliata.
Quei capelli bianchi e quei lineamenti non potevano appartenere a nessun altro.
Discretamente si era fatta strada fino all'uscita, facendo capolino dalla porta per assicurarsi che la sua mente annoiata non le stesse giocando dei brutti scherzi: Icy camminava a passo spedito, ma era davvero lì. E Bloom aveva appena avuto la pessima idea di seguirla.
Si era chiesta per poco come mai non si fosse trasformata, cosa l'avesse spinta ad uscire da uno dei suoi nascondigli per camminare allo scoperto lungo le vie di Magix; e farsi quelle domande evidentemente non le bastava.
L'aveva spiata nel modo più silenzioso possibile fino che non s'era fermata in una piccola radura, poco lontana da una casa che doveva essere abbandonata da tempo: non aveva mai smesso di fumare e l'aveva vista accendersi l'ennesima sigaretta. La osservò gettare il mozzicone verso l'abitazione, ne seguì la traiettoria con lo sguardo.
Quando Bloom lo riportò sulla figura di lei non poté fare a meno di percepire il potere magico crescere: socchiuse gli occhi per metterla meglio a fuoco nell'oscurità, ma per i primi minuti non riuscì a scorgere molto. Icy le dava le spalle e, nel silenzio, la fata poteva sentire solo un flebile sussurro che ricordava la formula per qualche incantesimo di magia nera.
Si sporse di poco per vedere meglio, sperando ardentemente di non venir scoperta; ma quando vide il mozzicone illuminarsi di una fiamma bluastra ed avvolgere velocemente tutto il cottage capì di essere al sicuro per il momento. L'albina era troppo concentrata in qualsiasi cosa stesse facendo per potersi curare di lei
Il fuoco si protese velocemente al cielo, rischiarando a giorno lo spazio circostante: l'aria emanata dalle fiamme si era fatta insolitamente fredda e carica di energia negativa, tanto da far venire i brividi alla ragazza dai capelli rossi. Non capiva se fosse colpa della natura della magia, o se il potere fosse stato sprigionato dalla sagoma sinistra della dimora, ora avvolta dal fuoco; ma era certa che qualcosa non quadrasse in tutto ciò che stava vedendo.
Si chiese, senza staccare gli occhi dalla scena, come mai Icy fosse da sola, a cosa servisse un incantesimo simile per il suo funesto piano di conquista; forse, non distraendosi, avrebbe trovato le risposte che cercava.
Vide un'ombra unirsi pian piano a quella della strega, allungando le sue scure dita sulle sue spalle; un'altra alla sua sinistra giunse le mani alle sue; poi altre ancora, emergevano dall'erba a dozzine in diverse forme: in poco tempo silhouettes di uomini, donne e bambini erano comparsi intorno all'albina.
Danzavano con le fiamme, vicine le une alle altre: sembrava quasi stessero aiutando Icy a mantenere la concentrazione necessaria per far fluire il massimo della magia dal suo corpo.
Non sembrava nulla di buono, e la tentazione di prendere il cellulare e mandare un messaggio a Stella era stata seriamente forte: ma non poteva, non ancora. Si sarebbe fatta scoprire e non voleva sapere cosa quelle figure sarebbero state in grado di farle.
L'incantesimo continuava a divampare, governato dai pugni serrati della strega che pareva resistere con fatica all'energia sprigionata da quell'alloggio: se la fata non capiva cosa stesse succedendo, lei lo comprendeva fin troppo bene.
La forza della madre e degli spiriti che ella usava evocare, ai quali aveva offerto i corpi di lei e delle sorelle, erano rimasti ancorati al luogo dal giorno del suo assassinio; e solo con il rito funebre sarebbero stati purificati.
Lo spirito di Eris avrebbe finalmente trovato la pace che un tempo meritava.
Mantenendo le iridi fisse sul fuoco, Icy si sforzò di non perdere la concentrazione: un passo falso e gli spiriti sarebbero potuti tornare a prendersi ciò che sua madre aveva loro promesso.
Le lingue di fuoco si alzarono ulteriormente, superando in altezza le conifere della foresta. Il potere magico che l'albina stava infondendo nel rito era aumentato e la dimora si consumava velocemente sotto a tale magia.
Ogni cosa pareva andare come aveva pianificato: ma l'incognita che non aveva considerato si era intromessa nella sua strategia facendo capolino dalle fiamme.
Bloom fu la prima a scorgerla, schermandosi gli occhi dalla forte luce.
In un attimo le ombre attorno alla strega si erano di molto affievolite, quasi scomparendo tra i fili d'erba della radura: solo una rimaneva ben visibile, e si dibatteva nel rogo per liberarsi.
Il volto si era fatto nero e sottile, degli occhi era rimasta solo la sclera, strabuzzata dal di fuori delle orbite oculari: eppure lo spirito aveva ancora abbastanza potere da tentare d'afferrare con le sue braccia ossute il corpo di Icy per trascinarlo con sé nell'aldilà. Spalancò la bocca in un urlo silenzioso nell'avvicinarsi bruscamente al suo viso, riducendo lo sguardo a due mere fessure: le lunghe dita appuntite si strinsero con violenza intorno ai suoi capelli, spezzando di netto la stoffa che li teneva legati in una coda alta.
Il gesto fu repentino, lasciando ad Icy solo il tempo per una mossa affrettata: con gli occhi fissi su quell'anima ancora inquieta, affondò le unghie nei palmi delle mani e massimizzò la propria concentrazione.
L'aveva fatto mantenendo il suo sguardo carico di odio, mentre quella reggeva la ciocca che era riuscita a strapparle dalla cute e cercava di resistere alle fiamme per poter stringere le mani intorno alla sua gola: non si sarebbe aspettata un attacco dalla persona per la quale stava praticando un rito funebre; ma sapeva gestire una situazione simile, seppure non in modo ottimale.
L'albina inspirò velocemente, incrementando di colpo il potere magico senza dar troppo preso al controllo.
Il fuoco sacro esplose in un forte boato, sbalzando sia la strega che Bloom indietro di un paio di metri: ciò che rimaneva di Eris era stato riassorbito dalle fiamme, ormai purificato.
Il suo bianco sorriso, mentre ella ascendeva, si rivolse a colei che dopo più di vent'anni era riuscita finalmente a liberarla: avrebbe voluto parlarle un'ultima volta prima di andarsene, riservarle qualche avvertimento sulla verità che solo lei conosceva. Ma non c'era stato abbastanza tempo, e la donna si lasciò andare riempiendosi gli occhi con i ricordi delle figlie e la mano del marito che l'attendeva per riprenderla con sé.
Per qualche attimo regnò il silenzio; un po' dolorante, Icy si tirò su seduta, con gli occhi rivolti alle fiamme, che avevano perso considerevolmente potenza. Non poteva perdere attimi preziosi nel metabolizzare ciò che aveva appena visto, l'avrebbe fatto nel caso fosse sopravvissuta.
Allora avrebbe avuto tutte le ore del mondo per farlo.
Subito distese le mani dinanzi a sé, riducendo lentamente il fuoco ad alcune braci: sotto di esso, non era rimasto più nulla da bruciare. Espirò profondamente una volta concluso l'incantesimo, rilassando la postura che aveva mantenuto fino ad allora e prima che venisse scaraventata nella boscaglia. Un senso di vuoto e debolezza la colpì alla schiena come una pugnalata, facendola piegare in avanti: il dolore provocato dalla caduta, inoltre, non stava decisamente aiutando. Si portò una mano alla parte dolente, scoprendo il tessuto strappato e dei graffi che l'impatto con il suolo le avevano causato. Non era niente di cui preoccuparsi, avrebbe potuto proseguire con il suo piano senza perdere tempo a curarsi; un paio di profondi respiri ed era di nuovo in piedi, a percorrere con fare un po' incerto la distanza che la separava da Bloom.
Alla fine aveva scelto di non attaccarla: meglio così, doveva sprecare meno magia per appropriarsi di ciò che necessitava.
La osservò per qualche secondo: era incosciente, con ogni probabilità aveva battuto la testa dato il sangue che macchiava i capelli sulla corona: ma a quanto pareva era viva, il suo petto si alzava ed abbassava regolarmente.
Icy si chinò su di lei, appoggiandole i polpastrelli sulla carotide per percepire il battito: ed una volta avuta la conferma che cercava, serrò gli occhi e cominciò a percepire la Fiamma del Drago che si impossessava del suo corpo.


L'immagine sfocata della strega albina riempì la visuale di Bloom: era in piedi davanti a lei ed emanava un potere spaventosamente forte. La guardava impassibile, le labbra chiuse sul filtro di una sigaretta ed i capelli che le ricadevano sui vestiti, lacerati e sporchi di terra; quando si accorse che la sua nemica fosse sveglia non le rivolse il solito sorrisetto trionfante che usava per tormentarla nella sua sconfitta, né accennò a cambiare espressione.
La vide darle la schiena dopo qualche secondo, dei graffi rossi e macchiati dal muschio e dal suolo la attraversavano dov'era scoperta: la fulva concluse che doveva esser stata anche lei vittima della forza esplosiva del suo stesso incantesimo.
Con una mano, e quasi senza sforzo, aprì un portale dimensionale: solo allora la fata decise di farsi sentire.
“Cosa ci facevi qui? Cos'erano tutte quelle ombre? E quella che ha cercato di ucciderti?” non riuscì a contenersi, nonostante la sua voce si fosse ridotta ad un sussurro.
Icy si arrestò per un attimo, non degnandola di uno sguardo. La mano che reggeva la sigaretta tremava in modo incontrollabile a causa dell'apporto di potere usato.
“Non ti deve interessare, fatina. Non avresti nemmeno dovuto vedere tutto questo: e ritieniti fortunata che io non possa sprecare la mia magia per metter fine alla tua inutile vita.” sibilò in risposta.
Ancora a terra, la fata si sforzò di restare sveglia. Forse sarebbe riuscita a trattenerla abbastanza da far arrivare le sue compagne: in superiorità numerica sarebbero riuscite a fermarla.
“Cosa stai cercando di fare questa volta?” cercò di alzare la voce per sembrare più aggressiva, ma la sua posizione indifesa la tradiva. La strega le rivolse un veloce sguardo, piegando leggermente all'insù l'angolo della bocca all'altra visibile: al sorrisetto che vide, tuttavia, mancava la solita malizia.
“Lo saprai molto presto. Addio, Bloom.”
“Addio?! Aspetta! – Bloom si girò sul fianco, cercando di alzarsi velocemente per fermare l'albina, che stava già varcando il portale lasciandola senza nessuna spiegazione utile – Icy!”
La sua mano si chiuse sull'aria, ancora pregna del fumo che aleggiava sopra alle braci: era troppo tardi, avrebbe dovuto tenerla d'occhio invece di permetterle di sparire e riorganizzarsi.
Ansimando leggermente dallo sforzo, si mise pian piano a sedere, con gli occhi rivolti verso il luogo in cui prima c'era il cottage in legno: percepiva l'aria farsi più fredda ad ogni respiro ed il dolore che prima sentiva come lieve al petto farsi più presente.
Aveva talmente tante domande che le frullavano per la testa.
Cos'era successo nei pochi attimi in cui era incosciente? Avrebbe voluto saperlo nell'immediato, come avrebbe voluto avere l'illuminazione per collegare tutte le cose strane che aveva visto fare alla sua acerrima nemica.
La ferita alla testa continuava a pulsare, tornando insopportabile: e, senza neanche troppa delicatezza, si lasciò cadere sull'erba con un gemito di dolore. Stare sdraiata sulla schiena le dava almeno un minimo sollievo, ma nonostante la corona fosse la parte del suo corpo che presentava una ferita evidente, non riusciva ad ignorare il freddo ed il senso di indolenzimento che provava nella sua cassa toracica.
Le ci volle un po' per realizzare, ma quando diede corpo al sospetto che aveva non poté far altro che trasalire.
Il suo potere.
Sentiva la Fiamma del Drago estremamente debole, nel suo immaginario ora somigliava a ciò che rimaneva del rogo a cui aveva assistito: stava percependo le stesse sensazioni che l'avevano tormentata quando era appena entrata ad Alfea, quando la sua forza magica le era stata sottratta per la prima volta.
Ecco come, si disse.
Doveva essere stata Icy: si era riappropriata del potere dal quale era ossessionata ed ora aveva intenzione di riprendere il controllo dell'armata oscura, o di fare chissà che altro.
Sopportando il dolore, Bloom inarcò la schiena per poter prendere il cellulare dalla tasca posteriore dei suoi jeans.
Pregò che l'oggetto non avesse riportato gravi danni a causa della sua caduta.
Le Winx dovevano sapere tutto il prima possibile.


Al di là del portale l'aspettava il proprio destino.
Aveva atteso così a lungo tale momento, che ora che vi era così vicina non riusciva a provare niente: il senso di appagamento e l'adrenalina se n'erano andate non appena aveva messo piede sul suolo ghiacciato di Whisperia.
Aveva smesso di visitarla da troppo tempo, conscia che, seppure lo negasse, vedere il luogo nelle condizioni in cui versava aveva cominciato a fare male; ma ora aveva risolto i conti in sospeso che si era lasciata dietro, e possedeva il potere di cui necessitava.
Niente e nessuno sarebbe stato in grado di fermarla in tempo.
Icy mosse i piedi nella neve, chinando appena la testa per passare sotto la pineta che la separava dal preciso luogo che doveva raggiungere: gli alberi, appesantiti dal manto bianco, rendevano irriconoscibile il sentiero da percorrere. Non sarebbe stato un problema per lei.
Sapeva esattamente che direzione prendere e si orientava quasi in automatico, lasciando la mente libera alla concentrazione, che sarebbe stata per lei vitale nei momenti successivi.
Si era rivista percorrere quella via talmente tante volte che non avrebbe potuto sbagliare: dopotutto si trattava dell'obiettivo che inseguiva da una vita ed aveva studiato il piano che l'avrebbe portata alla vittoria nei minimi dettagli.
Aveva anche avuto tutto il tempo per farlo.
Il vento gelido ululava nella foresta di tanto in tanto, facendo rovinare a terra cumuli di neve e liberando i rami schiacciati da essi. La strega ricordava appena il suo ultimo inverno lì: la sua mano coperta da un guanto a manopola stringeva le dita del padre; il suo lungo cappotto di pelliccia tinto di un raffinato blu notte era così morbido, poteva sentirne il profumo e le sensazioni che le dava al tatto anche a distanza di parecchi anni.
Anche allora il vento ululava e le masse di neve cadevano dagli alberi: lei stessa aveva detto alle sorelle di stare attente.
Non aveva molto altro a cui pensare, se non alla sicurezza di chi amava. Le amava? Poteva sapere cosa significasse tale termine?
Non si era mai fermata a riflettere su qualcosa di così futile: il suo obiettivo aveva assorbito tutte le sue attenzioni e la sua esistenza, la sua intera esistenza, era stata plasmata sul successo di tale piano. Sarebbe stata infallibile, ed avrebbe abbandonato il suo scopo solo da morta: forse il lieto fine che in certi momenti avrebbe voluto.
Ma ora mancava poco, e gli omicidi che aveva compiuto fino ad allora per mettere da parte i soldi necessari all'iscrizione a Torrenuvola, gli anni passati a farsi insegnare ciò che già sapeva, i giorni ad inseguire quella stupida fatina con la sola fortuna di avere una scorta che la proteggeva in modo decente dalle sue grinfie, avevano cominciato a prendere la direzione che lei voleva.
E niente era stato inutile, con il senno di poi.
Come se il destino fosse stato già scritto, le vittorie e le sconfitte l'avevano portata esattamente dove avrebbe voluto essere; nell'osservare i resti carbonizzati della capitale spuntare dalla neve, si concesse un sorrisetto compiaciuto.
Avrebbe voluto vedere l'espressione sul volto di quelle insulse fatine quando avrebbero capito di non poterla fermare. Tuttavia, al momento non aveva altro tempo da perdere.
















Avvertenze e condizioni per l'uso:
Questa storia sarà la prima di una serie di quattro storie, riguardanti una storia di Whisperia (supposto luogo di nascita delle Trix, derivante dal fatto che nella prima versione i Vacuum si chiamassero cristalli di Whisperia.) abbastanza accennata nelle prime tre storie ed approfondita nell'ultima.
Le storie saranno incentrate sulle streghe, riguarderanno il punto di vista di ognuna di loro fino ad unirsi nella vicenda finale. Spero non sia un esperimento macchinoso ed abbastanza noioso, spero anche che possa piacervi.
Non so dirvi quando arriveranno le altre, dipende quanto l'università sarà clemente con me: posso dire che le sto già preparando, quindi spero di pubblicarle in un tempo utile.
Tutto il ciclo è dedicato ad Applepagly, una mia carissima amica che non mi fa mai mancare il suo splendido supporto. Grazie mille di tutto, di avermi detto di esser passata dalle mie parti e di avermi sopportata per tutto il giorno in un rapido giro turistico della mia cittadina piena, ed un aperitivo fatto un po' di fretta.
E' da un sacco che volevo dedicarti questo ciclo, ma sai come sono io con i tempi… Se non modifico le cose almeno dieci volte non sono contenta.
Concludendo con il fatto che non so più scrivere le note, vi ringrazio per essere arrivati fino a qui.
Have a nice day!


Mary


Ps: un ringraziamento speciale alla mia adorata Chiara, che ha avuto la pazienza di correggere gli errori che mi erano sfuggiti nelle mie numerose letture.

   
 
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