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Autore: Roiben    13/11/2019    0 recensioni
[Arsène Lupin (Maurice Leblanc) – Sherlock Holmes (Arthur Conan Doyle)]
Quando si ha per le mani un caso delicato e la concreta possibilità di fallire, nella migliore delle ipotesi, o di venire arrestati nella peggiore, in che modo risolvere un problema che sembra non avere sbocchi? A chi chiedere un estremo aiuto? Quando un uomo probo è disperato, prende decisioni disperate.
|Revisionata 11.08.2020|
Genere: Avventura, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, John Watson, Sherlock Holmes
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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18 - Sogni infranti 

 

 

 

 

 

Meno di unora dopo la partenza di Lupin, quando i due coinquilini del 221B si stanno ormai predisponendo per la notte, il campanello del portone dentrata trilla. Il dottor Watson estrae dal taschino il proprio orologio e geme piano. 

 

«Mezzanotte passata. Chi mai può essere a questora assurda?». 

 

«Lasciate perdere le domande; per questoggi ne abbiamo avute a sufficienza. Andrò io stesso a scoprirlo, dato che a questora la signora Hudson sarà di sicuro a letto». 

 

«Beata lei» mormora il dottore con discrezione, ben attento a non farsi udire dallamico. 

 

Quando Holmes torna al loro appartamento ha unespressione poco promettente. 

 

«Cosè accaduto stavolta?» si impensierisce Watson. 

 

«È arrivato un dispaccio urgente. Da Scotland Yard» lo ragguaglia in tono lugubre. 

 

«Ho desiderato che la giornata appena passata finisse, ma non immaginavo che quella nuova sarebbe iniziata nel peggiore dei modi» commenta per tutta risposta. 

 

«Siete ancora vivo. Io sono ancora vivo. E, diavolo, persino il capo di Scotland Yard, a giudicare da questa missiva, è ancora vivo, e anche piuttosto contrariato». 

 

Watson ha una smorfia che esprime i suoi dubbi. «Contrariato non si intona per nulla al carattere di quelluomo. Cosa dice?». 

 

«Dice che è evaso un delinquente. E ci augura una buona nottata». 

 

«Voi scherzate. 

 

«Affatto. Dice: Spero che la vostra notte possa trascorrere in modo migliore rispetto alla mia”» legge con calma. 

 

«Holmes! Parlavo dellevaso». 

 

«Sì, lo immaginavo. Un tale Samuel Prescott. Per caso ve ne rammentate?». 

 

Watson cruccia le sopracciglia e sta per porgere un diniego e una richiesta di delucidazioni, ma un ricordo sopraggiunge prima che possa completare il suo gesto. «Lassassino dei Borroughs». 

 

«Corretto, in teoria». 

 

«Giusto, ora ricordo: leggevo larticolo dellarresto sul giornale del mattino, e poi la notizia del prossimo processo». 

 

«Prove circostanziali». 

 

«Sì, le stesse parole che mi diceste quella mattina. Ma non mi avete mai spiegato il motivo di quel vostro giudizio». 

 

«No, infatti, e temo che non potrò spiegarvelo nemmeno questa volta» si rammarica. «Devo uscire». Detto ciò infila la lettera nella tasca della giacca, recupera il cappotto e si dirige a grandi passi alla porta. 

 

«Ma Holmes!» tenta di protestare il dottore, sbigottito. 

 

«Più tardi, Watson» taglia corto, abbandonando lappartamento. 

 

 

 

Ha bussato alla porta di servizio tre volte, prima di ricevere un seppur vago segnale che qualcuno sia effettivamente intenzionato a scoprire di chi si tratti. Lespressione tirata di Holmes non è nulla in confronto a quella scura come una spelonca di Cyril nel momento in cui socchiude luscio. Senza dubbio non hanno un buon rapporto quei due, ma linvestigatore è disposto a lasciar correre per quella volta, poiché ha questioni più urgenti da trattare che non siano le loro animosità. 

 

«Posso entrare?» chiede a un certo punto, dato che luomo da dentro non dà lidea di voler fare un primo passo. 

 

«Se dicessi di no?» lo sfida, seguitando a fissarlo in modo piuttosto truce. 

 

«Dovrei insistere, sono spiacente». 

 

«Sono fandonie. A voi non spiace mai di nulla di ciò che fate. Che volete, stavolta?». 

 

Lattuale atteggiamento del cameriere lascia un poco spiazzato Holmes, che è abituato a dei modi più pacati e sottili. Laperta ostilità è poco britannica. Sospira e cerca da qualche parte un pizzico di pazienza per fare fronte a quella spiacevole situazione. 

 

«Ho una notizia da riferire al vostro padrone» annuncia. Poi, notando che laltro sta per ribattere, con buona probabilità usando labbondante scorta di sarcasmo che si porta appresso, aggiunge senza lasciargli il tempo di mettere insieme le appropriate rimostranze «No, non posso attendere domani mattina. È piuttosto urgente e altrettanto importante che ne venga a conoscenza al più presto». 

 

Cyril assottiglia le palpebre e serra la mascella. «Verrà il giorno in cui vi tornerà indietro ciò che avete sparso tanto generosamente durante i vostri anni migliori. Credete, non mi dispiacerebbe affatto essere lì per assistere, ma suppongo di poter trovare modi migliori per godermi la vecchiaia». Ciò detto si fa da parte, levando il catenaccio che ancora bloccava luscio, e lascia libero laccesso allinvestigatore che al momento mostra unespressione a metà fra linterdetto e lo stizzito. 

 

Raggiunto latrio Holmes si appresta a risalire i soliti gradini acciaccati, ma pare che Cyril non abbia ancora esaurito le rimostranze, poiché gli si para di fronte con ostentazione, sporgendo una mano a bloccagli il passaggio e con unocchiata malevola gli volta le spalle. 

 

«Ad avvertire il signore ci penso io. Voi attenderete qui» annuncia, prima di lasciare di fatto linvestigatore nel bel mezzo dellatrio deserto e, come al solito, freddo come il ghiaccio. 

 

Gli occhi di Holmes seguono la figura di Cyril lungo la scalinata ma non hanno la possibilità di andare oltre la prima svolta del corridoio. Sibila brevi parole di protesta, ciò non di meno si risolve a rimanere dove si trova, attendendo con più pazienza di quanta se ne ritrovi che uno dei due si rifaccia vivo. 

 

 

 

Cyril è distratto dal pressante e fastidioso pensiero delluomo che ha lasciato al piano inferiore; per questo motivo, dopo aver percorso a passi rapidi il corridoio fino alla porta della camera del suo padrone, manca di bussare come di norma accade e invece apre luscio direttamente. È tuttavia costretto a bloccarsi a metà di un passo che lo porterebbe oltre la soglia, poiché i suoi occhi sono fissi sulla lucente canna di un revolver puntato diritto contro la sua testa. Deglutisce, ansioso e suo malgrado spaventato, forse maggiormente dagli occhi dietro larma che non dallarma stessa, decisi e duri, più freddi della loro villa. 

 

«Signore?» soffia, tremando appena. 

 

«Cyril» sibila la voce alterata di Lupin. «La prossima volta che varchi la mia porta senza bussare sarà anche lultima, sei avvertito». 

 

Trattiene il respiro, incerto se sia il caso di muoversi oppure sia meglio rimanere fermo e zitto. «Perdonatemi, non accadrà più» promette, credendoci fermamente dato che non ha nessuna intenzione di ripetere lesperienza di un minuto prima. 

 

«Voglio augurarmi che sia così» considera, riponendo il revolver sul comodino accanto al letto e tornando a guardare il suo cameriere terrorizzato. «Vorresti spiegarmi, ora, perché diamine mi sei piombato in camera in questo modo? Ricordo di averti spiegato che non amo le improvvisate». 

 

«Lo rammento, signore. Ero... distratto. Non so come scusarmi». 

 

«Distratto?» indaga Lupin, inarcando un sopracciglio, scettico. «Cosa può mai averti distratto tanto da farti rischiare la vita?». 

 

«Quellinvestigatore, signore. È qui, giù nellatrio» spiega a bassa voce, pur sapendo che dalle camere del primo piano non si può udire ciò che accade al pian terreno e viceversa. 

 

Arsène Lupin sgrana gli occhi, sorpreso e interdetto. «Sherlock Holmes è qui? Ora?». 

 

«Sì, signore. Purtroppo» aggiunge, senza poter nascondere né la sua mortificazione per laccaduto né il disprezzo per ciò che ritiene levento scatenante. 

 

«Questo è inaspettato. Ti ha detto per quale motivo si trova qui?». 

 

«No, signore. Ma ha parlato di qualche notizia urgente che intende darvi». 

 

Lupin sbircia lorologio accanto al revolver e sospira. «Avrà notato che tra pochi minuti saranno le due di notte?» chiede, a nessuno in particolare. Sbuffa, pensando alle ore che aveva previsto di usare per recuperare un po del sonno perduto e che, a quanto pare, finiranno per diventare ulteriori ore spese ad apprendere altre amenità su quel paese e i suoi abitanti. «Bene, fallo salire» ordina. 

 

Cyril, dubbioso, lo fissa e si mordicchia langolo di un labbro. «Qui, signore?» domanda incerto. 

 

«Proprio qui, sì. Magari la prossima volta si guarderà bene dal piombarmi in casa mentre cerco di dormire» ribatte con un filo di acidità ma non senza una certa dose di sempiterno divertimento. 

 

Cyril scuote le spalle e si appresta a eseguire lordine, come di norma, anche se in questo caso ha qualche riserva sullultima trovata del suo padrone. 

 

 

 

Linvestigatore è ancora nel punto in cui lo aveva lasciato poco prima. “Strano” si ritrova a pensare Cyril, abituato a che quel particolare ospite se ne vada a zonzo per case altrui senza permesso. 

 

«Vi aspetta di sopra. Se volete seguirmi vi ci conduco» si annuncia Cyril, aggiungendo dentro di sé: E se non volete tanto meglio. Io di certo non piangerò. 

 

Holmes sta per ribattere, ma il cameriere si è già avviato senza attendere una sua decisione, pertanto si vede costretto a tenersi al passo. La porta presso la quale lo conduce non è quella della sua sala ricreazioni (come lha segretamente battezzata nella sua testa). Quando Cyril bussa, attendendo il permesso con calma, dietro di lui linvestigatore è molto meno tranquillo e si guarda intorno poiché non ha mai raggiunto quellala della villa e pertanto ne approfitta per darle unocchiata incuriosita. Poi la porta viene aperta, Cyril indietreggia rispettosamente (troppo per i gusti di Holmes che ha limpressione che ci sia sotto qualche nuova sorpresa) e lascia libero laccesso al visitatore. 

 

Avrebbe anche potuto prepararcisi meglio ma, per quanto potesse mai sentirsi pronto, niente lo avrebbe salvato dal suo destino. 

 

«Santo Dio, ma dove lo lasciate voi francesi il pudore!» sbotta costernato, mentre tenta di fissare qualunque altra cosa nella stanza che non sia il suo proprietario e attuale occupante che lo fissa divertito dalle lenzuola sfatte. 

 

«Voi mi svegliate nel cuore della notte, Monsieur, e pretendete che vi riceva come si conviene al Duca di Sassonia? Consideratela una mia piccola vendetta personale per la vostra attuale presenza che mi impedisce di riposare e per avermi sparato addosso la scorsa sera». 

 

«Copritevi, per lamor del cielo» geme, fissando con ostentazione la porta chiusa. 

 

«Ho i pantaloni, non vedete?» ribatte Lupin, divertendosi come un bambino. 

 

«Non ho intenzione di vedere proprio nulla! Devo parlare, non... non guardare» borbotta, avvertendo la temperatura salire in modo brutale. 

 

Un sospiro leggero e prolungato scivola dalle labbra del ladro francese. «E io avrei tanto voluto dormire, Monsieur, invece sono sveglio e fisso la vostra schiena mentre attendo che mi spieghiate il motivo della vostra tardiva presenza in casa mia. Ora, se non vi dispiace, vi ascolto». 

 

«Mi dispiace. Sì che mi dispiace. Non riesco neppure a pensare se rimanete in quello stato». 

 

Lupin reclina la testa, incuriosito, osservando la figura rigida e impalata a ridosso della sua porta con una certa sorpresa. «Sapete, Monsieur Holmes, io so di avere qualche problema a livello sociale, ma i miei sono niente in confronto ai vostri. Voglio supporre che i vostri compatrioti siano un poco più... aperti, diciamo così». 

 

Tutto quello che ottiene dal suo discorsetto è un borbottio e un nuovo gemito che non fa presagire nulla di buono nel loro prossimo futuro. 

 

«Molto bene, avete vinto voi. Spero ne siate soddisfatto. Tenete per caso il punteggio? Non si sa mai, vista la propensione molto britannica a scommettere su qualsiasi inezia» scherza Lupin, nel tentativo di alleggerire la tensione. Tentativo fallimentare il suo, considerando che lospite non sè mosso dal suo rifugio né ha pronunciato verbo. «Perbacco! Daccordo, allora; mi passereste il maglioncino bianco che si trova accanto a voi, sil vous plaît?» si rassegna, poiché non sembra in grado di ottenere nulla da quella testa di marmo. 

 

Linvestigatore, distogliendo appena gli occhi dalluscio, li indirizza con cautela sulla gruccia proprio lì accanto, vicino allarmadio, sulla quale è effettivamente appeso un maglione, bianco e sottile. Si sposta di lato, attento a non voltarsi indietro per nessun motivo e allunga un braccio, afferrando fra le dita lindumento e facendolo lentamente scivolare via dallappendiabiti. Ora viene la parte complicata: arrivare fino al padrone di casa senza indugiare su di lui. Decide di concentrarsi sul maglione, mentre procede a passi incerti e laterali in direzione del letto. Scopre di essere al traguardo quando vi sbatte contro i calcagni e per evitare di cadere allindietro appoggia la mano libera al materasso e agita quella occupata dallindumento nellaria. Affanna e non si accorge che allimprovviso il suo polso è imprigionato nella stretta di una mano fino a che non si ritrova strattonato verso il centro del letto. Di fronte ai suoi occhi il sogghigno sfrontato del ladro francese che ancora lo trattiene stretto. 

 

«Era davvero così difficile?» chiede la voce ironica di Lupin. 

 

«Un giorno o laltro troverò il modo di farvela scontare» soffia la voce turbata di Holmes, mentre getta il maglione sulla testa di Lupin. 

 

«Possibile» conviene e nel frattempo si libera dellindumento, scompigliandosi i capelli. 

 

 

 

Lupin ha fatto un po’ di difficoltà ma infine ha acconsentito sia ad assumere un aspetto più consono e decoroso che a trasferirsi nello studio. Al momento si sta massaggiando la fronte e gli occhi mentre Holmes passeggia con nervosismo dalla finestra al camino, dal camino alla porta e dalla porta di nuovo alla finestra, poi tutto da capo. A un certo punto tuttavia la sua pazienza si esaurisce. 

 

«Sto cercando di rimanere sveglio, Monsieur. Ma se non volete parlarmi del motivo per il quale mi ci avete costretto, vi avverto che fra non molto vi obbligherò a prepararmi un caffè forte, o in alternativa a procurarmi una coperta, così chio mi possa stendere sul sofà» borbotta esausto. 

 

«Heric Seldon, il capo di Scotland Yard, mi ha fatto avere questo dispaccio urgente» spiega Holmes, fermandosi di fronte a Lupin e offrendogli lincartamento così che possa farsene egli stesso unidea. 

 

Lupin avvicina la lampada con una mano e scorre il messaggio con gli occhi. «Non ho mai sentito nominare questo Prescott. Che genere di delinquente è?». 

 

«Samuel Prescott è un pluriomicida. Stipendiato». 

 

«Un sicario. Che cosa ha a che fare costui con noi?». 

 

Holmes si massaggia il collo e recupera una sedia per sé. Una volta accomodatosi rivolge lattenzione al padrone di casa. «Questo particolare non fa parte dei fatti comprovati, badate bene. Tuttavia vi sono indizi che fanno pensare che Samuel Prescott sia pagato per occuparsi di personaggi di un certo nome, reticenti». 

 

Lupin aggrotta la fronte. «Spiegatevi». 

 

«Fu arrestato per lomicidio della famiglia Borroughs; moglie e marito in realtà, poiché la figlia era in campagna dai nonni. I Borroughs, tuttavia, erano proletari le cui finanze non abbondavano e che in casa possedevano pochi averi e ancora meno di un certo valore, che sono stati portati via». 

 

«Chiedo scusa: non avevate, pocanzi, detto che questo Prescott è un sicario?». 

 

«Confermo. Ufficiosamente a suo carico vi sono le morti sospette e improvvise di alcune personalità di spicco: banchieri, industriali, armatori, deputati e così via». 

 

«E questi coniugi Borroughs? Che cosa ci entrano nella sua carriera prolifica?». 

 

«Assolutamente nulla. È proprio questo il punto. Devessere stato incastrato con un omicidio qualsiasi, uno che con tutta probabilità non ha neppure commesso. Per lo meno questa è la mia teoria». 

 

«Capisco. E chi lo avrebbe voluto fuori dai piedi?» si informa Lupin, incuriosito. 

 

«Uno dei suoi committenti, con tutta probabilità. Ma non è questo il problema, non il nostro per lo meno (immagino lo sarà per suddetto committente, se Prescott troverà il tempo sufficiente per fargli una visita di cortesia). Il punto è che, invece, qualcuno ha deciso di farlo uscire. Ora, capite?». 

 

«Vi prego di voler parlare chiaro, Monsieur Holmes. Sto per addormentarmi in piedi e temo di non disporre della lucidità necessaria a seguirvi nei vostri contorti sentieri». 

 

Holmes sbuffa, stizzito per la scarsa collaborazione. «Vi sono alcuni incartamenti che tendono a indicare che Samuel Prescott abbia operato, in limitate occasioni, per sir Dominick Ashley-Cooper». 

 

Lupin lo fissa per un eterno istante con sguardo agghiacciato. «Credevo avessimo stabilito che si tratta di un ricattatore. Da quando sapete che è anche un mandante di omicidi?». 

 

«Ecco, per la verità» tentenna Holmes, distogliendo lo sguardo, «allincirca da quando mi è stato affidato il caso». 

 

«E quando, di grazia, contavate di mettermi a parte dellinformazione?» indaga con cipiglio serio. 

 

«Hum! A essere onesti non ritenevo fosse rilevante, considerando che luomo di cui si serviva dabitudine era sotto chiave». 

 

«Oh, ma davvero?». 

 

«Esatto. Lui, tutto considerato, non è poi così pericoloso da quel punto di vista». 

 

«Monsieur Holmes, avete da poco finito di parlarmi della sua saltuaria abitudine di assoldare sicari per togliere di mezzo gente scomoda. State cercando di darmi a intendere che un personaggio che paga assassini per ammazzare gente è innocuo?» si altera Lupin, fissandolo con astio. 

 

«Non ho sostenuto questo, ma...». 

 

«Domani, no che dico, oggi stesso dovrò recuperare un documento di importanza vitale per la vostra nazione e per una buona fetta dellEuropa, e mi state dicendo che, forse, potrebbero esserci complicazioni a causa di un particolare irrilevante del quale non avete ritenuto necessario farmi parola?» sbotta, quasi ringhiando e balzando in piedi in modo tanto repentino da far sobbalzare linvestigatore. 

 

«Non serve agitarsi. Basterà prestare attenzione mentre...». 

 

Arsène Lupin assottiglia gli occhi e fa un passo avanti. «Voi non avete la minima idea di ciò che dite. Io predispongo il mio lavoro nel dettaglio, non è mia abitudine affidarmi al caso o allo spirito santo, quando opero sul campo. Se questo sicario è stato richiamato dal segretario significa che ha sospetti sulla sicurezza sua e dei documenti che possiede. E se così è troverò qualche sgradita e possibilmente letale sorpresa sulla mia strada. E, diamine, vi ringrazio infinitamente per avermi avvisato per tempo. Ora, sparite dalla mia vista». 

 

«Tuttavia...». 

 

«Immediatamente» sibila, rinserrando le dita che schioccano rumorosamente. 

  
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