Una lettera per Santa Claus
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Matthew
camminava insieme agli altri verso il cortile della scuola. Per terra,
nel
corridoio che stavano percorrendo, vide una busta bianca, di piccole
dimensioni,
e si fermò.
La
raccolse e la osservò: sulla busta, una busta da lettere di
quelle che non si
usano più, non c'era scritto niente, né il
mittente né il destinatario, ma non
era sigillata.
Si
guardò intorno, il corridoio era pieno di ragazzi che si
dirigevano verso
l'esterno della scuola per l'inaugurazione del falò.
Tutti
gli anni, il trenta di novembre, la scuola organizzava il
falò per celebrare
l'inizio del mese di dicembre. Le ragazze scrivevano bigliettini e
pensavano
che, gettandoli nel fuoco, i loro pensieri volassero in cielo.
Scrivevano
desideri e nomi di ragazzi carini. Anche qualcuno dei ragazzi lo
faceva. Ma
Matt, che era fondamentalmente un romantico, non lo aveva mai fatto.
Fino a
quell'anno.
Voleva
lanciare nel fuoco il biglietto con il nome della ragazza di cui era
innamorato: Lizzie Price. Innamorato, sì, visto che pensava
a lei da gennaio e
ancora non riusciva a togliersela dalla testa. Né ad agire
per farglielo
sapere.
Si
nascose dietro una fila di armadietti e aprì il foglio che
conteneva la busta.
Lesse solo le prime parole: "Caro Babbo Natale...", la
ripiegò subito
quando Troy lo chiamò per andare fuori e la nascose in tasca.
Il
falò fu, come al solito, molto apprezzato dagli studenti.
Quando lanciò il
foglietto con il nome di Lizzie nel fuoco, la osservò.
Cercava qualcosa nella
borsa ed era abbastanza nervosa. Poi Jenny, che era accanto a lei, le
passò una
busta da lettere simile a quella che aveva raccolto lui e Lizzie
sorrise
lanciandola nel fuoco. Sospirò. Non avrebbe mai avuto il
coraggio di farsi
avanti. Mai. Lei era così... Lizzie.
Quella
sera a letto, Matt si ricordò della lettera e la
tirò fuori dalla tasca della
giacca per leggerla.
Caro
Babbo Natale,
mi
trovo costretta a scriverti perché la dottoressa Spock della
scuola dice che mi
farebbe bene. Scrivere a te, che non esisti, serve a me, dice lei.
Non
capirò mai la psicologia. Davvero. Ma lei dice di farlo.
Così ti scrivo.
Getterò questa lettera nel falò di fine novembre
così che nessuno saprà mai
della sua esistenza. Sarebbe veramente imbarazzante.
Quindi,
visto che ormai ti ho scritto, sono a richiederti un regalo per Natale.
Buffo,
eh? Io, che quest'anno odio il Natale, sono a chiederti un dono.
Oh,
forse dovrei dirti che quest'anno sono stata buona e brava. Ma sappiamo
tutti e
due che non è vero. Da quando i miei si sono separati, non
sono stata buona per
niente. E neanche brava. Odio i miei genitori quando si urlano addosso
e i miei
voti a scuola sono calati rispetto agli ultimi tempi, per non parlare
poi del
resto...
Ma
ti
propongo un patto: diventerò una brava persona se per Natale
mi porterai un
dono. Un dono grosso, sappilo. Perché dovrai dimostrarmi che
esisti. E io sarò
buona con la nuova moglie di papà e mi impegnerò
a scuola per entrare in un
buon college.
Che
dici? Il dono che ho scelto, come dicevo, è grosso. Nel
senso che è
impegnativo, per te. Perché vorrei un po' di
felicità, per me.
Ma
non troppa. Jenny dice che troppa felicità stanca (ma lei
è così fortunata e
quindi non dare troppo peso alla sua opinione).
Allora,
dicevo, voglio un po' di felicità. Non troppa e non tutta
insieme, però.
Altrimenti morirò d'infarto.
Perché
dai, dopo l'anno che ho passato, me la merito un pochino di
felicità, no?
Grazie,
Lizzie
Price
Matt
piegò ancora la lettera, pensieroso. I genitori di Lizzie
avevano divorziato
all'inizio dell'anno e dopo tre mesi suo padre si era risposato e lei
non
l'aveva presa bene. Matt se n'era accorto. Tutti i suoi cambiamenti, i
suoi
sbalzi d'umore, i suoi pianti nascosti, Matt li aveva notati tutti.
Aveva
cercato di starle vicino silenziosamente, in mezzo agli altri del
gruppo. E
questo sarebbe stato il primo Natale di Lizzie senza la sua famiglia
unita.
Avrebbe
potuto fare qualcosa? Qualcosa per lei?
Sorrise
prima di spegnere la luce e dormire.
***
Il
giorno dopo a scuola, il primo di dicembre, si sentirono tanti risolini
quando
le ragazze entrarono nell'aula di matematica. Matt arrivò in
quel momento, un
po' nervoso.
Si
avviò verso il suo banco salutando gli altri, ma le ragazze
del gruppo non lo
calcolarono per niente. "Che succede?" chiese agli altri. Non avrebbe
mai raccontato a nessuno quello che aveva fatto.
"C'è
un pacchetto sul banco di Lizzie, le ragazze sono in brodo di
giuggiole".
Troy alzò una spalla, continuando a parlare con Jack di
baseball.
Matt
guardò verso le ragazze. Lizzie aveva in mano un foglietto.
Il foglietto che
era nel pacchetto che lui aveva lasciato sul suo banco. Dalla sua
espressione
non riusciva a capire se fosse contenta o meno. Sembrava pensierosa. Si
avvicinò. "Cos'è?" chiese direttamente a Lizzie.
Lei richiuse il
biglietto velocemente per non farglielo vedere.
"Niente,
niente."
Subito
dopo entrò in classe la professoressa di matematica e Matt
dovette tornare al
suo posto. Non era più sicuro di aver fatto le cose per
bene.
Aveva
lasciato il pacchetto sul banco di Lizzie appena era arrivato a scuola
quella
mattina. Si era alzato presto per poter scrivere il biglietto e
impacchettarlo
in maniera adeguata. Ma ora...
Aveva
pensato a un semplice aforisma sulla felicità,
così aveva scritto: "La
felicità è un milione di piccole cose tutte
insieme", aveva dato fuoco
ai bordi del biglietto per renderlo più carino e lo aveva
infilato in una
piccola scatolina di cartone.
Purtroppo
non poteva fare di più con il poco preavviso che aveva. Per
il giorno dopo si
sarebbe organizzato.
Aveva
deciso di farle trovare ogni giorno qualcosa. Qualcosa di piccolo, come
si fa
ai bambini con il calendario dell'avvento.
Così
i giorni a venire Lizzie aveva trovato sul suo banco: un fiore, un
grosso cioccolatino,
un piccolo cuoricino di stoffa e la frase di una canzone
particolarmente
significativa, che Matt sapeva che le piaceva particolarmente.
Aveva
dovuto studiare la maniera per farle avere i suoi piccoli doni anche
nel
weekend, perché quello poteva risultare più
difficile. Così sabato mattina
molto presto le aveva lasciato nella cassetta della posta una bustina
da
lettere colorata con un altro aforisma sulla felicità.
"Non
si può rincorrere la felicità. Aspettala e
sarà lei a venire da te."
Domenica,
invece, le aveva lasciato un pacchettino con un portachiavi con un
peluche a
forma di renna che suonava Jingle Bells che avevano visto in settimana
in un
negozio durante un'uscita del gruppo e di cui lei aveva criticato
tutto: la
musica, la grandezza delle corna della renna e la morbidezza del
pelo.
Ma
Matt, che la conosceva da mesi ormai, aveva visto l'interesse nei suoi
occhi e
aveva capito che le piaceva senza che lei lo ammettesse.
Scegliere
altre cose fu sempre più difficile. Cose piccoline o altre
frasi a volte da
canzoni o da poesie, lo impegnarono parecchio, ma Matt non
mollò mai. Neanche
quando tutta la scuola venne a conoscenza del 'Babbo Natale Segreto' di
Lizzie.
E allora sì che fu difficile non farsi beccare da
nessuno.
Ma
Matt, ancora, tenne duro.
Il
ventitré pomeriggio erano tutti intorno ad un tavolo di uno
dei fast food del
centro commerciale e le ragazze bisbigliavano fra di loro.
Quando
Matt andò in bagno, sulla porta vide Jenny, la miglior amica
di Lizzie. Cosa
aspettava? Forse Troy, il suo ragazzo. Si voltò indietro, ma
lui era ancora al
tavolo e parlava con Jack e Andrew.
Quindi?
Le fece un cenno con il capo e cercò di entrare nel bagno
dei maschi. Ma Jenny
lo fermò. "Dovresti dirle che sei tu". Come? Si
guardò intorno.
"Non preoccuparti. Non lo dirò a nessuno".
Una
donna con una bambina li guardò con disapprovazione quando
dovette girar loro
intorno per raggiungere il bagno.
"Entra!"
Matt tenne aperta la porta del bagno degli uomini e fece un cenno con
la mano
alla ragazza.
Con
sua sorpresa, Jenny entrò senza battere ciglio. Matt
andò verso l'ultimo
lavandino in fondo e ci appoggiò sopra le mani. L'avevano
beccato. Jenny lo
sapeva! E ora? Cosa avrebbe fatto?
"Come
hai fatto a beccarmi?" Forse il giorno che aveva lasciato il
portachiavi
nell'aula di storia. O quando aveva infilato la busta colorata nel suo
armadietto durante l'ora di ginnastica. Quand'è che si era
tradito? La guardò
dal fondo del bagno. Ma lei sorrise.
"Ti
ho visto raccogliere da terra la busta."
Oh.
"Lo sai dall'inizio?" era stranito. Lei lo sapeva dal giorno del
falò?
Annuì. "Non hai detto niente".
"No.
Quando hai raccolto la lettera, non ero sicura, ma ora... Sei stato
bravo. Lei
è contenta e... felice."
"Tu
sai cosa aveva scritto nella lettera?" Jenny annuì ancora.
Ok. Ok. "È
felice adesso che non sa che sono io."
Lei
spalancò la bocca. "Ma cosa dici?"
Matt
scosse il busto "Pensavo... Non voglio dirle che sono io!"
"Ma...
Perché?"
Matt
alzò le spalle. "Non lo so. Non penso di essere il suo tipo".
"Ci
rimarrà male se non glielo dici."
Sbuffò.
"Potrebbe rimanerci male se scopre che sono io".
Lei
storse il naso. "Fa come vuoi. Ma è meglio saperlo, no?"
Matt scosse
ancora le spalle. "Le hai dato un mese bellissimo e vuoi rovinarle la
vigilia di Natale?"
Lui
guardò Jenny andarsene dalla porta. Che stronza. Farlo
sentire in colpa così.
Quando
tornò al tavolo rimase tutto il pomeriggio pensieroso.
Avrebbe dovuto dire a
Lizzie che era lui che le aveva fatto quei pensieri? Sapeva che le
erano
piaciuti. A lei e a tutte le altre ragazze. Perfino Troy aveva detto
qualcosa
sul fatto che ora anche Jenny pretendeva da lui una cosa simile.
***
La
vigilia di Natale arrivò fin troppo presto, secondo Matt.
Non aveva ancora
deciso cosa fare. Aprì il cassetto della scrivania in camera
sua e vide il
braccialetto con il ciondolino a forma di cuore che aveva preso per
Lizzie per
Natale.
Non
era ancora sicuro di darglielo. L'aveva comprato di getto due settimane
prima,
quando l'aveva visto nella vetrina di un negozio e lei gli era venuta
in
mente.
La
sua Lizzie.
Sua?
Chiuse di scatto il cassetto scuotendo la testa. Guardò
fuori dalla finestra e
sospirò.
***
Verso
sera, aprì di nuovo il cassetto. Non riusciva a decidersi.
Rischiare di fare
una brutta figura? O farla comunque e rivedere Lizzie nervosa come
prima? Senza
pensarci troppo prese la scatolina con il braccialetto e
uscì dalla stanza.
Si
ritrovò davanti a casa di Lizzie. Fu più forte di
lui. Forse valeva la pena
tentare. Si avvicinò alla porta e suonò il
campanello. Quando lei venne ad
aprire, con i suoi capelli scuri e gli occhi chiarissimi,
pensò che fosse un
angelo natalizio.
"Ah,
sei tu."
Matt
si sentì morire. Lei non lo voleva.
Ma
poi Lizzie rise. Non la sentiva ridere da così tanto tempo
che non capì subito.
Ma la osservò bene: i suoi occhi erano divertiti e lei
inclinò la testa in modo
così civettuolo mentre sorrideva che gli sembrò
di aver vinto un premio.
"Aspettavi
qualcun altro?" Stette al gioco.
"Sì,
un vecchio signore con la barba e l'abito rosso che doveva portarmi un
po' di
felicità."
Matt
sorrise anche lui. "Non è stato bravo questo mese?"
Gli
occhi di Lizzie si spalancarono mentre diceva: "Oh, è stato
fantastico!"
Poi
Matt non seppe più cosa dire. Così chiese senza
pensarci: "Sapevi che ero
io?"
Lei
annuì e scosse la testa insieme. "Lo sospettavo. E
poi..."
"Poi?"
La voce di Matt vacillò un pochino.
"Poi
l'ho sperato."
Matt
non riuscì a contenere la contentezza e fece un passo
avanti. Lizzie fece lo
stesso e si trovarono a pochi centimetri di distanza. "Me ne darai
ancora?" chiese lei.
Ancora
cosa? "Come?" Matt era confuso
"Di
felicità. Me ne darai ancora?" Il ragazzo non sapeva cosa
rispondere.
Certo che avrebbe voluto farla ancora felice! Ma come? Aveva paura di
deluderla.
"Temo
di aver finito le idee..."
"Potresti
iniziare a baciarmi, allora."
Lizzie,
per la prima volta felice da mesi, gettò le braccia intorno
al collo di Matt e
si alzò sulle punte per incontrare le sue labbra sorridendo.
Matt
le circondò la vita con le mani e sentì il cuore
esplodere quando ricambiò il
suo bacio.
Era
vero. Un piccolo pensiero. Un piccolo gesto. Un piccolo grande bacio.
Un
milione di piccole cose. Era lì la felicità.
E
ora era lì, fra le sue braccia.