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Autore: Crudelia 2_0    14/11/2019    3 recensioni
Bussa alla tua porta dopo quelli che ti sono sembrati secondi troppo, troppo brevi.
Vi scambiate saluti e formalità privi di importanza, inudibili sotto il rombo nelle tue orecchie. Poi un’affermazione infrange quel vetro, l’ultima tua protezione.
“Dovreste togliervi la veste.”
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna Ristori, Antonio Ceppi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Una piccola nota prima di iniziare. Per prima cosa ringrazio chi legge, recensisce e ha inserito la storia tra le seguite/preferite/ricordate: se tutto questo va avanti è soprattutto grazie a voi.
In seguito, per chi, come me, si dovesse chiedere la pertinenza della sua presenza in questa storia, ho scoperto che l’orologio a pendolo è stato brevettato nel 1656, quindi prima che si svolgesse la storia.
Dopo questa curiosità, buona lettura.
Crudelia
 
 
 
 
 
 
Capitolo 2
 
 

Non un invito, ma avrebbe potuto rifiutare ugualmente. Invece ti ritrovi a guardare le pacche che tuo fratello gli da sulle spalle con fraterna amicizia e giustificazioni come "rassicurare Elisa sulla gravidanza" ti scorrono attraverso senza depositarsi nella tua mente.

Ti accorgi di avere ancora la mano poggiata sul pomello della porta quando diventa l'unico sostegno per le tue gambe tremanti. Ti aggrappi, quasi, e scuoti la testa alla domanda di tuo fratello.

Domanda che, tra l'altro, non hai sentito.

"Sei sicura?"

Li guardi più attentamente, ignorando volutamente gli occhi di Antonio, e li vedi più distanti, voltati solo per metà nella tua direzione. Capisci allora che non ti hanno chiesto se stai bene, ma se volevi unirti a loro.

Sbatti le palpebre confusa da tanta assurdità: come potresti mai camminare al suo fianco senza sentire il peso di tutto ciò che è trascorso fra voi, passato e recente?

Prima che il silenzio si dilati tra voi tanto da rendere necessario riempirlo con un'altra domanda prendi una decisione: il suono della porta che sbatte echeggia nella tua stanza fino a sera.

O forse è solo nella tua mente.
 
 

L'orologio a pendolo non ha ancora finito di suonare il primo rintocco che sei già scattata in piedi e uscita dalla porta. 

Non hai salutato il precetto, sai già che questa mancanza di buone maniere ti verrà rimproverata, ma, invece di tornare indietro e scusarti come una buona signorina dell'alta nobiltà, acceleri il passo fino a correre. Puoi già sentire i rimbrotti di tua madre: il suo preferito -smettila di leggere e sistemati il vestito- ti sta già attraversando la mente. Sei ancora più incentivata, quindi, a rimandare il momento.

Rallenti solo quando vedi la porta della biblioteca.

Ti fermi il minimo necessario per riprendere fiato ed entri.

Il sorriso che ti era nato spontaneo per la tua vittoriosa fuga ti si congela sulle labbra. Le guance, già rosse per la corsa, ti bruciano di quello che ha tutto il sapore dell'imbarazzo.

"P-perdonatemi, pensavo non ci fosse nessuno."  Accenni un piccolo inchino sperando che il galateo ti salvi da una figura tanto pessima.

"Figuratevi, è casa vostra." Il ragazzo seduto sul divanetto- il tuo preferito- ti sorride.

Chiude il libro che ha tra le mani con un piccolo tonfo di cui sei grata, perché lo stesso suono l'ha fatto il tuo cuore quando hai incontrato i suoi occhi.

"Anna, devo dedurre." Annuisci, incapace di fare altro mentre si avvicina a te.

"Antonio Ceppi." Deglutisci quando le sue labbra sfiorano la tua mano. È molto più alto di te, eppure pare non curarsi di star rivolgendo un gesto tanto galante a te che sei poco più di una bambina.

"Aspettavo vostro fratello Fabrizio." Ti dice, la sua voce sembra adulta per un ragazzo che potrebbe avere al massimo quattordici anni. O forse sono i suoi modi, così composti, a farlo già sembrare un uomo.

Apri la bocca per dirgli che non deve preoccuparsi, che può stare nella tua biblioteca, sul tuo divanetto preferito, ad aspettare tutto il tempo che vuole, anche in eterno.

Non fai in tempo a dire una sillaba che la porta alle tue spalle si apre e la voce di tua madre ti interrompe.

"Anna, eccoti finalmente." E puoi sentire tutta la sua stizza in quelle poche parole. "Ti presento il Conte Ceppi. E immagino tu abbia già conosciuto suo figlio, Antonio."

Ti inchini all'uomo mentre senti l'irritazione nascere nei confronti del ragazzo che sorride al tuo fianco. Ti ha taciuto un dettaglio così importante e sorride.

Di nuovo, ti senti arrossire.

"Fabrizio è sotto la quercia, si sta allenando." Senti dire tua madre mentre continui ad osservarlo di sottecchi.

"Grazie, lo raggiungo subito. Contessa." Accenna un baciamano prima di girarsi nella tua direzione. "Contessina." E sorride.
Gli angoli della bocca costantemente alzati.

Cortesia? Divertimento?  Derisione?

Non capisci. E guardi le sue spalle magre allontanarsi con la consapevolezza di veder uscire da quella porta anche il primo soggetto per cui il tuo cuore ha battuto.

"Anna." Lo sguardo di tua madre indugia sui tuoi capelli spettinati prima di fermarsi sul vestito. Per un attimo ti chiedi se riesce a sentire i palpiti accelerati che ancora ti scuotono il respiro. "Sistemati. I Conti Ceppi ceneranno con noi."
 
 

"Signora Marchesa, non avete più fame?"

Lasci cadere il cucchiaio in quella minestra che pare non finire. Ignori la domanda di Giannina, portandoti una mano a massaggiare una tempia. Ultimamente tendi a rifugiarti nei tuoi pensieri più spesso e più profondamente di quanto dovresti.

Forse perché sono migliori del tuo presente.

Ti sforzi di sorridere solo perché incontri gli occhi preoccupati di Emilia di fronte a te.

"Mio marito ha mangiato?" Chiedi, invece.

È una domanda che ripeti sempre. A volte ti rispondono affermativamente, a volte che è ubriaco. A volte, quelle che ti fanno sentire meschina, ti viene detto che dorme. E tu speri sempre che non si svegli.

"Un po', signora Marchesa."

Un po'. Il modo più gentile per dirti che dopo il primo boccone ha scagliato l'intero vassoio contro chi glielo ha portato.

Vedi Giannina abbassare gli occhi. Come se non fossi avvezza ai suoi scatti di rabbia.

"Perdonatemi, non ho più appetito." Ti alzi, rivolgendo un unico saluto a tua figlia, ed esci senza indagare a chi appartengano gli occhi che senti perforati la schiena.

Esci dalla sala e raggiungi il primo balcone, bisognosa d'aria.

Quel ricordo improvviso ti ha lasciata senza energie: quanti anni avevi, dieci? Com'è possibile che dopo tutto quel tempo ancora i suoi occhi ti facciano lo stesso effetto?

Ti appoggi alla balaustra osservando il cielo sopra di te. Il tempo è stato clemente: non una nuvola intacca il manto nero.

Per un attimo quell'immensità ti fa girare la testa.

"Non dovreste prendere freddo, Contessa."

E in effetti rabbrividisci, ma non per il freddo. È il contrasto tra la formalità delle sue parole e la familiarità dei gesti con cui ti ha appoggiato uno scialle sulle spalle.

La sua voce così vicina al tuo orecchio ti costringe ad appoggiarti più pesantemente alla fredda pietra che hai davanti.

"Perché non mi lasciate stare?" Sembravi più decisa, nella tua mente.

"State male?"
Odi quando non rispondono alle tue domande. O peggio, quando rispondono facendotene delle altre.

"Mi avete visitato, mi sembra."

"Non come avrei dovuto."

Questa volta ti giri a guardarlo, un po' esasperata e un po' sorpresa dalla velocità con cui ti ha risposto.

"Ma cosa volete?" Le parole quasi ti sfuggono di bocca.

"Vorrei potervi aiutare."

Alzi le sopracciglia, ritrovando tutto d'un tratto i modi superbi con cui eri solita rivolgerti a lui. "E come pensate di fare? Siete forse in grado di offrirmi il denaro per saldare i debiti di mio marito, darmi la garanzia che mio fratello non stia nutrendo un'illusione verso un matrimonio e un figlio destinato a fallire o, ancora, assicurarmi che non abbia la stessa, sudicia malattia di Alvise, che potrò ancora veder crescere mia figlia, che non la lascerò sola! Come pensi di aiutarmi, Antonio, come?" Ti fermi ansimante, costretta a chiudere gli occhi brucianti di lacrime.

Non ti eri accorta di aver iniziato a gridare, nemmeno di averlo colpito sul petto con i pugni chiusi. Te ne rendi conto solo ora che senti le sue dita sulle tue nocche e il battito del suo cuore sotto le mani.

Per un attimo sei tentata di appoggiarti a lui, al petto che ti sembra e ricordi tanto accogliente e dimenticare tutto ciò che è passato per lasciarti confortare dalle sue braccia.

Per un attimo, appunto, prima che l'orgoglio dei tuoi sentimenti feriti ti faccia allontanare con un respiro tremulo.

"Non puoi nessuna di queste cose, dunque vattene." E ti maledici per il tono supplicante della tua voce.

Supplicarlo di cosa, poi?

"Anna, ti prego..." Senti il calore della sua mano, ma una voce lo ferma prima che riesca a toccarti.

"Mamma!" Non sei mai stata così grata di essere interrotta, sai che se ti avesse sfiorata saresti crollata.

"Madre, state bene?" Ti si avvicina scrutandoti con occhi preoccupati, e non puoi fare a meno di accarezzarla.

"Certo, Emilia." Poi noti la sagoma di Giannia dietro di lei. "Vai a dormire?"

"Sì, madre." Annuisce. "Buonanotte." E ti mostra il sorriso che ha illuminato la tua vita in questi dieci anni.

"Buonanotte, bambina mia."

“Emilia.” È quasi rientrata quando la richiami. "Non dimentichi qualcosa?"

Lei si volta del tutto e fa vagare gli occhi sulla figura al tuo fianco prima di accennare una riverenza e un sorriso. "Buonanotte, dottor Ceppi."

"Buonanotte, Emilia." Lo senti rispondere, poi rimanete immobili a guardarla allontanarsi.

Continui a osservare l'angolo dietro cui è scomparso l'ultimo lembo della gonna di tua figlia più del necessario, finché non senti il bisogno di cedere allo sguardo che senti sulla pelle.

Quasi.

"È tardi." Ti giustifichi, iniziando a camminare.

Ti porti una mano alla fronte, colpita dall'ennesima vertigine causata da tanta fissità.

"State male?" È subito al tuo fianco.

"Solo un capogiro." Dici sbattendo le palpebre, mentre le macchie nere che ti offuscano la vista iniziano a diradarsi.

"Dovreste mangiare di più."

Se n'era accorto, allora, che ti limiti ad ingoiare quel tanto che basta a farti stare sveglia.

"È tardi." Ripeti. Quell'affermazione ti ha colpita più di quanto sei disposta ad ammettere, significa che durante il pasto ti ha osservata, e ha tratto le sue conclusioni.

Giuste, per inciso.

Fai qualche passo barcollando prima che la sua mano sia sul tuo polso per voltarti.

"Anna-" Ritrai con un grido la mano e subito lo vedi retrocedere, spaventato di averti ferita.

I suoi occhi sgranati ti feriscono, aprì la bocca sotto l'impulso di spiegare l'origine del tuo dolore, ma non ti esce che un sospiro prima che il buio ti avvolga.



 
   
 
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