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Autore: heliodor    14/11/2019    2 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Sacrifici
 
La statua si ergeva al centro della sala, sopra un piedistallo che la faceva sembrare ancora più alta. Raffigurava una donna nell’atto solenne di aprire le braccia, come per accogliere i suoi figli.
Nei quattro angoli della sala, statue più piccole raffiguravano altrettante creature. Qualcuno le aveva posizionate su dei piedistalli di pietra grigia. Il colore si intonava alla perfezione con quello più scuro e lucido delle statue.
Passandovi accanto Joyce non osava alzare gli occhi per paura di incrociare lo sguardo di quei mostri. Nessuno di essi sembrava appartenere al loro mondo. Nemmeno nei suoi sogni aveva visto qualcosa di più orribile.
Una delle creature somigliava a un groviglio di serpenti che nasceva da un singolo corpo dalla forma sgraziata. Procedendo verso destra, quella successiva aveva un corpo allungato dal quale spuntavano delle ali di pipistrello. In quella dopo si vedevano fauci emergere da un corpo a forma di botte. L’ultima era la più strana di tutte. Ritraeva una figura che si ergeva su due piedi tozzi con tre dita ciascuna e due toraci distinti che nascevano da un solo paio di gambe dall’aspetto taurino. I volti erano quelli di due giovani, un ragazzino e una ragazzina, così simili da sembrare gemelli.
Gemelli mostruosi, pensò Joyce.
Halux e gli altri due eruditi scrutavano con ammirazione le statue, soffermandosi su questo o quel particolare.
“Lo stile è del tutto sconosciuto” stava dicendo Akil. “Nemmeno tra i resti del santuario di Waldarai sono state ritrovate statue simili. E quelle sono molto ben conservate.”
Biqin vi passò sopra la mano. “Di che cosa sono fatte?”
“Pietra lavica” disse Halux picchiettando sopra il viso di uno dei fanciulli. “Ma per esserne certo dovrei staccarne un pezzo e portarlo via con me.”
Biqin gli scoccò un’occhiata incredula. “Oseresti fare una cosa del genere?”
Halux scrollò le spalle. “Se non ci fosse altro modo, sì.”
“Rovineresti un’opera d’arte per soddisfare una tua curiosità?” fece Biqin inorridita. “Versam aveva ragione a pensare che sei solo un peokas.”
Halux la ignorò e proseguì oltre.
“Mentre voi cercate altri modi per litigare io vado a controllare la sala successiva” disse Caldar.
“Vengo con te” si offrì Joane.
“Mi muovo meglio da solo.”
“Non di meno, penso che andare in coppia sia più sicuro.” Sembrò evitare di rivolgere il suo sguardo verso le statue.
La guida sospirò. “Puoi venire, ma dovrai essere silenziosa. E attenta.”
Joane sorrise. “Sono molto brava a fare entrambe le cose.” Si rivolse a Joyce. “Ti lascio il comando, strega rossa.”
Joyce si irrigidì. “Credevo di averlo già” disse orgogliosa.
Lei sorrise e seguì Caldar.
Bardhian fece schioccare la lingua. Joyce lo notò e gli gettò un’occhiata interrogativa. “Hai qualcosa da obiettare, principe di Malinor?”
“Io sarei un comandante migliore di te. Ho combattuto battaglie mentre tu ancora imparavi a lanciare i tuoi primi incantesimi.”
“E allora? Joane pensa che io sia più adatta di te al comando. Non è una questione di quanti incantesimi lanciamo.”
“Se da quel corridoio sbucheranno milioni di ragni ne riparleremo.”
Galef e Lindisa stavano ammirando la statua al centro della sala. Anche Joyce era incuriosita da quella figura. Il suo viso sembrava sereno e al tempo stesso severo, come se in quell’atto volesse sia accogliere che giudicare quelle creature.
“Come una madre con i suoi figli” disse Halux.
Joyce si ritrovò ad annuire. “O una dea con i suoi fedeli.”
“Una dea” disse Halux. “Può darsi che pensasse questo di sé stessa. Tu hai visto il santuario di Lotayne e gli Alfar. Erano anche loro dei mostri?”
“Certo che no. Sono persone come te e me.”
“Eppure venerano una maga” disse Bardhian.
“Era una strega” lo corresse Biqin. “Tutti lo sanno.”
“Strega o maga” disse Joyce. “Lotayne era benevola con i suoi sudditi. Non li usava come bestiame.”
“Noi mangiamo le mucche e i maiali” disse Halux.
“Non è la stessa cosa” disse Joyce trattenendosi a stento dal dargli un pugno.
“Qual è la differenza.”
“I gromm sono intelligenti. Provano sentimenti. Le mucche e i maiali, no.”
“E tu che ne sai, strega rossa?” fece Halux ironico. “Hai mai provato a chiedere a un maiale se trovava piacevole finire sulle nostre tavole?”
Joyce scosse la testa esasperata.
“Veltir di Boratur scrisse un saggio sul linguaggio segreto degli animali” disse Alik.
“Sul serio?” fece Joyce stupita. “Tu l’hai letto?”
“Se lo ha fatto, è stato per farsi quattro risate” disse Halux con tono acido. “Veltir era un pazzo. Finì la sua vita in miseria, screditato ed espulso dalla sua accademia.”
“Ma riuscì a parlare con gli animali?” chiese Bardhian.
Halux gli scoccò un’occhiataccia. “Vuoi scalzare la strega rossa dal trono della persona più stupida presente in questa sala?”
Bardhian si ritrasse. “È sempre così?” chiese a Joyce.
“Continuamente” rispose.
Joane e Caldar tornarono dalla loro esplorazione. Il viso si entrambi tradiva la tensione che avevano dovuto sopportare.
Persino Joane sembrava sconvolta.
“Che cosa avete trovato?” le chiese Lindisa.
“Non vi piacerà” rispose Caldar.
 
Passarono sotto un arco a volta sostenuto da pietre enormi. Joyce chiese come avessero fatto a portare lì sotto quei massi e poi a issarli in quella posizione.
Lo domandò ad Halux. “Magia” rispose. “O qualche conoscenza che abbiamo perso.”
L’arco separava il corridoio da una sala scavata nella pietra viva. Le pareti grigie e spoglie si innalzavano fino a sparire nel buio. Guardando in su, Joyce non vide il soffitto, ma intuiva che era in alto, molto in alto.
“È lì” disse Caldar indicando un lato. “Senza una luce non l’avrei neanche notato.” Fece una pausa. “Ora che ci penso, avrei voluto passare oltre senza vedere quella cosa.”
Joyce era curiosa di sapere che cosa avesse impressionato così tanto la guida. Fino a quel momento Caldar le era apparso come una persona che non si lasciava turbare. Era sopravvissuto alla battaglia di Nazdur e a chissà quali altri orrori.
Nel punto indicato dalla guida c’era qualcosa, un groviglio formato da quelli che sembravano corpi deformati. Avvicinandosi riconobbe le forme di donne e uomini di ogni età. Impossibile dire dove finisse uno e iniziasse un altro. Un ragazzo e un’anziana condividevano il bacino e tre braccia, una delle quali terminava nel fianco di un uomo che doveva essere stato sovrappeso ma che adesso era ridotto a uno scheletro annerito. La pelle sembrava essersi seccata su quei corpi, diventando una patina lucida che avvolgeva le ossa. I volti avevano tutti la stessa espressione a metà strada tra lo stupore e la sofferenza. Bocche spalancate in un urlo silenzioso che riecheggiava in quel buio da millenni. Orbite vuote sembravano fissare l’oscurità, come a voler scrutare ciò che vi si nascondeva.
Il groviglio di corpi cresceva a mano a mano che si spostavano verso il fondo della caverna, diventando inestricabile dopo una ventina di passi.
“Cos’è questa cosa?” chiese Biqin inorridita.
“Non è una cosa” disse Halux con voce appena incrinata.
I corpi aggrovigliati sembravano protendersi verso l’alto, come se in un ultimo anelito disperato, avessero cercato di arrampicarsi lungo la parete di roccia. In cima a quell’orrore, svettava il busto di una donna dal seno generoso. La testa era ridotta a uno scheletro annerito dal tempo, ma a differenza degli altri volti il suo era sereno, come rassegnato. Una massa di capelli neri e lucidi scendeva dal cranio scarnificato, dando alla visione un aspetto ancora più inquietante.
Joyce deglutì a vuoto.
“L’ultima creazione di Urazma” disse Halux al suo fianco.
Bardhian si fermò alla base del groviglio. “La maga ha fatto questo?”
Joane afferrò un braccio che spuntava da uno scheletro fuso con un altro simile e lo spezzò. Si concesse qualche secondo per esaminarlo, poi lo gettò via.
“Non farlo mai più” l’ammonì Biqin.
“Perché? Quella cosa è morta, se mai è stata viva.”
“Non farlo e basta. Per favore.”
Joane rispose con un mezzo sorriso e un’alzata di spalle.
“Tu che cosa ne pensi?” chiese Galef a Lindisa.
La strega scosse la testa. “Non so che dirti, Gal. Questo è il centro del santuario. Il nodo doveva scorrere qui dentro in questa sala o vicino a essa.”
“Se qualcosa scorresse qui dentro l’avremmo già trovato” disse Joane. “Questo luogo è morto, come tutto il resto. Compreso questo orrore. Mi chiedo che fine abbia fatto Urazma a questo punto.”
“Non lo intuisci, stella nera?” le chiese Halux.
Joane gli scoccò un’occhiata dubbiosa. “Che cosa dovei intuire, mezzo stregone? O mezzo erudito, come preferisci.”
Halux sembrò ignorare la provocazione. “Non capisci che quella che hai di fronte è, o meglio era, Urazma?”
“Quell’orrore?”
“Non è un orrore. È la sublime manifestazione del potere della maga” disse Halux. “Dopo aver riempito con le sue creazioni questo posto, Urazma deve aver deciso che non le bastava più. Era rimasta solo lei. Credo che alla fine desiderasse far parte della sua creazione.”
Joane fissò la testa della donna che sporgeva dal groviglio di corpi. “Così quella sarebbe davvero Urazma?”
“Forse era ciò che desiderava essere. O forse si è spinta troppo oltre ed è diventata un mostro. Penso che non lo sapremo mai.”
Joane annuì solenne. “Ha superato il suo limite.”
“Se vuoi metterla in questo modo…”
“Anche io ho superato il mio limite” disse Caldar. “E non parlo dei miei poteri, ma di sopportazione. Voglio andare via da questo posto pieno di orrori e di morte. Che vadano agli inferi Urazma e le sue armi. Io dico di andarcene.”
“Sono d’accordo” disse Joane. “È inutile restare qui. È chiaro che il santuario è morto come tutto il resto.”
“Siamo qui per trovare il nodo” disse Joyce. Anche lei voleva uscire di lì e tornare in superficie, ma il desiderio di scoprire un’arma che potesse fermare Malag era più forte della paura. “Dobbiamo continuare a cercare.”
“Perché?” fece Caldar. “Che senso ha?”
“Potrebbe servirci. In futuro.”
“Per vincere la tua guerra, strega rossa?” fece Joane. “A te importa solo questo, no?”
“Vincere la guerra è importante.”
Joane scosse la testa e ridacchiò. “Sapevo che l’avresti detto.”
Joyce sentì la terra scivolarle da sotto i piedi. “Bardhian? Tu sei dalla mia parte, no? Sai quanto è importante avere un’arma da usare contro Malag.”
“Abbiamo già un esercito” rispose lui. “Forse un’arma è di troppo.”
“Galef? Lindisa?”
La strega si accigliò. “Io sto con la strega rossa. Siamo qui per trovare il nodo.”
“È questo il nodo, Lindi” disse Galef con tono esasperato. “Non lo vedi? Urazma ha usato tutto il suo potere per creare questo luogo. Anche il nodo è morto insieme a tutto il resto.”
“Il principe di Valonde ha ragione” disse Halux. “Dovreste starlo a sentire. Ignorate pure la strega rossa, o abbandonatela al suo destino se insiste per restare qui sotto. Caldar, puoi trovare un’uscita?”
La guida indicò il fondo della sala. “C’è un condotto scavato nella roccia da quella parte. Non so dove porti, ma possiamo seguirlo e vedere dove arriva e poi decidere.”
“Non è molto” disse Joane. “Ma ce lo faremo bastare.”
“Dobbiamo cercare” disse Joyce disperata. “È nostro dovere verso l’alleanza.”
“Il tuo dovere, forse” disse Joane. “Non il mio.”
“È anche il mio” fece Bardhian con tono solenne. “Io voglio aiutare l’alleanza con tutte le mie forze.”
Joane lo fronteggiò a muro duro. “Perché?”
Bardhian la guardò con ostilità. “Ho giurato di aiutarli. Forse per te non conta molto un giuramento ma a me è stato insegnato che il valore di uno stregone si misura anche per come riesce a mantenere la parola data.”
“Per me conta” disse Joane interrompendolo. “E anche per te a quanto vedo. Ma per la tua alleanza?”
Bardhian si accigliò. “Stai mettendo in dubbio la lealtà di Bryce e Vyncent.”
“Non li conosco” disse Joane. “Ma loro hanno mantenuto fede al giuramento?”
“Mi hanno sempre aiutato quando ne avevo bisogno.”
“Anche quando Malinor è stata rasa al suolo?”
Bardhian non rispose.
“Dov’erano Bryce e Vyncent quando la città è stata distrutta?”
“Vyncent era prigioniero” disse Joyce. “E Bryce era andata a nord anche per salvare Malinor.”
“La città è stata distrutta, strega rossa. In che modo la sua fuga l’avrebbe salvata?”
“Lei non poteva sapere” disse Bardhian con tono incerto. “Nessuno di loro poteva.”
“Sapevano quello che serviva a loro” disse Joane. “E non ci hanno pensato a lungo prima di abbandonarti a Malinor per seguire i loro scopi.”
“Non è vero” disse Joyce. “Ritira quello che hai detto.”
“No” fece Joane. “Voi siete ingenui e giovani, ma io ho visto scorrere molta più acqua di voi nei fiumi. Ho già visto accadere cose del genere. Quelli come voi, che credono nei giuramenti solenni e nelle promesse, sono i primi a venire sacrificati quando le cose non vanno nel modo previsto. Bryce è scappata a nord per combattere la sua guerra.” Guardò Joyce. “E la strega rossa desidera il tuo appoggio solo perché vuole vincere la sua, di guerra.”
“Voglio vincere la guerra che tutti stiamo combattendo” urlò Joyce.
“Con qualunque mezzo?” le urlò di rimando Joane.
“Qualunque. Non importa quanti sacrifici dovrò fare.”
“O quanti saranno sacrificati” replicò Joane.
“Io non ho mai…” fece per rispondere Joyce, poi venne assalita dal ricordo di Fredi che bruciava su di una pira perché l’aveva costretta a fare la spia per lei. E di Oren che era partito per cercarla e che aveva finito per abbandonare al proprio destino perché lei doveva vincere la guerra. E di Marq che aveva ingannato pur di consegnare Theroda a quel macellaio di Falgan.
Scosse la testa. “Volevo solo fare la cosa giusta.”
Joane annuì convinta. “Allora fai la cosa giusta e portaci fuori di qui, strega rossa.”
“Io…”
Qualcosa si mosse alle loro spalle e un pezzo della grottesca statua d’ossa in cui si era trasformata Urazma si spezzò e cadde a terra.

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