«Cosa-»
«Svelto!
SVELTO! Passami la polvere di ali di farfalla monarca prima che la
criniera di
unicorno non stabilizzata reagisca al mio sangue e finisca per creare
un mio doppelgänger
malvagio anziché una pasta per tracciare un cerchio
alchemico di protezione!»
«Gwenllian».
«Avrò
bisogno anche del sale nero -dovrei averne avanzato un barattolo
dall’ultima
volta in cui abbiamo ricacciato la Walpurgis a casa sua,
dell’acqua dallo
stagno delle banshee -portati dietro dei flaconi di balsamo, con alghe
e pesci
tutto il giorno fra i capelli lo apprezzano sempre, e così
magari non ti
mangeranno- e una manciata di bacche di ginepro. Una barriera sola non
basterà,
ne serviranno almeno tre: una per i fantasmi, una per i demoni e una
per gli
umani, che spesso e volentieri fanno più danni dei due
precedenti messi insieme».
«Gwen».
«Grattugia
anche un po’ della pietra filosofale, quella ci sta sempre
bene. E poi fa
figo».
«Sono
le cinque di mattina».
«Della giornata di Halloween! Non hai
idea di quali abomini usciranno da porte fra il mondo dei morti e
quello dei
vivi normalmente chiuse in questa singola notte, per non parlare dei
demoni!
AH! Nelle profondità di dimensioni talmente
surreali da far impazzire chiunque provi solo a comprendere le leggi che le
governano vivono abomini che aspettano solo un corpo caldo e
accogliente nel
quale piantare le tende, e non essendo un vampiro di tutto ho bisogno
tranne
che di paletti da campeggio ficcati nel cuore!»
«…Cara…»
«Potrei
averne bisogno in qualsiasi momento! Anche
adesso!»
«…Amore».
«Io-…
oh. L’ho fatto di nuovo, vero?»
«Sì».
«Scusami.
Son gli ormoni».
Già,
“gli ormoni”,
gli stessi che da sette mesi a quella parte la facevano svegliare in
piena
notte alla volta della dispensa per prepararsi le peggio combinazioni
di
pancake che era certa essere illegali da qualche parte del mondo.
Soprattutto
perché la dispensa in questione era quella del suo
laboratorio magico, e più
che le codette di cioccolato là dentro ci trovava le zampe
di rospo.
Ancora
attaccate ai rospi.
Vivi.
L’Uomo
Nero le si avvicinò piano alle spalle, lieto -non poteva
nasconderlo, vederla
sforzarsi così tanto in quei tempi gli metteva sempre una
certa agitazione
addosso!- che la compagna avesse cessato quel suo frenetico allungarsi
ora
verso le boccette sistemate su di una mensola sopra la sua testa, ora
in
direzione dei contenitori delle varie erbe che utilizzava nei suoi
rituali da wiccan,
ora alla volta delle pietre e delle polveri sparse alla rinfusa sul
tavolo di
legno, per abbandonarsi finalmente sulla sedia.
Con
gli occhi chiusi, poggiò il volto nell’incavo
della sua spalla. «Devi
riposarti» sussurrò piano al suo orecchio, quasi
temendo che parlare a voce troppo
alta l’avrebbe sforzata ulteriormente. Piano, fece scivolare
entrambe le mani
sul suo ventre, accarezzandolo «Anche per lui».
«O
lei».
«O
loro!»
Lei
lo guardò con un’espressione di shock tale che, se
Black non avesse saputo come
la sua amante si fosse innamorata di quel bambino fin dal primo momento
in cui
aveva scoperto di essere incinta esattamente com’era successo
a lui, gli
avrebbe seriamente fatto venire più di qualche dubbio se lo
volesse o meno. «Se
dovesse essere più di uno credo che potrei veramente fare un
pensierino sulla
creazione di un doppelgänger, ma anche due! Ho fatto da
babysitter a mio
fratello e spesso e volentieri la faccio ancora oggi nonostante Morgan
sia
grande e vaccinato, ma fare da madre ad un bambino proprio
è… diverso, credo. Non
so bene come, sei tu quello che c’è già
passato per primo con Jane, però» unì
le proprie mani a quelle del compagno sul proprio ventre «so
per certo che con
te al mio fianco, al nostro fianco,
andrà
tutto bene. Supereremo qualsiasi ostacolo»
Alzò
di poco la testa per ricevere il tenero bacio che la donna gli diede
sulla
fronte. «Insieme», completò infine, le
mani tremanti per l’emozione che
continuavano a e gli occhi lucidi traboccanti di una gioia che per
tanto tempo
gli era stata negata: una donna che amava alla follia ricambiato, un
figlio -o
una figlia, o dei figli!- in arrivo e una vita tranquilla lontana dai
Guardiani
e da chiunque portasse negatività nel piccolo angolo di
paradiso che si era
ritagliato in quella casina dispersa nei boschi gallesi, non poteva
proprio
chiedere di più dalla vita!
Era
contento, contentissimo, lo era talmente tanto che la gioia aveva
deformato la
realtà al punto da far sembrare persino il broncio di
un’Emily qualsiasi che li
guardava dalla cucina un sorriso a trentadue denti.
«Peccato
non lo sia».
Con
in mano la ciotola nella quale stava mischiando l’impasto per
i pancake,
l’ormai ex Madre Natura fece qualche passo nella loro
direzione. «Potrei
vomitare per tanta sdolcinatezza che mi tocca sorbirmi ogni giorno da
mattina a
sera e pure di notte, anche se in quest’ultimo caso la
esprimete con gemiti e
urla orgasmiche più che con sussurri e parole tenerelle:
è solo un bambino, ragazzi,
ripigliatevi».
Se
non fosse stato che suo padre fosse troppo felice per raccogliere le
sue provocazioni. «Diventerai
sorella maggiore, Emily» sorrise stringendosi Gwenllian fra
le braccia dopo che
questa si era alzata per lasciargli posto e sedersi sulle sue ginocchia
«contenta?»
«Tanto
quanto zia quando ti sei sposato. Ha mandato un regalo per
complimentarsi della
lieta novella, sai? Un ciuccio a forma di candelabro».
«Emily».
«E
una
giostrina a forma di polipo. Anzi, di kraken. Spaziale».
Emise
un lungo sospiro. «Ne abbiamo parlato».
«Umorismo.
Sai cos’è? No, immaginavo, ormai l’unica
cosa che conosci a memoria sono i
reparti dei negozi per neonati. Bah, lasciamo perdere».
Tornò ad occuparsi
dell’impasto, saggiandolo col cucchiaio e decidendo che
necessitava di ancora
qualche minuto di lavorazione. «Preparo la colazione, che se
non fosse per me in
questa casa si morirebbe di fame».
Un
bisbiglio divertito provenne da Gwen. «…Peccato
che non sappia nemmeno farsi
latte e cereali senza mandare a fuoco la cucina. E latte e cereali non
vanno cotti».
“Rettifico:
l’impasto è prontissimo”.
Con
decisione -da leggersi “sbattendo la pentola sul fornello con
violenza tale da
far finire fuori metà del preparato così che il
suo stato d’animo fosse ben
chiaro a tutti i presenti”- mise a cuocere i pancake come
promesso: accese il
fuoco.
E
venne investita da una fiammata nemmeno ci fosse un Charizard ad
alimentare i
fornelli.
Nemmeno
il tempo
di muovere un dito per tracciare nell’aria i segni che
avrebbero evocato una
cascata per spegnere quello che stava pericolosamente prospettandosi un
incendio, e Gwenllian si sentì picchiare il fondoschiena
sulla seduta della
sedia, forse perché non c'erano più le gambe di
Pitch a sostene- oh, per
la Dea Madre! Il poveretto stava venendo trascinato verso i fornelli da
un
tentacolo di fuoco che lo aveva afferrato ad una caviglia! La cucina stava fottutamente rapendo il padre di suo
figlio!
Il
quale, comunque, non si poteva dire essere stato indifferente al
rapimento: e le
unghie piantate nel pavimento che vi lasciavano solchi come un aratro,
e i
denti che afferravano le tende strappandole, e il continuo dimenarsi
che non
faceva altro che richiamare altri tentacoli fiammeggianti in aiuto al
primo, e il
combatterli con un mestolo -presumibilmente lo stesso col quale sua
figlia
stava mescolando l’impasto dei pancake, e
l’aggrapparsi disperatamente a
qualsiasi cosa gli capitasse sotto mano.
Tipo
Emily Jane.
Iniziò
a lanciargli pedate nemmeno avesse una serpe attaccata alla gamba.
«Lasciami!
LASCIAMI!» gridò lei, non si sapeva se
più per l’isteria o per il terrore «TI
HO DETTO CHE MI DEVI MOLLARMI! NON ACCOLLARTI! LEVATI DALLE-»
Un istante
appena, e le sue urla nevrotiche si spensero insieme alle fiamme.
Nell’aria, solo
un vago puzzo di zolfo e fumo.
Tutto
intorno, solo una Gwenllian tremendamente confusa
dall’accaduto che ancora
doveva decidere se disperarsi per la sparizione di Pitch o festeggiare
per
quella di Emily.
E
un
bigliettino: “Prometto che non lo porterò a
succubi”, così c’era scritto.
Abitavano
in un bosco sperduto nel Galles, ma il “Baaaaaphoooooooooomeeeeeeeeeeeeeeeeeeet!”
che ne seguì fece alzare in volo interi stormi di uccelli in
tutta la Gran
Bretagna.
---
«Si
sta svegliando!»
«Era
anche ora! Ancora un po’ a dormire e facciamo notte, e io
questa notte avrei
degli impegni migliori del badare anche
alla bella addormentata del bosco bisognosa di una rinoplastica oltre
che ad
una zecca cornuta!»
«Non
dovresti chiamarla così, poverina…»
«È
quello che è! Mai un anno a rompermi i coglioni e questo
ZAC! Me la trovo in
mezzo alle palle quando intorno alle mie palle dovrebbero solo esserci
succubi
che se ne occupino con le loro lingue e mani e il cazzo che vuoi, la
notte di
Halloween dei sogni guarda! E poi ho tutto il diritto di chiamarla come
mi pare
e piace, testa d’insetto che non sei altro, e se non sei
d’accordo sei
liberissimo di tornartene nel tuo bilocale di merda in Virginia a
strafogarti
di gelato alla menta e cioccolato fino a non riuscire nemmeno
più ad avvolgerti
nelle tue stesse ali!»
«…
Sei cattivo…»
«Sono
incazzato nero! Ma figurati se puoi capirne il motivo, AH! Per te che
passi
tutto lo strafottutissimo anno chiuso nella tua baracca umida figurati
se il
non poter partecipare alla più grande festa che gli inferi
abbiano mai visto
dopo aver passato un intero anno ad organizzarla sembri
chissà quale perdita,
anzi, probabilmente ne saresti pure felice! Ti ci vedo bene come uno di
quelli
che se qualcuno che li ha invitati da qualche parte e improvvisamente
cancella i
programmi si mette a ballare la conga!»
«Io
non vengo mai invitato da nessuna parte…»
«E
ti
chiedi pure perché?!»
«Beh-»
Pitch
aprì appena gli occhi. «…
G-Gwen…?»
«Ti
piacerebbe che fosse la tua strega appassionata a farselo sbattere nel
culo ma
non abbastanza da usare solo quello chiudendosi ermeticamente il resto
dei
buchi così da non inguaiarsi e inguaiarti con una gravidanza
com’è successo,
vero?» si sentì domandare da una voce familiare, fin troppo.
“Non
cerco più il confronto coi Guardiani, non spavento
più nessun bambino, non sono
più un geloso patologico con gli amici di Gwenllian, non
rispondo alle
provocazioni di quella scellerata di mia figlia, non sono fuggito dalle
mie
responsabilità paterne fuggendomene in Messico come Jack
Frost, abbasso pure la
tavoletta: cosa ho fatto di così tremendo per meritarmi di
essere rapito
proprio da lui?!” pensò un povero Black ora
più che mai pentito di essersi
svegliato, “Se ora tengo chiusi gli occhi magari penseranno
di essersi
immaginati le mie parole, o che siano state dovute solo ad
un’allucinazione
immediatamente precedente al rigor mortis”.
In
effetti Mothman parve crederci. «Forse è stata
solo una nostra impressione, non
si muove più…»
“Cosa
diavolo ha in mente?!”
Non
seppe identificare con precisione cosa stesse facendo, ma fu piuttosto
sicuro
di sentirlo premere dei tasti. Quelli di un cellulare, forse.
“Sì?
È
lo studio della dottoressa Sinetene-»
«NON NOMINARE
NEMMENO QUEL DEMONE DEGLI ABISSI!»
Sorrise.
«Visto?» indicò all’altro
Pitch, improvvisamente scattato in piedi con la
stessa fretta con la quale lo faceva le volte in cui sentiva la sua
donna
andare a farsi la doccia prima che lui si alzasse dal letto.
«È vivissimo,
basta solo trovare la motivazione giusta per svegliarlo».
«Per
farmi prendere un infarto vorrai dire!»
Sospirò
annoiato. «Come sei pignolo».
L’Uomo
Falena inclinò la testa da un lato, e con essa le antenne
piumate. «Demone
degli abissi? Sei tipo imparentato con Cthulhu…?»
«Sarebbe
stato preferibile! Tuttavia, parlando
d’altro…» si girò verso
Baphomet «cosa
diavolo ti è saltato in mente?»
eeeeeee iniziò a sbracciarsi come se
avesse avuto un’intera armata di demoni in corpo
«Ero nella mia casetta bello
tranquillo a farmi gli affari miei con la mia fidanzata in attesa che
fosse
pronta la colazione e tu cosa fai? Mi rapisci! Mi rapisci trascinandomi dentro un fornello!»
«Ti
lamenti te? Pensa io che i tuoi amici in astinenza da figa nemmeno li
conosco e
ora me li trovo intorno!»
A
Pitch si gelò il sangue: “Non lei, NON
LEI!”, pensò, “La sopporto
già a casa, dannate divinità che mi avete preso
tutt’altro che in simpatia, non potete obbligarmi a passarci
altro tempo
insieme nella stessa dannatissima stanza senza fornirmi le parole
crociate per
concentrarmi su quelle anziché i suoi continui sbuffi e
sospiri e il cazzo che fa ogni volta per farmi capire che non apprezza
l'accoglienza fornitale da me e Gwenllian in casa nostra!".
Prima
ancora che fosse lui a girarsi verso la voce che lo aveva interrotto fu
Emily
Jane a fare capolino nel suo campo visivo. Rivolse il proprio sguardo
pieno
d’astio al demone dalla testa di capra. «Riportami
immediatamente indietro»,
gli ordinò.
Baphomet
la prese alla lettera: le afferrò i fianchi -non senza una
serie di
imprecazioni e “Mettimi giù, schifoso cornuto
tettemunito centometrista sui
gomiti scambiato per un piattello e abbattuto in mille pezzi succulenti
divorati uno ad uno dai cani randagi e rabbiosi addestrati dal padre
spacciatore di carogne di cavalli da corsa resi feroci dai morsi di una
capra
drogata e bagnata di benzina dallo zio piromane che con una Yankee
Candle le
appicca fuoco e se la incula ancora calda affacciato al balcone davanti
alle
rovine ancora fumanti della casa dove la nonna paralitica canta inni al
grande
Cthulhu e a quella troia tentacolata di sua sorella impiccata sopra il
lavandino!” ovviamente- e la posò poco
più indietro. «Contenta?»
«Fanculo!»
«Parla
ancora mezza volta di culo e giuro che sarà il tuo, di culo,
quello del quale
le prossime generazioni parleranno per millenni scrivendo canzoni e
ballate su
come ti ci ho schiaffato dentro la mia possente minchia demoniaca
facendoti
diventa talmente eterosessuale che non solo rinnegherai le tue
preferenze
lesbiche, ma chiederai ai tuoi dei di ricucirti l’imene e
farti sverginare dal
sottoscritto anziché da un vibratore come avrai sicuramente
fatto!»
Un
ghigno beffardo apparve sul volto della ragazza. «E pensa un
po’ che suddetto vibratore
farebbe comunque un lavoro migliore! Col fiammifero che hai in mezzo
alle gambe
è già tanto se riesci a deflorare la cruna di un
ago» sputò velenosa.
Non
l’avesse mai fatto.
A Baphomet non
era mai interessato che qualcuno lo prendesse in giro, che si trattasse
di
commentare il fatto che cambiasse continuamente sesso per divertirsi e
mantenesse il seno pure se in forma maschile e che con quel volto di
capra che
si trovava avrebbe dovuto stare attento a girare vicino alle macellerie
a lui
poco importava: troppo potente, troppo superiore, troppo concentrato su
se
stesso perché potesse importargli qualcosa degli altri. Ma
su una e una sola
cosa non ammetteva commenti: il sesso.
Nessuno poteva
permettersi di denigrare le sue dotazioni o le sue abilità
fra le lenzuola,
nessuno mai nella vita.
Mai.
Che
fosse lì per perdere le staffe fu subito chiaro ad Emily: la
presa sui suoi
fianchi era diventata molto più che una presa, pareva
più la morsa mortale di
un boa costrittore, e le stava facendo male.
Essendo coperta dagli abiti non era possibile notarlo, ma gli zoccoli
del
demone le stavano lasciando sulla pelle pallida estesi lividi rossi e
giallognoli bluastri che ne ricalcavano perfettamente i contorni e che,
non lo
sapeva ancora, senza le cure di Gwenllian avrebbero impiegato settimane
e
settimane per sparire; qualche istante ancora, e piccole gocce di
sangue fecero
capolino sulla pelle, sporcandole la maglia.
«Brutta puttanella insolente, te lo faccio
vedere io co-»
Nemmeno
il tempo di finire la frase e due tentacoli di sabbia nera si
attorcigliarono
attorno alle zampe caprine, strattonandolo a terra con un gesto deciso
che gli
fece sbattere il muso sul pavimento. Una chiazza di sangue si sparse
lì dal
naso.
«Giù
le mani da mia figlia!» ruggì un Pitch che, preda
dell’istinto paterno,
trascinò a sé una ex Madre Natura che lo fissava
sbalordita «E la prossima
volta i tentacoli te li infilo nel culo!»
«È
lei che ha iniziato!» si lagnò il demone,
rialzandosi e pulendosi il naso
sanguinante.
Gli
occhi dorati dell’Uomo Nero ancora sulla difensiva
continuarono a scrutarlo. «Non
mi interessa, basta che la finite. Tu» si rivolse prima a lui
«non azzardarti
mai più a toccarla in certi posti se non è lei a
chiedertelo -e so per certo
che non lo sarà mai. E
tu» poi ad
Emily «ricordati che vivi con tuo padre, non hai mezzo potere
magico e per i
prossimi anni dovrai dividere la tua stanza con un fratellino, una
sorellina, magari
entrambi: vola basso, signorina, oppure fai le valige e raggiungi tua
zia
lassù» indico il cielo visibile dalla finestra
«io non mi opporrò di certo».
Il volto di lei
era una maschera indecifrabile: il cuore che ancora le batteva a mille
per
l’accaduto, la voglia di tirare un ceffone a quel maniaco
infernale, la
gratitudine mista a sorpresa verso suo padre che contro ogni sua
più rosea
previsione era intervenuto a difenderla… ma
scacciò via presto quest’ultima
sensazione: lei non lo sopportava, doveva ricordarselo!
Si
lisciò distrattamente i vestiti. «Non me ne vado
solo perché non voglio farlo io,
non perché se andassi da zia mi
caccerebbe via a calci in culo dopo una giornata a lamentarmi della
sabbia
negli occhi di quel pianeta più asciutto dei genitali di una
donna dopo che c’è
passato il cornuto laggiù» ci tenne a specificare
con un’ultima frecciatina:
voleva avere l’ultima parola, e l’avrebbe avuta a
qualsiasi costo.
«Figlia
di- ah, lasciamo perdere, lasciamo perdere! Piuttosto» si
massaggiò il volto «parliamo di ciò per
cui siete qui: ho un problema grosso, e se avessi saputo
come risolverlo da solo non avrei né costretto me stesso a
vedere i vostri
brutti musi più di quanto già li veda
né tantomeno a rompermi la mano contro il
culo secco di una regina decaduta» ovviamente si stava
rivolgendo ad Emily, suo
malgrado erede della corporatura ad occhi esterni esile oltre i livelli
di
guardia della sorella di sua madre più che di
quest’ultima «per cui vedete di
risolvermelo».
«Se
non puoi occupartene da solo dev’essere proprio
grave». Pitch si fece
pensieroso. «Di cosa si tratta?»
Indicò
un punto indefinito in un angolo della stanza. «Di
lei».
Mothman
l’aveva
già conosciuta, dunque furono solo i due ultimi arrivati a
girarsi verso la
direzione dallo zoccolo del demone.
E
rimanerci di sasso.
Stretta
in un
delizioso abitino azzurro pastello cosparso di stampe di fiori, intenta
a
giocare col fiocco giallo che le cingeva la vita mentre se ne stava
seduta sul
divano con le zampe ciondoloni, una bambina la cui paternità
era fin
troppo intuibile dai connotati caprini del suo corpo: la pelliccia di
varie
sfumature di viola con un rigonfiamento di pelo candido a farle da
sciarpa e
zone più scure alle estremità degli arti che
copriva la pelle, i piccoli
zoccoli violetti al posto di piedi e mani, le due corna -anche
piuttosto grandi
rispetto alle sue dimensioni- dello stesso colore che si incurvavano
verso
l’alto adornate di nastri colorati e margherite e sulle cui
estremità
svettavano delle fiammelle dorate, le minuscole ali in parte piumate e
in parte
membranose; sulla fronte, una stella bianca a cinque punte rovesciata.
Insomma,
pure se Baphomet non avesse detto loro che era figlia sua sarebbe stato
qualcosa
che avrebbero capito da soli.
«È
mia figlia» precisò comunque il demone.
«Da quando è nata -non chiedermi quando
di preciso, non lo so e non mi ricordo, questa è la seconda
volta che me la
trovo davanti! E la prima era un fagotto nato da due ore in croce- se
ne è
seeeeeempre stata con sua madre nella metà di regno che
quella baldracca mi ha
portato via col divorzio, mannaggia alla comunione dei beni, ma
oggi-»
«Aspetta»
lo bloccò Pitch «aspetta.
Moglie? Divorzio?
Figlia? Da quando il diavolo è sposato? E divorziato?
Quand’è che sei diventato
padre? Mi sono perso qualcosa per caso? No, perché vorrei
capire come-»
«MA FATTI UN PO’ I CAZZI TUOI! Va
bene
che hai il naso enorme ma questo non ti giustifica
nell’infilarlo negli affari
altrui ogni volta che puoi!» lo interruppe mentre sparava la
propria raffica di
domande «E comunque non è questo il punto! Dicevo:
quella megera della mia ex
moglie me l’ha sbolognata dicendomi di tenerla fino a questa
sera perché lei
aveva avuto “un impegno improvviso”. Te ne rendi
conto? Mi usa come una
babysitter! E non mi paga nemmeno! E tutto perché?
Sicuramente perché la
mignottona vuole casa libera così da poterla riempire con
qualche pazzo
disposto a scoparsi lei e il suo culo spanato da quanti cazzi e mazzi
ci
passano ogni giorno, ecco perché! Me la immagino proprio
mettersi a novanta
dopo essersi scritta “Entrata libera” sul culo, e
invece sulla-»
Pitch
gli tappò la bocca con una mano.
«C’è una
bambina!»
Gliela
levò con un gesto brusco. «Pensi che non sappia
cosa fa sua madre? AH!
Probabilmente è lei stessa a fornire ai coraggiosi
sfortunati che
vogliono sbattersi quella bestia indomabile il numerino indicante il
loro turno
nemmeno fossero entrati in una macelleria, i numerini e anche i
preservativi:
mai usati, e vedi bene come sono finito! Con un pezzo di regno in meno
e una
pustola purulenta» indicò la figlia, compostamente
seduta sul sofà dal quale
ascoltava suo padre darle i peggio appellativi e insinuare porcherie su
porcherie sulla sua mamma senza battere ciglio, le pupille orizzontali
negli
occhi rubino fisse verso un punto indefinito davanti a sé
«attaccata alla
gamba, ecco dove!»
Lì
per lì Pitch non poteva sapere che la descrizione data da
Baphomet delle
abitudini della sua ex moglie era quanto più lontano dalla
realtà ci fosse, ma
anche pensando che fosse tutto vero non se la sentiva comunque di
giudicare le
sue scelte di vita, per quanto poco compatibili con la
genitorialità le
ritenesse. «In ogni caso evita di dire certe cose di fronte
ad una bambina,
specie se è tua figlia: se sua madre è
così pessima tu che sei suo padre che
esempio le dai?! Fino ad ora ti avevo maledetto in tutte le lingue a me
conosciute per avermi convocato qui, ma ora che vedo la situazione
posso dire
senza ombra di dubbio “Per fortuna che l’hai
fatto!”. Non oso nemmeno
immaginare come prevedevi di farle trascorrere la giornata,
Baphomet»
rabbrividì.
«Chiudendola
in uno sgabuzzino» rivelò prontamente
l’altro: certo che aveva dei piani per
sua figlia, non era mica un padre degenere fino a quel punto!
Black
scosse la testa. «Divertente».
«Soprattutto
per me! Almeno avrei potuto organizzare la mia solita festa di
Halloween senza
una intorno! Certo, forse ad un certo punto avrei dovuto tirarla fuori
causa
mancanza di ossigeno, ma pure se non l’avessi fatto ne
avremmo giovato tutti
quanti: dì, secondo te a sua madre non farebbe piacere
levarsela di torno? I
bambini sono buoni solo per far colpo sulle milf e le giovani
studentesse di
scienze dell’educazione che vogliono fare le maestre
d’asilo e delle
elementari, per il resto si possono anche mettere, appunto, in uno
sgabuzzino».
Baphomet doveva aver notato come Black lo guardasse inorridito,
così aggiunse: «Con
una bottiglia d’acqua, dai, almeno non muoiono di
fame».
Forse
era più sensibile all’argomento perché
lui stesso a breve sarebbe diventato
padre, forse trovava inconcepibile tanto menefreghismo verso una
creatura che
si era contribuito a mettere al mondo perché lui il suo
bambino non vedeva
l’ora di stringerlo fra le braccia, forse si trattava del
normalissimo senso di
shock a sentire un genitore parlare così al e del proprio
figlio, ma Pitch
preferì non commentare nemmeno.
Guardò
ancora qualche momento la mezza capretta: cielo, era tutta suo padre,
c’era
solo da sperare che la somiglianza si fermasse all’aspetto!
Voleva sperare che
fosse così.
Anche perchè se così non fosse stato... non
voleva nemmeno pensarci.
«Quindi?»
chiese dopo qualche momento.
«Quindi
cosa?»
«Cosa
dobbiamo fare? Non penso che ci hai convocati qui per presentarci la
tua
famigliola» lo interrogò sinceramente perplesso
«anche perché a te per primo non
frega assolutamente nulla della suddetta».
Baphomet
finse di non sentire l’ultima frase. «Voglio che mi
diate una mano a fare da
babysitter al pidocchio impellicciato. Se la mollate qui con me sapete
benissimo che la chiuderò veramente in uno sgabuzzino, per
cuuuuuuui» mise le
mani intorno alle spalle di Pitch e di Mothman «tirate fuori
delle idee su come
passare questo Halloween, signori miei, o la mia certezza di riuscire a
trovare
più di un macellaio che sarà ben felice di farne
uno stufato potrebbe diventare
realtà, eh eh! Giusto giusto l’autrice di questo
delirio nato come oneshot di
Halloween ma che come solito le degenera in più capitoli e
le fa rimandare la
pubblicazione sta frequentando un corso di macelleria bovina e suina,
potrei
rivolgermi a lei!»
«M-ma
sei s-se-serio…?» balbettò
l’Uomo Falena.
«Sul
macellarla o sul chiedere di farlo all’autrice? In effetti
fino a quando
Neferikà non fa l’esame di fine corso potrebbe non
sapere dove mettere le mani».
«L-la
p-pri-prima…»
L’altro
annuì. «Mai stato più serio di adesso:
vi sembra la faccia di qualcuno che ha
tempo da perdere a ingegnarsi su come passare la giornata con sua
figlia? Non
scherziamo, lo sapete che ho ben di meglio da fare che certe stronzate
da bravi
padri di famiglia, fate voi le persone serie per una buona
volta! Qualche
proposta?»
Black,
esasperato, si stropicciò gli occhi con indice e pollice.
«Fammi capire: tu che,
sei il festaiolo del gruppo, stai chiedendo aiuto a
noi -un a breve padre che vorrebbe passare più
tempo possibile
con la sua compagna al settimo mese di gravidanza,
un’asociale allucinata che
passa metà delle sue giornate ad incolpare gli altri della
propria miserie e
l’altra metà a masturbarsi e un depresso cronico -
per decidere come passare la
giornata con tua figlia».
«Già!»
«A
noi».
«Proprio!»
«E
ti
aspetti pure che ci venga qualche idea».
«Assolutamente!»
«Tu
sei pazzo».
«Sicuramente
meno di te che vuoi accollarti un mini te stesso anziché
lasciare la strega
celtica da sola una volta scoperto il guaio!»
«Non
è un “guaio”, è mio figlio, e
ti conviene chiudere qui il discorso perché altrimenti
potrebbe evolversi in modi alquanto spiacevoli».
«Che
saranno comunque meno spiacevoli di ciò che
accadrà a te fra due mesi! Notti
insonni, vomito ovunque, sesso azzerato perché
dormirà nel lettone con voi, uscite programmate
a seconda di quando il nano dorme, mai più serate a guardare
i pornazzi con gli
amici perché avete il parenty control attivo, almeno ci
pensa la strega a
dargli la tetta o dovrai farlo tu? Se lo fa lei fammi un fischio che
faccio un
salto da te per farmi allattare pure io dalla mammina». Si
sfregò le mani
leccandosi intanto le labbra. «Sono proprio curioso di sapere
che sapore ha il
latte di strega! Se è buono possiamo metterci in
società! Tu metti ci metti la
strega celtica e io la mungo imitò il gesto di mungere delle
invisibili mammelle bovine «Come ti- MI
STAI FACENDO MALEH!»
Pitch
non ci pensava nemmeno a mollare la presa al collo del demone. Anzi, il
suo lamentarsi lo
invogliava solo a stringere più forte. «SCIAQUATI
QUELLA BOCCA DI MERDA CHE TI RITROVI O GIURO CHE-»
«Dolcetto
o scherzetto».
Tutti
si girarono verso il punto dal quale proveniva la voce: Emily Jane.
«Come?»
le domandò suo padre, mollando al contempo la presa.
Lei
fece spallucce. «È Halloween, dolcetto o
scherzetto è una tradizione umana
tipica di Halloween, per cui ho pensato che potrebbe essere
diverte-» si
interruppe: no, NO! Col cazzo che le sarebbe piaciuto divertirsi con
quella
banda di morti di figa anziché restare: lei odiava tutti
loro e odiava l’averla
coinvolta, punto! Doveva ricordarselo bene!
«… bah, lasciate perdere, fingete che non abbia
parlato e fate come cazzo
volete» borbottò: ah! Ecco! Si era fermata in
tempo! Ancora un po’ e qualcuno
di quegli squilibrati avrebbe potuto prenderla sul-
«Mi
sembra un’ottima idea!» gridò
un Baphomet a dir poco entusiasta «Un punto alla
lesbica allucinata!»… cheeeeee subito dopo le
tirò uno schiaffo sulla chiappa
che la fece sobbalzare, “per ringraziarla”
immaginava.
«Una
lesbica allucinata che non gradisce le tue attenzioni, per essere
più precisi» puntualizzò
Black prima di mettersi fra lui e sua figlia «e non farmelo
ripetere di nuovo.
Parlando di cose serie sì, mi sembra una buona idea,
sicuramente migliore del
chiudere una bambina dentro uno sgabuzzino o trasformarla nel pranzo di
Pasqua
con largo anticipo. Va bene a tutti?»
Ricevendo
in
risposta solo scrollate di spalle, sospiri e silenzi decise che
sì, erano
d’accordo, e anche se non lo fossero stati lo sarebbero
diventati presto.
Ma
mancava ancora il consenso di una persona.
Spostò
il proprio sguardo sulla figlia dell’amico. «A te
piace l’idea, mh? Dimmi un
po’… ehm… uh…» si
grattò la testa confuso «Baphomet, come hai detto
che si
chiama?»
«Non
ne ho idea! Dì» si abbassò fino ad
arrivare all’altezza della figlia «che nome
ti ha dato tua madre?»
«Lily»
rispose atona la bimba.
La
fissò qualche secondo perplesso. «Che nome di
merda».
«A
tuo padre invece fa schifo, pensa un po’ te!»
«Considerando
che non conoscevi nemmeno il mio nome, che hai abbandonato mamma ancora
prima
di sapere che era incinta e che quando avete divorziato ti sei tenuto
il
servizio di porcellana regalatovi da nonna la tua opinione ha la stessa
valenza
di quella di una mosca che sta per essere mangiata da un ragno dopo
essere
cascata sulla sua tela: può lamentarsi quanto vuole che
essendo la ragnatela
sul suolo pubblico deve essere risarcita del treno che ha appena perso
per via
del tempo necessario a scollarsi dalla stessa dopo l’arrivo
delle mosche
paramedico, ma il ragno la mangerà comunque prima
fregandosene dei suoi “Lei
non sa chi sono io” e divorando tutte le prove
dell’omicidio, paramedici
compresi. E non manderà nemmeno un mazzo di fiori alla
vedova signora mosca».
Scese
dal divano: ora, con suo padre ancora chinato, lo superava in altezza,
anche e
soprattutto metaforicamente. «Per farla breve, non hai alcun
diritto di parola.
E ora vorrei un lecca lecca. Ne hai uno all’ananas? Sono i
miei preferiti!»
Ma
Baphomet per
lei non aveva lecca lecca all’ananas, non ne aveva nemmeno ad
altri gusti:
immobile, come congelato nello spazio e nel tempo, fissava sua figlia
senza proferire
parola, senza muovere un muscolo, senza avere la minima idea di cosa
fare o
dire.
Addosso,
la spiacevole sensazione che se non le avesse procurato quel lecca
lecca le cose
sarebbero degenerate in un modo fuori dalla sua portata.
Come
in effetti successe.
Improvvisamente, tutto d’un tratto, l’atmosfera parve incupirsi: non fisicamente, non c’era nulla che stesse rendendo materialmente il locale più scuro o l’aria all’interno dello stesso più pesante, ma sembrava che… che… no, via, non era possibile spiegarlo, non esistevano parole umane che fossero in grado di descrivere il senso di oppressione che calò sulle spalle dei presenti, la stanchezza che avvolse le loro gambe facendole diventare come gelatina, quella sensazione di stare venendo seguiti quando si spengono le luci dietro di sé in un corridoio con solo il buio alle proprie spalle, ma questo era ciò che Pitch, Baphomet, Mothman ed Emily Jane stavano provando in quei momenti: non sapevano cosa fosse, non avevano neanche idea di quale fosse la causa di tanta inquietudine, ma sentivano di dover avere paura.
«Voglio
il mio lecca lecca».
A
interrompere il loro guardarsi intorno arrivò la voce di
Lily: una voce bassa, bassissima,
quasi roca, demoniaca, gli occhi
ridotti a due fessure rubino e i piccoli zoccoli ametista che tenevano
stretti
stretti il vestito al punto da inciderne la stoffa.
«Lo
voglio all’ananas».
La
stella a
cinque punte sulla sua fronte prese a brillare, le fiamme sulle punte
delle sue
corna iniziarono ad ardere con crescente intensità fino ad
avvolgerle, gli
zoccoli puntati a terra vi affondarono spaccando il terreno
lì intorno.
Un colpo secco di
zoccolo appena, e un gigantesco pentacolo rovesciato si incise sulla
nuda
roccia sotto di sé.
Iniziò
a levitare.
«Lo
voglio adesso».
Tentacoli
fuoriuscirono dal terreno.
Le si avvolsero
intorno alle gambe, alle braccia, al torso, al collo, fino a quando non
fu più
possibile distinguere dove finisse la bambina capretta e dove
iniziassero quegli
abomini che parevano un misto fra alghe e boa costrittori.
Lei, però, non
pareva esserne infastidita.
Anzi.
«Lo
voglio e basta».
Puntò
l’indice in
direzione di suo padre.
Una
massa di tentacoli si raggruppò in parte sul suo
avambraccio, in parte attorno
allo stesso pur non avvolgendolo come tanti altri, in parte scorrendole
sulle
spalle come serpi incuriosite da ciò che quel dito stava
puntando.
«LO VOGLIO!»
Scattarono.
E
si
trasformarono in una cascata di coriandoli.
Il
pentacolo svanì, i tentacoli rimasti si ritirano, Lily
poggiò gli zoccoli a
terra. Mosse le orecchie come se avesse sentito qualcosa, poi
improvvisamente
si mise a correre verso la nube di coriandoli che si stava pian piano
depositando a terra.
Piano
piano però lo fece, e altrettanto lentamente una figura
andò delineandosi in
modo sempre più chiaro dinanzi agli occhi dei presenti:
pigiama bianco e grigio
con gli orsetti e i cuoricini taglia 68 perché è
sempre meglio abbondare pure
se si è già abbondanti, occhiali leopardati dalle
stanghette viola, capelli di
un improbabile colore che pareva più un impasto malriuscito
fra castano scuro,
rosso e arancio dopo una disastrosa tinta di novembre 2018 raccolti in
uno
chignon che definire disordinato sarebbe stato un eufemismo. In
braccio, un
porcellino d’india abissino marrone, rosso e bianco.
Si
chinò verso la capretta. «Salto al discount
perché sono una povera disoccupata
con un porcello costantemente affamato a carico che a breve
avrà una compagna
alias una bocca in più da sfamare, reparto dolciumi vicino a
quello dei
sanitari, lecca lecca economici alla frutta e TAAAAAAAC»
detto fatto, come se
si trattasse della dimostrazione di un trucco di magia, la figura
tirò fuori la
caramella dalla tasca dei pantaloni usando la mano non impegnata a
tenere
Gordon, così si chiamava la cavia, e gliela porse.
«Ti piace nana? No, non
ringraziarmi, per me che fatturo tutto il giorno in office non
è nulla di...
Posso smetterla, sì? Si capisce che sono milanese o devo
aggiungere più “figa”
come intercalari qua e là mentre parlo? Sono della
provincia, abbiate pietà di
me plz» domandò senza aspettarsi una risposta a
chi stava leggendo questo
insieme di migliaia e migliaia di parole che va pure classificato come
long
perché composto da più di un capitolo nonostante
avvenga tutto nello stesso
giorno di Halloween.
Si
avvicinò al resto dei presenti, ancora immobili non si
sapeva bene se perché
sorpresi, traumatizzati o entrambe le cose, o forse nessuna delle due.
«Siete
voi quelli del tour di dolcetto o scherzetto, giusto? Sì,
sì, siete voi.
Benissimo. Ho scritto l’elenco delle tappe proprio
qui» con la mano estrasse
dalla tasca dei pantaloni una foglia di catalogna… incisa
non si sa come, ma pareva
essere stata veramente utilizzata come un foglio di carta! Gliela
sventolò
davanti nemmeno fosse stata una banconota. «Volete?»
Pitch
la guardò sospettoso: l’aveva riconosciuta, oh se
l’aveva riconosciuta! «Ci
stai veramente dando una mano senza prima averci torturato fisicamente
o
psicologicamente che sia? Proprio tu?
Devo ricordarti cosa mediti di fare a quel povero cristo di Phobos
forse?
Guarda che-»
«Prima
di tutto non prendiamoci troppa confidenza» lo interruppe la
ragazza
tappandogli malamente la bocca «Io e te abbiamo mangiato i
sofficini al
pomodoro e mozzarella insieme? No, vero? Ecco, allora chiamami come si
confà a
chi ti ha scritto in modo da darti una seconda possibilità
con Gwenllian e pure
un figlio -sì, è uno ed è un maschio,
ha pure la pelle grigia come te, contento
che ora lo sai?- a completare il quadretto familiare che tanto
agognavi:
Neferikare, per te sono Neferikare. Neferè, Rikà,
Madre delle Cavie, l’Autrice,
chiamami come ti pare, ma non usare il mio nome da ventiduenne
comune plz o
potrei non risponderti nemmeno esattamente come non rispondo quando
nella
realtà la gente vuole attirarmi fuori dalla mia bolla di
misantropia e ansia
patologica: un po’ di rispetto per la tua Dea, Pitchone, o
potrei
improvvisamente far stancare Gwen della vita da madre e fidanzata e
farle
mollare tutto per tornare a farsi sbattere da Cernunnos! Personaggio
avvisato, mezzo salvato! Passando alla tua osservazione: chiedo un
attimo per
consultarmi col mio agente, grazie, vi faccio subito sapere».
Si
mise a fischiettare, presumibilmente per comunicare con la cavia, che
in effetti
emise dei fischi di risposta. Ancora qualche istante, poi
annuì.
Tornò
a rivolgersi all’Uomo Nero. «No, hai ragione, darvi
subito delle gioie sarebbe
tremendamente OOC da parte mia, hai fatto bene a farmelo notare. Ma
posso
rimediare. Rimedio subito».
E lo fece veramente.
Con
disinvoltura,
menefreghismo e totale indifferenza verso la consapevolezza che in
questo modo quei
poveri cristi sarebbero stati totalmente ignari di cosa li avrebbe
attesi con
risultati che avrebbero tranquillamente potuto essere loro fatali,
allungò la
foglia di catalogna al porcellino d’india.
Una e una sola
cosa bisognava sapere su Gordon: lui non amava la catalogna -in special
modo le
foglie più che le coste, lui ci faceva proprio
l’amore.
Divorandola nel
giro di cinque morsi netti.
E
cagandola subito dopo, giusto per sbattere in faccia ai poveretti
quanto
potesse importare a lui come alla padrona che stavano andando incontro
al loro
potenzialmente infausto destino senza mezza indicazione sul da farsi.
Con
tanto di fischio di vittoria.
Libera
dal porcello che le era salito sulla spalla, sfregò le mani
soddisfatta. «Eccallà!
Perfettamente OOC e in linea col mio motto!» si mise una mano
sul cuore per
pronunciarlo «“E vissero tutti felici e contenti,
dopo aver subito traumi e
maltrattamenti”. Magari andrete a morire, ma poi giurin
giurella che avrete un
lieto fine eh! Da me nemmeno i morti sono veramente morti, chiedete
pure a
_Cthylla_ che è testimone delle mie resurrezioni
più o meno o molto per puro
autoreservice!... eh, a proposito di questo».
Tirò fuor inon si sa come dalla tasca dei
pantaloni un computer, tirò via il cerotto sopra la webcam e
si rivolse alla
stessa. «Chiedo già scs ora per
l’ennesima resurrezione alla quale assisterai
nel prossimo capitolo, Amà, ma non potevo resistere:
ciooooooè, daaaaaai, era
così ssssssola pure se non era veramente solaaaaaa,
così triiiiiiiste dentro
mentre tutti sono feliiiiiiiiiici, non poteeeeeeevo non farlo
risorgereeeeeeee…»
si interruppe qualche secondo «ma tanto come sempre sarai
meno sorpresa del
dovuto. Ti aspetto nel nostro covo del disagio per i vari rimproveri, i
miei
“Niente spoiler” che crolleranno quando indovinerai
di chi sto parlando e i
tuoi conseguenti “Immaginavo lo avresti fatto LOL”,
cià!» infine, chiuse il pc.
Black
sperava che si fosse dimenticata di loro: illuso.
«Ma torniamo a
voi!»
E
infatti iniziò a premere tasti su tasti della tastiera
-anch’essa ovviamente tirata
fuori vattelapesca come da una tasca, l’altra questa volta-
per mettersi
scrivere cosa non ne aveva idea nemmeno l’Uomo Nero.
«Cosa
fai?» domandò dopo qualche momento tanto
incuriosito quanto preoccupato, ma
diciamo più che altro preoccupato.
Lei
non
rispose.
Andò
avanti ad
ignorarlo per svariati minuti mettendosi a smanettare con la tastiera
senza
staccarvi gli occhi un secondo; ogni tanto premeva un paio di tasti per
cambiarle colore dicendosi che poi avrebbe trascritto anche questo
dettaglio
per far rendere conto ai propri lettori di quanto fosse facile per lei
distrarsi, ma per il resto l’unico suono udibile nella stanza
era quello delle
dita che premevano uno dopo l’altro i tasti meccanici
dell’aggeggio, pure
facendo un gran rumore.
Poi,
senza alcun preavviso, alzò la testa: per gli dei, aveva
addosso un sorriso per
nulla rassicurante, la tipica espressione che ti aspetti da parte di un
serial
killer che saluta tranquillo il vicino quando la mattina va a ritirare
il
giornale in giardino dopo aver passato la notte a sgozzare prostitute!
«Fatto»,
enunciò.
«Che
cosa hai fatto?»
domandò un sempre più
inquieto e impaurito Pitch: se gli piaceva quella situazione? Nemmeno per sbaglio.
Conosceva
Neferikare, aveva avuto con lei fior di discussioni le innumerevoli
volte in
cui all’Autrice era venuta voglia di gettare
l’evoluzione sua e di Gwenllian
all’aria solo per far tornare quest’ultima alla sua
vita fatta di sabba sabbat
sabbath internetnonsimetted’accordosucomesiscriva, sesso ed
esagerazioni pure
dopo aver convenuto con la sua socia che buttare via tanto lavoro
sarebbe stato
da cretini nonché da autori presi semplicemente dalla noia o
dai momenti da
Fred lo Strambo o da semplice sadismo, e proprio per questo e grazie a
questo aveva
maturato una certezza: mai, MAI,
abbassare la guardia e credere di essere al sicuro.
E
aveva la netta sensazione che anche quella volta, infatti, sarebbe
andata nello
stesso identico modo di sempre.
Lei
fece spallucce. «Ho appena deciso che per andare a fare
dolcetto o scherzetto
dovrete essere travestiti. Per esempio» indicò
Baphomet «tu ti vestirai da-»
«Io
decido da me da cosa stracazzo
vestirmi!» la zittì. La scostò poi con
una certa prepotenza, ergendosi in mezzo
ai compagni. «Guardate il maestro dei travestimenti di
Halloween all’opera,
prego, magari per una volta imparerete qualcosa di più
istruttivo del fare il
genitore!»
Con
tutta la
naturalezza del mondo si conficcò un artiglio nel volto:
all’altezza dello
zigomo, e da lì iniziò ad incidere -o meglio
scavare, ci stava mettendo una
tale violenza che pareva si stesse macellando le ossa oltre che le
carni!- la
pelle seguendo il conto del muso: dalla guancia, alla fronte,
all’altra
guancia, al mento fino a tornare infine dove era partito; incise anche
intorno
agli occhi, sebbene in modo meno profondo del resto.
Il sangue intanto
sgorgava a fiumi, inutile dirlo, il volto ormai ridotto ad una maschera
di
sangue che non pareva disturbarlo minimamente… anche
perché una maschera fu
proprio ciò che ne tirò fuori, ciò che
ambiva
a tirarne fuori.
Con
uno strappo deciso che aveva il suono delle fibre muscolari che si
laceravano e
le ossa che si rompevano si strappò praticamente la pelle
dal viso, ma non solo:
guardandola bene mentre la teneva stesa davanti a sé, nei
momenti in cui la
girava per mostrarla a tutti da più angolazioni, era
possibile osservare che
non solo erano venuti via pelliccia e pelle e muscoli, ma anche schegge
d’osso
più o meno grandi che costellandone la parte interna
rendevano quella maschera
di carni insanguinate un qualcosa di tremendamente simile ad uno
strumento di
tortura, il viso di una vergine di ferro da poggiare su quello dello
sfortunato
di turno così da farlo diventare un colabrodo.
Baphomet
la agitò davanti ai compagni incurante del sangue che ne
gocciolava e schizzava
ovunque: sul delizioso pigiamino con gli orsetti della Madre delle
Cavie,
addosso alla pelliccia di un Mothman intento a rintanarsi inorridito
fra le
proprie ali, in faccia ad un’Emilia troppo insofferente per
avere una qualsiasi
reazione, in bocca all’Uomo Nero… soprattutto in
bocca all’Uomo Nero, sembrava
stare proprio prendendo la mira! «Indooooosaaaaaa la
miiiiaaaaaaaa
faaaaacciiiiaaaaaAAAAAaaaaa» prese a mormorare impegnandosi
per fare la voce il
più roca possibile.
«Non
aspettarti che mi scavi un buco in pancia solo per fare Tesarus e dare
vita
alla DJD» lo disilluse Black anticipando la sua richiesta.
«Al massimo per
assecondare la tua voglia di riprodurre i membri della Decepticons
Justice
Division posso mettermi dell’ombretto nero e fingere di
essere Kaon chiudendo
gli occhi, e già solo questo sarà comunque uno
sforzo immane da parte mia visto
che-»
«Rimedio
io!»
Intromessasi
com’era solita fare con personaggi da lei gestiti dal momento
che le manine che
stavano scrivendo questa trashata erano le sue, Neferikà
-che poi sono io.
Avete idea di quanto sia bizzarro parlare di me stessa in terza
persona? Uscirò
matta da questo capitolo. Più di quanto già lo
sono se sto scrivendo questa
roba s’intende- smanettò qualche secondo prima sul
sito della Kigurumi, poi con
la tastiera magggica.
Infine,
premette “invio”.
E fu
la magia.
«Et
voilà! Un narvalo! Sai, per il naso» glielo
indicò ridacchiando, ma Pitch non
pareva trovare la sua battuta particolarmente divertente, probabilmente
non lo
divertiva neanche la tuta intera da narvalo che l’Autrice gli
aveva messo
addosso, ma nemmeno il corno di plastica da unicorno comprato da Tiger
che gli
era comparso a coprirgli, appunto, il naso.
Silenzio.
Pensando
che magari semplicemente non aveva capito decise di spiegargli
direttamente la
battuta, così disse: «… Tu hai naso
grosso e i narvali hanno un corno sul muso,
così ho unito le due cose! Il tuo naso ora è il
corno del narvalo! Capito ora?…
mi hai capito, sì…?»
Un
facepalm fu la sola risposta che ricevette, ma convenne che potesse
accontentarsi.
Esattamente come
Emily Jane si stava accontentando di avere un lenzuolo addosso come
travestimento.
E
non
aveva nemmeno i buchi per gli occhi.
Per
Mothman,
invece, il discorso era completamente diverso: non un lenzuolo, non un
pigiamino alla moda, non il cosplay di un Transformers, ma
un’elegante e per
nulla sobria tinta rosa confetto alla pelliccia -che sarebbe andata via
al
primo lavaggio, ovviamente, non si è mai sentito di un Uomo
Falena rosa!- con
margherite e viole e mughetti che emanavano un delicato profumo fiorito
attorno
al collo, una coroncina dorata poggiata su una delle antenne e dei
leggerissimi
veli color della prima neve con ricami floreali ad avvolgergli le
spalle e il
petto fino a scendere in vita come una gonna dal lungo strascico
assolutamente
virile.
Persino
le ali erano di una tenerezza infinita: di varie sfumature rosate,
violette,
gialline, azzurrine, verde acqua, un vero e proprio arcobaleno di
dolciosità e
patatosità che ben si addiceva ad un’anima candida
e innocente come la sua.
Ancora
prima che fosse il diretto interessato a fare apprezzamenti sul proprio
look fu
lei a lanciarglisi addosso abbracciandolo e stringendosi nella sua
pelliccia.
«Sembri un gigantesco stecco di zucchero filato! Profumi
anche allo stesso
modo!» squittì entusiasta sfregando la testa al
suo morbidoso petto «Sei
assolutamente il mio preferito!»
«…
Però non me lo dimostri, mi succedono sempre cose brutte:
l’aver preso peso, la
depressione, degli amici che mi trattano male…»
sussurrò lui, non troppo
convinto dalle parole della ragazza.
Lo
sguardò impietosito che le apparve sul volto
sembrò addirittura sincero.
Delicatamente, con cura, gli prese il pelliccioso viso fra le mani.
«Ho grandi
progetti per te, grandissimi, ma
non
posso ancora dirti nulla. Ma te lo prometto, Motty, te lo
giuro» poggiò la
propria fronte sulla sua «che entro la fine di questa mini
long la tua vita
cambierà. In meglio.
Pazienta fino
alle ultime righe dell’ultimo capitolo, quindi fra un paio
d’altri, e ti giuro
sulla pelliccia di Gordon che potrai prenderti la tua
rivincita» gli si avvicinò
per non farsi sentire «soprattutto su di lui!»
indicò Baphomet «Ma non dirlo a
nessuno. Promesso?»
Non
poteva avere la conferma che stesse sorridendo, avendo Mothman la bocca
coperta
dal pelo, ma era certa che lo stesse facendo veramente.
«Promesso».
«Grazie»
concluse dandogli un bacino sulla fronte, ovviamente provocandogli quel
suo
solito dolcissimo rintanarsi nella pelliccia coprendosi il volto con le
antenne
e tirandosi le ali al petto per nascondersi: aaaaaaaaaaawwww! Quanto
era
tenerelloOOOOOOWWww!
Va
bene, momento sentimentalismi terminato, ora doveva ricomporsi: aveva
una
missione, e doveva portarla a
termine.
Richiamò
l’attenzione di tutti quanti battendo la mano sulla tastiera.
Il gruppetto si
girò verso di lei in attesa che parlasse.
Li
accontentò. Diede un ultimo sguardo a tutti quanti
trovandosi a ridacchiare
divertita. «Siete fa-vo-lo-si. Dico sul serio! Tutti pronti
per partire,
allora?»
«Dopo
ottomila parole di introduzione sarebbe anche ora, i mortali che ti
leggono non
hanno l’eternità davanti come noi»
sospirò Pitch.
«E
comunque non è che abbiamo molta altra scelta
eh…» aggiunse Mothman.
«Ma
pure se ne avessimo io opterei comunque per il partire e basta, non si
sa mai
che finiamo in un posto che mi piace e riesco a non salire a bordo di
qualsiasi
mezzo useremo per spostarci così da liberarmi finalmente
della vostra
compagnia. In via permanente, se possibile»
auspicò Emily Jane.
«Vi dico io cosa le serve: una bella botta che la faccia svegliare dal torpore dell’assenza di cazzo nella sua vita, ecco cosa, la cura a colpi di minchia prepotenti funziona sempre! pure sugli asessuali!» fece notare Baphomet «Ve la faccio diventare una ninfomane!»
«E
sai cosa funziona ancora meglio?» gli domandò
l’Autrice «I viaggi
Multiversali».
Quella
singola frase allarmò Black: non sapeva precisamente da dove
arrivasse quella
sensazione, perché gli fosse balenata nella mente solo ora
né tantomeno se a
livello conscio i timori che si stavano facendo largo fra le pieghe
della sua
mente avessero senso di esistere, ma sentiva uno strano pizzicore sulla
nuca
che non gli faceva presagire nulla di buono. «Viaggi
Multiversali?» ripeté quindi
«Cosa intendi?»
Il sorriso che
lei fece enunciando un “«Cambio di
programma!»” lo rassicurò ancora meno:
sinistro,
inquietante, bugiardo, come se dietro quei denti scintillanti per
l’apparecchio
ortodontico su entrambe le arcate nascondesse qualcosa di talmente
malvagio che
se solo lo avesse detto ad alta voce sarebbe finita per evocare dei
ciechi e
idioti che parevano più che altro amorfe escrescenze
d’abissale confusione che
avrebbero iniziato a bestemmiare e gorgogliare stordite
dall’incessante suono
delle sue parole.
C’era
qualcosa
dietro, ne era certo.
Doveva esserci!
E
in
effetti il seguente «Oh sì»
lo confermò.
Dalla
tasca tirò fuori una bustina di bocconcini croccanti alle
verdure ripieni di
crema di piselli. Li allungò a Gordon, che iniziò
a mangiarli voracemente come
solo un porcellino d’india costantemente affamato poteva
fare. «La questione è
questa: vostro dolcetto o scherzetto non sarà sulla Terra ma
consisterà in un
tour a zonzo nel Multiverso di AU ora originali, ora miei, ora di
_Cthylla_ fu
_Dracarys_, ora di entrambe. Avrete un bel da fare, insomma,
ma c’è tempo, o
meglio ho tempo io per narrare le vostre avventure incurante della long
di
Harmonia e compagnia che aspetta il nuovo capitolo da un anno e mezzo e
nonparliamonechemifamaledentroplz. Eeeeeee» premette il tasto
invio: Pitch e
gli altri non lo sapevano, ma aveva appena dato l’okay per
pubblicare questo
mio delirio letterario che state leggendo il cui livello di disagio
è
notevolmente aumentato man mano che scrivevo, probabilmente anche a
causa del
fatto che ormai ho visto talmente tante slide sulle tecniche di
conservazione
della carne da aver esaurito i neuroni andati a stagionare coi salami.
A
proposito di salami mi raccomando, assicuratevi sempre di mangiarli
stagionati:
la stagionatura evita il proliferare di batteri man mano che passando i
mesi il
volume d’acqua all’interno della carne diminuisce,
soprattutto di quelli come
la listeria monocytogenes che sopravvivono anche con pochissima acqua
libera!
Non ringraziatemi per avervi evitato una colica renale, ho solo fatto
il mio
dovere di futura alimentarista, sempre se passo l’esame
s’intende! «fatto.
Capitolo online. Ora è tutto ufficiale e ho i lettori come
testimoni della mia
follia».
«COS-»
«Cià,
cià! Ci si rivede fra due capitoli per il gran
finale!»
Un
altro
“invio”, e sotto di loro si aprì una
voragine che li risucchiò ancora prima che
potessero dire
“mannaggiaateNeferikaretestadimmerdatelafaremopagareprimaopoiH”.
«Sempre
che ne usciate vivi».
____________________________________________________________________
Angolino
dell’autrice
Cià
cià!
Sì,
tranquilli, sono viva, vegeta e ho curiosamente ritrovato
l’ispirazione, corsi
permettendo.
No,
non ho dimenticato di essere talmente dEEsgraziata da aver abbandonato
una
povera long a se stessa pur avendo già tutto programmato e
dovendo “solo”
scriverlo per esteso.
Sì,
è
il “solo” che mi frega, ma c’è
tempo e luogo per terminare ogni cosa, e per
terminare la long quel momento non è ora,
“Ora” sto navigando nel disagio
globaletotale di questa oneshot degenerata in mini long delirante a
livelli mai
raggiunti prima, e per quanto mi sto divertendo non mi sento in colpa
nemmeno
un pochiiiiiiino a dedicarmi a del sano trash anziché a cose
ben più serie! :’D
Ma non mi dimentico di voi, quindi vi rassicuro sul fatto che prima o
poi
continuerò anche quella: pazientate, figlioli, pazientate :)
Detto
questo vi lascio alla lettura, cosa abbastanza stupida dire dal momento
che se
state leggendo le note dell’AtriceH con l’acca
finale avete già letto… o forse
siete saltati qui prima di leggere? Lo avete fatto, mh? Siete proprio
bizzarri,
sappiatelo, ma vi lovvo comunque <3
Soprattutto
_Cthylla_ che è stata
esasperata
fino allo sfinimento dai miei “È una oneshot di
Halloween, DEVO pubblicarla ad Halloween,
cazzolapubblicoafaredopoH?!” con più che
giustificati “MaseiscemaH?” annessi: ringraziate
lei se ho pubblicato tanto meraviglioso disagio decidendo di dividerlo
in tre
capitoli (introduzione alias questo che copre la prima mattina del 31
ottobre,
il tour che occupa buona parte del pomeriggio e uno finale riguardo
tutto ciò
che accade fino alla mezzanotte) anziché operare tagli a
destra e sinistra, scoraggiata
com’ero dal non essere riuscita a pubblicarlo entro il 31 se
non avesse
insistito probabilmente avrei rinunciato a tanto divertimento!... per
me, poi
magari voi vi siete scartavetrati ovaie e coglioni già dopo
tre righe, ma
questi sono dettagliH.
Come
pure sono dettagli che con questa brutta faccenda di TinyPic
dovrò rivedere
svariati capitoli e rimettere le immagini che c’erano e ora
per motivi noti a
tutti non sono più disponibili: lo farò, abbiate
pazienza :)
Intanto
qui sotto vi lascio uno schema approssimativo dell’aspetto di
Lily: i colori
sono miei, la lineart invece arriva da qui!
Al
prossimo delirante capitolo col tour di Halloween fatto a
metà novembre e oltreH!
:D