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Autore: Neferikare    15/11/2019    1 recensioni
La vita di Pitch Black è praticamente perfetta: mai più Guardiani da perseguitare e a perseguitarlo, una compagna -la strega Gwenllian, figlia del mago Howl- al proprio fianco e un figlio in arrivo fra pochissimi mesi, persino la presenza di un'Emily Jane completamente svestita dei propri poteri di Madre Natura che sfoga le proprie frustrazioni sulla coppia non riesce a scalfire la gioia che prova a immaginare se stesso e la sua donna come genitori.
Invece Baphomet, che di fare il padre è ben meno entusiasta, ci riesce eccome.
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Dal capitolo I:
«I bambini sono buoni solo per far colpo sulle milf e le giovani studentesse di scienze dell’educazione che vogliono fare le maestre d’asilo e delle elementari, per il resto si possono anche mettere, appunto, in uno sgabuzzino». Baphomet doveva aver notato come Black lo guardasse inorridito, così aggiunse: «Con una bottiglia d’acqua, dai, almeno non muoiono di fame».
Genere: Avventura, Comico, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Pitch
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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halloween2019

«Cosa-»

«Svelto! SVELTO! Passami la polvere di ali di farfalla monarca prima che la criniera di unicorno non stabilizzata reagisca al mio sangue e finisca per creare un mio doppelgänger malvagio anziché una pasta per tracciare un cerchio alchemico di protezione!»

«Gwenllian­».

«Avrò bisogno anche del sale nero -dovrei averne avanzato un barattolo dall’ultima volta in cui abbiamo ricacciato la Walpurgis a casa sua, dell’acqua dallo stagno delle banshee -portati dietro dei flaconi di balsamo, con alghe e pesci tutto il giorno fra i capelli lo apprezzano sempre, e così magari non ti mangeranno- e una manciata di bacche di ginepro. Una barriera sola non basterà, ne serviranno almeno tre: una per i fantasmi, una per i demoni e una per gli umani, che spesso e volentieri fanno più danni dei due precedenti messi insieme».

«Gwen­­».

«Grattugia anche un po’ della pietra filosofale, quella ci sta sempre bene. E poi fa figo».

«Sono le cinque di mattina».

«Della giornata di Halloween! Non hai idea di quali abomini usciranno da porte fra il mondo dei morti e quello dei vivi normalmente chiuse in questa singola notte, per non parlare dei demoni! AH! Nelle profondità di dimensioni talmente surreali da far impazzire chiunque provi solo a comprendere le leggi che le governano vivono abomini che aspettano solo un corpo caldo e accogliente nel quale piantare le tende, e non essendo un vampiro di tutto ho bisogno tranne che di paletti da campeggio ficcati nel cuore!»

«…Cara…»

«Potrei averne bisogno in qualsiasi momento! Anche adesso!»

«…Amore».

«Io-… oh. L’ho fatto di nuovo, vero?»

«Sì».

«Scusami. Son gli ormoni».

Già, “gli ormoni”, gli stessi che da sette mesi a quella parte la facevano svegliare in piena notte alla volta della dispensa per prepararsi le peggio combinazioni di pancake che era certa essere illegali da qualche parte del mondo.
Soprattutto perché la dispensa in questione era quella del suo laboratorio magico, e più che le codette di cioccolato là dentro ci trovava le zampe di rospo.
Ancora attaccate ai rospi.
Vivi.

L’Uomo Nero le si avvicinò piano alle spalle, lieto -non poteva nasconderlo, vederla sforzarsi così tanto in quei tempi gli metteva sempre una certa agitazione addosso!- che la compagna avesse cessato quel suo frenetico allungarsi ora verso le boccette sistemate su di una mensola sopra la sua testa, ora in direzione dei contenitori delle varie erbe che utilizzava nei suoi rituali da wiccan, ora alla volta delle pietre e delle polveri sparse alla rinfusa sul tavolo di legno, per abbandonarsi finalmente sulla sedia.

Con gli occhi chiusi, poggiò il volto nell’incavo della sua spalla. «Devi riposarti» sussurrò piano al suo orecchio, quasi temendo che parlare a voce troppo alta l’avrebbe sforzata ulteriormente. Piano, fece scivolare entrambe le mani sul suo ventre, accarezzandolo «Anche per lui».

«O lei».

«O loro!»

Lei lo guardò con un’espressione di shock tale che, se Black non avesse saputo come la sua amante si fosse innamorata di quel bambino fin dal primo momento in cui aveva scoperto di essere incinta esattamente com’era successo a lui, gli avrebbe seriamente fatto venire più di qualche dubbio se lo volesse o meno. «Se dovesse essere più di uno credo che potrei veramente fare un pensierino sulla creazione di un doppelgänger, ma anche due! Ho fatto da babysitter a mio fratello e spesso e volentieri la faccio ancora oggi nonostante Morgan sia grande e vaccinato, ma fare da madre ad un bambino proprio è… diverso, credo. Non so bene come, sei tu quello che c’è già passato per primo con Jane, però» unì le proprie mani a quelle del compagno sul proprio ventre «so per certo che con te al mio fianco, al nostro fianco, andrà tutto bene. Supereremo qualsiasi ostacolo»

Alzò di poco la testa per ricevere il tenero bacio che la donna gli diede sulla fronte. «Insieme», completò infine, le mani tremanti per l’emozione che continuavano a e gli occhi lucidi traboccanti di una gioia che per tanto tempo gli era stata negata: una donna che amava alla follia ricambiato, un figlio -o una figlia, o dei figli!- in arrivo e una vita tranquilla lontana dai Guardiani e da chiunque portasse negatività nel piccolo angolo di paradiso che si era ritagliato in quella casina dispersa nei boschi gallesi, non poteva proprio chiedere di più dalla vita!

Era contento, contentissimo, lo era talmente tanto che la gioia aveva deformato la realtà al punto da far sembrare persino il broncio di un’Emily qualsiasi che li guardava dalla cucina un sorriso a trentadue denti.

«Peccato non lo sia».

Con in mano la ciotola nella quale stava mischiando l’impasto per i pancake, l’ormai ex Madre Natura fece qualche passo nella loro direzione. «Potrei vomitare per tanta sdolcinatezza che mi tocca sorbirmi ogni giorno da mattina a sera e pure di notte, anche se in quest’ultimo caso la esprimete con gemiti e urla orgasmiche più che con sussurri e parole tenerelle: è solo un bambino, ragazzi, ripigliatevi».

Se non fosse stato che suo padre fosse troppo felice per raccogliere le sue provocazioni. «Diventerai sorella maggiore, Emily» sorrise stringendosi Gwenllian fra le braccia dopo che questa si era alzata per lasciargli posto e sedersi sulle sue ginocchia «contenta?»

«Tanto quanto zia quando ti sei sposato. Ha mandato un regalo per complimentarsi della lieta novella, sai? Un ciuccio a forma di candelabro».

«Emily».

«E una giostrina a forma di polipo. Anzi, di kraken. Spaziale».

Emise un lungo sospiro. «Ne abbiamo parlato».

«Umorismo. Sai cos’è? No, immaginavo, ormai l’unica cosa che conosci a memoria sono i reparti dei negozi per neonati. Bah, lasciamo perdere». Tornò ad occuparsi dell’impasto, saggiandolo col cucchiaio e decidendo che necessitava di ancora qualche minuto di lavorazione. «Preparo la colazione, che se non fosse per me in questa casa si morirebbe di fame».

Un bisbiglio divertito provenne da Gwen. «…Peccato che non sappia nemmeno farsi latte e cereali senza mandare a fuoco la cucina. E latte e cereali non vanno cotti».

“Rettifico: l’impasto è prontissimo”.

Con decisione -da leggersi “sbattendo la pentola sul fornello con violenza tale da far finire fuori metà del preparato così che il suo stato d’animo fosse ben chiaro a tutti i presenti”- mise a cuocere i pancake come promesso: accese il fuoco.

E venne investita da una fiammata nemmeno ci fosse un Charizard ad alimentare i fornelli.

Nemmeno il tempo di muovere un dito per tracciare nell’aria i segni che avrebbero evocato una cascata per spegnere quello che stava pericolosamente prospettandosi un incendio, e Gwenllian si sentì picchiare il fondoschiena sulla seduta della sedia, forse perché non c'erano più le gambe di Pitch a sostene- oh, per la Dea Madre! Il poveretto stava venendo trascinato verso i fornelli da un tentacolo di fuoco che lo aveva afferrato ad una caviglia! La cucina stava fottutamente rapendo il padre di suo figlio!
Il quale, comunque, non si poteva dire essere stato indifferente al rapimento: e le unghie piantate nel pavimento che vi lasciavano solchi come un aratro, e i denti che afferravano le tende strappandole, e il continuo dimenarsi che non faceva altro che richiamare altri tentacoli fiammeggianti in aiuto al primo, e il combatterli con un mestolo -presumibilmente lo stesso col quale sua figlia stava mescolando l’impasto dei pancake, e l’aggrapparsi disperatamente a qualsiasi cosa gli capitasse sotto mano.

Tipo Emily Jane.

Iniziò a lanciargli pedate nemmeno avesse una serpe attaccata alla gamba. «Lasciami! LASCIAMI!» gridò lei, non si sapeva se più per l’isteria o per il terrore «TI HO DETTO CHE MI DEVI MOLLARMI! NON ACCOLLARTI! LEVATI DALLE-»

Un istante appena, e le sue urla nevrotiche si spensero insieme alle fiamme.

Nell’aria, solo un vago puzzo di zolfo e fumo.

Tutto intorno, solo una Gwenllian tremendamente confusa dall’accaduto che ancora doveva decidere se disperarsi per la sparizione di Pitch o festeggiare per quella di Emily.

E un bigliettino: “Prometto che non lo porterò a succubi”, così c’era scritto.

Abitavano in un bosco sperduto nel Galles, ma il “Baaaaaphoooooooooomeeeeeeeeeeeeeeeeeeet!” che ne seguì fece alzare in volo interi stormi di uccelli in tutta la Gran Bretagna.

 

 

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«Si sta svegliando!»

«Era anche ora! Ancora un po’ a dormire e facciamo notte, e io questa notte avrei degli impegni migliori del badare anche alla bella addormentata del bosco bisognosa di una rinoplastica oltre che ad una zecca cornuta!»

«Non dovresti chiamarla così, poverina…»

«È quello che è! Mai un anno a rompermi i coglioni e questo ZAC! Me la trovo in mezzo alle palle quando intorno alle mie palle dovrebbero solo esserci succubi che se ne occupino con le loro lingue e mani e il cazzo che vuoi, la notte di Halloween dei sogni guarda! E poi ho tutto il diritto di chiamarla come mi pare e piace, testa d’insetto che non sei altro, e se non sei d’accordo sei liberissimo di tornartene nel tuo bilocale di merda in Virginia a strafogarti di gelato alla menta e cioccolato fino a non riuscire nemmeno più ad avvolgerti nelle tue stesse ali!»

«… Sei cattivo…»

«Sono incazzato nero! Ma figurati se puoi capirne il motivo, AH! Per te che passi tutto lo strafottutissimo anno chiuso nella tua baracca umida figurati se il non poter partecipare alla più grande festa che gli inferi abbiano mai visto dopo aver passato un intero anno ad organizzarla sembri chissà quale perdita, anzi, probabilmente ne saresti pure felice! Ti ci vedo bene come uno di quelli che se qualcuno che li ha invitati da qualche parte e improvvisamente cancella i programmi si mette a ballare la conga!»

«Io non vengo mai invitato da nessuna parte…»

«E ti chiedi pure perché?!»

«Beh-»

Pitch aprì appena gli occhi. «… G-Gwen…?»

«Ti piacerebbe che fosse la tua strega appassionata a farselo sbattere nel culo ma non abbastanza da usare solo quello chiudendosi ermeticamente il resto dei buchi così da non inguaiarsi e inguaiarti con una gravidanza com’è successo, vero?» si sentì domandare da una voce familiare, fin troppo.

“Non cerco più il confronto coi Guardiani, non spavento più nessun bambino, non sono più un geloso patologico con gli amici di Gwenllian, non rispondo alle provocazioni di quella scellerata di mia figlia, non sono fuggito dalle mie responsabilità paterne fuggendomene in Messico come Jack Frost, abbasso pure la tavoletta: cosa ho fatto di così tremendo per meritarmi di essere rapito proprio da lui?!” pensò un povero Black ora più che mai pentito di essersi svegliato, “Se ora tengo chiusi gli occhi magari penseranno di essersi immaginati le mie parole, o che siano state dovute solo ad un’allucinazione immediatamente precedente al rigor mortis”.

In effetti Mothman parve crederci. «Forse è stata solo una nostra impressione, non si muove più…»

Baphomet, invece, ci credette un po’ meno. Un po’ tanto meno. «Balle» esclamò «ti faccio vedere io come si risveglia un morto!»

“Cosa diavolo ha in mente?!”

Non seppe identificare con precisione cosa stesse facendo, ma fu piuttosto sicuro di sentirlo premere dei tasti. Quelli di un cellulare, forse.

“Sì? È lo studio della dottoressa Sinetene-»

«NON NOMINARE NEMMENO QUEL DEMONE DEGLI ABISSI!»

Sorrise. «Visto?» indicò all’altro Pitch, improvvisamente scattato in piedi con la stessa fretta con la quale lo faceva le volte in cui sentiva la sua donna andare a farsi la doccia prima che lui si alzasse dal letto. «È vivissimo, basta solo trovare la motivazione giusta per svegliarlo».

«Per farmi prendere un infarto vorrai dire!»

Sospirò annoiato. «Come sei pignolo».

L’Uomo Falena inclinò la testa da un lato, e con essa le antenne piumate. «Demone degli abissi? Sei tipo imparentato con Cthulhu…?»

«Sarebbe stato preferibile! Tuttavia, parlando d’altro…» si girò verso Baphomet «cosa diavolo ti è saltato in mente?» eeeeeee iniziò a sbracciarsi come se avesse avuto un’intera armata di demoni in corpo «Ero nella mia casetta bello tranquillo a farmi gli affari miei con la mia fidanzata in attesa che fosse pronta la colazione e tu cosa fai? Mi rapisci! Mi rapisci trascinandomi dentro un fornello!»

«Ti lamenti te? Pensa io che i tuoi amici in astinenza da figa nemmeno li conosco e ora me li trovo intorno!»

A Pitch si gelò il sangue: “Non lei, NON LEI!”, pensò, “La sopporto già a casa, dannate divinità che mi avete preso tutt’altro che in simpatia, non potete obbligarmi a passarci altro tempo insieme nella stessa dannatissima stanza senza fornirmi le parole crociate per concentrarmi su quelle anziché i suoi continui sbuffi e sospiri e il cazzo che fa ogni volta per farmi capire che non apprezza l'accoglienza fornitale da me e Gwenllian in casa nostra!".

Prima ancora che fosse lui a girarsi verso la voce che lo aveva interrotto fu Emily Jane a fare capolino nel suo campo visivo. Rivolse il proprio sguardo pieno d’astio al demone dalla testa di capra. «Riportami immediatamente indietro», gli ordinò.

Baphomet la prese alla lettera: le afferrò i fianchi -non senza una serie di imprecazioni e “Mettimi giù, schifoso cornuto tettemunito centometrista sui gomiti scambiato per un piattello e abbattuto in mille pezzi succulenti divorati uno ad uno dai cani randagi e rabbiosi addestrati dal padre spacciatore di carogne di cavalli da corsa resi feroci dai morsi di una capra drogata e bagnata di benzina dallo zio piromane che con una Yankee Candle le appicca fuoco e se la incula ancora calda affacciato al balcone davanti alle rovine ancora fumanti della casa dove la nonna paralitica canta inni al grande Cthulhu e a quella troia tentacolata di sua sorella impiccata sopra il lavandino!” ovviamente- e la posò poco più indietro. «Contenta?»

«Fanculo!»

«Parla ancora mezza volta di culo e giuro che sarà il tuo, di culo, quello del quale le prossime generazioni parleranno per millenni scrivendo canzoni e ballate su come ti ci ho schiaffato dentro la mia possente minchia demoniaca facendoti diventa talmente eterosessuale che non solo rinnegherai le tue preferenze lesbiche, ma chiederai ai tuoi dei di ricucirti l’imene e farti sverginare dal sottoscritto anziché da un vibratore come avrai sicuramente fatto!»

Un ghigno beffardo apparve sul volto della ragazza. «E pensa un po’ che suddetto vibratore farebbe comunque un lavoro migliore! Col fiammifero che hai in mezzo alle gambe è già tanto se riesci a deflorare la cruna di un ago» sputò velenosa.

 

Non l’avesse mai fatto.

A Baphomet non era mai interessato che qualcuno lo prendesse in giro, che si trattasse di commentare il fatto che cambiasse continuamente sesso per divertirsi e mantenesse il seno pure se in forma maschile e che con quel volto di capra che si trovava avrebbe dovuto stare attento a girare vicino alle macellerie a lui poco importava: troppo potente, troppo superiore, troppo concentrato su se stesso perché potesse importargli qualcosa degli altri. Ma su una e una sola cosa non ammetteva commenti: il sesso.

Nessuno poteva permettersi di denigrare le sue dotazioni o le sue abilità fra le lenzuola, nessuno mai nella vita.

Mai.

 

Che fosse lì per perdere le staffe fu subito chiaro ad Emily: la presa sui suoi fianchi era diventata molto più che una presa, pareva più la morsa mortale di un boa costrittore, e le stava facendo male. Essendo coperta dagli abiti non era possibile notarlo, ma gli zoccoli del demone le stavano lasciando sulla pelle pallida estesi lividi rossi e giallognoli bluastri che ne ricalcavano perfettamente i contorni e che, non lo sapeva ancora, senza le cure di Gwenllian avrebbero impiegato settimane e settimane per sparire; qualche istante ancora, e piccole gocce di sangue fecero capolino sulla pelle, sporcandole la maglia.

«Brutta puttanella insolente, te lo faccio vedere io co-»

Nemmeno il tempo di finire la frase e due tentacoli di sabbia nera si attorcigliarono attorno alle zampe caprine, strattonandolo a terra con un gesto deciso che gli fece sbattere il muso sul pavimento. Una chiazza di sangue si sparse lì dal naso.

«Giù le mani da mia figlia!» ruggì un Pitch che, preda dell’istinto paterno, trascinò a sé una ex Madre Natura che lo fissava sbalordita «E la prossima volta i tentacoli te li infilo nel culo!»

«È lei che ha iniziato!» si lagnò il demone, rialzandosi e pulendosi il naso sanguinante.

Gli occhi dorati dell’Uomo Nero ancora sulla difensiva continuarono a scrutarlo. «Non mi interessa, basta che la finite. Tu» si rivolse prima a lui «non azzardarti mai più a toccarla in certi posti se non è lei a chiedertelo -e so per certo che non lo sarà mai. E tu» poi ad Emily «ricordati che vivi con tuo padre, non hai mezzo potere magico e per i prossimi anni dovrai dividere la tua stanza con un fratellino, una sorellina, magari entrambi: vola basso, signorina, oppure fai le valige e raggiungi tua zia lassù» indico il cielo visibile dalla finestra «io non mi opporrò di certo».

Il volto di lei era una maschera indecifrabile: il cuore che ancora le batteva a mille per l’accaduto, la voglia di tirare un ceffone a quel maniaco infernale, la gratitudine mista a sorpresa verso suo padre che contro ogni sua più rosea previsione era intervenuto a difenderla… ma scacciò via presto quest’ultima sensazione: lei non lo sopportava, doveva ricordarselo!

Si lisciò distrattamente i vestiti. «Non me ne vado solo perché non voglio farlo io, non perché se andassi da zia mi caccerebbe via a calci in culo dopo una giornata a lamentarmi della sabbia negli occhi di quel pianeta più asciutto dei genitali di una donna dopo che c’è passato il cornuto laggiù» ci tenne a specificare con un’ultima frecciatina: voleva avere l’ultima parola, e l’avrebbe avuta a qualsiasi costo.

«Figlia di- ah, lasciamo perdere, lasciamo perdere! Piuttosto» si massaggiò il volto «parliamo di ciò per cui siete qui: ho un problema grosso, e se avessi saputo come risolverlo da solo non avrei né costretto me stesso a vedere i vostri brutti musi più di quanto già li veda né tantomeno a rompermi la mano contro il culo secco di una regina decaduta» ovviamente si stava rivolgendo ad Emily, suo malgrado erede della corporatura ad occhi esterni esile oltre i livelli di guardia della sorella di sua madre più che di quest’ultima «per cui vedete di risolvermelo».

«Se non puoi occupartene da solo dev’essere proprio grave». Pitch si fece pensieroso. «Di cosa si tratta?»

Indicò un punto indefinito in un angolo della stanza. «Di lei».

Mothman l’aveva già conosciuta, dunque furono solo i due ultimi arrivati a girarsi verso la direzione dallo zoccolo del demone.
E rimanerci di sasso.

 

Stretta in un delizioso abitino azzurro pastello cosparso di stampe di fiori, intenta a giocare col fiocco giallo che le cingeva la vita mentre se ne stava seduta sul divano con le zampe ciondoloni, una bambina la cui paternità era fin troppo intuibile dai connotati caprini del suo corpo: la pelliccia di varie sfumature di viola con un rigonfiamento di pelo candido a farle da sciarpa e zone più scure alle estremità degli arti che copriva la pelle, i piccoli zoccoli violetti al posto di piedi e mani, le due corna -anche piuttosto grandi rispetto alle sue dimensioni- dello stesso colore che si incurvavano verso l’alto adornate di nastri colorati e margherite e sulle cui estremità svettavano delle fiammelle dorate, le minuscole ali in parte piumate e in parte membranose; sulla fronte, una stella bianca a cinque punte rovesciata.
Insomma, pure se Baphomet non avesse detto loro che era figlia sua sarebbe stato qualcosa che avrebbero capito da soli.

 

«È mia figlia» precisò comunque il demone. «Da quando è nata -non chiedermi quando di preciso, non lo so e non mi ricordo, questa è la seconda volta che me la trovo davanti! E la prima era un fagotto nato da due ore in croce- se ne è seeeeeempre stata con sua madre nella metà di regno che quella baldracca mi ha portato via col divorzio, mannaggia alla comunione dei beni, ma oggi-»

«Aspetta» lo bloccò Pitch «aspetta. Moglie? Divorzio? Figlia? Da quando il diavolo è sposato? E divorziato? Quand’è che sei diventato padre? Mi sono perso qualcosa per caso? No, perché vorrei capire come-»

«MA FATTI UN PO’ I CAZZI TUOI! Va bene che hai il naso enorme ma questo non ti giustifica nell’infilarlo negli affari altrui ogni volta che puoi!» lo interruppe mentre sparava la propria raffica di domande «E comunque non è questo il punto! Dicevo: quella megera della mia ex moglie me l’ha sbolognata dicendomi di tenerla fino a questa sera perché lei aveva avuto “un impegno improvviso”. Te ne rendi conto? Mi usa come una babysitter! E non mi paga nemmeno! E tutto perché? Sicuramente perché la mignottona vuole casa libera così da poterla riempire con qualche pazzo disposto a scoparsi lei e il suo culo spanato da quanti cazzi e mazzi ci passano ogni giorno, ecco perché! Me la immagino proprio mettersi a novanta dopo essersi scritta “Entrata libera” sul culo, e invece sulla-»

Pitch gli tappò la bocca con una mano. «C’è una bambina!­­»

Gliela levò con un gesto brusco. «Pensi che non sappia cosa fa sua madre? AH! Probabilmente è lei stessa a fornire ai coraggiosi sfortunati che vogliono sbattersi quella bestia indomabile il numerino indicante il loro turno nemmeno fossero entrati in una macelleria, i numerini e anche i preservativi: mai usati, e vedi bene come sono finito! Con un pezzo di regno in meno e una pustola purulenta» indicò la figlia, compostamente seduta sul sofà dal quale ascoltava suo padre darle i peggio appellativi e insinuare porcherie su porcherie sulla sua mamma senza battere ciglio, le pupille orizzontali negli occhi rubino fisse verso un punto indefinito davanti a sé «attaccata alla gamba, ecco dove!»

Lì per lì Pitch non poteva sapere che la descrizione data da Baphomet delle abitudini della sua ex moglie era quanto più lontano dalla realtà ci fosse, ma anche pensando che fosse tutto vero non se la sentiva comunque di giudicare le sue scelte di vita, per quanto poco compatibili con la genitorialità le ritenesse. «In ogni caso evita di dire certe cose di fronte ad una bambina, specie se è tua figlia: se sua madre è così pessima tu che sei suo padre che esempio le dai?! Fino ad ora ti avevo maledetto in tutte le lingue a me conosciute per avermi convocato qui, ma ora che vedo la situazione posso dire senza ombra di dubbio “Per fortuna che l’hai fatto!”. Non oso nemmeno immaginare come prevedevi di farle trascorrere la giornata, Baphomet» rabbrividì.

«Chiudendola in uno sgabuzzino» rivelò prontamente l’altro: certo che aveva dei piani per sua figlia, non era mica un padre degenere fino a quel punto!

Black scosse la testa. «Divertente».

«Soprattutto per me! Almeno avrei potuto organizzare la mia solita festa di Halloween senza una intorno! Certo, forse ad un certo punto avrei dovuto tirarla fuori causa mancanza di ossigeno, ma pure se non l’avessi fatto ne avremmo giovato tutti quanti: dì, secondo te a sua madre non farebbe piacere levarsela di torno? I bambini sono buoni solo per far colpo sulle milf e le giovani studentesse di scienze dell’educazione che vogliono fare le maestre d’asilo e delle elementari, per il resto si possono anche mettere, appunto, in uno sgabuzzino». Baphomet doveva aver notato come Black lo guardasse inorridito, così aggiunse: «Con una bottiglia d’acqua, dai, almeno non muoiono di fame».

Forse era più sensibile all’argomento perché lui stesso a breve sarebbe diventato padre, forse trovava inconcepibile tanto menefreghismo verso una creatura che si era contribuito a mettere al mondo perché lui il suo bambino non vedeva l’ora di stringerlo fra le braccia, forse si trattava del normalissimo senso di shock a sentire un genitore parlare così al e del proprio figlio, ma Pitch preferì non commentare nemmeno.
Guardò ancora qualche momento la mezza capretta: cielo, era tutta suo padre, c’era solo da sperare che la somiglianza si fermasse all’aspetto! Voleva sperare che fosse così.
Anche perchè se così non fosse stato... non voleva nemmeno pensarci.

«Quindi?» chiese dopo qualche momento.

«Quindi cosa?»

«Cosa dobbiamo fare? Non penso che ci hai convocati qui per presentarci la tua famigliola» lo interrogò sinceramente perplesso «anche perché a te per primo non frega assolutamente nulla della suddetta».

Baphomet finse di non sentire l’ultima frase. «Voglio che mi diate una mano a fare da babysitter al pidocchio impellicciato. Se la mollate qui con me sapete benissimo che la chiuderò veramente in uno sgabuzzino, per cuuuuuuui» mise le mani intorno alle spalle di Pitch e di Mothman «tirate fuori delle idee su come passare questo Halloween, signori miei, o la mia certezza di riuscire a trovare più di un macellaio che sarà ben felice di farne uno stufato potrebbe diventare realtà, eh eh! Giusto giusto l’autrice di questo delirio nato come oneshot di Halloween ma che come solito le degenera in più capitoli e le fa rimandare la pubblicazione sta frequentando un corso di macelleria bovina e suina, potrei rivolgermi a lei!»

«M-ma sei s-se-serio…?» balbettò l’Uomo Falena.

«Sul macellarla o sul chiedere di farlo all’autrice? In effetti fino a quando Neferikà non fa l’esame di fine corso potrebbe non sapere dove mettere le mani».

«L-la p-pri-prima…»

L’altro annuì. «Mai stato più serio di adesso: vi sembra la faccia di qualcuno che ha tempo da perdere a ingegnarsi su come passare la giornata con sua figlia? Non scherziamo, lo sapete che ho ben di meglio da fare che certe stronzate da bravi padri di famiglia, fate voi le persone serie per una buona volta!­ Qualche proposta?»

Black, esasperato, si stropicciò gli occhi con indice e pollice. «Fammi capire: tu che, sei il festaiolo del gruppo, stai chiedendo aiuto a noi -un a breve padre che vorrebbe passare più tempo possibile con la sua compagna al settimo mese di gravidanza, un’asociale allucinata che passa metà delle sue giornate ad incolpare gli altri della propria miserie e l’altra metà a masturbarsi e un depresso cronico - per decidere come passare la giornata con tua figlia».

«Già!»

«A noi».

«Proprio!»

«E ti aspetti pure che ci venga qualche idea».

«Assolutamente!»

«Tu sei pazzo».

«Sicuramente meno di te che vuoi accollarti un mini te stesso anziché lasciare la strega celtica da sola una volta scoperto il guaio!»

«Non è un “guaio”, è mio figlio, e ti conviene chiudere qui il discorso perché altrimenti potrebbe evolversi in modi alquanto spiacevoli».

«Che saranno comunque meno spiacevoli di ciò che accadrà a te fra due mesi! Notti insonni, vomito ovunque, sesso azzerato perché dormirà nel lettone con voi, uscite programmate a seconda di quando il nano dorme, mai più serate a guardare i pornazzi con gli amici perché avete il parenty control attivo, almeno ci pensa la strega a dargli la tetta o dovrai farlo tu? Se lo fa lei fammi un fischio che faccio un salto da te per farmi allattare pure io dalla mammina». Si sfregò le mani leccandosi intanto le labbra. «Sono proprio curioso di sapere che sapore ha il latte di strega! Se è buono possiamo metterci in società! Tu metti ci metti la strega celtica e io la mungo imitò il gesto di mungere delle invisibili mammelle bovine «Come ti- MI STAI FACENDO MALEH!»

Pitch non ci pensava nemmeno a mollare la presa al collo del demone. Anzi, il suo lamentarsi lo invogliava solo a stringere più forte. «SCIAQUATI QUELLA BOCCA DI MERDA CHE TI RITROVI O GIURO CHE-»

«Dolcetto o scherzetto»­.

Tutti si girarono verso il punto dal quale proveniva la voce: Emily Jane.

«Come?» le domandò suo padre, mollando al contempo la presa.

Lei fece spallucce. «È Halloween, dolcetto o scherzetto è una tradizione umana tipica di Halloween, per cui ho pensato che potrebbe essere diverte-» si interruppe: no, NO! Col cazzo che le sarebbe piaciuto divertirsi con quella banda di morti di figa anziché restare: lei odiava tutti loro e odiava l’averla coinvolta, punto! Doveva ricordarselo bene! «… bah, lasciate perdere, fingete che non abbia parlato e fate come cazzo volete» borbottò: ah! Ecco! Si era fermata in tempo! Ancora un po’ e qualcuno di quegli squilibrati avrebbe potuto prenderla sul-

«Mi sembra un’ottima idea!»­ gridò un Baphomet a dir poco entusiasta «Un punto alla lesbica allucinata!»… cheeeeee subito dopo le tirò uno schiaffo sulla chiappa che la fece sobbalzare, “per ringraziarla” immaginava.

«Una lesbica allucinata che non gradisce le tue attenzioni, per essere più precisi» puntualizzò Black prima di mettersi fra lui e sua figlia «e non farmelo ripetere di nuovo. Parlando di cose serie sì, mi sembra una buona idea, sicuramente migliore del chiudere una bambina dentro uno sgabuzzino o trasformarla nel pranzo di Pasqua con largo anticipo. Va bene a tutti?»

Ricevendo in risposta solo scrollate di spalle, sospiri e silenzi decise che sì, erano d’accordo, e anche se non lo fossero stati lo sarebbero diventati presto.
Ma mancava ancora il consenso di una persona.

Spostò il proprio sguardo sulla figlia dell’amico. «A te piace l’idea, mh? Dimmi un po’… ehm… uh…» si grattò la testa confuso «Baphomet, come hai detto che si chiama?»

«Non ne ho idea! Dì» si abbassò fino ad arrivare all’altezza della figlia «che nome ti ha dato tua madre?»

«Lily» rispose atona la bimba.

La fissò qualche secondo perplesso. «Che nome di merda».

Lei fece spallucce. «A me piace, e anche a mamma».

«A tuo padre invece fa schifo, pensa un po’ te!»

«Considerando che non conoscevi nemmeno il mio nome, che hai abbandonato mamma ancora prima di sapere che era incinta e che quando avete divorziato ti sei tenuto il servizio di porcellana regalatovi da nonna la tua opinione ha la stessa valenza di quella di una mosca che sta per essere mangiata da un ragno dopo essere cascata sulla sua tela: può lamentarsi quanto vuole che essendo la ragnatela sul suolo pubblico deve essere risarcita del treno che ha appena perso per via del tempo necessario a scollarsi dalla stessa dopo l’arrivo delle mosche paramedico, ma il ragno la mangerà comunque prima fregandosene dei suoi “Lei non sa chi sono io” e divorando tutte le prove dell’omicidio, paramedici compresi. E non manderà nemmeno un mazzo di fiori alla vedova signora mosca».

Scese dal divano: ora, con suo padre ancora chinato, lo superava in altezza, anche e soprattutto metaforicamente. «Per farla breve, non hai alcun diritto di parola. E ora vorrei un lecca lecca. Ne hai uno all’ananas? Sono i miei preferiti!»

Ma Baphomet per lei non aveva lecca lecca all’ananas, non ne aveva nemmeno ad altri gusti: immobile, come congelato nello spazio e nel tempo, fissava sua figlia senza proferire parola, senza muovere un muscolo, senza avere la minima idea di cosa fare o dire.
Addosso, la spiacevole sensazione che se non le avesse procurato quel lecca lecca le cose sarebbero degenerate in un modo fuori dalla sua portata.

Come in effetti successe.

Improvvisamente, tutto d’un tratto, l’atmosfera parve incupirsi: non fisicamente, non c’era nulla che stesse rendendo materialmente il locale più scuro o l’aria all’interno dello stesso più pesante, ma sembrava che… che… no, via, non era possibile spiegarlo, non esistevano parole umane che fossero in grado di descrivere il senso di oppressione che calò sulle spalle dei presenti, la stanchezza che avvolse le loro gambe facendole diventare come gelatina, quella sensazione di stare venendo seguiti quando si spengono le luci dietro di sé in un corridoio con solo il buio alle proprie spalle, ma questo era ciò che Pitch, Baphomet, Mothman ed Emily Jane stavano provando in quei momenti: non sapevano cosa fosse, non avevano neanche idea di quale fosse la causa di tanta inquietudine, ma sentivano di dover avere paura.

«Voglio il mio lecca lecca».

A interrompere il loro guardarsi intorno arrivò la voce di Lily: una voce bassa, bassissima, quasi roca, demoniaca, gli occhi ridotti a due fessure rubino e i piccoli zoccoli ametista che tenevano stretti stretti il vestito al punto da inciderne la stoffa.

«Lo voglio all’ananas».

La stella a cinque punte sulla sua fronte prese a brillare, le fiamme sulle punte delle sue corna iniziarono ad ardere con crescente intensità fino ad avvolgerle, gli zoccoli puntati a terra vi affondarono spaccando il terreno lì intorno.
Un colpo secco di zoccolo appena, e un gigantesco pentacolo rovesciato si incise sulla nuda roccia sotto di sé.
Iniziò a levitare.

«Lo voglio adesso».

Tentacoli fuoriuscirono dal terreno.
Le si avvolsero intorno alle gambe, alle braccia, al torso, al collo, fino a quando non fu più possibile distinguere dove finisse la bambina capretta e dove iniziassero quegli abomini che parevano un misto fra alghe e boa costrittori.
Lei, però, non pareva esserne infastidita.
Anzi.

«Lo voglio e basta».

Puntò l’indice in direzione di suo padre.
Una massa di tentacoli si raggruppò in parte sul suo avambraccio, in parte attorno allo stesso pur non avvolgendolo come tanti altri, in parte scorrendole sulle spalle come serpi incuriosite da ciò che quel dito stava puntando.

«LO VOGLIO!»

Scattarono.

 

 

E si trasformarono in una cascata di coriandoli.

 

 

Il pentacolo svanì, i tentacoli rimasti si ritirano, Lily poggiò gli zoccoli a terra. Mosse le orecchie come se avesse sentito qualcosa, poi improvvisamente si mise a correre verso la nube di coriandoli che si stava pian piano depositando a terra.

Piano piano però lo fece, e altrettanto lentamente una figura andò delineandosi in modo sempre più chiaro dinanzi agli occhi dei presenti: pigiama bianco e grigio con gli orsetti e i cuoricini taglia 68 perché è sempre meglio abbondare pure se si è già abbondanti, occhiali leopardati dalle stanghette viola, capelli di un improbabile colore che pareva più un impasto malriuscito fra castano scuro, rosso e arancio dopo una disastrosa tinta di novembre 2018 raccolti in uno chignon che definire disordinato sarebbe stato un eufemismo. In braccio, un porcellino d’india abissino marrone, rosso e bianco.

Si chinò verso la capretta. «Salto al discount perché sono una povera disoccupata con un porcello costantemente affamato a carico che a breve avrà una compagna alias una bocca in più da sfamare, reparto dolciumi vicino a quello dei sanitari, lecca lecca economici alla frutta e TAAAAAAAC» detto fatto, come se si trattasse della dimostrazione di un trucco di magia, la figura tirò fuori la caramella dalla tasca dei pantaloni usando la mano non impegnata a tenere Gordon, così si chiamava la cavia, e gliela porse. «Ti piace nana? No, non ringraziarmi, per me che fatturo tutto il giorno in office non è nulla di... Posso smetterla, sì? Si capisce che sono milanese o devo aggiungere più “figa” come intercalari qua e là mentre parlo? Sono della provincia, abbiate pietà di me plz» domandò senza aspettarsi una risposta a chi stava leggendo questo insieme di migliaia e migliaia di parole che va pure classificato come long perché composto da più di un capitolo nonostante avvenga tutto nello stesso giorno di Halloween.
Si avvicinò al resto dei presenti, ancora immobili non si sapeva bene se perché sorpresi, traumatizzati o entrambe le cose, o forse nessuna delle due. «Siete voi quelli del tour di dolcetto o scherzetto, giusto? Sì, sì, siete voi. Benissimo. Ho scritto l’elenco delle tappe proprio qui» con la mano estrasse dalla tasca dei pantaloni una foglia di catalogna… incisa non si sa come, ma pareva essere stata veramente utilizzata come un foglio di carta! Gliela sventolò davanti nemmeno fosse stata una banconota. «Volete?»

Pitch la guardò sospettoso: l’aveva riconosciuta, oh se l’aveva riconosciuta! «Ci stai veramente dando una mano senza prima averci torturato fisicamente o psicologicamente che sia? Proprio tu? Devo ricordarti cosa mediti di fare a quel povero cristo di Phobos forse? Guarda che-»

«Prima di tutto non prendiamoci troppa confidenza» lo interruppe la ragazza tappandogli malamente la bocca «Io e te abbiamo mangiato i sofficini al pomodoro e mozzarella insieme? No, vero? Ecco, allora chiamami come si confà a chi ti ha scritto in modo da darti una seconda possibilità con Gwenllian e pure un figlio -sì, è uno ed è un maschio, ha pure la pelle grigia come te, contento che ora lo sai?- a completare il quadretto familiare che tanto agognavi: Neferikare, per te sono Neferikare. Neferè, Rikà, Madre delle Cavie, l’Autrice, chiamami come ti pare, ma non usare il mio nome da ventiduenne comune plz o potrei non risponderti nemmeno esattamente come non rispondo quando nella realtà la gente vuole attirarmi fuori dalla mia bolla di misantropia e ansia patologica: un po’ di rispetto per la tua Dea, Pitchone, o potrei improvvisamente far stancare Gwen della vita da madre e fidanzata e farle mollare tutto per tornare a farsi sbattere da Cernunnos! Personaggio avvisato, mezzo salvato! Passando alla tua osservazione: chiedo un attimo per consultarmi col mio agente, grazie, vi faccio subito sapere».

Si mise a fischiettare, presumibilmente per comunicare con la cavia, che in effetti emise dei fischi di risposta. Ancora qualche istante, poi annuì.

Tornò a rivolgersi all’Uomo Nero. «No, hai ragione, darvi subito delle gioie sarebbe tremendamente OOC da parte mia, hai fatto bene a farmelo notare. Ma posso rimediare. Rimedio subito».

 

E lo fece veramente.

Con disinvoltura, menefreghismo e totale indifferenza verso la consapevolezza che in questo modo quei poveri cristi sarebbero stati totalmente ignari di cosa li avrebbe attesi con risultati che avrebbero tranquillamente potuto essere loro fatali, allungò la foglia di catalogna al porcellino d’india.
Una e una sola cosa bisognava sapere su Gordon: lui non amava la catalogna -in special modo le foglie più che le coste, lui ci faceva proprio l’amore.
Divorandola nel giro di cinque morsi netti.
E cagandola subito dopo, giusto per sbattere in faccia ai poveretti quanto potesse importare a lui come alla padrona che stavano andando incontro al loro potenzialmente infausto destino senza mezza indicazione sul da farsi.

Con tanto di fischio di vittoria.

 

Libera dal porcello che le era salito sulla spalla, sfregò le mani soddisfatta. «Eccallà! Perfettamente OOC e in linea col mio motto!» si mise una mano sul cuore per pronunciarlo «“E vissero tutti felici e contenti, dopo aver subito traumi e maltrattamenti”. Magari andrete a morire, ma poi giurin giurella che avrete un lieto fine eh! Da me nemmeno i morti sono veramente morti, chiedete pure a _Cthylla_ che è testimone delle mie resurrezioni più o meno o molto per puro autoreservice!... eh, a proposito di questo­». Tirò fuor inon si sa come dalla tasca dei pantaloni un computer, tirò via il cerotto sopra la webcam e si rivolse alla stessa. «Chiedo già scs ora per l’ennesima resurrezione alla quale assisterai nel prossimo capitolo, Amà, ma non potevo resistere: ciooooooè, daaaaaai, era così ssssssola pure se non era veramente solaaaaaa, così triiiiiiiste dentro mentre tutti sono feliiiiiiiiiici, non poteeeeeeevo non farlo risorgereeeeeeee…» si interruppe qualche secondo «ma tanto come sempre sarai meno sorpresa del dovuto. Ti aspetto nel nostro covo del disagio per i vari rimproveri, i miei “Niente spoiler” che crolleranno quando indovinerai di chi sto parlando e i tuoi conseguenti “Immaginavo lo avresti fatto LOL”, cià!» infine, chiuse il pc.

Black sperava che si fosse dimenticata di loro: illuso.

«Ma torniamo a voi!»

E infatti iniziò a premere tasti su tasti della tastiera -anch’essa ovviamente tirata fuori vattelapesca come da una tasca, l’altra questa volta- per mettersi scrivere cosa non ne aveva idea nemmeno l’Uomo Nero.

«Cosa fai?» domandò dopo qualche momento tanto incuriosito quanto preoccupato, ma diciamo più che altro preoccupato.

Lei non rispose.

Andò avanti ad ignorarlo per svariati minuti mettendosi a smanettare con la tastiera senza staccarvi gli occhi un secondo; ogni tanto premeva un paio di tasti per cambiarle colore dicendosi che poi avrebbe trascritto anche questo dettaglio per far rendere conto ai propri lettori di quanto fosse facile per lei distrarsi, ma per il resto l’unico suono udibile nella stanza era quello delle dita che premevano uno dopo l’altro i tasti meccanici dell’aggeggio, pure facendo un gran rumore.

Poi, senza alcun preavviso, alzò la testa: per gli dei, aveva addosso un sorriso per nulla rassicurante, la tipica espressione che ti aspetti da parte di un serial killer che saluta tranquillo il vicino quando la mattina va a ritirare il giornale in giardino dopo aver passato la notte a sgozzare prostitute!

«Fatto», enunciò.

«Che cosa hai fatto?» domandò un sempre più inquieto e impaurito Pitch: se gli piaceva quella situazione? Nemmeno per sbaglio.
Conosceva Neferikare, aveva avuto con lei fior di discussioni le innumerevoli volte in cui all’Autrice era venuta voglia di gettare l’evoluzione sua e di Gwenllian all’aria solo per far tornare quest’ultima alla sua vita fatta di sabba sabbat sabbath internetnonsimetted’accordosucomesiscriva, sesso ed esagerazioni pure dopo aver convenuto con la sua socia che buttare via tanto lavoro sarebbe stato da cretini nonché da autori presi semplicemente dalla noia o dai momenti da Fred lo Strambo o da semplice sadismo, e proprio per questo e grazie a questo aveva maturato una certezza: mai, MAI, abbassare la guardia e credere di essere al sicuro.
E aveva la netta sensazione che anche quella volta, infatti, sarebbe andata nello stesso identico modo di sempre.

Lei fece spallucce. «Ho appena deciso che per andare a fare dolcetto o scherzetto dovrete essere travestiti. Per esempio» indicò Baphomet «tu ti vestirai da-»

­­«Io decido da me da cosa stracazzo vestirmi!» la zittì. La scostò poi con una certa prepotenza, ergendosi in mezzo ai compagni. «Guardate il maestro dei travestimenti di Halloween all’opera, prego, magari per una volta imparerete qualcosa di più istruttivo del fare il genitore!»

Con tutta la naturalezza del mondo si conficcò un artiglio nel volto: all’altezza dello zigomo, e da lì iniziò ad incidere -o meglio scavare, ci stava mettendo una tale violenza che pareva si stesse macellando le ossa oltre che le carni!- la pelle seguendo il conto del muso: dalla guancia, alla fronte, all’altra guancia, al mento fino a tornare infine dove era partito; incise anche intorno agli occhi, sebbene in modo meno profondo del resto.
Il sangue intanto sgorgava a fiumi, inutile dirlo, il volto ormai ridotto ad una maschera di sangue che non pareva disturbarlo minimamente… anche perché una maschera fu proprio ciò che ne tirò fuori, ciò che ambiva a tirarne fuori.
Con uno strappo deciso che aveva il suono delle fibre muscolari che si laceravano e le ossa che si rompevano si strappò praticamente la pelle dal viso, ma non solo: guardandola bene mentre la teneva stesa davanti a sé, nei momenti in cui la girava per mostrarla a tutti da più angolazioni, era possibile osservare che non solo erano venuti via pelliccia e pelle e muscoli, ma anche schegge d’osso più o meno grandi che costellandone la parte interna rendevano quella maschera di carni insanguinate un qualcosa di tremendamente simile ad uno strumento di tortura, il viso di una vergine di ferro da poggiare su quello dello sfortunato di turno così da farlo diventare un colabrodo.

Baphomet la agitò davanti ai compagni incurante del sangue che ne gocciolava e schizzava ovunque: sul delizioso pigiamino con gli orsetti della Madre delle Cavie, addosso alla pelliccia di un Mothman intento a rintanarsi inorridito fra le proprie ali, in faccia ad un’Emilia troppo insofferente per avere una qualsiasi reazione, in bocca all’Uomo Nero… soprattutto in bocca all’Uomo Nero, sembrava stare proprio prendendo la mira! «Indooooosaaaaaa la miiiiaaaaaaaa faaaaacciiiiaaaaaAAAAAaaaaa» prese a mormorare impegnandosi per fare la voce il più roca possibile.

«Non aspettarti che mi scavi un buco in pancia solo per fare Tesarus e dare vita alla DJD» lo disilluse Black anticipando la sua richiesta. «Al massimo per assecondare la tua voglia di riprodurre i membri della Decepticons Justice Division posso mettermi dell’ombretto nero e fingere di essere Kaon chiudendo gli occhi, e già solo questo sarà comunque uno sforzo immane da parte mia visto che-»

«Rimedio io!»

Intromessasi com’era solita fare con personaggi da lei gestiti dal momento che le manine che stavano scrivendo questa trashata erano le sue, Neferikà -che poi sono io. Avete idea di quanto sia bizzarro parlare di me stessa in terza persona? Uscirò matta da questo capitolo. Più di quanto già lo sono se sto scrivendo questa roba s’intende- smanettò qualche secondo prima sul sito della Kigurumi, poi con la tastiera magggica.
Infine, premette “invio”.


E fu la magia.

«Et voilà! Un narvalo! Sai, per il naso» glielo indicò ridacchiando, ma Pitch non pareva trovare la sua battuta particolarmente divertente, probabilmente non lo divertiva neanche la tuta intera da narvalo che l’Autrice gli aveva messo addosso, ma nemmeno il corno di plastica da unicorno comprato da Tiger che gli era comparso a coprirgli, appunto, il naso.

Silenzio.

Pensando che magari semplicemente non aveva capito decise di spiegargli direttamente la battuta, così disse: «… Tu hai naso grosso e i narvali hanno un corno sul muso, così ho unito le due cose! Il tuo naso ora è il corno del narvalo! Capito ora?… mi hai capito, sì…?»

Un facepalm fu la sola risposta che ricevette, ma convenne che potesse accontentarsi.

Esattamente come Emily Jane si stava accontentando di avere un lenzuolo addosso come travestimento.

E non aveva nemmeno i buchi per gli occhi.

Per Mothman, invece, il discorso era completamente diverso: non un lenzuolo, non un pigiamino alla moda, non il cosplay di un Transformers, ma un’elegante e per nulla sobria tinta rosa confetto alla pelliccia -che sarebbe andata via al primo lavaggio, ovviamente, non si è mai sentito di un Uomo Falena rosa!- con margherite e viole e mughetti che emanavano un delicato profumo fiorito attorno al collo, una coroncina dorata poggiata su una delle antenne e dei leggerissimi veli color della prima neve con ricami floreali ad avvolgergli le spalle e il petto fino a scendere in vita come una gonna dal lungo strascico assolutamente virile.
Persino le ali erano di una tenerezza infinita: di varie sfumature rosate, violette, gialline, azzurrine, verde acqua, un vero e proprio arcobaleno di dolciosità e patatosità che ben si addiceva ad un’anima candida e innocente come la sua.

Ancora prima che fosse il diretto interessato a fare apprezzamenti sul proprio look fu lei a lanciarglisi addosso abbracciandolo e stringendosi nella sua pelliccia. «Sembri un gigantesco stecco di zucchero filato! Profumi anche allo stesso modo!» squittì entusiasta sfregando la testa al suo morbidoso petto «Sei assolutamente il mio preferito!»

«… Però non me lo dimostri, mi succedono sempre cose brutte: l’aver preso peso, la depressione, degli amici che mi trattano male…» sussurrò lui, non troppo convinto dalle parole della ragazza.

Lo sguardò impietosito che le apparve sul volto sembrò addirittura sincero. Delicatamente, con cura, gli prese il pelliccioso viso fra le mani. «Ho grandi progetti per te, grandissimi, ma non posso ancora dirti nulla. Ma te lo prometto, Motty, te lo giuro» poggiò la propria fronte sulla sua «che entro la fine di questa mini long la tua vita cambierà. In meglio. Pazienta fino alle ultime righe dell’ultimo capitolo, quindi fra un paio d’altri, e ti giuro sulla pelliccia di Gordon che potrai prenderti la tua rivincita» gli si avvicinò per non farsi sentire «soprattutto su di lui!» indicò Baphomet «Ma non dirlo a nessuno. Promesso?»

Non poteva avere la conferma che stesse sorridendo, avendo Mothman la bocca coperta dal pelo, ma era certa che lo stesse facendo veramente. «Promesso».

«Grazie» concluse dandogli un bacino sulla fronte, ovviamente provocandogli quel suo solito dolcissimo rintanarsi nella pelliccia coprendosi il volto con le antenne e tirandosi le ali al petto per nascondersi: aaaaaaaaaaawwww! Quanto era tenerelloOOOOOOWWww!
Va bene, momento sentimentalismi terminato, ora doveva ricomporsi: aveva una missione, e doveva portarla a termine.

Richiamò l’attenzione di tutti quanti battendo la mano sulla tastiera. Il gruppetto si girò verso di lei in attesa che parlasse.

Li accontentò. Diede un ultimo sguardo a tutti quanti trovandosi a ridacchiare divertita. «Siete fa-vo-lo-si. Dico sul serio! Tutti pronti per partire, allora?»

«Dopo ottomila parole di introduzione sarebbe anche ora, i mortali che ti leggono non hanno l’eternità davanti come noi» sospirò Pitch.

«E comunque non è che abbiamo molta altra scelta eh…» aggiunse Mothman.

«Ma pure se ne avessimo io opterei comunque per il partire e basta, non si sa mai che finiamo in un posto che mi piace e riesco a non salire a bordo di qualsiasi mezzo useremo per spostarci così da liberarmi finalmente della vostra compagnia. In via permanente, se possibile» auspicò Emily Jane.

«Vi dico io cosa le serve: una bella botta che la faccia svegliare dal torpore dell’assenza di cazzo nella sua vita, ecco cosa, la cura a colpi di minchia prepotenti funziona sempre! pure sugli asessuali!» fece notare Baphomet «Ve la faccio diventare una ninfomane!»

«E sai cosa funziona ancora meglio?» gli domandò l’Autrice «I viaggi Multiversali».

Quella singola frase allarmò Black: non sapeva precisamente da dove arrivasse quella sensazione, perché gli fosse balenata nella mente solo ora né tantomeno se a livello conscio i timori che si stavano facendo largo fra le pieghe della sua mente avessero senso di esistere, ma sentiva uno strano pizzicore sulla nuca che non gli faceva presagire nulla di buono. «Viaggi Multiversali?» ripeté quindi «Cosa intendi?»

Il sorriso che lei fece enunciando un “«Cambio di programma!»” lo rassicurò ancora meno: sinistro, inquietante, bugiardo, come se dietro quei denti scintillanti per l’apparecchio ortodontico su entrambe le arcate nascondesse qualcosa di talmente malvagio che se solo lo avesse detto ad alta voce sarebbe finita per evocare dei ciechi e idioti che parevano più che altro amorfe escrescenze d’abissale confusione che avrebbero iniziato a bestemmiare e gorgogliare stordite dall’incessante suono delle sue parole.

C’era qualcosa dietro, ne era certo.
Doveva esserci!

E in effetti il seguente «Oh sì» lo confermò.

Dalla tasca tirò fuori una bustina di bocconcini croccanti alle verdure ripieni di crema di piselli. Li allungò a Gordon, che iniziò a mangiarli voracemente come solo un porcellino d’india costantemente affamato poteva fare. «La questione è questa: vostro dolcetto o scherzetto non sarà sulla Terra ma consisterà in un tour a zonzo nel Multiverso di AU ora originali, ora miei, ora di _Cthylla_ fu _Dracarys_, ora di entrambe. Avrete un bel da fare, insomma­, ma c’è tempo, o meglio ho tempo io per narrare le vostre avventure incurante della long di Harmonia e compagnia che aspetta il nuovo capitolo da un anno e mezzo e nonparliamonechemifamaledentroplz. Eeeeeee» premette il tasto invio: Pitch e gli altri non lo sapevano, ma aveva appena dato l’okay per pubblicare questo mio delirio letterario che state leggendo il cui livello di disagio è notevolmente aumentato man mano che scrivevo, probabilmente anche a causa del fatto che ormai ho visto talmente tante slide sulle tecniche di conservazione della carne da aver esaurito i neuroni andati a stagionare coi salami. A proposito di salami mi raccomando, assicuratevi sempre di mangiarli stagionati: la stagionatura evita il proliferare di batteri man mano che passando i mesi il volume d’acqua all’interno della carne diminuisce, soprattutto di quelli come la listeria monocytogenes che sopravvivono anche con pochissima acqua libera! Non ringraziatemi per avervi evitato una colica renale, ho solo fatto il mio dovere di futura alimentarista, sempre se passo l’esame s’intende! «fatto. Capitolo online. Ora è tutto ufficiale e ho i lettori come testimoni della mia follia».

«COS-»

«Cià, cià! Ci si rivede fra due capitoli per il gran finale!»

Un altro “invio”, e sotto di loro si aprì una voragine che li risucchiò ancora prima che potessero dire “mannaggiaateNeferikaretestadimmerdatelafaremopagareprimaopoiH”.

«Sempre che ne usciate vivi».

 

 

____________________________________________________________________

 

Angolino dell’autrice

 

Cià cià!

Sì, tranquilli, sono viva, vegeta e ho curiosamente ritrovato l’ispirazione, corsi permettendo.

No, non ho dimenticato di essere talmente dEEsgraziata da aver abbandonato una povera long a se stessa pur avendo già tutto programmato e dovendo “solo” scriverlo per esteso.

Sì, è il “solo” che mi frega, ma c’è tempo e luogo per terminare ogni cosa, e per terminare la long quel momento non è ora, “Ora” sto navigando nel disagio globaletotale di questa oneshot degenerata in mini long delirante a livelli mai raggiunti prima, e per quanto mi sto divertendo non mi sento in colpa nemmeno un pochiiiiiiino a dedicarmi a del sano trash anziché a cose ben più serie! :’D Ma non mi dimentico di voi, quindi vi rassicuro sul fatto che prima o poi continuerò anche quella: pazientate, figlioli, pazientate :)

Detto questo vi lascio alla lettura, cosa abbastanza stupida dire dal momento che se state leggendo le note dell’AtriceH con l’acca finale avete già letto… o forse siete saltati qui prima di leggere? Lo avete fatto, mh? Siete proprio bizzarri, sappiatelo, ma vi lovvo comunque <3

Soprattutto _Cthylla_ che è stata esasperata fino allo sfinimento dai miei “È una oneshot di Halloween, DEVO pubblicarla ad Halloween, cazzolapubblicoafaredopoH?!” con più che giustificati “MaseiscemaH?” annessi: ringraziate lei se ho pubblicato tanto meraviglioso disagio decidendo di dividerlo in tre capitoli (introduzione alias questo che copre la prima mattina del 31 ottobre, il tour che occupa buona parte del pomeriggio e uno finale riguardo tutto ciò che accade fino alla mezzanotte) anziché operare tagli a destra e sinistra, scoraggiata com’ero dal non essere riuscita a pubblicarlo entro il 31 se non avesse insistito probabilmente avrei rinunciato a tanto divertimento!... per me, poi magari voi vi siete scartavetrati ovaie e coglioni già dopo tre righe, ma questi sono dettagliH.

Come pure sono dettagli che con questa brutta faccenda di TinyPic dovrò rivedere svariati capitoli e rimettere le immagini che c’erano e ora per motivi noti a tutti non sono più disponibili: lo farò, abbiate pazienza :)

Intanto qui sotto vi lascio uno schema approssimativo dell’aspetto di Lily: i colori sono miei, la lineart invece arriva da qui!

Al prossimo delirante capitolo col tour di Halloween fatto a metà novembre e oltreH! :D

lily-capitolo
   
 
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