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Autore: Ria    15/11/2019    7 recensioni
Lo amava, non poteva farci nulla, lo amava con tutta la sincerità e la potenza di un primo amore, lo amava nei pregi e nei difetti, per il suo carattere contorto e il viso da modello di magazine da adolescenti.
Non voleva rinunciarvi, non voleva arrendersi e lasciarselo sfuggire dalle dita da un giorno all'altro.

[Seconda classificata al contest “Il triangolo no!” indetto da _ Freya Crescent _ sul forum di EFP.]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Retasu Midorikawa/Lory, Ryo Shirogane/Ryan
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
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I contest sono l'ideale per gli esperimenti ♥  anche se tristini *sigh*

 

 

 

 

 

 

 

~ Memoria ~

 

 

 

La tazza di tè tra le sue dita andava intiepidendosi senza che lei si decidesse a finire di berla. Sospirò osservando il sottile vapore che ancora cercava di salire dalla superficie bruna, afferrò il cucchiaino e diede un altro paio di giri, il miele ormai sciolto da tempo, bagnandosi poi appena le labbra.

Il silenzio della casa era totale. Dalle finestre socchiuse filtrava assieme alla brezza primaverile l'ovattato rumore delle strade, le macchine in lontananza e il chiacchiericcio dei passanti per la via periferica, ma dall'interno niente disturbava quella quieta colonna sonora: non c'erano orologi se non digitali – lui non aveva mai amato i modelli di analogici – e perfino il motore del frigo non produceva altro che un bassissimo ronzio rilassante; non aveva nemmeno mai preso un cagnolino o un gattino, il cui muoversi per la casa avrebbe spezzato l'atmosfera ovattata e pesante.

No. Si corresse bevendo un altro sorso Lui non ne ha mai voluto uno.

A lei sarebbe piaciuto in realtà. Avere un cane o un micino da accudire, che le si accoccolasse in grembo nelle fredde sere invernali quando oziava sul divano con un libro tra le mani o faceva zapping.

Lui non ne aveva mai nemmeno accarezzato il pensiero, diceva che non avevano bisogno di aumentare il carico giornaliero di faccende, né le spese, e in fondo trovava inutile imporre a delle creaturine la vita domestica degli umani solo perché "facessero compagnia".

« E perché dovrebbe servirti? Abbiamo l'un l'altra, no? »

Quando le diceva così lei non poteva evitare di sorridere e accoccolarsi contro il suo torace, il braccio di lui che le cingeva le spalle e le labbra che le si posavano con dolcezza sulla fronte.

Si sfiorò sovrappensiero quel punto detestandosi un poco per il sorriso che le spuntò d'istinto sulle labbra.

Lui era sempre stato così con lei. Dolce, premuroso, misurato nei gesti e nelle parole, affettuoso.

Ma lei aveva sempre saputo che lo fosse; che dietro la sua indole distaccate e un po' maliziosa, l'affascinante e misterioso biondino possedesse un cuore d'oro.

Si ricordava di quel pomeriggio, il Café chiuso, il tramonto e il silenzio così simile a quello che in quel momento permeava casa sua: il ragazzo stava guardando pensieroso fuori dalla finestra e lei era arrivata timidamente, una torta avanzata dalla chiusura improvvisa del locale, lui che si era voltato sorpreso e aveva accettato il suo goffo presente e la tacita, imbarazzatissima richiesta di un po' di compagnia.

Retasu ricordava ancora il gusto di quella torta deliziosa come ricordava il formicolio di agitazione lungo le dita mentre reggeva la forchettina d'acciaio.

Era la sensazione che le dava sempre Ryou. Un'agitazione leggera che le assottigliava la voce, un allegro pizzicorino sottopelle, il cuore veloce che sfarfallava quando lo sentiva arrivare e le incendiava le guance quando incontrava i suoi occhi azzurro cielo.

Quanti mesi aveva passato sospirando della sua presenza, osservandolo con discrezione senza nemmeno rendersene conto. Lo aveva ammirato così a lungo da riconoscerne – la imbarazzava ammetterlo – ogni cambio di tono quando parlava, il minimo cambio di umore dal modo in cui aguzzava lo sguardo o storceva le labbra; e aveva visto con il petto dolente il modo in cui Ryou guardava Ichigo.

La rossa non se n'era mai accorta, o forse non aveva voluto vederlo prendendo certi gesti del ragazzo verso di lei come scherzi o solo attenzioni da amico.

Retasu aveva sempre trovato incredibile l'averlo intuito mentre la sua amica era rimasta cieca, ma probabilmente lei era di parte e Ichigo troppo presa dal suo innamorato per accorgersi degli sguardi altrui.

Quando tutto era finito aveva immaginato di non incontrare mai più Ryou. Dopo la frenesia dell'ultimo scontro non era stato neppure un concetto troppo doloroso, era stata ben più impegnata a ritrovare l'equilibrio nella sua esistenza da ragazza comune per soffermarsi troppo sul pensiero del biondo. La vita però aveva i suoi strani modi di regalare sorprese.

Era stato strano e naturale ricominciare a frequentarsi tutti assieme. Riprendere il lavoro al Café, le giornate intense e vivaci, l'odore di vaniglia e cioccolato che rimaneva sui vestiti; Purin e i suoi giochi con la palla, le interminabili ore del tè di Minto, le sue – involontarie – acrobazie con i piatti, la silenziosa presenza di Zakuro; i dolci e il sorriso di Akasaka.

Ryou.

Il suo caro Ryou.

Si era lambiccata il cervello all'infinito, non era il tipo che confessasse i suoi sentimenti così, a viso aperto, ma lasciarli a macerare nel silenzio non era più una cosa che potesse lasciare accadere. Ci aveva pensato non trovando altra soluzione che proseguire sul suo sentiero, piccoli gesti e parole, attenzioni sincere per quel ragazzo così solitario e premuroso, nell'attesa magari di trovare il coraggio o che il suo viso scarlatto e il suo balbettare illuminassero la mente così geniale – e talvolta così ottusa – dell'americano.

« Ti va se invece ti offro io un caffè? »

Era quasi svenuta il pomeriggio di maggio in cui, domandando a Ryou se volesse uno spuntino e fare una pausa, lui l'aveva bloccata sorridendole sornione con quella semplice proposta. Era rimasta con il vassoio stritolato tra le braccia, il volto così caldo che aveva temuto le si appannassero gli occhiali, ed era riuscita solo a farfugliare un cosa? appena udibile.

« Un caffè. – aveva proseguito lui con lo stesso sorriso, furbo e gentile – Kei urlerà al tradimento, ma c'è un posto a Ikebukuro che fa il caffè migliore che abbia mai bevuto. Potremmo andare e io potrei offrirtene uno, invece di costringerti per l'ennesima volta a farmi da servizio in camera. »

Retasu aveva aperto e chiuso la bocca ancora qualche secondo, processando il tutto a fatica intanto che un sorriso aveva conquistato prepotentemente spazio sul suo volto:

« Intendi… Q-quand…? »

« Adesso. »

« A-adesso? »

« Sì, adesso. – aveva sorriso ancora lui – In fondo il capo qui sono io, posso dare libera uscita alle mie dipendenti quando mi pare. »

Aveva ammiccato. Retasu aveva emesso uno strano singulto divertito, le dita che stritolarono il vassoio, ed era stato un concerto di e allora vado? balbettanti mentre risaliva le scale al contrario, rischiando di inciampare ogni scalino nelle lunghe code del grembiule.

Perfino il caffelatte più zuccherato si era sempre rivelato troppo amaro e intenso per lei, ma quel pomeriggio dovette concentrarsi per non finirlo in un fiato tanto lo trovò squisito. O doveva essere stato il chiacchierare così tranquilli, soli, lei e Ryou a rendere qualsiasi cosa attorno a sé perfetta.

Piccoli passi. Piccole attenzioni. Piccole uscite innocenti che Retasu si ripeteva di non fraintendere, di considerare solo premure di un caro amico, ma che in fondo non riusciva a minimizzare come avrebbe voluto.

Quand'era stata la prima volta che lui le aveva afferrato con garbo il polso in mezzo alla folla senza poi lasciarla?

Quando era stato che aveva allungato le dita sul tavolino di un bar, lei troppo impegnata a gustarsi la propria ordinazione per fare in tempo e sottrarsi al suo posare la mano sulla propria? O se non sottrarsi almeno essere pronta invece di sussultare al contatto della pelle tiepida di lui, non rimanere paralizzata ammirando quanto sembrasse grande il palmo del biondo attorno al suo, non trattenere il fiato in modo così evidente, così infantile, scatenando il sorriso intenerito al suo volto paonazzo.

Che strano, ricordava ogni sensazione di quel momento, ma non quando fosse accaduto.

Ricordava come le fosse sembrato rovente il pollice che Ryou aveva fatto vagare leggero sulle sue nocche, sfiorandola delicato. Ricordava il suo sorriso, più sincero e chiaro del solito. Ricordava il sapore amarognolo della cannella sulla panna del suo frappè e la canzone che suonava alla radio, ma non il giorno.

Sicuramente era autunno inoltrato visto il gelo delle sue dita una volta usciti, la mano di Ryou che le era parsa ancora più rovente.

Avevano iniziato ad uscire ufficialmente insieme poco dopo i primi di novembre, o almeno fu in quel periodo che Ryou iniziò ad usare con frequenza parole come "appuntamento" scatenandole ogni volta la tachicardia – e lei era sicurissima che il biondo lo sapesse anche quando non poteva vederla e ne sorridesse affettuoso – sebbene la cosa fosse rimasta privata ancora fino alla primavera successiva. Ryou non amava sbandierare la sua vita privata e lei, pur con le amiche che la tartassavano pettegole fiutando il gossip, non era stata psicologicamente pronta per ammettere il tutto, non senza farsi venire un infarto definitivo; anche se aveva sospettato che Zakuro, così affiatata con Ryou, fosse giunta ben al di là del semplice fiutare.

Ryou l'aveva baciata per la prima volta alla cerimonia di diploma di terza media. Il cortile della scuola era così affollato che la sola idea – se avesse intuito per tempo – l'avrebbe fatta evaporare dalla vergogna, ma era tutto sparito in un turbine confuso di mormorii, risate e i petali dei pochi ciliegi del cortile principale, macchie rosate nel bagliore del cielo terso: nonostante l'aria ancora pungente le labbra di lui erano state morbide e calde, decise, sicure contro le sue tanto da scioglierle il cuore.

Era sempre stato così con lei, fino all'ultimo. Attento e ponderato in ogni passo verso la verde e non perché la ritenesse troppo ingenua, Retasu sapeva benissimo che Ryou la considerasse una ragazza ben più forte delle apparenze, addirittura "intrepida", ma al contempo sembrava sempre convinto di poterla ferite inavvertitamente e per questo pazientava, in attesa di scorgere il momento giusto.

L'uscita giusta per prenderle la mano.

La serata giusta per cingerle con decisione la vita con un braccio, certo che non sarebbe svenuta.

Il momento per confessarle come trovasse adorabile il suo sorriso timido, o per dirle sorridendo quanto gli piacessero i suoi lunghi capelli smeraldini o i suoi grandi occhi color mare.

L'attimo perfetto per baciarla.

Una premura assoluta che rifletteva l'infinito affetto del biondo per lei e che gli rendeva impossibile anche il solo pensare di forzarla o di ferirla.

Retasu con il senno di poi si era convinta di essersi crogiolata troppo in quelle sue attenzioni riguardose, di aver lasciato con troppa superficialità che la loro storia maturasse lentamente anno dopo anno.

Il suo evolversi quieto era un'ancora di sicurezza ai cambiamenti esterni: l'ingresso al liceo, il part-time al Café che era diventato un lavoro vero e proprio senza che se ne rendesse conto, scuola e attività che si sovrapponevano divorandosi il tempo in compagnia delle ragazze. Si era domandata spesso come avessero fatto un tempo a gestire la propria vita e combattere all'unisono gli alieni, dopo di allora le sembrava  sempre una corsa ad ostacoli riuscire a ricavarsi due ore di pace tutte e cinque vicine, ma nonostante gli impegni e le scelte di ciascuna il legame tra loro non si andò mai sfaldando. Benché gli ingaggi di Zakuro aumentassero e la idol passasse da un servizio fotografico ad un'intervista, sebbene Minto iniziasse a rimanere alla scuola di danza giornate intere, nonostante lei si giostrasse frenetica tra la scuola, i corsi preparatori e il club; neppure la partenza di Ichigo per l'Inghilterra riuscì ad allontanarle l'una dall'altra, anche se Retasu avrebbe ammesso che la mancanza della rossa si avvertisse pesantemente nella sala circolare del Café.

La sua storia con Ryou era una sorta di costante, un caposaldo che la rassicurava sul domani e le inebriava la mente di felicità per ciascun bacio più lungo, ogni contatto più profondo, ogni abbraccio più intenso che le faceva esplorare un millimetro di più del corpo e dell'animo di Ryou.

Lui era la sua certezza e il suo affetto era il simbolo loro futuro, la certezza di avere il primo posto nel suo cuore.

 

Retasu strinse la tazza di tè con un rapido scatto delle dita, detestava ricordare la crudeltà su come la sorte l'avrebbe smentita e detestava la rabbia che in quelle occasioni le ribolliva sul fondo dello stomaco serrandole la gola e facendola, assurdo, quasi sentire in colpa.

L'estate della seconda liceo era stata particolarmente calda e asciutta, un clima perfetto per godersi l'afa della stagione senza soffrire godendosi le tiepide brezze che scuotevano gentili il verde rigoglioso del parco attorno al Café. Keiichiro aveva chiuso per una giornata aprendo sul prato un enorme ombrellone bianco, sotto cui aveva imbastito due tavoli di leccornie e bibite rinfrescanti, per festeggiare il sempre più raro raduno di tutto il gruppo. Retasu per l'occasione aveva inaugurato l'abitino smanicato comprato con Minto alcune settimane prima, uno dei suoi preferiti per tanti anni, compiacendosi dei complimenti che ricevette su di esso e soprattutto di quelli di Ryou, che l'aveva ammirata con un sorrisino lievemente malizioso congratulandosi mentre le aveva accarezzato leggero la pelle nuda delle scapole.

Aveva già iniziato a sorseggiare il secondo giro di analcolico alla frutta quando Ichigo, elegantemente in ritardo di un'oretta, aveva fatto la sua comparsa: il familiare sorriso incorniciato dalla chioma rossa ormai lunga a metà schiena era rimasto identico dopo più di due anni, tuttavia la felicità nel rivederla dal vivo diede a Retasu l'impressione che fossero stati molto di più. C'erano stati soffocanti abbracci di gruppo, urla e risate e un serrato interrogatorio alla rossa sulle sue avventure inglesi – che sapessero già tutto tra e-mail, chat e videochiamate era irrilevante – sul fidanzato lasciato oltremanica.

« Sei scappata dai doveri coniugali? – l'aveva punzecchiata Minto sorridendo antipatica – O è lui ad essere scappato da te? »

« Sei sempre simpatica come l'aglio sotto i denti. »

Aveva sibilato la rossa e poi, contenta, aveva stritolato la mora in un abbraccio e Retasu non aveva potuto evitare di ridere alle loro sciocche dimostrazioni di affetto, prima di stringere a sua volta la mewneko.

L'allegria aveva trascinato la giornata tra tramezzini, fette di torta, pasticcini, gustosi drink e pettegolezzi finché il sole non era calato sull'orizzonte, l'aria era diventata frizzante e Retasu era rientrata cercando il golfino che si era portata, in previsione di un party molto lungo.

La sala principale del Café era tranquilla, invasa dall'arancione rovente del tramonto; la voce squillante di Purin e il chiacchiericcio degli altri entravano appena dai vetri a cuore e Retasu li ascoltò sorridendo, camminando in punta di piedi per non spezzare quella magia, e si allungò svelta sul tavolino dove aveva lasciato la borsa e il coprispalle lilla in pendant con l'abito.

Sarebbe uscita subito se non avesse sentito la voce di Ryou provenire dal corridoio che portava agli spogliatoi. La verde rimase con la mano protesa sul tavolo, l'altra a reggere il golfino, domandandosi d'impulso con chi potesse parlare il biondo, rientrato per una capatina in bagno.

Forse è al telefono. Qualche problema con il seminario di domani all'università?

Ryou parlava a voce bassa, lentamente, ma a Retasu non sembrò un segno di educazione verso gli altri ospiti.

Che sono tutti fuori…

Trattenne appena il fiato quando un tono più alto si alzò dal corridoio e lei riconobbe poi un'altra voce rispondere a quella di Ryou.

Fu con un lampo vago che la verde ricordò Ichigo precederla dentro un paio di minuti prima, il suo stesso problema con la brezza serale e chiedendo a gran voce a Minto se potesse prestarle qualcosa, la mora che la redarguiva in merito quando già l'amica si era trovata ad attraversare l'ingresso.

La voce di Ichigo in quel momento però era apparsa a Retasu molto meno pimpante, un sussurro incerto che a stento si udiva riecheggiare dal corridoio.

Retasu si era detta che probabilmente stavano discutendo. La rossa e Ryou litigavano spesso e volentieri per quanti anni passassero, la loro amicizia era così, non dissimile da quella tra Ichigo e Minto, un battibeccarsi continuo.

Però non mi sembra stiano litigando.

Si era detta che origliare non era mai carino, né molto corretto verso una sua cara amica e verso il proprio ragazzo. Si era avvicinata comunque, sempre con passo leggero, un'inspiegabile nervosismo che le faceva sentire con chiarezza il cuore nelle orecchie.

« … Scusami ho esagerato. »

« È stata… Solo una piccola discussione. Abbiamo già risolto prima che prendessi l'aereo. »

Ryou aveva emesso uno sbuffo sarcastico:

« Ovviamente. »

Silenzio. Retasu si era avvicinata abbastanza da intravedere i due, il biondo nascosto dall'angolo che le stava dando le spalle, Ichigo appoggiata appena al muro opposto con le mani dietro la schiena che cercava di non guardare il ragazzo.

La verde si era trattenuta in disparte. Una parte di sé le stava dicendo con forza di avvicinarsi ed interrompere la loro conversazione qualsiasi essa fosse, un moto di inquietudine sordo che le ronzò nelle orecchie, ma al contempo la strana atmosfera tra i due le aveva bloccato le gambe.

Il silenzio era stato più allarmante dei mormorii. Ichigo aveva avuto un sussulto improvviso e si era voltata verso Ryou, dalla sua posizione Retasu aveva impiegato un secondo in più a capire che le aveva sfiorato una delle lunghe ciocche amarena.

« … Sto provando a non tagliarli. »

Aveva detto la rossa e aveva allungato la mano per scostare quella di Ryou, quasi un tentativo di chiudere senza domande quel momento incomprensibile, ma il biondo invece era passato dallo sfiorarle i capelli al stringerle le dita, Ichigo che era arrossita deliziosamente fissandolo confusa con gli occhioni castani.

Retasu non avrebbe voluto continuare a guardare.

Non avrebbe voluto vedere Ryou chinarsi a baciarla, né vedere l'amica tentare un timidissimo ritrarsi prima di abbassare le palpebre con un sospiro.

Retasu aveva sentito il gustoso buffet di Keiichiro diventare una poltiglia acida nello stomaco e il suo sentore nauseante le aveva invaso la bocca.

Lo schiaffo di Ichigo era schioccato appena Ryou si era allontanato e anche Retasu aveva avuto l'impressione di riceverlo. Sobbalzando, il corpo scosso da brividi impercettibili, la verde si era ritratta e aveva ascoltato Ichigo tirare su con il naso:

« Sei… Impossibile! Incoerente! Tu…! Come hai potuto?! – le parole della rossa avevano tremato come il suo palmo ancora sospeso – Io…! E non hai nemmeno pensato a…! »

Aveva strozzato le ultime parole e il pallore sul volto di Ryou era stato un chiaro segno di come, farfugliamenti compresi, avesse capito bene di cosa – meglio, di chi – stesse parlando e solo in quel momento avesse realizzato il suo errore. Ichigo si era morsa il labbro ed era corsa in bagno, forse a sciacquarsi il viso prima di ripresentarsi agli amici, mentre Ryou era rimasto per qualche istante fermo dove si trovava con lo sguardo perso nel vuoto. Era stato con un sussulto che si era reso conto della figurina in penombra e Retasu non sapeva ancora dire, dopo tanti anni, se l'avesse spaventato di più la sua semplice vista o il vederla sciolta in lacrime.

Aveva aperto bocca per parlare, ma lei non gli aveva lasciato il tempo: era corsa di nuovo in salone, aveva afferrato la sua borsa ed era scappata via dall'uscita sul retro incurante dei laccetti dei sandali – quei sandali così eleganti e raffinati, con il tacco basso, un po' "fuori" dai suoi abiti soliti e perfetti con il suo vestito nuovo – che le tagliarono le caviglie e le irritarono la pelle arrossata e pulsante durante tutto il viaggio della verde in treno.

 

« Puoi venire un momento di sotto? »

Non aveva protestato né si era rifiutata di seguirlo benché avesse davvero faticato a guardarlo in volto senza piangere. Era la sola cosa che ricordava di quel week-end, un pianto dirotto e inconsolabile mentre evitava di rispondere alle sue telefonate o a quelle delle amiche, minimizzando la sua fuga dalla festa e millantando ogni sorta di scusa perché nessuno approfondisse, dalla febbre al classico trucco delle mestruazioni; aveva capito benissimo di non averla data a bere a nessuno appena aveva varcato la soglia del Café il lunedì, ma nessuno aveva avuto l'indelicatezza di insistere con le domande: se proprio lei non voleva sfogarsi forzarla avrebbe solo peggiorato le cose. Retasu aveva anche ignorato i tentativi di contattarla di Ichigo, i più insistenti, il bisogno di piangere che urlava violento leggendo i suoi premurosi messaggi sullo schermo del cellulare.

La luce degli schermi del laboratorio sotterraneo le avevano ferito gli occhi più del dovuto, mai avrebbe capito come Ryou potesse continuare a volere usare la propria strumentazione in una simile catacomba. Il biondo a differenza del solito non stava lavorando, ma poggiato con le mani alla scrivania era in piedi, in sua attesa, il volto sfatto da qualche notte di sonno più agitato del consueto.

Retasu aveva stretto le labbra vedendolo, gli aveva letto in faccia il pentimento più nero e la cosa, incredibilmente e giustamente, le fece più rabbia che tristezza.

« Retasu, io… »

Aveva sbuffato e si era sfregato la frangia con stizza avvicinandosi alla verde a grandi passi; lei non era stata preparata a vederlo prenderle le mani tra le proprie e baciarle più volte le nocche, mormorando come Retasu non lo aveva mai sentito fare da quando lo conosceva.

« Perdonami. Perdonami… »

Lei in fondo sapeva che non avrebbe dovuto perdonarlo, che le cose non sarebbero state più come prima, che quelle scuse non avrebbero nascosto la verità che la verde si era vista sbattere in faccia. Al contempo però avrebbe voluto dire perderlo, rinunciare per sempre a lui.

Avrebbe tanto voluto tirare fuori la forza che i suoi cari dicevano sempre nascondesse nel cuore, avrebbe tanto voluto non abbandonarsi al pianto e al sollievo bugiardo che aveva provato accentando lo sconforto del biondo, permettendogli di stringerla e baciarla supplicando ancora il suo perdono.

Lo amava, non poteva farci nulla, lo amava con tutta la sincerità e la potenza di un primo amore, lo amava nei pregi e nei difetti, per il suo carattere contorto e il viso da modello di magazine da adolescenti.

Non voleva rinunciarvi, non voleva arrendersi e lasciarselo sfuggire dalle dita da un giorno all'altro.

Perché sapeva, era certa, sicura come del sole al mattino, che Ryou l'amasse. Amava lei, amava il suo cuore e il suo fare impacciato, amava il suo volto gentile e le sue forme morbide sempre pudicamente custodite, amava la sua dolcezza, la sua premura. L'amava sul serio.

L'amava così tanto da non sopportare di farle del male, da non concepire il forzarla o fare alcunché lei potesse non volere. Probabilmente avrebbe accettato anche di rinunciare a lei, solo per amor suo.

Non per Ichigo.

E quella consapevolezza le aveva lacerato il cuore ogni giorno da quel maledetto pomeriggio.

Il posto che aveva conquistato nella mente di Ryou non era mai stato sufficiente a rendergliela indispensabile, non al punto di ignorare il resto del mondo, dell'etica, della correttezza solo per averla.

Per Ichigo sì. Per lei lo avrebbe fatto.

Per lei avrebbe affrontato nemici mortali sotto forma di gattino. Avrebbe mentito, taciuto, nascosto. Avrebbe tradito chi aveva giurato di non ferire mai, convivendo con l'odio e il disprezzo per se stesso, solo per lei.

 

La partenza di Ichigo fu una minuscola speranza a cui Retasu si aggrappò con l'incoscienza dei disperati. Sapeva che sarebbe tornata, che Ryou avrebbe dovuto affrontare di nuovo la sua presenza e decidere davvero se rinunciare o proseguire, ma fino ad allora la verde cercò di non pensarci. Il bisogno feroce di riottenere la fiducia nel biondo lo lasciò ricoprirla di attenzioni, si lasciò viziare alla nausea quasi pretendendo tacitamente – provava vergogna al pensiero, ma del resto almeno quell'egoismo le si poteva concedere? – che le riversasse addosso tutto il suo amore giorno dopo giorno, un placebo dolcissimo su una ferita che non si sarebbe mai rimarginata.

Aveva creduto sarebbe bastato.

Aveva creduto che la quotidianità avrebbe vinto sulla lontananza.

Che fare l'amore con lui, lasciarsi travolgere da quel lato impetuoso ancora sconosciuto del biondo, imparare a scoprire il proprio mano nella mano avrebbe inciso nella sua mente solo lei. Il profumo, i gemiti, la pelle, le curve, il calore che lui avrebbe conosciuto e assaporato sarebbero stati solo i suoi, non una fantasia su un amore mai iniziato.

Poi Ichigo tornava. Pochi giorni, qualche settimana. A volte era sola, a volte no. Ma non faceva differenza.

Retasu aveva cercato di convincersi che i pomeriggi in cui Ryou non rispondeva ai suoi messaggi fosse sempre perché troppo occupato, e in effetti riuscì nell'intento per lungo tempo.

Di certo è occupato. Si diceva. Non tiene mai il cellulare vicino, forse non ha tolto la modalità silenziosa? Si diceva ancora, e per lungo tempo quelle banali domande riuscirono a tenere a bada lo spettro del sospetto, sempre presente, sempre ancorato dietro la fiducia ricucita malamente che si sfilacciava un po' di più mese dopo mese, anno dopo anno.

Per un po' comunque bastarono e lei non si domandò mai altro.

Né dove lui effettivamente fosse, né dove fosse Ichigo che aveva sempre impegni più o meno negli stessi momenti.

Né del perché la rossa evitasse di guardarla dritta in viso come aveva sempre fatto, o perché Ryou diventasse ancor più attento del normale quando si rivedevano più tardi.

Lui era con lei. Lui tornava sempre da lei e benché Retasu in fondo si odiasse per questo non riusciva ad andarsene né a farlo andare via.

Un giorno guarderà solo me.

La prima volta che quel pensiero le aveva attraversato la mente, guardando Ryou stringerla più forte per la vita come uno scudo tra sé e Ichigo, Retasu aveva avuto un violento moto di nausea.

Di più. Voleva si aggrappasse a lei di più.

Non come un'ancora, non come una barriera.

Voleva che la cercasse, la desiderasse unicamente per sé con la stessa forza con cui cercava di tenersi alla larga dalla rossa.

Guarda solo me.

La proposta di Ryou di andare a convivere l'aveva irrorata di nuova fiducia.

Solo me. Guarda solo me.

Sono qui, ama solo me.

L'avevano scelta insieme, un po' periferica per gli standard del biondo, ma magnifica per un'amante della tranquillità come lei e più per le sue tasche. Avevano scelto assieme i mobili, come disporli per le stanze, ciascuna tazza e cucchiaio, perfino le tende, ogni tassello scelto insieme per il loro confortevole nido.

Insieme.

Lui e lei.

Solo lui e lei.

Poi Ichigo tornava. E Retasu, che aveva imparato a conoscere il poco che ancora non sapeva di Ryou, aveva capito che sarebbe presto diventato impossibile dirsi altre bugie.

Lei di Ryou sapeva tutto. I suoi riti mattinieri, la precisa miscela di caffè che amava bere a colazione, come sistemava gli abiti nell'armadio.

Quella camicia azzurra, un po' pesante, che mette solo quando arriva lei.

I tic con le dita quando era nervoso, il sorriso sereno delle serate in casa, la lucina divertita negli occhi quando le rivelava una sorpresa inaspettata.

Lo sguardo colmo di repulsione per se stesso con cui la guardava, dopo aver visto lei.

Il modo in cui la voltava verso di sé quando voleva fare l'amore. Il tono più languido nelle sue iridi chiare, che parevano diventare torbide  mentre si stendeva sopra di lei e le stringeva i seni pieni, mordendoli con delicatezza. Come si tendevano le spalle e il collo, come si inarcava la sua schiena mentre la prendeva con decisione, passionale come solo lei sapeva che fosse, continuando a chiamarla per nome tra i sospiri roventi.

Forse stringe così anche lei. Forse dice anche a lei quanto sia meravigliosa e sexy in qualsiasi occasione, forse la stringe allo stesso modo, baciandola le lascia gli stessi segni rossi di labbra e denti, di vero e proprio assaporarne la pelle.

L'odore del dentifricio che comprava sempre, del suo deodorante, del dopobarba.

Il profumo di lei che gli resta addosso anche se fa la doccia.

Cose che prima non aveva mai notato. Cose che prima, per sua fortuna, era riuscita a non vedere.

 

Retasu aveva resistito quasi due anni.

Poi avevano capito entrambi.

Lei non avrebbe più potuto raccontarsi bugie, lui non avrebbe più potuto fingere di non  avere priorità che non fossero lei.

Stavano mangiando cinese da asporto – una sua passione, retaggio degli anni di lavoro chiuso in laboratorio a consumare pasti pronti – e lei lo aveva visto giocherellare con il suo riso saltato, l'espressione neutra. Era difficile spiegarsi perché avesse sorriso nonostante il dolore al petto.

Era stato come arrivare sulla cima di un monte dopo una scalata lunga e sofferta: per quanto sarebbe potuta dimostrarsi ardua la discesa, non avrebbe mai gareggiato con le asprezze della salita.

« Finiamola qui. Credo sia meglio, non pensi? »

Ryou si era limitato ad alzare lo sguardo, sorpreso, riabbassandolo altrettanto velocemente alla vista del suo sorriso triste:

« Quindi lo sapevi? »

« Forse era più comodo fingere il contrario. »

« … Da quanto? »

Per un secondo il sorriso di lei aveva tremato più deciso e Ryou si era morso la lingua, non aveva di certo il diritto di arrogarsi altre domande.

« … Credo che per cominciare sia meglio la valigia grande. »

Lo aveva aiutato a fare i bagagli e a prendere le sue cose da cassetti e armadi con un distacco che il biondo non le avrebbe mai associato, ma non fu per puntiglio, Retasu lo fece per sopravvivenza: fare cose, una dopo l'altra, un passo per volta e tenere le mani e la mente impegnate era la sola maniera di non andare definitivamente in pezzi.

Scelse qualche mobile, quelli che avevano comprato ma aveva scelto lei, e lui le lasciò l'appartamento. Era lui a dovere – e volere – sparire più rapidamente possibile, lei non aveva bisogno di affannarsi a cercare una nuova sistemazione solo per i suoi capricci e le sue colpe.

« Puoi anche rimanerci per sempre, se lo vuoi. »

Retasu aveva risposto con una scrollata di spalle.

Ryou era uscito definitivamente dalla porta un mattino di settembre grigio e freddo, l'umidità della pioggia della notte che penetrava nelle ossa; sul taxi che lo aspettava oltre il vialetto d'ingresso Retasu aveva avuto l'impressione di scorgere un'altra figura, probabilmente una chioma rossa, ma non era rimasta fuori abbastanza a lungo da vedere il biondo salire o il mezzo partire per chissà dove.

La verde prese la tazza ormai vuota e la sciacquò nel lavandino, osservando poi in silenzio la casa vuota.

Quel giorno avrebbero festeggiato il loro anniversario. Ogni tanto si chiedeva cosa facesse il biondo che non vedeva da un anno, come proseguissero le cose tra lui e la rossa, poi preferiva rimanere nel limbo fatto di spezzoni delle conversazioni con le amiche, le poche chiacchiere di circostanza alle sporadiche rimpatriate, fingendo che non le importasse della sua presenza. Non era ancora pronta ad affrontarlo di nuovo.

Le altre non sapevano la verità, mai gliel'avrebbe rivelata e aveva pregato Ryou di non dire nulla: la faccenda tra loro e Ichigo sarebbe rimasta tale, non serviva che il biondo spezzasse il cuore anche alle ragazze e rovinasse il loro rapporto con la rossa.

La storia tra Retasu e l'americano, alla fine, si era arenata, e il ragazzo era tornato sui suoi passi di adolescente; era la versione ufficiale che tutti conoscevano – sebbene la verde fosse convinta di non averla data a bere né a Keiichiro né a Zakuro, ragion per cui la mora si era fatta un po' più fredda verso la nuova coppietta – perciò lei sapeva che nessuno l'avrebbe asfissiata troppo in quella data particolare, concedendole un po' di solitudine.

Tra lei e la sua amarezza la casa era fin troppo affollata.

La verde inspirò a fondo e guardò fuori dalla finestra la sera avanzare serena, sospirò ancora e indossata la giacca decise di concedersi una gustosa cena a base di carne al quartiere coreano, per andare a dormire con la pancia piena e l'umore magari appena migliore.

Forse l'anno dopo si sarebbe alzata la stessa mattina volendo solo uscire di casa. Forse si sarebbe vista con qualcuno, magari avrebbe incontrato qualcuno. Forse non avrebbe ripensato a Ryou, al suo amore e a quanto fosse stata stupida e crudele verso se stessa al punto di detestarsi.

Forse, l'anno dopo, i ricordi avrebbero fatto meno male.

 

 

 

 

 

 

~   ~

 

 

 

Come accennavo all'inizio, un piccolo esperimento. All'inizio dovevo trattare le vicende in modo più "classico" spiegando gli eventi, però alla fine mi sono concentrata su un POV Retasu che ha generato un (vaghissimo) pseudo-flusso di coscienza con la punteggiatura ^^""… Se non son strane non le vogliamo xD!

Mi sto rendendo conto che sembra sia incapace di partecipare a contest senza creare cose simil o completamente tristi TwT… Qualcuno promuove un bel contest "viva il fluff fluffiamo a tutto spiano only Tarurin" per favore?! *piangnucola* Scusa Reta-chan!

NOTA: la dicitura "what if?" ero incerta se metterla (visto che si tratta di eventi successivi alla trama originale, quindi non ne modificano le basi), ma visto che faccio comunque qualche accenno ad eventi che succedono/non succedono (a seconda che si segua la trama del manga o dell'anime) ho preferito essere puntigliosa (siamo in gara stiamo attenti per benino che poi mi tirano le orecchie come l'ultima volta perché faccio bischerate nelle intestazioni xP)

Ringrazio tutti coloro che vorranno leggerla e chi mi lascerà un pensiero, un bacio a tutti e

 

Mata ne ~♥!

Ria

   
 
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