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Autore: vale_mira    15/11/2019    1 recensioni
Una storia che parla di amore, un amore mio, un amore felice, oppure infelice, ma sì...basta che sia un amore.
Genere: Romantico, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Nella vita sogniamo. L’uomo da sempre ha creduto nell’incomprensibile ed inestimabile potenza dei sogni. Gli antichi vedevano nei sogni un’opportunità di capire il mondo, di saperlo raccontare, di conoscere il futuro, di saper guardare oltre. Ognuno di noi sogna: nasciamo con la consapevolezza che prima o poi uno di questi ultimi si realizzerà perché la vita è fatta di strade, bivi, salite e discese che prima o poi, con o senza traffico ci conducono in quella rotatoria per cui, anche se girandoci intorno, avremo la possibilità di imboccare l’unica superstrada che può andare sempre dritto e sempre avanti. I sogni sono desideri, come diceva quella canzone che mi cantava mia madre; pertanto tutti desideriamo, aspiriamo, pretendiamo anche qualcosa. Il mio sogno era l’amore.
Era un giorno di mezza estate, che cominciò come tutti gli altri. La solita routine che in quel periodo era meno noiosa del solito. Arrivò inaspettatamente l’amore: era così strano pensare che dentro di me era nato qualcosa, immaginare quasi una nuova vita nel profondo che era talmente grande da soffocarti. Mi chiesi perché il mio sogno, che sarebbe dovuta essere stata la mia gioia più grande, mi provocava il dolore. Da bambina sognavo di guardare negli occhi qualcuno e rivedere nell'iride scura me stessa; mi immaginavo le farfalle nello stomaco che mi avrebbero fatta volare in alto nel cielo; desideravo svegliarmi ogni mattina con l’Amore accanto, che magari ti aveva tenuto stretta lì per proteggerti dal nero della notte.
Eppure non fu così: L’amore arrivò e tutto era stra maledettamente più bello e più difficile.
Ricordo ancora il momento in mezzo al tramonto dinanzi ad una collina in cui mi resi conto che un pugno allo stomaco mi aveva attraversato non solo l’addome ma anche il petto, il cuore, le vene, la mente, le gambe, le braccia, le mani, i miei occhi. Lui mi disse che sarebbe andato tutto bene e che nonostante tutto ci sarebbe stato per me ed in quello stesso momento le traiettorie dei nostri occhi arrivarono alla stessa altezza, non lo volevamo, non in quel momento: sapevamo entrambi che era troppo presto, che un rapporto non si costruisce se non c’è fiducia, e altre cose del genere che da sempre ci erano state ripetute da tutti coloro che l’amore non sapevano nemmeno cosa significasse. Nemmeno io lo conoscevo. Sicuramente nemmeno lui. Eppure i miei occhi verdi cercarono disperatamente, inesorabilmente, inconsciamente i suoi, marrone scuro che erano talmente profondi da affogarci dentro. Così accadde. I nostri occhi si mescolarono che diventarono gialli.
Non sentivo più nulla, tutto ciò che si identificava in Vita per me era sconosciuto. In quel momento non esisteva niente altro che lui: l’amore. Era talmente sconvolgente che mi fece mancare l’aria oltre che il respiro. Inizialmente questo sentimento in me non si propose positivo, anzi: mi faceva così paura che non riuscivo a capacitarmi di come per una vita lo avevo sognato e quando era arrivato lo disprezzavo quasi con un senso di ribrezzo e invidiavo i miei coetanei che non si erano mai innamorati. Poiché era proprio questo quello che mi spaventava: il pensiero che mi fossi potuta innamorare a 16 anni. Razionalizzai sul fatto che nella mia vita ogni cosa la approcciavo in maniera profonda e nulla riuscivo ad affrontare con leggerezza. Avevo patito il dolore, quello vero e la paura di questa nuova realtà che potesse risultarne una ennesima sofferenza, mi spaventava.
Poi tutto si fece semplice, così cristallino che non bastavano numeri per poterlo quantificare. Avevo il cuore ad elica. Una moltitudine di vortici che avevano sensi opposti che erano sempre attivi: in particolare quando ero con lui, triplicavano la loro potenza che induceva il mio cuore ad una risucchia infinita come in un buco nero. Lo amai fortissimo, tanto quanto non avevo mai fatto prima.
Poi tutto questo finì, o meglio dall'altra parte quell'elica smise di girare.
I mesi che passarono lasciarono un vuoto che non era colmabile, era come se quel buco fosse stata una canzone del tuo album preferito, in riproduzione e che non sarebbe mai potuta essere stoppata: potevi solo alzare oppure abbassare il volume. La mia esistenza diventò così, incompletamente completa, imperfetta nelle sue perfezioni. Capii solo allora perché da sempre avevo sognato l’amore: perché senza provare a realizzare il tuo sogno non puoi vivere davvero, puoi solo sopravvivere in maniera non pensante, in modo abitudinario, incomprensibile, invano. Era comunque troppo tardi, tardi per ricominciare ad amare forse.
Lo avevo sognato quell'amore, lo avevo trovato, eppure nello stesso momento mi uccise. Tutto rimase là, oltre quella collina di quella sera in cui sole non si distingueva con il cielo. La mia vita e la mia morte si sposarono e insieme mi uccisero. Tutto rimarrà là, perché cercavo un amore. Un amore felice, o magari infelice ma sì… tanto era lo stesso: mi bastava solo che fosse un amore.








NOTE DELL’AUTRICE: Ho deciso dopo tanti anni di ritornare a scrivere, perché solo oggi mi sento pronta e capace di imprimere i miei sentimenti e i miei stati d’animo in ciò che scrivo. Ringrazio in anticipo tutti coloro che leggeranno questo spacco della mia vita e spero che lo apprezzerete almeno un po'.
Ci tengo a sottolineare che ho scritto queste parole mentre ascoltavo le frasi di un capolavoro della musica italiana che è “Oltre la Collina” di Mia Martini, una poesia contenuta nel suo primo album del 1971 “Gesù è mio fratello”. Inoltre ho inserito (fra virgolette) una frase tratta da una canzone di Gazzelle “Non sei tu” del 2017.
Buona lettura e grazie ancora a tutti quanti.
Vale
 
   
 
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