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Autore: D a k o t a    16/11/2019    9 recensioni
Minilong di 3 capitoli. FP x Alice. Ambientata prima che venisse rivelata l'identità del Blackhood.
"FP non ha la minima idea di quando sia cominciata quella storia, se è stato quando l’ha vista davvero la prima volta, e non soltanto guardata. O quando lei si è accorta di un livido sulla sua spalla, e ha voluto a tutti i costi affrontare a testa alta suo padre e urlargli contro che fosse un vigliacco – e non importa davvero che non sia cambiato nulla, perché lui non ha mai avuto il coraggio di farlo. O forse è stata la notte della loro prima volta, quando l’ha abbracciato stretto, come se non volesse più andarsene – perché sì, Alice è stata ed è il suo primo bacio, la sua prima volta ed anche il suo primo amore."
[Sesta classificata al contest "Tante navi per una palma" indetto da GiuniaPalma sul forum di EFP]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cooper
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2

A diciassette anni, all’ultimo anno di liceo, si lasciano e si rimettono insieme almeno sei volte – almeno tre prima dei Serpents e due dopo.

Quando FP si unisce ai Serpents, dopo così tante resistenze, Alice gli chiede il perché di quella scelta; e lui, come sempre, si toglie la maschera e gli dice “Tutti abbiamo bisogno di una famiglia, Ally”- e la ragazza non gli parla del segreto appena scoperto, quello che cresce dentro di lei. Annuisce convinta, senza storcere il naso, e risponde che comunque sia lui ne ha già una - e lui sorride appena, sfiorandole un ricciolo, mentre lei abbassa lo sguardo.

FP non glielo dice, ma è quel giorno che la accetta tacitamente come sua co-leader e come complice.
 

***
 

Alice incontra un ragazzo, un giorno. E’ biondo, ha gli occhi azzurri e un sorriso buono ed è l’esatto contrario di FP – non le era mai capitato di guardare qualcuno che non fosse FP in quel modo prima di quel momento.

Non succede nulla, ma quando lui insiste per pagare il suo frullato da Pop’s e le dice di chiamarsi Hal, per la prima volta Alice non pensa a nessuno che non sia lì.

 

***

 

Un giorno, quando il segreto non è ancora evidente, si trova a parlare con FP del futuro e del college. Vorrebbe dirgli del bambino, vorrebbe renderlo partecipe, ma sa che scapperebbe e non lo fa – o forse, è semplicemente ciò che si dice la notte, quando i rimorsi di coscienza la assalgono. Alice ha diciassette anni, e mentre guarda la pancia in modo ansioso, non si rende conto di quello che sta facendo: gli sta togliendo una scelta. Gli sta togliendo, per sempre e senza alcun diritto, la possibilità di essere un padre – di provare ad essere un padre migliore del suo, come le aveva detto di voler essere una volta. Improvvisamente capisce e realizza: non è solo che FP possa non volerlo che la spaventa, ma il fatto che lui possa, al contrario, volerlo. Non è il futuro che ha sognato per loro, né tanto meno per sé stessa.

(C’è una parte di lei che vuole quel bambino, che immagina di crescerlo nel Southside e regalargli comunque un’infanzia migliore di quanto entrambi abbiano mai avuto. Per la prima volta ha paura – ha paura di quella parte di lei che rischierebbe tutto, per quel bambino e per FP.)

Quando dice a FP che vuole andare al college e le parla di quella fantastica scuola di giornalismo che ha visto su un depliant con gli occhi sognanti, lui la guarda e non dice nulla. Passa qualche giorno, prima che lui riprenda il discorso, mentre sono seduti in una panchina, a pochi metri da casa di Alice.

“Stavo pensando ad una cosa” FP cambia espressione, e la guarda seriamente. “Penso che dovresti andartene”

“Prego?” Alice alza un sopracciglio, perché non ha la minima idea di cosa stia parlando. O forse sì? Lui si gira, esala un sospiro triste e la guarda negli occhi, come fa sempre quando sta per parlare di cose serie, cose che stanno a cuore ad entrambi.

“Sì, dovresti andartene. Andare al college, intendo.” Esala un sospiro, prima di continuare “Alice, i tuoi genitori si sono spezzati la schiena tutta la vita per permetterti di studiare, e ti hanno lasciato abbastanza soldi perché tu possa farlo.”

Il giovane abbassa appena lo sguardo e nemmeno per un momento le ricorda la reazione di suo padre quando gli aveva espresso lo stesso desiderio. Nemmeno per un momento pensa che farla sentire in colpa sia la strada giusta. Alice abbassa gli occhi a sua volta, guardandosi la pancia, prima di rispondere. Pensa a quel bambino un attimo di troppo – non è pronta, non è pronta, non è-

“Non lo so, FP” mormora, stringendosi le braccia al petto. “Non lo so”

Lui sospira, stringendole la mano.

“Sapevo che l’avresti detto. Ma dovresti pensarci. E’ quello che tua madre vorrebbe. E’ quello che tuo padre avrebbe voluto” Alice lo vede aggiungere un sorriso sghembo e vagamente malinconico, prima di finire. “E poi ho sempre saputo che alla fine avresti lasciato il Southside prima di me”

(La ragazza sta in silenzio e non gli dice che, la prima volta che ha pensato di lasciare il Southside è stata quando lui, appena sedicenne, aveva desiderato di farlo e gliel’aveva confidato. Non glielo dice. E FP fa finta di non saperlo.)


 

***

Passa un mese, quando a casa sua arriva una lettera che le dice che la sua domanda per quella prestigiosa Scuola di Giornalismo, fatta quasi per scherzo, è stata accolta. E’ sua madre ad aprirla ed è sempre sua madre a dirle con voce rotta dall’emozione che ce l’ha fatta – e Alice rabbrividisce, mentre legge quella lettera e neanche per un istante pensa di rifiutare. Dirlo a FP è difficile ed è difficile sia per ciò che sa di star omettendo, sia perché sanno entrambi che è la fine – che lascerà il Southside, che Seattle è lontana, che sta per prendere una strada, dove lei sarà, dove lui non sarà, dove loro non saranno.

“Non posso dire di no a un’opportunità del genere, FP” ammette, mordendosi un labbro.

“Finiscila, Alice” dice, asciugandole con un gesto delicato quella singola lacrima che le solca il volto. “Sai che non ti chiederei mai di rifiutare”

C’è solo una punta di sconfitta a tingere la morbidezza eccessiva della voce del ragazzo, solo una punta di resa nel modo in cui distoglie lo sguardo per posarlo sulle sue mani, che stringono un lembo della giacca nera tra le dita bianche.

“Cosa farai, adesso?” le chiede la giovane, con un filo di voce.

“Non lo so”

Tutto quello che lui vorrebbe dirle rimane bloccato fra la lingua e i denti, come immobile, mentre resta a fissarla in silenzio. Lei si alza sulle punte prima di posargli un bacio sulla guancia, e lui si accontenta di stringerla a sé, ma è un abbraccio effimero, troppo breve rispetto a quanto vorrebbe che durasse.

“Spero che ci rincontreremo” FP la sente mormorare sul suo collo, prima di staccarsi. Gli lancia un ultimo sguardo, prima di andare via ed allontanarsi.

E lui resta là, solo con il suo dolore, solo con i suoi pensieri, solo con il suo sogno, così simile al suo, con un destino così diverso.

Si dice che quando ami qualcuno, devi lasciarlo andare, ed è esattamente ciò che ha appena fatto. Lascia andare Alice. La lascia andare, soprattutto perché la ama.

(Nessuno dei due pronuncia la parola “fine”, quel giorno.

Ma entrambi la riconoscono.)


 

***

Hal le chiede per tre volte di uscire e lei per tre volte lo rifiuta, prima di arrendersi e accettare. Quel giorno la mette all’angolo, mentre sono fuori da scuola, e le chiede una chance; lei suppone che, se dopo tutti i suoi rifiuti, se dopo tutte le rispostacce, lui è ancora lì, allora forse vale la pena tentare.

La prima volta che escono, Alice confessa – gli confessa che dietro ai suoi rifiuti c’è il bambino, il bambino che cresce dentro di lei e che, anche se non lo ammetterebbe mai e non lo ammette tanto meno ad Hal, non può fare a meno di immaginare con gli occhi di FP. Quando gli confessa la verità, non può fare a meno di immaginarsi di vederlo scappare a gambe levate da un momento all’altro; invece la fissa e basta, per un lungo momento.

Quando Hal non scappa, Alice pensa che gli piace e che un giorno, forse, potrebbe persino amarlo – cerca di ingoiare e di rifiutare il senso di ingiustizia che l’idea di aver raccontato la verità ad un completo sconosciuto e non al padre di quel bambino le provoca.

Per un lungo momento, Hal la fissa, senza dire una parola. Poi, finalmente, spezza il silenzio.

“Non penso che tu sia pronta per essere una madre, Alice”

Alice annuisce senza storcere il naso perché, in fin dei conti, è ciò che ha sempre saputo. Nemmeno per un secondo permette a sé stessa di pensare che FP non le avrebbe mai detto una cosa del genere.

***


FP la osserva da lontano per un pochino, prima di decidere di confrontarla. Osserva lei, osserva cosa sta crescendo dentro di lei e si chiede come abbia potuto fare questo a lui, dopo così tanto tempo. Come ha potuto tradire lui? Come ha potuto fare questo a lui? Può sentire il tradimento graffiargli lo stomaco ed inebriare ogni suo buon senso, quando la costringe ad entrare in un’aula vuota.

“Il college. Piani per il futuro.” FP le parla, le parla guardandole la pancia e senza trattenere la rabbia, il dolore e l’emozione. Le parla come se ogni parola fosse macinata e sputata fuori, come un pesante macigno che sente il bisogno di espellere.“E’ davvero questo che intendevi?”

Quando pensa a FP, quando lo vede girare per i corridoi in cui entrambi sono cresciuti, Alice si convince che sarebbe dovuta andare così, che non vi era altro modo – che se avesse detto a FP la verità, le avrebbe comunque spezzato il cuore. Incrocia le braccia sul petto e abbraccia il vuoto davanti a sé, mentre lo guarda negli occhi prima di abbassarli nuovamente e tornare a guardarsi la pancia – a volte non può fare a meno di chiedersi a chi dei due assomiglierà.

“Non è più un tuo problema” gli risponde e fa per andarsene, quando lui la fronteggia e, preso dal nervosismo, dalla rabbia e dalla delusione, gli dice qualcosa di cui si pente con un solo fottutissimo secondo di ritardo.

“Da quanto tempo andava avanti questa storia, Alice? Da quanto?”

L’insinuazione, così sottile e così velata, è come un coltello che le trapassa la schiena, perché davvero, dopo tutti questi anni, come osa? Come osa accusarla, in maniera neanche troppo velata, di averlo tradito? Una lacrima sola le solca la guancia, e FP non può fare a meno di interpretarla come un’ammissione di colpa.

“Va’al diavolo, FP” gli dice prima di fronteggiarlo, di guardarlo con quei suoi occhi da gatta che un tempo l’avevano osservato con amore, prima di uscire e sbattere la porta. Sa che gli sta spezzando il cuore, ma davvero, non le importa. Un’Alice diciassettenne pensa che il silenzio sia comunque una scelta più facile rispetto alla verità.

(Quando Alice esce, FP non la segue e non la rincorre, ma quando sente la porta sbattere, non si può non chiedere se è quello il rumore che il suo cuore fa, rompendosi in mille pezzi.)

 

***

 

Non passa qualche mese da quella conversazione, che una sera, mentre torna a casa, si ritrova Alice seduta in una panchina a pochi passi da casa sua. Ha le ginocchia strette al petto e i riccioli biondi a coprirle il volto.

“Alice? Che ci fai qua?” domanda, e in quel momento lei alza la testa e lui si rende conto che sta piangendo. E’ ancora arrabbiato con lei – come può non esserlo? - eppure vederla piangere per la prima volta non può che creargli un buco allo stomaco e gettarlo nello sconforto più totale, perché è pur sempre Alice quella che ha davanti, Alice che avrebbe preferito morire piuttosto che piangere di fronte a lui, specialmente dopo il loro ultimo litigio, dopo che l’aveva accusata di averlo tradito con Hal.

Sospira, prima di sedersi accanto a lei e cingerle le spalle.

“Ehi, va tutto bene? Che è successo?”

Lei non lo guarda nemmeno – non ha nemmeno il coraggio di guardarlo, non dopo avergli mentito a viso aperto per così tanti mesi sul bambino, né dopo averlo dato in adozione, senza che lui sapesse anche solo della sua esistenza. Non lo guarda, perché non ha il coraggio di confrontarsi con i suoi occhi, non in quel momento.

“Mi dispiace essere venuta qui, è solo che non volevo vedere nessuno e non volevo tornare a casa” singhiozza lei “Non sapevo dove altro andare”

Una Alice quasi diciottenne si era convinta che Hal non avrebbe capito, che non era il caso di caricare sua madre di nuove preoccupazioni e che solo FP, nonostante le bugie, nonostante i silenzi, nonostante i litigi, avrebbe potuto comprendere.

“Ehi, non ti preoccupare” le dice, attirandola ancora di più a sé “Ti va di raccontare cosa è successo?”

FP si trova a pensare che nei film o nei libri, c’è sempre un momento di illuminazione, un momento in cui il mondo si ferma e il protagonista si rende conto di essersi innamorato della sua migliore amica quella volta in cui l’ha vista da ragazzina, con i capelli arruffati e in sella a una bici, o quella volta in cui lei se n’è andata, sbattendogli una porta in faccia dopo un litigio, con il volto pieno di lacrime e privo di trucco e lui l’ha trovata comunque bellissima. FP può assicurare a chiunque voglia saperlo che nella sua vita non c’è mai stato un momento del genere; Alice, che lo guarda a malapena, nascosta fra i suoi riccioli spettinati, ha sempre fatto parte della sua vita, sempre.

“Il bambino” mormora, a voce così bassa che FP a stento riesce a sentirla. “L’abbiamo dato in adozione”

FP sente il panico assalirlo, perché non importa davvero che tutto ciò che riguarda quel bambino, insieme a quell’”abbiamo” - come se non ci fosse bisogno di dire che è di Hal che sta parlando, perché il significato di quel verbo è evidente e sotto gli occhi di tutti –, gli crei un buco nello stomaco; non può abbandonare Alice così, non adesso che stringe la sua giacca fra le dita e proprio non ce la fa a lasciarlo andare.

“Hal non l’ha mai voluto” continua fra i singhiozzi, e sa che non può fargliene una colpa, che nessuno a diciotto anni vorrebbe un bambino non suo “E non dovrei piangere, come se io avessi mai voluto avere un figlio a diciassette anni. Non so nemmeno perché sto piangendo, sono così stupida”

“Alice” mormora FP, senza sapere bene cosa dire – sa così poco di cosa significhi essere e avere un genitore, alla fine.

Alice si ritrae di scatto, rannicchiandosi ancora di più su sé stessa, nella sua mente non c’è spazio per altro che la consapevolezza che FP sta provando a consolarla e lei le sta mentendo comunque, mentendo a viso aperto e Mary le aveva detto che era una pessima idea e -

“In fondo, che madre avrei mai potuto essere? Ho diciassette anni, starà sicuramente meglio senza di me e non ho il diritto di...”

“Alice” ripete, chinandosi verso di lei e facendo attenzione a evitare qualsiasi parola brusca e fuori posto, qualsiasi cosa che possa ferirla.

“FP?” sussurra contro la stoffa della maglietta dell’uomo, fra un singulto e l’altro.

“Sì?”

Sì.
Sanno entrambi che non c’è bisogno che nessuno aggiunga altro; sì, sono io, sì sono qui.

Alice esala contro il suo collo un singhiozzo, che è solo parzialmente di sollievo, e gli avvolge le braccia intorno all’addome. Ormai non può far altro che stringerlo a sé.
Solo allora FP se la preme contro il petto.

(Quella notte, FP sa che suo padre non c’è – sono già diverse notti che non rientra a casa e non è che la cosa lo preoccupi poi più di tanto -, quindi decide di portare Alice nella sua roulotte. La bacia sulla fronte, prima di cederle il letto e mettersi a dormire sul divano – in silenzio, perché sono entrambi troppo provati per dire altro. La mattina seguente, trova una tazzina di caffè sporca nel lavabo e Alice non c’è già più. Al suo posto, dietro a un volantino, c’è un appunto in quella scrittura frettolosa che la contraddistingue e che dice, strilla, urla, implora “Non.mi.aspettare”. FP non piange perché solo i deboli piangono e lui, quando aveva visto la schiena di sua madre mentre chiudeva la porta di casa e se ne andava, aveva promesso che non sarebbe mai più stato debole.)

NDA. 
Spero abbiate apprezzato anche questo secondo capitolo. Manca uno solo (con un finale abbastanza aperto) ^^ Fatemi sapere cosa ne pensate. 

   
 
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